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Autore: Evee    20/10/2014    2 recensioni
Mira, dopo la morte dei suoi genitori, si è dovuta trasferire a Domino da suo cugino Yugi. Ma la vita con lui non si rivelerà affatto tranquilla, perché ben presto verranno invitati, assieme a Seto Kaiba, ad un esclusivo torneo di Magic and Wizards in Egitto... Ma niente è come sembra e nulla andrà come previsto. Li aspetta un'avventura mozzafiato, d'amore e d'amicizia, legata inesorabilmente ad un passato di ben 3000 anni fa...
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao!

Sono Mira Muto, immagino che tutti voi ormai mi conosciate... Sì, sono la cugina di Yugi Muto e sì, sono la ragazza di Seto Kaiba uff... Ma perché vi interessa tanto, non siamo qui per parlare della mia vita privata!

Oh, siamo proprio qui per questo? Eppure credevo che nel mio contratto fosse chiaramente scritto che non intendevo farlo! Ma perché Jun se ne è andata proprio ora in ferie, io non ci capisco nulla di queste clausole senza la mia agente... Sig.

E va bene, pare che molti dei miei fan siano curiosi di sapere come mi è venuta l'ispirazione per le mie canzoni. Ah, ma allora l'Autrice è riuscita a farvi bere questa storia! Beh, fingendo per un attimo che le abbia davvero scritte io, devo ammettere che in realtà vengono un po' da sé: in base al mio stato d'animo compongo al pianoforte la melodia, mentre per il testo penso alle parole che avrei voluto dire in certe situazioni, ma che per l'emozione non riesco mai a distinguere e pronunciare. Ma penso sia naturale che capiti, quando si ha fronte alla persona di cui si è innamorati... Perché sì, sono tutte canzoni dedicate a lui e sì, raccontano tutte attimi diversi della nostra storia. A volte felici, a volte più tormentati, ma tutti preziosi ed indimenticabili. Mi sembra persino di riviverli, ogni volta che le canto... E spero proprio di riuscire a trasmettere anche a voi la stessa sensazione.

Dunque, buon ascolto a tutti!

 

II – “Quei momenti solo nostri”

 

 

Heart beats fast
Colors and promises

How to be brave?
How can I love when I'm afraid to fall?
But watching you stand alone
All of my doubts suddenly goes away somehow
One step closer

 

I have died every day waiting for you
Darling, don't be afraid I have loved you

For a thousand years
I'll love you for a thousand more

 

Time stands still
Beauty in all she is

I will be brave
I will not let anything take away
What's standing in front of me
Every breath
Every hour has come to this
One step closer

 

And all along I believed I would find you
Time has brought your heart to me

I have loved you for a thousand years
I'll love you for a thousand more

 

(A thousand years – Christina Perri)

Parve durare un'eternità, quel bacio.

Eppure, quando infine ci separammo, sentii che le mie labbra non erano affatto state saziate a sufficienza dalle sue. Volevo baciarle ancora, ancora ed ancora. E nei suoi occhi blu potevo intravedere lo stesso, se non maggiore, desiderio.

Ma c'era decisamente troppa gente che si era messa a fissarci.

-Seto...- mormorai, imbarazzata come non mai -Ci stanno guardando tutti, vero?-

Lui rivolse una rapida occhiata alle mie spalle, infastidito.

-Così pare.- mi rispose con il suo miglior tono seccato -Andiamocene da qui.-

Assentii.

-Però dove?-

-Conosco un posto, vieni.- mi disse dopo una breve riflessione.

Si incamminò veloce verso l'uscita dell'auditorium, ed io lo seguii con altrettanta rapidità, impaziente di sfuggire a quegli sguardi e a quei commenti che si sollevavano al nostro passaggio. Seto li superò tutti con altezzosa superiorità, e mi condusse nell'atrio semivuoto. Attraversammo un paio di corridoi illuminati solo dalla luce dei lampioni che filtrava dalle vetrate laterali, per poi salire su una piccola scalinata a cui non avevo mai fatto caso. Dopo un paio di rampe ci ritrovammo all'ultimo piano dell'edificio, praticamente in disuso se non per alcune aule di laboratorio. Seto vi passò davanti fino a raggiungere un'uscita di sicurezza, la spinse risoluto e mi condusse su una terrazza.

-Sei sicuro che possiamo stare qui?- gli chiesi incerta.

-No, in realtà.- mi rispose, alzando le spalle con indifferenza -Ma qui di certo non verrà nessuno a disturbarci.-

Sorrisi, divertita. Tipico di Seto Kaiba, comportarsi come se il mondo intero fosse di sua proprietà.

-Eccetto il custode per cacciarci via...- ironizzai.

Lui incrociò le braccia con fare offeso.

-Tante grazie. Hai forse un'idea migliore?-

-No, in realtà no.- dovetti ammettere.

Calò un silenzio quanto mai imbarazzante. Eravamo finalmente da soli, l'uno di fronte all'altro. Non avevamo più scuse per temporeggiare, ma nessuno dei due osava iniziare a parlare per primo. La mia testa era come svuotata, incapace di ricordare alcuna delle frasi che mi ero preparata quando fantasticavo su un simile momento. E quella situazione era così surreale che nessuna di quelle che avevo immaginato sarebbe stata adeguata. Tutto ciò che mi veniva in mente era una sola, semplice domanda.

-Perché?- riuscii a dirgli infine -Perché sei scomparso in quel modo?-

Lui distolse lo sguardo con fare colpevole. Rimasi in attesa di una risposta, ma invano. Conoscevo bene quanto fosse chiuso di carattere, ma stavolta proprio non potevo tollerare quel suo dannato orgoglio. Mi doveva delle spiegazioni, non poteva comparire in quel modo, darmi un bacio e pensare che tutto fosse a posto. Avvilita, gli voltai le spalle e feci per andarmene. Non volevo farlo davvero, ma a mali estremi, estremi rimedi.

Ottenni l'effetto sperato, perché a quel gesto Seto mi afferrò rapido un braccio per trattenermi.

-No. Non andare via.- mi pregò.

Mi girai, guardandolo tristemente negli occhi e cercando di trattenere il pianto con tutta me stessa.

-Due mesi, Seto.- gli ricordai con la voce rotta -Non una visita, una telefonata, un biglietto... Nulla.-

-Ti chiedo scusa.- mormorò avvilito -Avrei voluto farlo, ma...-

Si interruppe, titubante.

-Ma cosa...?- insistetti con fermezza.

-Ma avevo paura.- ammise infine, abbassando lo sguardo.

Sbattei le palpebre senza capire.

-Avevi paura di me?-

-No, avevo paura dell'effetto che hai su di me.- disse con un tremito -E non volevo scoprire cosa sarebbe potuto succedere se ti avessi rivisto.-

A quella sua ammissione mi sciolsi come neve al sole e lo perdonai all'istante, ma la situazione era troppo allettante per non approfittarne.

-Ora mi hai rivisto.- replicai, fingendomi ancora risentita -Dunque?-

Lui si passò una mano tra i capelli, a disagio.

-Dunque, credo che non riuscirò più a stare senza di te. Proprio come temevo.- borbottò scorbutico.

Questa volta non riuscii più a trattenere un sorriso, e lo abbracciai dolcemente.

-Sei uno stupido, Seto Kaiba.-

-Lo sai che sei la prima persona che osa darmi dello stupido, vero?- fece lui risentito, ma ricambiando il mio abbraccio.

-C'è sempre una prima volta per tutto.- replicai.

Restammo ancora così per un paio di minuti. Era una sensazione talmente bella, come se tutte le mie inquietudini, tutte le mie preoccupazioni fossero scomparse nel momento stesso in cui mi aveva stretto con le sue braccia. Dopo un po' però lo sentii sospirare, turbando la serenità di quel momento.

-Cosa c'è?- gli chiesi, percependo il suo sconforto.

-Per quanto non voglia, ora devo salutarti.-

Mi staccai da lui, interdetta.

-Perché?-

-Guarda che non ero a Los Angeles in gita di piacere.- replicò con tono di rimprovero -Devo tornare là per concludere un affare... Sperando di essere ancora in tempo.-

Mi spiegò della trattativa che aveva in corso con Ronald Sutherland, e della sfida a poker che gli aveva lanciato. Una sfida che per causa mia rischiava seriamente di non poter raccogliere. Mi sentii in colpa come non mai.

