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Autore: Shetani Bonaparte    21/10/2014    6 recensioni
Piccolo attimo di tenerezza: Daryl è solo con Judith e lei inizia a piangere. Che s'inventerà l'arciere pur di calmarla?
(Dal testo)
“Ma non ti si secca mai la gola?” sospirò, esasperato. “Abbi pietà per i miei timpani, Piccola Spaccaculi”
Prese a cullarla tra le forti braccia, alzandosi in piedi, molleggiando il proprio peso sui talloni con un fare assai materno. Tese le orecchie e, non udendo passi in avvicinamento, prese a cantare.
“Soft kitty, warm kitty, little ball of furr… Happy kitty, sleepy kitty, purr, purr, purr!”
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Daryl Dixon, Judith Grimes, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve!
Siete liberi di darmi in pasto agli zombie, non opporrò la minima resistenza, però… a mia discolpa dico che Daryl sembra un gatto, secondo me – non faticherei a vederlo seduto sul mio divano con tanto di orecchie e coda, che con la balestra prende di mira i pesci del mio acquario – e che sono reduce da una maratona di The Big Bang Theory.
E che mi fa troppo ‘awww’ (?) con Judith in braccio!
Un bacione,
Shetani
 
 
 
 
 
IL GRANDE MICIO E LA PICCOLA SPACCACULI
 
La prigione era silenziosa e stranamente vuota, il resto del gruppo era nel cortile a godersi il tiepido bacio del sole prima del tramonto e Daryl, Carol e la bambina erano in una cella.
L’arciere stava spennando un piccione e togliendo le interiora a due scoiattoli, una marmotta e una moffetta, era concentrato sul suo lavoro ma di tanto in tanto sbirciava Carol, le sue labbra si incurvavano appena in un sorriso a vedere la donna così contenta mentre faceva giocare Judith.
Si udirono dei passi frettolosi lungo il corridoio e Carl fece la sua comparsa. Non sorrideva spesso, il moccioso, da quando sua madre era morta, però ora lo stava facendo.
“Carol, ti va di aiutarmi?”
“Che devi fare?” chiese la donna.
“Volevo costruire qualche giocattolo per mia sorella. Però vorrei che fosse una sorpresa” bisbigliò lui.
Daryl si sentì osservato, così fece rimbalzare lo sguardo da Carl a Carol alla bambina oramai semi-addormentata sulla branda inferiore – ma perché il mio letto è diventato una culla?, si chiese anche.
Provò a far finta di niente, finendo di spennare il piccione, poi, rassegnato, si lavò le mano con un panno umido, le alzò in segno di resa e disse: “Va beh, la piccoletta la tengo io!”
“Grazie” disse la donna, alzandosi e posandogli un leggero bacio sulla fronte prima di seguire il ragazzino.
Daryl, ancora seduto a terra, decise che, sì, era sereno, rilassato, e che avrebbe anche potuto abbassare la guardia, solo per un po’.
Ma sul più bello, il silenzio pacifico si spezzò in un urlo.
L’uomo sobbalzò, sbarrando gli occhi, e li appuntò sulla bimba, che urlava come un ossesso, agitando le gambine e le braccia, paonazza in viso.
Subito Daryl temette che le fosse andato di traverso qualcosa, che stesse male, così le si avvicinò, tutto trafelato. Invece alla piccoletta era solo venuta voglia di divertirsi disturbandolo – sadica.
La prese in braccio e Judith sembrò quasi calmarsi, ma la menzognera voleva solo prender fiato per urlare ancora. L’uomo prese il biberon e le diede un po’ di latte, ma non aveva fame.
“Ehy, Piccola Spaccaculi, ma che hai?” chiese.
E, davvero, dalla sua espressione corrucciata, Daryl sembrava davvero incazzato, ma in fondo ai suoi occhi e nascosta nella lieve piega del suo sorriso strafottente, si poteva intravedere una dolcezza che raramente non veniva nascosta.
Si sedette sul proprio letto a gambe incrociate, la fece accomodare tra di esse e tentò di distrarla da qualsiasi fosse il motivo del suo pianto isterico, le prese le manine tra le proprie, stringendole molto delicatamente tra le dita, e la fece quasi ballare. Poi prese a fare delle smorfie che chiunque avrebbe trovato divertenti.
Tutti tranne Judith, che continuava a piangere.
“Ma non ti si secca mai la gola?” sospirò, esasperato. “Abbi pietà per i miei timpani, Piccola Spaccaculi”
Prese a cullarla tra le forti braccia, alzandosi in piedi, molleggiando il proprio peso sui talloni con un fare assai materno. Tese le orecchie e, non udendo passi in avvicinamento, prese a cantare.
“Soft kitty, warm kitty, little ball of furr… Happy kitty, sleepy kitty, purr, purr, purr!”
La bimba aveva smesso di urlare, ora singhiozzava e basta, persino le lacrime si erano fermate, e lo guardava stranita.
“Soft kitty, warm kitty…” riprese lui, asciugandogli le lacrimucce con un dito. “…little ball of furr…” – sorrise, un sorriso vero, però, che non aveva nulla di strafottente – “Happy kitty…” – dondolò le braccia un po’ più giocosamente – “…sleepy kitty…” – portò il viso di Judith più vicino al proprio – “…purr, purr, purr!” – concluse, imitando delle vere fusa e sfiorando il nasino della mocciosa col proprio.
Ripeté svariate volte la canzoncina e quella specie di balletto, camminando in circolo, totalmente concentrato sulla bimba che, sorridente, aveva iniziato a tirargli con delicatezza i capelli castani.
“…purr, purr, purr!”
“Starà mica cercando le orecchie, eh?” si sentì dire da Carol.
Daryl si voltò e vide gli altri del gruppo nel corridoio. Sorridevano tutti, e il coreano era quasi commosso. Rick tentava in tutti i modi di non ridere, Carl pure.
“Insegnate a ‘sta Piccola Spaccaculi a non urlare!” sbottò Daryl, rifilando la piccoletta a Carol e battendo in ritirata. Ma evidentemente era stato troppo brusco, perché lei cominciò a piagnucolare.
“Accidenti” disse, mentre Rick e Carl, beh, scoppiarono a ridere.
“Senti, Micio, la piccoletta ti vuole!”
“Fanculo, Carol!”
“Come vuoi, però è notte, dovremmo dormire, siamo tutti a pezzi, abbiamo ripulito quasi tutto il carcere, e tu hai deciso di andare semplicemente a caccia…”
“C’erano pochi zombie”
“Va beh, non so se riusciremo a farla dormire tutta la notte, però…
“Fanculo” sbottò di nuovo Daryl, facendo retro-front, riprendendo in braccio la piccoletta.
Mentre tutti andavano a coricarsi, richiamò Carl: “Ehy, Carl. E il giocattolo?”
“Ne abbiamo fatti un paio, tieni questo!” rispose, dandogli un gatto fatto di panni rattoppati assieme e con dei bottoni al posto degli occhi, per poi andarsene ridacchiando.
“Ma mi prendete per il culo?!?” disse l’arciere.
Perché il lavoro sporco toccava sempre a lui? Ecco cosa si chiese quando si sistemò meglio Judith tra le braccia.
“Soft kitty, warm kitty…”
  
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