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Autore: Kokky    15/10/2008    3 recensioni
[Non sense]
"Vagava per i corridoi come un fantasma. Tutti i giorni, tutte le ore.
Come un’anima in pena a cui solo la morte avrebbe dato sollievo. Però non arrivava mai, la morte, non bussava mai al portone, né si intrufolava lì dentro per prendersela, né urlava e la chiamava.
Semplicemente non c’era."
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lenalee Lee, Rabi/Lavi
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Kan, ya ma kan
(Once there was, and once there was not)

 

 

« Let me look into your eyes
and see death pass us by »

Kiss of Dawn ~ HIM




 

Linalee inspirò profondamente e fece sgorgare l’aria dalla bocca con difficoltà. Teneva gli occhi chiusi, le palpebre serrate e le sopracciglia contratte. L’ansia non sembrava scemare.

Linalee si impose di calmarsi, senza risultati. Si torceva le mani e rimaneva seduta lì a pensare in quel buio delle palpebre abbassate.

Nella stanza c’era ancor tutto come lo aveva lasciato: la coperta, il tappeto, le tende; tutto aveva impresso il volto di suo fratello Komui sorridente. Cosa che l’aveva fatta allontanare dopo una fugace occhiata, la prima volta.

Aveva guardato quella camera e aveva pensato che alla stupidità di suo fratello non c’era rimedio.

Era stato tanti anni prima e si ricordava solo la sensazione di incredulità. Ma un sorriso le aveva solcato il volto.

Invece ora neanche le lacrime sembravano percorrere il suo viso scarno.

E, in qualche modo, era entrata in quella stanza, aveva guardato Komui ripetuto fino allo sfinimento e aveva mosso un piede avanti. Si era seduta proprio dove ora stava cercando di calmarsi.

Se mai ci fosse riuscita.

 

 

 

Linalee girava all’infinito il quartier generale. La stanza di Hebraska era ormai sgombra e rimaneva enorme e buia, svuotata da quella gigantesca presenza.

Linalee sentiva freddo solo a vederla, e allora ogni volta che ci passava di fronte provava a chiudere il portone, ma non riusciva nemmeno a smuoverlo. La forza l’aveva abbandonata da tempo.

Vagava per i corridoi come un fantasma. Tutti i giorni, tutte le ore.

Come un’anima in pena a cui solo la morte avrebbe dato sollievo. Però non arrivava mai, la morte, non bussava mai al portone, né si intrufolava lì dentro per prendersela, né urlava e la chiamava.

Semplicemente non c’era.

 

Linalee si doveva calmare, però. Si doveva placare.

 

 

 

C’era da qualche parte un giardino. Cioè, una serra. Sì, Linalee sapeva che da qualche parte lì, nel quartier generale dell’Ordine Oscuro, c’era una stanza piena di piante. Di fiori, di rampicanti, di palme nane e frutti esotici.

Linalee ne era convinta e nei suoi giri per i corridoi cercava sempre la serra. Non l’aveva ancora trovata, ma non si scoraggiava. La ricerca era l’unico svago della sua giornata. Così continuava a setacciare e a non scovare.

Poi, tornava nella sua stanza a riposare.

E continuava, e continuava. Il tempo passava oppure no?

Non lo sapeva nemmeno lei, ma non ci faceva caso. Si coricava sul letto, guardava la sua stanza, poi chiudeva gli occhi. Sempre allo stesso modo.

Il giorno dopo si alzava. Girava per l’edificio, provava a spostare la porta di Hebraska e camminava senza una meta. La serra prima o poi sarebbe spuntata.

Prima o poi.

 

 

 

Linalee sembrava pregare, teneva le mani giunte e sussurrava qualcosa simile a una litania, che si diffondeva soffusa per tutto il corridoio e oltre. Ripeteva sistematicamente poche parole.

« Allen, Kanda, Lavi; Allen, Kanda, Lavi... poi c’era Miranda, sì, e Crowley, e poi chi c’era, chi altro? » mormorava torcendosi le mani. E pregava e camminava.