-Mi dispiace, Seto...- dissi mortificata -Non dovevi disturbarti tanto per venire, stasera. Se non ce la facessi...-

Lui però mi impedì di continuare, rubandomi un bacio a tradimento. Non che io avessi opposto molta resistenza, comunque.

-Tranquilla.- mi sorrise, sicuro di sé -Io ottengo sempre tutto quello che voglio.-

 

***

 

Sunlight comes creeping in
Illuminates our skin

We watched the day go by
Stories of what we did
It made me think of you
It made me think of you

 

Under a trillion stars
We danced on top of cars

Took pictures of the state
So far from where we are
They made me think of you
They made me think of you

 

I'm in the foreign state
My thoughts they've slipped away

My words are leaving me
They caught an aeroplane
Because I thought of you
Just from the thought of you

 

Oh lights go down
In the moment we're lost and found

I just wanna be by your side
If these wings could fly
Oh damn these walls
In the moment we're ten feet tall
And how you told me after it all
We'd remember tonight
For the rest of our lives

 

(Wings - Birdy)

Passarono cinque lunghissimi giorni prima di rivederlo.

Il ricordo di quella serata continuava ad ossessionarmi, rendendomi impossibile fare nulla che non fosse pensare a lui. Fortuna che la scuola era ormai agli sgoccioli, per cui dopo le ultime verifiche i docenti avevano avuto pietà di noi e avevano allentato il ritmo delle lezioni e dei compiti a casa. Sennò era probabile che con quella scarsa concentrazione nello studio avrei guadagnato svariate insufficienze. La sola cosa in cui riuscivo ad essere davvero produttiva era la musica: quasi tutti i pomeriggi tornavo alla Domino High School per suonare il pianoforte, e presa dall'ispirazione avevo iniziato a comporre un paio di brani. Era solo cantando quello che provavo che riuscivo a buttare fuori le troppe emozioni e a trovare un po' di serenità, seppur per poco. Se possibile, sentivo la sua mancanza ancora più di prima...

La campanella iniziò a suonare con insistenza, annunciando che la mattinata era conclusa ed interrompendo la professoressa Kobayashi, strappandole una delle sue solite smorfie contrariate. Il resto della classe invece, finora mezza assopita dalle sue parole e dalla calura estiva, si ravvivò all'istante, iniziando a raccogliere le cose sul banco nell'impazienza di andarsene.

-Ragazzi, silenzio! Solo un attimo che finisco di spiegare...- ci intimò perentoria -KATSUYA, DOVE PENSI DI ANDARE?!?- sbraitò poi, all'insegna del mio amico che aveva già lo zaino in spalla pronto a fuggire.

Jono se ne tornò avvilito al suo posto in una risata generale, borbottando qualcosa a riguardo dell'assoluta mancanza di pietà di quell'arpia. Non potei che trovarmi d'accordo con lui, dato che quell'attimo si rivelò durare in realtà dieci minuti. Di più non osò proseguire con la spiegazione, nonostante non avesse affatto concluso l'argomento.

-Oltre al danno, anche la beffa!- si lamentò Jono, una volta fuori dall'aula.

-Che sia maledetta!- gli fece eco Honda -Non vedo l'ora che la scuola finisca per non rivederla mai più!-

-Io non ci tengo affatto, invece.- mormorò cupa Anzu -Al pensiero di partire per New York, sento già la vostra mancanza...-

-Beh, almeno tu hai già deciso cosa fare dopo!- si lamentò Jonouchi -Io non ne ho la minima idea...-

Al mio fianco, Yugi emise un sospiro di sconforto.

-Neanch'io...- fece mio cugino -Ma eviterei volentieri di passare il resto dei miei giorni nel negozio del nonno...-

-Potete sempre iscrivervi insieme a me all'università...- propose candidamente Ryo.

-Tu sei pazzo! Non verrei a fare con te Medicina neanche se mi pagassero...!- sbraitò Jono.

-Senza considerare che non supereresti mai il test d'ingresso...- lo punzecchiò Honda.

-EHI!-

-Non ci giurerei su questo, con la sua fortuna sfacciata...- osservò Anzu.

Jonouchi la guardò storto, profondamente offeso.

-Comunque non fa nemmeno per me.- fece Yugi, cercando di calmare le acque -Non passerei mai gli esami, in quella come in nessun'altra facoltà. E non mi risulta che esista nessuna università di Magic and Wizards...-

-Quella sì che sarebbe un'idea!- concordò Jono con sguardo sognante.

Continuando a chiacchierare spensierati, uscimmo da scuola ed attraversammo il cortile assolato. Benché ci fossimo attardati più del solito, però, anziché essere pressoché deserto potemmo notare svariati ragazzi radunati davanti alla cancellata d'ingresso.

-Che sta succedendo?- domandò Anzu, notando anche lei quella strana agitazione.

Incuriositi ci facemmo spazio in mezzo a quel capannello di gente, fino a poter vedere quale fosse la causa di tanto clamore: dall'altro lato della strada stava parcheggiata un'auto sportiva ed apparentemente molto costosa, di un lucente bianco perlato. Honda emise un fischio di ammirazione.-

-Cavoli! Ma quella è una Maserati Gran Turismo!- esclamò ammirato.

-Deve costare un sacco...- fece Ryo.

-Almeno 20 miliardi di yen.- stimò Honda con fare esperto.

-Chi è il pallone gonfiato disposto a spendere così tanto per una macchina?!?- domandò Jonouchi con disprezzo.

Probabilmente era quello che si stavano chiedendo tutti.

-Sei solo invidioso, Jono.- lo rimbeccò Anzu -La vera domanda è chi è che ha così tanti soldi da potersela permettere...-

A quella considerazione sentii il mio cuore saltare un battito. Conoscevo solo una persona, in tutta Domino City, che fosse ricco a sufficienza. Che fosse davvero...?

Mi feci largo per avanzare fino al ciglio della strada, speranzosa. E, come in un sogno, un attimo dopo la portiera dal lato del guidatore si aprì, facendo scendere un ragazzo alto e moro, vestito in maniera impeccabile. Come sempre, del resto.

-Ma quello è...-

Non feci caso a chi avesse appena parlato, e non udii il resto della frase. Non ne avevo bisogno.

-SETO!- esclamai con gioia, correndogli incontro -Sei tornato!-

Lui si tolse gli occhiali da sole che, per quanto gli stessero bene, stavano commettendo il crimine di coprire i suoi bellissimi occhi, e mi sorrise.

-Così sembra.- mi disse ironico -Non ti liberai di me così facilmente, ora.-

-Non chiedo di meglio.- gli risposi con complicità -Abbiamo un bel po' di tempo da recuperare...-

-Puoi scommetterci. Anzi, se adesso avevi degli impegni, cancellali.- ingiunse perentorio, aprendo la portiera dal lato del passeggero -Tu ora vieni a pranzo con me.-

Con quella sua ultima uscita mi lasciò del tutto interdetta. Non mi aspettavo un simile invito da parte sua... Perché quello era, nonostante avesse cercato di sembrare noncurante. Sorrisi felice.

-Agli ordini, sommo presidente!- lo presi in giro, salendo sull'auto.

Seto inarcò un sopracciglio indispettito.

-Proprio non so dove trovo la forza di sopportarti...- borbottò mentre prendeva posto al volante.

-Guarda che potrei dire lo stesso io di te!- obiettai, guardandolo storto.

Lui per tutta risposta inforcò gli occhiali da sole, girò le chiavi di accensione ed accelerò con un rombo. La partenza fu così improvvisa che sobbalzai in avanti con un grido soffocato, trattenendomi giusto in tempo per non sbattere contro il cruscotto.

-Anziché dare fiato alla bocca, faresti meglio ad allacciarti le cinture.- mi rimbeccò con un sorrisino sarcastico.

-Non ne ho avuto il tempo. Anzi, non mi hai nemmeno dato modo di salutare gli altri!- replicai.

Lui sbuffò infastidito.

-Sono rimasto fin troppo in loro presenza, grazie. Anzi, sarà meglio che tu ti decida a darmi il tuo numero di cellulare, così la prossima volta mi risparmio di doverti cercare in simili compagnie.-

Socievole come sempre, il signor Kaiba.

