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Autore: Nacchan95    18/10/2014    4 recensioni
Racconto breve. Una cotta da autobus, di quelle che capitano a tutti.
Generalmente cotte del genere durano soltanto per il tempo del tragitto, o al massimo ci rimangono soltanto come ricordi di possibilità sfumate. Ma non è questo il caso.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Avete presente quei classici innamoramenti da autobus? Quei colpi di fulmine che generalmente durano esattamente per i venti minuti del tragitto da casa all'università e che in casi eccezionali possono tenervi occupata la mente per le prime due ore di lezione? Ecco, stamattina è toccato a lui. Sarà che la casualità degli incontri in autobus aggiunge sempre un po' di fascino al soggetto in questione, ma questo qui sembra proprio niente male. Alto, ben piantato, tratti sottili, capelli neri un po' spettinati e per di più sta leggendo. Meglio di così... 

Chissà perché questi incontri sono sempre destinati a durare così poco: per una tacita legge non scritta che regola i colpi di fulmine su mezzi di trasporto urbani la fermata della tua cotta non sarà mai, in nessun caso, quella a cui devi scendere tu. Ed infatti sono arrivato, la fermata dell'università è la prossima e lui è ancora immerso nella sua lettura: la legge dell'autobus non ammette eccezioni. 

Attraverso il parco che circonda la facoltà stringendomi nel cappotto per il vento freddo che ha iniziato a soffiare in questi giorni. Giornata lunga, oggi, ma spezzata da un pausa di tre ore che ti consente di recuperare le forze prima di ricominciare. Ce la possiamo fare. 

La lezione è già iniziata da un una decina di minuti quando un movimento in fondo all'aula attira la mia attenzione. Ci metto qualche minuti a realizzare che è proprio lui, la mia personale cotta da autobus, che si sta sedendo in una delle ultime file. Voglio dire, per riconoscerlo l'avevo riconosciuto: sarebbe stato difficile il contrario, avendo passato l'intero tragitto a fissarlo, ma il mio cervello ha impiegato qualche secondo per spostare l'evento dalla sezione "fantasie da accantonare" a quella "fatti realmente accaduti". 

Magari nella pausa gli vado a parlare. Ecco, questa ad esempio starebbe bene nella sezione delle fantasie. Dopo il primo semestre di università sono riuscito finalmente a fare amicizia con un gruppetto di ragazzi e adesso vorrei convincermi che avrei il coraggio di andare a presentarmi a un ragazzo visto per la prima volta stamattina. Un ragazzo come quello lì, tra l'altro. Meglio tornare a concentrarsi sulla lezione, anche se analisi non è mai stata tanto noiosa come stamattina. 

Infatti non posso fare a meno di girarmi ogni tanto per controllare che sia ancora lì. Quando finisce l'ora mi unisco alla folla di studenti che si catapulta fuori dall'aria allontanandosi il più in fretta possibile dalla lavagna ricoperta di integrali tripli, in cerca di una boccata di aria fresca. Nella confusione l'ho perso di vista. Sospiro e mi dirigo verso il bar al piano terra. In mezzo ad una marea di panini stantii e di tranci di pizza fredda, c'è in quel bancone qualcosa che ogni studente di questa facoltà conosce (o almeno dovrebbe, secondo me): delle brioche alle mandorle e crema pasticcera che ripagano di tutti gli integrali del mondo. 

Ne sono rimaste poche, ma facendo un rapido calcolo mentale dovrei riuscire a trovarne ancora qualcuna quando arriverà il mio turno. Fare la fila alla cassa, guardandole andare via nelle mani di soddisfatti proprietari, è un'agonia. La fila scorre lentamente ma non ho ancora perso le speranze. Sono al bancone, scontrino alla mano, con l'ultima brioche rimasta esattamente sotto il mio naso, quando mi sento toccare su una spalla. "Non adesso!" sbotto, senza distogliere lo sguardo dal mio obiettivo. 

"Senti, hai qualche problema con me?". La voce non la conosco, ma il tono è piuttosto astioso e a questo punto non posso più ignorarla. Mi giro ed il mio cervello seleziona la modalità "pausa" per la seconda volta nella mattinata. Di questo passo dovrò iniziare a registrare le mie giornate per rivederle a casa con calma e scoprire tutto quello che mi sono perso. 

Un po' alla volta inizio a elaborare le informazioni: è la cotta-da-autobus. La cotta-da-autobus sta parlando. A me. Questo è positivo. La cotta-da-autobus pensa che ce l'abbia con lui. Questo è negativo, ma è anche molto strano. Perché? Generalmente farmi i fatti i miei e non pestare i piedi a nessuno è una delle poche regole che seguo scrupolosamente. Per di più questo qui l'ho visto per la prima volta un paio d'ore fa. 

L'incongruenza della situazione mi restituisce la proprietà di linguaggio. 

 "Scusa, che?" 

Non proprio la frase migliore che io abbia mai articolato, ma meglio di niente. 

"Hai qualche problema con me?" 

"Sì, no, ho capito. Quello che intendo è perché mai dovrei avercela con te? Sbaglio o questa è la prima volta che parliamo?" 

"Sì, ma è da stamattina in autobus che non mi lasci perdere. In aula hai passato più tempo a guardare me che la lavagna" 

A questo punto sono alquanto in imbarazzo. Se per "alquanto" si intende una temperatura corporea di quasi 50 gradi, un colorito di una sfumatura tra il porpora e il bordeaux ed una voglia matta di sprofondare. 