I passi non suonavano, però: non rimbombavano come la sua voce. C’era solo quel lamento ad accompagnarla.

Ritmato dai respiri.

Linalee continuò così fino a che non si fermò davanti a una porta. Era nera, consumata e graffiata e poteva sentire, stando attenta a quel profumo, odore di fiori.

Lasciò perdere tutto; Linalee esultò.

Posò la mano sul pomello, girò con tutta la forza che aveva in corpo (sempre poca), e la porta cigolò.

Si era aperta.

 

Varcò l’entrata. Nemmeno in quel momento sorrideva di gioia, ma sentiva il petto pieno di un concentrato caldo di emozioni. Aveva trovato la serra.

Avrebbe passato lì il suo tempo.

Era più grande di quanto ricordasse, le piante sembravano essere cresciute ancora di più e invadevano il pavimento; tutto era inondato di verde. Di colori e profumi dolciastri.

Linalee guardò estasiata quel paradiso terrestre. Osservò con attenzione le piante una ad una.

« Ti piace qui? » domandò allora qualcuno dietro di lei.

Linalee si voltò spaventata. Era da così tanto tempo che non udiva una voce umana oltre la sua che non se l’aspettava.

Sbarrò gli occhi dallo stupore.

« ...Lavi? »

Il ragazzo annuì. Sembrava un po’ più vecchio, come se un vecchio artista gli avesse dipinto stanchezza – barba rada – qualche ruga sul viso. Ma lei non ci fece troppo caso.

Il suo cuore incominciò a battere velocemente. Spaziò con lo sguardo sulle piante, poi fissò nuovamente Lavi, che sorrideva leggermente e la guardava senza battere ciglio.

« Ma tu che ci fai qui? » chiese lei, agitata.

Lui scrollò le spalle. « Sono qui per vederti morire. » rispose.

Linalee non disse nulla. Sollevò le sopracciglia, ansiosa, lanciò un ultimo sguardo alle piante e fuggì via più veloce che poté da quel paradiso.

 

 

Linalee inspirò profondamente e fece sgorgare l’aria dalla bocca con difficoltà. Teneva gli occhi chiusi, le palpebre serrate e le sopracciglia contratte. L’ansia non sembrava scemare.

Linalee si impose di calmarsi, senza risultati. Si torceva le mani e rimaneva seduta lì a pensare in quel buio delle palpebre abbassate.

Era proprio Lavi, era lui. Il traditore. Lavi, il dannato che lei aveva maledetto.

Il suo compagno...

Allen Kanda Lavi Miranda Crowley... e tanti, tanti altri.

Linalee annaspò involontariamente. Respirare era diventato pesante, ma le lacrime sembravano ormai finite di quante ne aveva versate da giovane.

« È arrivato il momento. » le disse Lavi.

Linalee lo fissò. Era poggiato allo stipite della porta e sorrideva sornione.

« Per fare cosa? » chiese lei.

« Per morire. »

Linalee si alzò dalla poltrona e gli si mise di fronte. « Ti odio. Hai tradito tutti noi... per che cosa? » gli domandò, e sentì la voce acquosa ma le lacrime non uscivano ancora.

« Io sono Bookman. E in quel caso dovevo stare con il Conte per raccontare meglio la storia. » ribadì lui.

« Tu sei Lavi. » ribatté lei, liquida. Era cascata d’acqua sul timpano di Lavi, la sua voce si infrangeva e lo toccava, si infiltrava sotto; feriva quasi.

Ma era passato così tanto tempo.

« È mai esistito? » chiese allora lui, poi sorrise di nuovo. « Andiamo... Linalee. » disse, e si incamminò.

Lei lo seguì titubante, ancora più stanca di prima; però almeno riusciva a respirare, ed era – più o meno – calma. Non sentiva più quell’agitazione che traboccava e pulsava; ora era solo un po’ più vuota.