-Ti ringrazio di questo sforzo, allora.- ironizzai -Comunque, è andato tutto bene a Los Angeles? Ho sentito in tv che alla fine Sutherland ha approvato la fusione.-

In realtà non mi ero persa un telegiornale cercando di avere sue notizie, e quando due giorni prima era stato ufficializzato l'accordo tra la Kaiba Corporation e la SuthGlobal ero persino andata in edicola a comprare il giornale. Non tanto per i dettagli sull'acquisizione ovviamente, ma nella speranza di trovare una sua foto o intervista. Ma dimenticavo quanto fosse pessimo il rapporto che Seto Kaiba aveva con i media, e mi ero dovuta accontentare di leggere il suo nome in apertura di pochi e brevi comunicati ufficiali. Ma evitai accuratamente di svelarglielo, o mi avrebbe presa per una psicopatica.

-Non l'ha approvata affatto, ma ha dovuto firmare lo stesso.- mi spiegò Seto -Ricordi che mi aveva sfidato a poker? Beh, l'ho convinto a scommettere la sua società, ed ovviamente ha perso.-

-Hai rischiato grosso, potevi non essere così fortunato...- gli feci presente con serietà.

-Non sono stato fortunato, sono stato abile.- puntualizzò lui -Nessuno può battermi, quando si tratta di giocare a carte.-

-Nessuno, eccetto mio cugino.-

Per tutto il resto del tragitto, Seto non mi rivolse più la parola.

 

***

 

Some people live for the fortune
Some people live just for the fame

Some people live for the power, yeah
Some people live just to play the game
Some people think that the physical things
Define what's within
And I've been there before
But that life's a bore
So full of the superficial

 

Some people search for a fountain
That promises forever young

Some people need three dozen roses
And that's the only way to prove you love them
Hand me the world on a silver platter
And what good would it be
With no one to share
With no one who truly cares for me

 

Some people want it all
But I don't want nothing at all

If it ain't you, baby
If I ain't got you, baby
Some people want diamond rings
Some just want everything
But everything means nothing
If I ain't got you, yeah

 

If I ain't got you with me, baby
So nothing in this whole wide world don't mean a thing

If I ain't got you with me, baby

 

(If I ain't got you – Alicia Keys)

Nel giro di pochi giorni mi resi conto di cosa significasse frequentare Seto Kaiba.

Non era per le svariate volte che mi aveva dato buca a causa di un impegno improvviso. Non era per il poco tempo che riusciva a dedicarmi solo la sera, sempre stanco e nervoso per qualcosa che al lavoro non era andato come voleva. Ciò che non avevo messo in conto, per quanto fosse ovvio, era che lui era appunto Seto Kaiba, ovverosia una delle persone più famose e ricche di tutto il Giappone, per non dire del mondo intero. Per cui la conseguenza diretta ed immediata del fatto che avesse iniziato ad uscire con qualcuno era che aveva attirato l'attenzione dei paparazzi su di noi come le api sul miele. Ormai non riuscivamo più a mostrarci in pubblico senza che qualcuno ci fotografasse, e più di una volta ero stata colta alla sprovvista da un giornalista appostatosi davanti a casa mia, bramoso di ottenere un'intervista fino a quando Seto non l'aveva persuaso con ben poca gentilezza a smetterla di importunarmi. Per quanto fosse stato efficace però non aveva certo risolto il problema... In un batter d'occhi la mia vita intera era stata spiattellata ai quattro venti sulle riviste di gossip nei minimi dettagli, gruppo sanguigno compreso. Se aggiungiamo poi quello che i tabloid avevano definito come “il mio passato tragico” e la mia parentela con Yugi, da sempre il peggior rivale di Seto, era abbastanza chiaro il perché di una simile attenzione morbosa... Speravo che con il passare del tempo la nostra storia smettesse di essere classificabile come scoop e di fare notizia, perché sennò avrei seriamente rischiato un esaurimento nervoso.

Uscii di casa con circospezione e, una volta appurato che nessuno mi sarebbe saltato addosso armato di reflex, raggiunsi l'auto che mi stava aspettando a pochi metri con i fari accesi.

-Alla buon'ora.- mi accolse Seto, seccato per il fatto che mi stesse aspettando da ben dieci dei suoi preziosissimi minuti.

-Ciao anche a te.- gli risposi, piegandomi per dargli un leggero bacio.

-Non pensare di cavartela così facilmente, ragazzina.- fece lui con tono di rimprovero.

-Oh avanti, non è per qualche minuto di ritardo che da Vittorio ci cancelleranno la prenotazione!-

-Veramente ho cambiato idea, non ti porterò lì, stasera. E' troppo affollato per i miei gusti...-

-Oh.- feci, un po' delusa dal veder sfumare la prospettiva di un bel piatto di lasagne alla bolognese -Andiamo in un posto nuovo?-

Seto mi sorrise con fare enigmatico.

-In un certo senso...-

Detto questo mise in moto l'auto e partì con il suo slancio abituale. Per quanti sforzi cercassi di fare, Seto non volle scucire alcuna anticipazione sul ristorante dove era diretto, per cui mi dovetti rassegnare ed attendere che lo scoprissi in prima persona. Dopo un quarto d'ora di tragitto, la Maserati svoltò ed iniziò a rallentare con dolcezza, fino a fermarsi davanti ad un cancello d'ingresso che riconobbi all'istante, per quanto l'avessi visto solo una volta prima di allora.

-Oh.- riuscii solo a dire, attonita.

-Benvenuta a Villa Kaiba.- mi disse Seto, divertito dalla mia espressione.

Dunque aprì il cancello e lo superò per attraversare il viale alberato, attorniato da un giardino così grande da poter essere definito senza problemi come un parco. Raggiunto l'ingresso della villa, fermò l'auto davanti e mi intimò di scendere. Un po' titubante lo seguii, intimorita dalle dimensioni di quel posto ed incredibilmente a disagio. Era la prima volta che mi portava lì, ed il fatto non poteva che crearmi ansia: certo, non rischiavo nessun incontro imbarazzante con genitori più o meno cordiali, ma l'idea di essere accolta nel luogo dove viveva mi sconvolgeva un po'. Era come se, oltre quelle mura, mi aspettasse una parte così intima di lui che avevo quasi paura di scoprirla.

Il tempo di salire la scalinata che il portone davanti a noi venne aperto dall'interno, facendone sbucare un maggiordomo piuttosto anziano vestito di tutto punto.

-Bentornato signore... oh.- si interruppe, spalancando gli occhi per lo stupore nel vedere un'altra persona accanto a lui, tra l'altro di sesso femminile.

-La signorina Muto sarà mia ospite a cena, Yamada. Avverti la cuoca del nostro arrivo.- fece Seto con tono sbrigativo.

Il maggiordomo cercò di ricomporsi, si piegò in un inchino e sorrise ossequioso, seppur continuando a squadrarmi come se fossi una specie di extraterrestre.

-Su... Subito! Mi premurerò che tutto sia pronto il prima possibile!- balbettò, svanendo all'istante.

Seto dunque entrò nell'enorme atrio oltre la soglia, ed io lo seguii riluttante su un immacolato pavimento di marmo. Tutto ciò su cui posavo lo sguardo era bello e dall'aria costosa, tra mobili antichi, soprammobili ricercati e dipinti ad olio. Ero davvero colpita, sembrava quasi di essere in un castello europeo.

-Tu... Vivi qui?!?- esclamai sbalordita.

Lui alzò le spalle con noncuranza.

-Non è così male, una volta che ci hai fatto l'abitudine.-

Alzai lo sguardo verso il soffitto affrescato e l'enorme lampadario che pendeva da esso, dubbiosa che fosse davvero possibile abituarsi a quella vista. In quel mentre dei rumori sordi attirarono la mia attenzione, facendomi volgere il capo verso la scalinata davanti a noi.

-Ciao Seto!- salutò Mokuba con enfasi, saltellando fino all'ultimo gradino -Mira, che sorpresa!-

-Ciao.- fece Seto con voce atona.

Lo salutai anch'io, felice di rivederlo ma improvvisamente ancora più a disagio.

-Sono proprio contento di vederti!- mi disse il piccolo Kaiba con un sorriso -Era ora che mio fratello ti facesse venire qui...-

-Mokuba, non hai niente di meglio da fare?- sbottò Seto, livido in volto.