"E' per il libro, vero?" 

Il libro? Cosa diavolo c'entra il libro? Mi pare di ricordare l'autore, un certo "Griffi", o qualcosa del genere. Vagamente familiare, ma comunque non ho idea di cosa abbia a che fare con la nostra conversazione. Deve aver notato il mio sguardo confuso perché riprende a parlare. Il tono è un po' più incerto, sicuramente meno ostile di prima. 

"Guarda che non ho nessuna intenzione di nasconderlo. Se c'è una cosa che non sopporto è chi cerca di evitare la verità. Preferisco essere schietto, in ogni caso. Stavo leggendo "La morte della bellezza" in autobus. Sì, era un libro da gay, ok? E indovina un po'? Lo stavo leggendo perché sono gay! Guarda tu che coincidenza! E in tutta onestà non me ne potrebbe fottere di meno se la cosa ti da fastidio, ma smettila di guardarmi così! Piuttosto vieni a parlarmi e dimmi in faccia quello che pensi." 

A questo punto la situazione se possibile è ancora più imbarazzante di prima, soprattutto a causa del silenzio che è sceso sul bar e delle decine di facce che si sono voltate a guardarci, ma è anche così assurda che per una volta il mio cervello dimentica di bloccarsi. 

"Per prima cosa ti stai sbagliando, non ce l'ho con te per nessuna ragione al mondo. In secondo luogo, non mi da nessunissimo fastidio il tuo orientamento sessuale: tanto per dirne una sono gay anch'io" 

E' già un po' di tempo che ho fatto coming out con i miei amici e parlare della mia sessualità non mi crea problemi; però dirlo così ad alta voce davanti a tanta gente in ascolto sorprende anche me. Sarà l'adrenalina. In ogni caso, sempre meglio che mi chiamino finocchio piuttosto che omofobo. 

La sua faccia sembra quella di un altro: adesso sarebbe difficile dire che dei due è il più imbarazzato, sembra persino un po' rimpicciolito, in mezzo alla folla che lo osserva aspettando la prossima mossa. 

Il silenzio sta diventando estenuante. "Ti va di andare a parlarne fuori?" 

"Ok" 

L'aria autunnale non è mai stata così rigenerante, sento il calore evaporarmi dalle guance e il cuore riprendere a battere ad un ritmo accettabile. 

"Senti, io... non so come scusarmi. Non so cosa mi è preso. Forse il nervosismo, il primo giorno. Ho dovuto cambiare università proprio per una faccenda del genere, ma a quanto pare non ho imparato niente" 

"Perché, cos'era successo?" in questo momento parlerei volentieri anche della densità superficiale di Plutone; qualsiasi cosa pur di mettere da parte l'imbarazzo del bar. 

"Niente di nuovo, la stessa storia di sempre. Un outing non intenzionale con le persone sbagliate, la voce che si sparge, le prese in giro che aumentano, la pressione che diventa insostenibile. Ma più di tutto gli sguardi. Gli sguardi della gente che sa, che vuole farti vedere che sa e che disapprova. Quegli sguardi che ti seguono ovunque e che ti senti sul collo anche quando sei solo. Forse è per questo che sono esploso: la paura di essere stato già inquadrato anche qui, e di essere giudicato". 

"Ecco, a questo proposito... sono io che ti devo delle scuse. Forse hai tratto delle conclusioni affrettate, ma è vero che ti stavo fissando. Non per astio, anzi. E' da quando ti ho visto salire in autobus stamattina che non riesco a evitare di guardarti. Solo che pensavo di essere stato un po' più discreto" 

Cerca di sorridere un po', per allentare la tensione, ma adesso non c'è dubbio: quello in imbarazzo tra i due è decisamente lui. Mi sa che ho esagerato. Vorrei dare la colpa all'adrenalina, ma la verità è che adesso sono completamente lucido e il mio è un disperato tentativo di recuperare un rapporto iniziato col piede sbagliato.  

"Comunque non devi preoccuparti. Non so dove vivessi prima ma questa è una città piuttosto aperta e liberale. Anche per la scena di prima, magari ne parleranno per un po', ma dagli due giorni di tempo per trovare un nuovo scoop e se ne saranno dimenticati. " 

No, non attacca. Rimane silenzioso e mi guarda a stento. Ritirata. 

"Ok, io torno dentro allora. Ci vediamo" 

"No, aspetta!"  

L'ha detto davvero. Non ci voglio sperare, ma non resisto: ci spero eccome e incrocio le dita nelle tasche del giubbotto prima di girarmi ad ascoltare cosa ha da dirmi.  

" La pausa è ancora lunga, magari puoi farmi un po' da guida, spiegarmi un po' di cose. Mi devo ancora ambientare in questa città e non ho una gran voglia di tornare dentro dopo una scenata del genere" 

"Volentieri! Ormai la brioche me l'hai fatta perdere, ma c'è un bar poco lontano che fa un tè con biscotti magnifico. Un bar vero, non come quello dentro" 

Forse in fondo quelle brioche le avevo sopravvalutate: c'è di meglio in giro, se si osa uscire dagli schemi.
E non sto parlando de
l tè con i biscotti. 

  
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