 

La serra era identica: le piante rigogliose, l’odore dei fiori mescolato al terriccio, l’umidità che si percepiva e che prima lei non aveva notato.

Lavi si era fermato davanti a delle rose e ora la guardava col suo sorriso snervante.

« Ti odio. » ripeté Linalee tanto per esserne convinta.

Lui annuì, poi scostò il gruppo di rose con un braccio. Linalee guardò con attenzione la teca chiara che era stata nascosta dalle foglie dei fiori.

« Cos’è? » chiese, non capendo.

« Sei tu. » rispose Lavi.

Linalee si avvicinò alla teca, si piegò sulle gambe per vedere, e aguzzò la vista, ma davanti a lei c’era solo una teca vuota. Una bara di vetro.

« Non è vero. Non sono io. » ribatté.

Lavi sorrise di nuovo e le indicò la teca. « Non vedi quella luce? ... è il fantasma della tua Innocence. » le spiegò.

Linalee non disse nulla.

« E quella, se guardi bene non puoi non vederla, quella sei tu. »

Linalee toccò la teca e si mise più vicina, e finalmente notò il suo corpo, apparso chissà come. Era lei con la divisa. I capelli erano corti, gli occhi chiusi.

« Sono morta? » domandò con ansia.

« No, stai solo dormendo, ma non ti sveglierai mai più. » le spiegò. Adesso non sorrideva, sembrava amareggiato.

« Oh. » disse semplicemente lei. Era così abituata a vagare come un fantasma che ciò non la stupiva né colpiva più di tanto. « Ecco perché non ho più forza. E poi mi sento tanto leggera. »

Guardò ancora il suo corpo addormentato. « Non ho le gambe. »

« Te le ha prese un Noah. »

Linalee si voltò verso di lui. L’unico occhio verde era ancora più spento di quanto ricordava.

« Devo morire? »

Lui annuì. « Non c’è altro da fare. »

Il Bookman le avrebbe reso gloria, l’avrebbe segnata come l’ultima di una stirpe, l’ultima degli Esorcisti; era venuto per questo.

Linalee non rispose. Lavi le stava accanto, accovacciato, e guardava in silenzio il suo corpo, rimpiangeva chissà cosa; lei si sentiva soffocare. Era ormai finita.

Anche lei sarebbe svanita nella polvere, sarebbe scomparsa come i suoi compagni.

Allen Kanda Miranda Crowley, il fratellone Komui... Lavi. Chissà dov’era Lavi.

« Ti amo. » mormorò con stanchezza. Chiuse gli occhi, ma non provò più a calmarsi, né a respirare profondamente. La sua unica pace era rintracciabile nella morte.

Smise di vivere. Di esistere.

Svanì come polvere soffiata via dal vento. Un fantasma, un’allucinazione, che tristemente lasciava quel mondo ormai distrutto.

 

A Lavi doveva essere entrato qualche granello nell’occhio.

Piangeva. Le lacrime scendevano a rigargli il volto come non lo avevano fatto con Linalee, che non poteva più farlo perché era solo un’ombra di passaggio.

Lavi invece era terribilmente vivo.

, si disse. La polvere gli era entrata fastidiosamente nellocchio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 











~~~

 

Non Sense. O come dire... ce l'ha, un senso, ma non è abbastanza per renderla sensata xD

Il Conte ha vinto, Bookman è passato dalla sua parte prima della sua vittoria tradendo i compagni per il suo lavoro, poi torna per vedere Linalee almeno un'ultima volta. Già fantasma, ma non gli importa.

Sembra quasi un'eutanasia! Oh, io sono favorevole se non c'è alcuna speranza. Se è coma irreversibile è solo una stupida sofferenza.

Anche Lavi l'ha capito, e così le dice di andare via.

Non so se siano OOC, ma effettivamente me ne importa ben poco. E' una shot strana e un po' insulsa, però... recensite, non è vero?

Mi rendereste stra-mega-felice!

 

Bien, alla prossima, allora.

 

P.S: Il titolo è preso dalla community delle 52 flavours!

   
 
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