-Volevo solo fare gli onori di casa...- replicò lui con un sorrisino, che però venne spento all'istante da un'occhiata omicida da parte del fratello -Ok, me ne vado.- si affrettò ad aggiungere prima di fuggire al piano superiore -A presto, Mira! Buona serata!-

-Anche a te, ciao!- lo salutai, sempre imbarazzata ma divertita da quella scena.

Mentre Mokuba stava ancora risalendo le scale, una porta sulla sinistra venne aperta e rispuntò fuori il maggiordomo di prima, annunciandoci con recuperata flemma che la cena era servita. Lo seguimmo in un salone che sarà stato grande il doppio dell'atrio in cui ci trovavamo prima, con un enorme tavolo imbandito al centro. Seto si andò a sedere con naturalezza a capotavola, quindi il signor Yamada si avvicinò alla sedia al suo fianco, invitandomi a sedere.

-Grazie.- balbettai paonazza.

-Di nulla, signorina.- mi rispose con gentilezza, riempiendomi il bicchiere con quello che sembrava vino francese prima che lo potessi fermare.

Nel frattempo ci avevano raggiunto un paio di cameriere che, dopo essersi scambiate uno sguardo divertito alla mia vista, avevano provveduto a servirci con la più ampia varietà di sushi che avessi mai visto. Furono più che sufficienti a farmi passare ogni rimpianto per le lasagne di Vittorio.

-C'è altro che possa fare per voi?- domandò il signor Yamada con fare diligente.

-Sì. Potete congedarvi, ora.- rispose Seto freddamente.

A quelle parole i tre si volatilizzarono all'istante. Guardai il giovane accanto a me sconcertata.

-Ma... Fa sempre così?-

-Lui è così.-

Non riuscii a non scoppiare a ridere, ed anche lui si concesse un sorriso divertito, per poi iniziare a mangiare. Tuttavia mi accorsi di non avere molto appetito, ricordandomi di una questione di cui volevo parlargli e che ora, finalmente tranquilli, potevamo affrontare.

-C'è qualcosa che non va?- mi domandò lui con perspicacia, notando la mia inquietudine -Se non ti piace, posso sempre chiedere di servirci dell'altro...-

-No, no! E' tutto ottimo, davvero.- mi affrettai a tranquillizzarlo -Ma oggi mi è capitata una cosa che mi ha un po' preso alla sprovvista, e mi piacerebbe avere il tuo parere al riguardo.-

Seto appoggiò le bacchette sul piatto, rivolgendomi subito tutta la sua attenzione.

-Certo. Dimmi pure.-

Presi un bel respiro, quindi gli svelai la causa della mia inquietudine.

-Mi è arrivata una lettera, stamattina. Da parte della King Records.- gli raccontai, senza bisogno di presentare ulteriormente una delle compagnie discografiche più importanti di tutto il Giappone -Mi hanno proposto di incidere un album con loro.-

-Non mi sembra affatto una cattiva notizia, anzi.- osservò perplesso -Mi hai detto tu stessa che volevi diplomarti al conservatorio per proseguire la tua carriera musicale...-

-Sì, infatti.- riconobbi -Sarebbe il mio sogno ma... credo che il loro interesse per me sia dovuto più a chi frequento, che a come suono o canto.-

Lui distolse lo sguardo, incupitosi.

-Poco ma sicuro. Ma credo che qualunque altra casa discografica ti considererebbe soltanto da un punto di vista prettamente commerciale...- fece, quanto mai serio -Per come la vedo io hai due possibilità: o approfitti di questa occasione e ti affidi alla migliore, oppure rimuovi la causa del problema e provi a vedere se riesci a farcela con le tue sole forze.-

Le sue parole furono più dolorose di una pugnalata allo stomaco. Come al solito, la sua analisi della situazione era stata rapida quanto spietata. Ma soprattutto era la seconda opzione che mi aveva posto davanti ad avermi ferito, perché io non l'avevo nemmeno presa in considerazione e mai avrei potuto farlo.

-In pratica, fuor di metafora, mi stai suggerendo di lasciarci?- mormorai.

-Ti sto solo facendo il quadro della situazione.- rispose atono -Devi valutare tu, a cosa dare la priorità.-

Mi alzai da tavola con uno scatto, tremante e scura in volto.

-Solo tu puoi ritenere che l'orgoglio sia più importante di una persona...- gli dissi duramente -Rimani in sua compagnia, allora. Siete una coppia perfetta.-

Lui finalmente sollevò lo sguardo, allarmato. Si alzò all'istante, fermandosi davanti a me prima che riuscissi ad andarmene. E stavolta l'avrei fatto davvero, non per finta.

-Che diavolo stai dicendo?!?- esclamò sconvolto -Non ti azzardare a mettermi in bocca parole che non ho detto!-

-Ma le hai pensate.-

-Tu le hai pensate.- replicò con fermezza -Mai e poi mai ti lascerei per una simile ragione. Non ti lascerei per nessuna ragione. Ma non sei di mia proprietà, tu puoi e devi fare quello che ritieni più giusto...-

E sapevo che nel dirlo lo intendeva davvero. Sapevo quanto fosse cauto con le parole quando si trattava di esprimere i suoi sentimenti, e quanta fatica facesse a fare simili ammissioni. Lo abbracciai con slancio, profondamente commossa.

-Io voglio stare con te. Nient'altro.-

 

***

 

It's amazing how you
Can speak right to my heart.

Without saying a word
You can light up the dark.
Try as I may, I could never explain
What I hear when you don't say a thing.

 

The smile on your face
Lets me know that you need me.

There's a truth in your eyes
Saying you'll never leave me.
The touch of your hand says you'll catch me whenever I fall.
You say it best when you say nothing at all.

 

All day long I can hear
People talking out loud.

But when you hold me near
You drown out the crowd.
Try as they may, they can never define
What's been said between your heart and mine.

 

That smile on your face,
The look in your eyes,

The touch of your hand
Lets me know that you need me.
You say it best when you say nothing at all.

 

(When you say nothing at all – Ronan Keating)

Alla fine mi decisi ad accettare la proposta della King Records.

Tuttavia al momento della firma del contratto potei contare sul valido sostegno di Jun Watanabe, la legale della Kaiba Corporation specializzata in materia di proprietà intellettuale e che Seto mi aveva consigliato di scegliere come agente. Grazie a lei sono riuscita a strappare alla compagnia l'impegno a pubblicare unicamente canzoni che avessi personalmente scritto e composto, e soprattutto a non divulgare nulla che mi riguardasse senza il mio previo consenso, specialmente della mia vita privata. Una volta tutelati i miei diritti d'autore e d'immagine mi sentii pertanto molto più propensa a venir loro incontro su questioni quali tempi di registrazione, date di pubblicazione, tour promozionali e concerti. Dopo quel giorno, la mia vita cambiò completamente: iniziai a frequentare a tempo pieno il conservatorio di Domino per perfezionare la mia tecnica al pianoforte e soprattutto nel canto, aspetto su cui mi sentivo ancora troppo inesperta, mentre a casa mi dedicavo alla stesura delle canzoni, che ogni settimana andavo a provare in vista della loro registrazione presso la sede della King Records, a Tokio. Era quindi comprensibile che io e Seto riuscissimo a vederci ancora meno di prima, facendo coincidere solo raramente i nostri impegni. Grazie al cielo esistevano i week-end.

In quella assolata domenica di inizio luglio, nel tardo pomeriggio, decisi di approfittare del tempo libero che ero riuscita a metter da parte per andare da Seto, sapendolo a casa. Suonai l'ormai familiare citofono di Villa Kaiba, chiedendo al signor Yamada se poteva andarlo a chiamare.

-Subito, signorina. Si accomodi pure, nel frattempo.- mi invitò con la sua solita premura.

Attraversai rapidamente il viale e raggiunsi il porticato dell'ingresso, dove trovai Seto ad attendermi.

-Ciao.- mi salutò -Sbaglio o dovevamo vederci più tardi?-

-Sì, tranquillo.- gli risposi divertita -Ma stavo per andare a fare un po' di jogging e volevo chiederti se ti andava di venire con me.-

Lui assunse un'espressione tra lo sgomento ed il disgustato.

-Jogging? Ma come ti vengono certe idee?!?-

-Devo migliorare la mia respirazione, non ho ancora abbastanza fiato nelle note alte...- spiegai con un'alzata di spalle.

-Va bene, ma non vedo perché dovrei venire anch'io...- replicò.

