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Autore: jehan du moulin    15/10/2008    1 recensioni
E’ così semplice donare un segreto ad una farfalla che viene quasi spontaneo, vedendola così bella e così fragile posarsi sulla punta del tuo piccolo nasino all’insù. Il bacio di una fata.
Se ci pensi troppo vola via. Se non ci pensi affatto resterà lì fino a quando non avrai finito. Fino a quando non avrai richiesto.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BUTTERFLIES’ SECRETS

 

E’ così semplice sussurarre un segreto ad una farfalla. Basta un attimo, un secondo che lei lo ha già rapito e portato con sé, nel suo mondo fatato, lontano da occhi indiscreti.

Una volta ti domandavi se quel mondo era fatto di fate e folletti. Una volta ti chiedevi se gli aquiloni, volando, fossero sfiorati dalle dita degli angeli che, curiosi, si erano affacciati a guardare quello strano mistero.

L’uccello che l’uomo poteva controllare. Volava fin dove egli voleva e andava dove egli desiderava.


E’ così semplice donare un segreto ad una farfalla che viene quasi spontaneo, vedendola così bella e così fragile posarsi sulla punta del tuo piccolo nasino all’insù. Il bacio di una fata.

Se ci pensi troppo vola via. Se non ci pensi affatto resterà lì fino a quando non avrai finito. Fino a quando non avrai richiesto.

 

Ti mordi il labbro inferiore, lievemente, e la osservi. È bianca, candida, su entrambe le ali. Ti chiedi, per un secondo, se non sia stata lavata, quella farfalla. Se qualche moccioso antipatico non le abbia cancellato via tutti i colori. Ma non è così e lo sai bene.

 

Non è tinta di colori strani, audaci.

Né si atteggia a strani comportamenti da splendida farfalla. Vola leggera e discreta, di fiore in fiore, lasciando la sua attenzione a quelle che se la meritano. Quelle superbe, che di colori ne hanno mille per lato.

Tu no, piccina, sei semplicemente troppo bianca.

 

Sorridi, nel vedere come l’esserino sia fermo lì, sulla punta del tuo naso.

Non allunghi la mano per sfiorarla, sebbene io la veda fremere sull’erba, intenta a sostenere, insieme ai gomiti, il peso del tuo corpo ancora esile ed infantile. Sai che se lo farai volerà via, spaventata.

Non carpire la polvere di fata, lascia che sia lei a donartela. E tu questo lo sai, mocciosa.

 

Ti vedo chiudere gli occhi, mentre il sorriso è ancora lì, incancellabile. Le labbra si schiudono, come a voler sussurrare quel tuo desiderio tanto ponderato, ma non si muovono.

 

Quando li riapri lei è svanita. Se la cerchi con lo sguardo non la troverai, ma poco ti importa. Sembri quasi felice di poter tornare al tuo libro senza ulteriori distrazioni. Peccato che tu non abbia calcolato me nelle possibili perdite di tempo.

 

Mi muovo lentamente e il rumore dei miei passi è attutito dall’erba fresca.

 

« Sola ?» ti domando, come se fossi anch’io apparso in quel momento. E il tuo viso, per un secondo confuso, pare chiedersi come io abbia fatto ad avvicinarmi a te così velocemente e senza farmi sentire.

 

« Sì » rispondi semplicemente. È ovvio che lo sei. Ma le prime domande sono sempre le più stupide.

 

« Posso sedermi ? » annuisci, e non parli. Ottimo. Quello che speravo. Mi siedo. La rugiada solletica le mani. Silenziosa. Ancora ti domandi come abbia fatto.

 

« Sai – continuo osservando il punto esatto in cui le due colline convergono in un unico avvallamento, segnato in evidenza dagli unici due cipressi del luogo – Esprimere desideri al vento è pericoloso »

 

« Perché ?» ancora non ti guardo.

 

« Perché c’è il rischio che li sussurri a qualcuno »

 

Ti guardo. Mi guardi. È così semplice il tuo viso. Così ben delineato da una linea sottile. Carnagione nivea, quasi trasparente e due pozzi color petrolio. Non sorridi. Hai paura. Paura che io abbia sentito e nuovamente ti chiedi come questo sia possibile. Mi limito a sorridere io. Come al solito. Per divertirti. Mi chino appena su di te, quanto basta per percepire il terrore nel tuo sguardo. Allungo una mano, ti sfioro la guancia che rapida si tinge di un morbido rosso carminio, e lì, dove prima c’era il mio dito ora si posano le mie labbra, rapide e veloci.

Come sono giunto così me ne vado. Non tendo mani, né saluti di alcun genere. Semplicemente imbocco la stradicciola che porta alla casa, poco oltre il campo.

 

E se alzi lo sguardo, in quel punto dove poco prima pareva essere mosso un fiore appassito, puoi scorgerla, ancora, al mio fianco, splendida come lo sei tu, semplice come il tuo viso, che dolcemente danza.

 

E’ così semplice sussurrare segreti alle farfalle. Ma è anche altrettanto semplice sottrarglieli con dolcezza.

  
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