-Per farmi compagnia?- gli suggerii con il mio miglior sorriso.

Lui non si lasciò affatto intenerire.

-Hanno inventato l'iPod, per quello.-

-Oh, avanti!- lo supplicai -E poi devi tenerti in forma anche tu, non puoi stare sempre davanti al computer...!-

Alla fine l'ebbi vinta, come sempre. Seto andò rassegnato a cambiarsi, quindi partimmo subito diretti verso il lungo mare, poco distante e perfetto per correre. Non per niente c'erano svariate persone dedite alla stessa attività, anche se in apparenza ben più allenate di noi. Dopo una decina di minuti infatti iniziai già a sentire una fitta all'addome e ad accusare i primi segni di stanchezza, probabilmente anche a causa del sole che, sebbene ormai stesse tramontando, era fin troppo opprimente. Avevo proprio sopravvalutato la mia resistenza, e sottovalutato il fatto che era quasi un mese che non facevo attività fisica... Ben presto non ebbi più nemmeno il fiato per replicare alle lamentele di Seto. Tuttavia ero caparbiamente determinata a tenere duro, per cui strinsi i denti e mi feci coraggio.

-Basta, dai. Torniamo indietro.- mi supplicò Seto una volta arrivati fino al molo.

Mi fermai ansimante, approfittandone per recuperare fiato.

-Ok, permesso accordato.- gli risposi, soddisfatta della distanza percorsa -Certo che sei proprio uno sfaticato!-

Lui mi fulminò con lo sguardo.

-Sfaticato a chi?- sbottò -Ma se stai ansimando così tanto che non riusciresti a fare mezzo metro in più...-

In effetti, nonostante tutte le storie che aveva fatto, lui aveva dimostrato di possedere una resistenza ben maggiore della mia. Benché fosse fuori allenamento aveva un fisico abbastanza atletico e robusto da aver retto bene per tutto il tragitto. Ma non sarei stata certo io ad ingigantire ulteriormente il suo ego, riconoscendoglielo.

-Posso correre ancora quanto mi pare e piace, a differenza tua!- replicai quindi con fierezza.

-Ah sì?- mi fece lui con tono beffardo -Allora vediamo chi riesce ad arrivare per primo a casa mia...!-

-E' una sfida?-

Le sue labbra si piegarono in uno dei suoi sorrisini maliziosi.

-Puoi scommetterci, ragazzina.-

-Allora hai già perso.- feci io, scattando subito in avanti.

Sentii dietro di me Seto darmi della vigliacca e qualcos'altro, per poi risparmiare il fiato per corrermi dietro. In breve fu alle mie spalle, recuperando senza fatica il poco vantaggio che speravo di avere. Dannazione alle sue gambe lunghe.

-Sei lenta.- mi provocò, fiancheggiandomi.

-Sei antipatico.- replicai con il fiato corto.

Tuttavia, per quanto mi costasse ammetterlo, aveva ragione lui. Ero troppo stanca per tenere quell'andatura, non per così tanto. Sentii la fitta all'addome acuirsi ancora di più, e la vista iniziò ad annebbiarsi. Dopo qualche minuto fui costretta a rallentare l'andatura, mentre Seto mi aveva ormai distanziato di un centinaio di metri. Distacco che aumentò ancora di più ad ogni passo, fino a quando non lo vidi curvare e scomparire dalla mia vista. Maledizione. Ma non sarei riuscita a reggere oltre, per cui tanto valeva rassegnarsi alla sconfitta e alle frecciatine che mi avrebbero accolto all'arrivo. Diminuii la velocità fino a camminare, facendo profondi respiri per rallentare il battito cardiaco. Ma non appena svoltai l'angolo il mio cuore fece un sussulto, riconoscendo il ragazzo che se ne stava seduto con indolenza su una panchina.

-SETO!- esclamai, stupefatta -Cosa stai facendo?-

Lui si alzò in piedi, stiracchiandosi.

-Ti stavo aspettando.- mi rispose con un sorriso -Non potevo lasciarti indietro.-

Quindi con naturalezza si avvicinò e mi prese per mano. Sussultai. Era la prima volta che lo faceva. Si trattava un gesto semplice, vero, ma anche così intimo. Un gesto che, da parte sua, valeva più di mille parole.

Sorrisi.

-Grazie.-

Detto questo, ci reincamminammo verso casa sua, fianco a fianco.

-Comunque avrei vinto io.- ci tenne a precisare Seto poco dopo.

 

***

 

I was nurtured, I was sheltered
I was curious and young
I was searching for that something

Trying to find it on the run
Oh, and just when I stopped looking
I saw just how far I'd come
In this life, in this life

 

I have faltered, I have stumbled
I have found my feet again

I've been angry and I've been shaken
Found a new place to begin
And my persistence to make a difference
Has led me safe into your hands
In this life, in this life

 

I was put here for a reason
I was born into this world

And I'm living and I'm believing
That I was meant to be your girl
In this life, in this life

 

You give me love, you give me light
Show me everything's been happening

I've opened up my eyes, I'm following
Three steps fight an honest fight
Two hearts that can start a fire
One love is all I need in this life

 

(In this life – Delta Goodrem)

Eisuke Muto.

Chijo Ogawa.

Quei due nomi erano scolpiti sulle due lapidi scure di fronte a me con la stessa profondità con cui erano incisi nella mia anima. Mi avevano insegnato, sin da bambina, a nascondere i pollici quando li accompagnavo al cimitero per rendere omaggio ai nonni, ogni anno, durante la festività dell'Obun. Un gesto scaramantico, mi era stato detto, per garantire una lunga vita ai propri genitori. E invece quell'anno, quel 15 di agosto, erano state le loro tombe, che ero andata a visitare.

Mi chinai sul terreno, accedendo un bastoncino di incenso. Ma presto si sarebbe spento. Presto le mie impronte sulla ghiaia sarebbero scomparse, senza lasciare traccia, come se non ci fossero mai state. Le loro ceneri, invece, sarebbero rimaste lì, in quel posto così sbagliato.

Una mano mi si posò su una spalla, con delicatezza.

-Stai bene?- mi domandò Seto, preoccupato -Stai tremando.-

Annuii debolmente, rialzandomi da terra.

-No, non sto bene. Ma dovevo venire lo stesso, a salutarli.- ammisi -Ti ringrazio per avermi accompagnato. Possiamo andare, ora.-

Mi abbracciò dolcemente, trasmettendomi un po' di quel calore che, nonostante il sole battente, mi aveva del tutto abbandonato. Era destino che la mia vita fosse andata in frantumi, come era destino che fosse lui a raccoglierne i pezzi per rimetterli insieme.

-Va bene. Sicura di non voler andare da nessun'altra parte, prima? Abbiamo ancora un po' di tempo.-

Non avevo bisogno di pensarci su. Non c'era nessun posto ad Osaka in cui desiderassi tornare: mi avrebbe fatto troppo male rivedere la mia vecchia casa, ora abitata da chissà quali sconosciuti, e di certo non sentivo la mancanza dell'Imperial College o delle mie passate compagne di classe. C'era solo una persona, che volevo incontrare di nuovo.

Il suono dello scacciapensieri risuonò ancora come lo ricordavo, quando varcai la soglia dello Unicorn's Corner. Tutto era come l'avevo lasciato: gli scaffali stracarichi di manga, i giochi di ruolo nell'angolo, le carte di Magic and Wizards esposte orgogliosamente sul bancone. Una voce giunse soffocata dal retrobottega, subito seguita da quella figura spigolosa a me tanto cara.

-Buongiorn... oh!- esclamò, facendo cadere a terra una scatola.

-Buongiorno, signor Taichi.- lo salutai, con un sorriso.

Il mio vecchio maestro corse subito ad abbracciarmi, trattenendo a stento la commozione.

-Questa sì che è una sorpresa!- esclamò -Temevo quasi ti fossi dimenticata di questo povero vecchio!-

-Non dica sciocchezze, non potrei mai!- protestai -Ha ricevuto la mia cartolina dall'Egitto, vero?-

-Certo!- annuì con vigore -Deve essere stato un bel viaggio!-

-Indimenticabile.- ammisi, pur senza rivelarne il motivo.

Restammo a chiacchierare un po', aggiornandoci sulle nostre ultime vicende.

-Sono davvero contento per te, Mira. Non credo di averti mai visto così... luminosa.-

Sorrisi, un po' imbarazzata da quel complimento. Però era vero, ora guardavo il mondo con gli occhi diversi, a colori, senza inquietudini che lo sbiadissero.

-Grazie...- risposi -Ora però devo davvero andare. Mi stanno aspettando.-

Il signor Taichi guardò oltre la mia spalla, verso il ragazzo che si intravedeva oltre la vetrina.

-E' lui?- domandò, allusivo.

-Sì.-

-Sei felice?- domandò, circospetto.

-Sì.-

-Molto bene. Vai, allora!- mi incitò con calore.

Lo abbracciai un'ultima volta, quindi mi voltai verso la porta d'ingresso. Prima di uscire però mi fermai, lo sguardo attratto da un'immagine appesa, proprio accanto a quella di Yugi che avevo visto la prima volta che ero entrata in quel negozio. Lo riconobbi subito, dato che si trattava del manifesto promozionale del mio singolo, A sky full of stars, che la King Records aveva deciso di rilasciare in anteprima. Il signor Taichi mi si avvicinò, battendomi con fare paterno una mano sulla schiena.

-Te l'avevo detto, che il prossimo poster che avrei appeso sarebbe stato il tuo.-

 

***

 

Lyin' here with you so close to me
It's hard to fight these feelings when it feels so hard to breathe

Caught up in this moment
Caught up in your smile

 

I've never opened up to anyone
So hard to hold back when I'm holding you in my arms

We don't need to rush this
Let's just take it slow

 

I know that if we give this a little time
It'll only bring us closer to the love we wanna find

It's never felt so real, no it's never felt so right
No, I don't want to say goodnight
I know it's time to leave, but you'll be in my dreams
Tonight

 

Just a kiss on your lips in the moonlight
Just a touch of the fire burning so bright

No, I don't want to mess this thing up
I don't want to push too far
Just a shot in the dark that you just might
Be the one I've been waiting for my whole life
So baby I'm alright, oh, let's do this right, with just a kiss goodnight
With a kiss goodnight

 

(Just a kiss – Lady Antebellum)

Per quanto Seto Kaiba avesse cercato di tenermelo nascosto, ero riuscita a scoprire da fonti a lui vicine (leggi: suo fratello) quale fosse la data del suo compleanno. Giorno che ormai si era fatto pericolosamente prossimo, senza che io avessi avuto ancora un'idea decente su cosa regalargli.

-Cosa si può regalare a qualcuno che ha già tutto quello che vuole?- domandai con un sospiro.

L'espressione di Anzu si fece pensosa, per quanto sfocata a causa della non ottimale resa della web-cam, nostro principale mezzo di comunicazione da quando era partita per New York.

-A me lo chiedi? Sei tu che stai insieme a Seto Kaiba, non io! L'unica cosa che potrei dargli da parte mia è un ceffone...-

-Ti prego, sono disperata...-

La mia amica sbuffò con sufficienza.

-Qualunque cosa bianca e/o blu andrà benissimo!-

Cercai di mantenermi seria per amor di Seto, per quanto dentro di me stessi sghignazzando a più non posso.

-Seriamente, Anzu!- la rimproverai.

-Secondo me ti stai facendo troppi problemi... Se ha già tutto quello che vuole, regalagli qualcosa che tu vuoi che abbia. Apprezzerà sicuramente il pensiero.- mi disse lei, facendomi un occhiolino.

La faceva facile, lei.

-Grazie del consiglio.- le dissi sconfortata, prima di salutarla e lasciare che proseguisse una stucchevole conversazione con mio cugino.

Rimasi a rimuginare sulle parole della mia amica per svariati giorni, quasi fosse un enigma da risolvere, fino a quando venni colta da un'illuminazione. Sì, gli avrei regalato qualcosa che mai, ma proprio mai, lui si sarebbe preso da solo.

Il 25 di ottobre, il giorno fatidico, mi svegliai all'alba in modo da raggiungere per tempo Villa Kaiba. Con l'aiuto di Mokuba mi intrufolai di soppiatto, andai in cucina per farmi dare dalla cuoca il vassoio con la colazione abituale di Seto, ed infine salii al piano superiore, fermandomi davanti alla sua camera. Bussai alla porta, in maniera ritmicamente simile alla marcia di Radetzky.

-Avanti.- mi rispose dall'altro lato la sua voce, assonnata e scorbutica come solo la mattina presto sa essere.

Entrai nella sua stanza già prontamente illuminata dalle tende, la seconda cosa che, sospettavo, al risveglio Seto apriva subito dopo i suoi occhi. Nel vedermi la sua espressione fu così sbalordita da essere indescrivibile.

-MIRA!- esclamò a bocca aperta.

-Buondì!- cinguettai allegra, posando il vassoio sul suo comodino.

-Che cosa ci fai qui?!?-

-Ti ho portato la colazione.- risposi innocentemente.

-Sì, ci ero arrivato...- sbuffò, alzando gli occhi al cielo -Intendevo cosa ci fai qui ora. Lo sai che non ho tempo, la mattina. Devo andare al lavoro.-

-Non oggi.- replicai io, tendendogli un foglio appena estratto dalla tasca, ormai tutto stropicciato.

-Che roba è...?- borbottò lui, allungando la mano per prenderlo con sguardo preoccupato, che divenne subito alterato non appena lo riconobbe -EHI! Come hai osato strappare in modo così barbaro la mia agenda?!? E soprattutto, chi diavolo te l'ha data?!?-

Rimasi a guardarlo, profondamente divertita, a braccia conserte, aspettando che la smettesse con il suo sproloquio, quindi mi decisi a rispondergli.

-Mi è bastato chiedere ad Isono.- gli spiegai con un'alzata di spalle -Tanto quella pagina non ti serve più, visto che gli ho anche chiesto di cancellare tutti i tuoi appuntamenti di oggi.-

-Tu COSA?!?-

-Beh, dato che è il tuo compleanno, ho pensato di regalarti un giorno di ferie...- gli dissi sorridendo -A proposito... Tanti auguri!-

Passò un bel po' prima che Seto riuscisse a farsi passare l'attacco isterico che gli avevo causato e accettare l'idea che, se per un giorno non avesse lavorato, non avrebbe provocato la fine del mondo. Una volta rassegnatosi all'irreparabile e persuaso a non licenziare Isono per essersi reso mio complice in quel crimine efferato, si calmò e mi concesse un bacio pacificatore.

-Tu mi fai davvero impazzire, lo sai?- fece, scompigliandomi i capelli come faceva sempre per indispettirmi.

Che, nel suo linguaggio in codice, significava “grazie”.

Fu in assoluto la giornata più spensierata che avessimo mai trascorso insieme. Mi ero premurata di confiscargli cellulare e portatile, per cui nessuno avrebbe potuto disturbarci. Il pomeriggio, una volta tornato da scuola, Mokuba si unì a noi e andammo a fare una passeggiata nel parco fino al tramonto. Cenammo tutti insieme, costringemmo Seto a spegnere le candeline sulla sua torta, ed infine ci radunammo nel salone per giocare. A Magic and Wizards, ovviamente.

-Hai perso!- esultai -Vai, Tessitrice d'ali, attacca!-

Purtroppo a quella mossa Seto non si scompose affatto, anzi.

-Non credo proprio.- replicò secco, scoprendo la sua carta coperta -Attivo Anello della Distruzione: per cui dì addio alla tua fata e a 2750 Life Points...-

-Ma come!- mi lamentai, guardando il mio mostro andare distrutto e i miei Life Points scendere a zero.

-Rivincita?- mi domandò lui, con un sorrisino divertito.

-No, grazie. Tre sconfitte mi bastano, per oggi.- borbottai, gettandomi sconsolata sul divano.

Davanti a me crepitava piacevolmente il fuoco nel camino, l'unica fonte di rumore rimasta a tenerci compagnia. Mokuba era andato a dormire da un pezzo, e guardando l'orologio a pendolo mi accorsi che era già passata la mezzanotte. Eravamo così presi dal duello, che mi ero a malapena accorta del passare del tempo. Seto mi raggiunse, sedendosi accanto a me.

-Non hai speranze di battermi, finché ti ostini a usare quelle carte così scarse...- mi punzecchiò.

-Ti ho già detto e ripetuto che non le voglio cambiare, ci sono affezionata!- replicai -E poi, sono tutti bravi a vincere con le carte più forti...-

Era una provocazione troppo diretta perché non andasse a segno. Appoggiò il braccio sulla sponda del divano, piegandosi su di me con aria minacciosa.

-Stai cercando di farmi arrabbiare, ragazzina?-

-Mi sembra di esserci già riuscita.- osservai, sprezzante del pericolo.

-Fossi nei tuoi panni sarei più cauta con le parole...- mormorò, avvicinando il suo viso al mio -Forse non te ne sei accorta, ma è notte fonda e tu sei a casa mia, sul mio divano, senza via di fuga e nessuno nei paraggi. Posso fare di te quello che voglio.-

Panico.

Non potevo sapere con quanta malizia avesse pronunciato quella frase, ma dal suo tono e dalle circostanze il suo duplice significato non poté che allarmarmi. Seto era sopra di me, così vicino che potevo sentire il suo respiro sulla pelle e i capelli solleticarmi il viso. I suoi occhi luccicavano nella penombra, guardandomi in modo così provocante da farmi girare la testa, come ubriaca. Ma ero certa di aver bevuto un solo bicchiere di champagne, a cena, e ore prima. No, quello che mi stava facendo battere il cuore all'impazzata, bloccare il respiro e tremare per i brividi era proprio lui. Santo cielo quanto era bello... Ma lo desideravo tanto quanto ne avevo paura. Ero certa di amarlo, e sapevo che non avrei mai potuto amare nessuno allo stesso modo. Volevo che fosse con lui, la mia prima volta. Ma non eravamo mai andati oltre al bacio, finora, per cui non avevo mai preso seriamente in considerazione quell'ipotesi, se non come una possibilità futura, remota.

Non ero pronta.

-Appunto, è notte fonda.- riuscii a dire, nonostante la gola fattasi improvvisamente secca -Devo tornare, la zia mi uccide se faccio tardi anche stasera.-

Era una scusa talmente debole che non riuscii nemmeno a dirla con convinzione. Era vero che mia zia non voleva che tornassi a casa troppo tardi, ma era altrettanto vero che non me ne ero mai fatta un problema. E Seto questo lo sapeva. Lo vidi sbattere le palpebre come se avesse appena ricevuto uno schiaffo, per poi distogliere subito lo sguardo. Tutta l'atmosfera che si era creata andò in frantumi, facendo penetrare il gelo.

-Andiamo, allora. Ti riaccompagno a casa.- mi disse con voce atona.

Il tragitto in auto fu il più lungo e silenzioso che avessi mai fatto. Temevo che a causa del mio comportamento si fosse sentito respinto, che l'avessi ferito, offeso. Ma non avevo il coraggio di affrontare quello che era successo poco prima, perché non avrei saputo come giustificarmi. E questo sarebbe stato ancora peggio, perché di certo l'avrebbe interpretato come sintomo di indecisione su quello che provavo per lui. Non esisteva il grigio, nella sua scala dei colori.

Infine Seto fermò la sua Maserati davanti all'ingresso del Turtle Game. Ma non spense il motore, come faceva sempre per potermi salutare con calma. Già da quello compresi che sì, l'avevo ferito.

-Buonanotte.- mi disse freddamente.

Nessun bacio, nessuno sguardo, nessun calore. Niente. L'unica cosa che sentii, fu il senso di nausea che mi aveva accompagnato durante tutto il viaggio acuirsi ancora di più.

-Buonanotte.- mormorai abbattuta.

Scesi meccanicamente dall'auto, ma quando fu il momento di chiudere la portiera alle mie spalle non ce la feci. Mi avrebbe stracciato il cuore, lasciarlo in quel modo.

Risalii in macchina con rinnovata decisione, e finalmente lui mi guardò, anche se sempre in modo distaccato.

-Che c'è?-

Era ben nascosta, con cura, quella sfumatura di attesa nella sua voce. Ma la riconobbi lo stesso, perché io la stavo cercando con altrettanta attenzione, pronta ad aggrapparmi ad essa.

-Ti amo.- gli confessai d'impeto -Voglio che tu sappia che ti amo. Non fraintendere il mio comportamento di poco fa, ti prego.-

Lui socchiuse le labbra, preso alla sprovvista da quella rivelazione. Allungò una mano con cautela, incredulo, sfiorandomi il viso.

-Dimmelo ancora.- mi sussurrò.

Non resistetti più, e lo baciai di slancio, con urgenza. Come se fossi sul punto di soffocare, e avessi bisogno del suo ossigeno per sopravvivere. Ma avevo davvero bisogno di lui, per vivere.

-Ti amo.- gli ripetei quindi, con maggiore convinzione.

Allora lui mi strinse forte a sé, baciandomi con ancora più desiderio.

-Ancora.- mi ingiunse, la voce roca.

Un altro bacio.

-Ti amo.-

Un altro ancora.

-Suona così bene, detto da te.- mormorò.

-Suona così bene, detto a te.-

 

***

 

All along it was a fever
A cold with high-headed believers

I threw my hands in the air, I said show me something
He said, if you dare come a little closer
Round and around and around and around we go
Ohhh now tell me now tell me now tell me now you know

 

It’s not much of a life you’re living
It’s not just something you take, it’s given
Ohhh the reason I hold on
Ohhh cause I need this hole gone

 

Funny all the broken ones
But I’m the only one who needed saving

'Cause when you never see the lights
It’s hard to know which one of us is caving

 

Not really sure how to feel about it
Something in the way you move

Makes me feel like I can’t live without you
It takes me all the way
I want you to stay

 

(Stay – Rihanna)

Chiusi con soddisfazione la valigia, felice di averla riempita nel più breve tempo possibile e di essermi levata quell'incombenza, quindi mi voltai verso l'armadio, alla ricerca di qualcosa che potessi indossare quella sera che non avessi appena impacchettato. Optai per un sempre valido abbinamento gonna a pieghe con camicia, quindi uscii dalla mia stanza in tutta fretta.

-Ciao a tutti!- feci alla mia famiglia, seduta in soggiorno davanti alla televisione -Ci vediamo domattina!-

-A domani, ciao!- fece lo zio Sugoroku.

-Buona serata!- esclamò Yugi -E salutami Seto!-

-NON FARE TARDI!- mi gridò invece dietro mia zia, mentre mi chiudevo la porta d'ingresso alle spalle.

Sorrisi tra me e me, non essendo certa di poter mantenere quella promessa. Il giorno dopo sarei dovuta partire per il mio primo tour di concerti e, sebbene si sarebbero trattate di sole dieci tappe, erano più che sufficienti per costringermi a stare via da casa per due settimane. Una vera seccatura, se consideriamo che in quel periodo erano ricompresi il mio compleanno e, poco dopo, capodanno. E comunque era troppo tempo da passare lontano dalla mia famiglia, ma soprattutto lontano da Seto. Non sarebbe stato facile salutarlo, quella sera.

Tuttavia quando fui sulla strada mi accorsi che non c'era la solita Maserati bianca ad attendermi davanti a casa, ma Isono accanto alla sua limousine.

-Isono!- lo salutai sorpresa -Che succede?-

-Buonasera, signorina.- mi disse con un lieve cenno di capo -Il signor Kaiba mi ha mandato a prenderla. Pare che ci sia stato un guasto tecnico agli impianti di sicurezza della sede, e si è dovuto recare di persona per provvedervi. Comunque, sono certo che sarà di ritorno in poco tempo.-

Mi rabbuiai, l'entusiasmo che mi animava svanito a quella cattiva notizia. Ci mancava pure questa.

-Lo spero.- sospirai.

Avevo riposto male le mie speranze. Passarono le ore, e di Seto nemmeno l'ombra. Una volta arrivate le undici e mezza, Mokuba, che mi aveva tenuto compagnia fino a quel momento, mi salutò per andare a dormire, non riuscendo più a reggere il sonno.

-Non ti preoccupare, vai pure.- lo tranquillizzai con un sorriso.

-Vedrai che adesso arriva.- mi disse lui, dolce come sempre.

-Lo spero.- sussurrai, ma con molta meno convinzione di quella che avevo usato con Isono.

Anche Mokuba se ne andò, lasciandomi sola in quell'enorme salone vuoto. Persino i domestici si erano tutti ritirati, avendo chiesto loro di non preoccuparsi per me. Sarei comunque rimasta ad aspettare Seto, gli avevo detto. Ci avrebbe pensato lui, a riaccompagnarmi a casa. Non potevo non vederlo. Non quella sera.

Passò un'altra ora. Controllai nuovamente il mio cellulare, ma niente. Scrissi a Seto un sms, chiedendogli dove fosse finito, ma senza risposta. Abbandonai sul divano uno dei pochi libri di narrativa che avevo scovato in biblioteca ed iniziato a leggere, “Il grande Gatsby”, consapevole che di quel passo più che tenermi compagnia avrebbe finito per farmi addormentare. Non sapevo che fare. Avevo un treno per Tokio tra sole sei ore, ed io ero lì ad aspettare una persona che non sapevo nemmeno più se sarebbe venuta. Eppure lui doveva saperlo, quello... D'altronde non era neanche colpa sua, se aveva avuto quell'imprevisto. Dannata Kaiba Corporation. Possibile che soltanto Seto potesse riparare quel guasto?!? Che manica di imbecilli.

Comunque, l'unica cosa che potevo fare era aspettarlo, non potevo certo ritornare a casa da sola, dall'altro lato della città, a piedi, all'una di notte. Prima o poi sarebbe pur dovuto tornare... Però non ce la facevo proprio più, a tenere gli occhi aperti. Dovevo riposare, anche solo un attimo. Se al concerto che mi aspettava la sera seguente avessi avuto le borse sotto agli occhi, Jun mi avrebbe semplicemente fatto a pezzi per la mia trascuratezza e blablabla. Però non potevo addormentarmi sul divano, o mi sarebbe venuto il torcicollo. Forse... forse potevo andare in camera di Seto. Almeno mi avrebbe trovato, una volta tornato. E tanto non l'avrebbe mai scoperto nessuno.

Salii in punta di piedi le scale e andai al piano di sopra, aprendo con cautela la porta della sua stanza ed infilandomici dentro. Era buia, ma con una fioca luce che penetrava da dietro le tende leggermente socchiuse. Mi avvicinai al suo morbido letto a baldacchino, scostai un poco la trapunta e mi raggomitolai sotto di essa, al calduccio. Chiusi gli occhi, crogiolandomi in quella sensazione. Era bello, stare lì sdraiati dove dormiva sempre lui. Potevo persino sentire il suo profumo, se avvicinavo il viso al cuscino. Era un po' come se fosse lì con me, in fondo.

Non mi accorsi proprio di quando mi addormentai, ma mi accorsi della mano che, seppur lievemente, mi aveva appena accarezzato, svegliandomi. Socchiusi gli occhi, incontrando lo sguardo del ragazzo sdraiato al mio fianco.

-Ciao.- gli mormorai.

-Ciao.- mi rispose lui -Perdonami, non sono riuscito a tornare prima... Mi dispiace averti abbandonato in quel modo.-

Mi rintanai tra le sue braccia, bisognosa di un abbraccio.

-Non importa. Sei qui, ora.- gli dissi con dolcezza -Almeno sei riuscito a sistemare il guasto?-

Seto emise un sospiro, stropicciandosi gli occhi affaticati.

-Non era un guasto, ma un hacker.- mi spiegò -Non so come, ma è riuscito ad introdursi nel sistema. Ho dovuto formattarlo, avviarne uno nuovo con i dati di backup e programmare altri firewall. Un incubo.-

-Ah, ecco perché ci hai messo tanto...-

Lo vidi sorridere nella penombra.

-Potrei farci l'abitudine però, se ritrovassi sempre una ragazza ad aspettarmi nel mio letto...-

Mi sollevai, guardandolo dall'alto in basso con fare offeso.

-Devi soltanto provarci.- gli risposi minacciosa -L'ho fatto solo perché altrimenti non ci saremmo più visti per due settimane.-

Lui si allungò verso di me, avvicinando il mio viso al suo per darmi un bacio.

-Pensi davvero che ti avrei lasciata partire senza salutarti?-

Non risposi, improvvisamente senza fiato. Seto aveva continuato a baciarmi, scendendo lungo il collo, piano, con delicatezza. Sentii un brivido di piacere scorrermi lungo la schiena, facendomi tremare. Gli passai una mano tra i capelli, aggrappandomi ad essi, nella tacita richiesta di non smettere. E lui continuò, sempre più giù, sempre più famelico, facendomi ansimare, incapace di resistergli, ormai irrimediabilmente dipendente da lui e dai suoi baci. Poi mi sfiorò con una mano la gamba sinistra, accarezzandola, risalendo fino al bordo della gonna ed oltre ad esso. Quando realizzai quello che stava succedendo, era troppo tardi perché potessi farmi prendere dal panico come mi era successo la volta precedente. Quella volta, lo desideravo così tanto che l'unica cosa di cui avevo paura era che si fermasse, costringendomi a salutarlo, ad andare via dal ragazzo che amavo. Volevo restare lì, in quel letto sfatto, come lui stava disfacendo ogni mia resistenza, ogni mio pudore. Istintivamente portai le mani su di lui, sollevando la sua maglietta, sentendo il bisogno di percepire il calore della sua pelle sulla mia, facendolo fremere a quel tocco.

-Hai le mani gelate.- osservò, con voce roca.

-Scusa...- balbettai, ritraendole di scatto.

-No, non ti fermare.- mi pregò, prendendomi ai fianchi, e portandomi su di lui.

Da quel momento, fu tutto molto rapido, confuso, convulso. E ci ritrovammo in breve svestiti, affannati, accaldati. Io impacciata, lui ben più sicuro nonostante non avesse affatto più esperienza di me. Ma è sempre sicuro di sé, Seto Kaiba. Sa sempre cosa fare, perché sa sempre cosa vuole.

-Ti voglio.- mi annunciò ansimante, fissandomi negli occhi con desiderio.

Ed io ricambiai quello sguardo.

Quella notte, feci l'amore per la prima volta, e poi un'altra ancora. All'inizio con cautela, dolcemente, e poi molto più appassionati, con impellenza, prima che il nostro tempo si esaurisse. Prima che le luci dell'alba venissero ad illuminarci, e ad annunciarci che dovevamo separarci.

 

Quando arrivò il 30 dicembre ero così impaziente che mi svegliai ben prima del suono della sveglia, che comunque avevo appositamente anticipato di un'ora rispetto alle mie abitudini. Ovviamente tutta quella mia frenesia non era dovuta alle prove che dovevo andare a fare in teatro per il concerto di quella sera, ma alla scatola che conservavo gelosamente sul comodino della mia stanza d'albergo. Me l'aveva data Seto quel mattino, una volta giunto il momento di salutarci prima che partissi per la tournée, intimandomi però di aprirla solo al mio compleanno. E, finalmente, quel giorno era arrivato. Ora avevo 18 anni, ma soprattutto potevo aprire il suo regalo.

Lo presi tra le mani con trepidazione, soppesandolo. Non era affatto pesante, per cui doveva contenere qualcosa di piccolo e delicato. Ma dubitavo si trattasse di un gioiello, non era proprio da lui fare quel genere di regali, come non mi avrebbe mai comprato nulla di futile e vuoto come rose o cioccolatini. Né desideravo riceverli, e lui lo sapeva bene. Ma ora non era più necessario accontentarmi di fare delle congetture, potevo scoprire subito cosa contenesse. E poi se non ci si fa troppe aspettative non si rischia di rimanere delusi. Sciolsi il sottile nastro azzurro che lo avvolgeva e sollevai il coperchio, svelandone il contenuto.

Una chiave.

La presi tra le mani con perplessità, e la squadrai con minuzia da tutti i lati cercando di capire che accidenti volesse dire, ma niente. Era solo una normalissima chiave.

Ok, va bene non farsi troppe aspettative ma... ma dico stiamo scherzando?!?

Poi però mi accorsi di un biglietto sul fondo della scatola, e in me si riaccese la speranza che, forse, non stavo insieme ad un completo imbecille. Lo aprii con delicatezza, cercando di non rovinarlo, e quando lo lessi sorrisi felice, capendo finalmente il significato di quel regalo. Era più breve di quanto pensassi, con poche frasi scritte nella sua grafia spigolosa, ma che andavano al di là di ogni possibile attesa:

Da oggi sei maggiorenne, quindi d'ora in poi sarai solo tu a decidere della tua vita.

E, se lo desideri, puoi venire a trascorrerla da me.

Io sarò lì ad aspettarti.

   
 
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