Reflections
of Death
17/01/1985
Centro di
ricerca per
malattie neuropsicologiche di Los Angeles
Ore 18.00
“Cosa
vedi nello specchio Rue?” Domandarono
all’improvviso le
due figure in camice
bianco al piccolo
dai capelli corvini che se ne stava in piedi davanti a loro.
L’oggetto,
si ergeva imponente davanti ai suo grandi e
inquietanti occhi color rosso-albino, creando un sinistro effetto di
contrasto
con la maglietta nera come la pece e la marmellata di fragole che era così deciso a
ripulire del tutto prima che
finisse la visita.
Nessuno,
all’interno di quell’edificio, avrebbe mai potuto
definirlo bello. Non certo con
quell’aspetto emaciato e scompigliato che lo caratterizzava
così distintamente
dagli altri soggetti della sua età.
“Cosa
vedi?”
I due
evidentemente, ignoravano completamente il fatto che oltre
all’immagine del bambino, sullo specchio vi fossero riflesse
anche le loro,
intente a
mascherare, con una certa
difficoltà, il disagio emotivo che comportava
l’avere a che fare con un individuo
come lui.
“Tom,
è da giorni che non lo sentiamo aprir bocca..”
Sussurrò
esasperata a quel punto la donna al collega, stando però ben
attenta a non
farsi sentire dal bambino che nel frattempo aveva ripreso ad
ingurgitare la
confettura di fragole con voracità.
“Porta
pazienza.. dopotutto il trauma che ha subito è stato di
notevole rilevanza.. non c’è di certo da stupirsi
che si rifiuti di parlare.”
“Su
questo sono d’accordo.. però.. Cristo Tom.. lo hai
visto
anche tu ieri sera..”
Una lunga
pausa di riflessione prese il sopravvento sulla loro
conversazione. L’uomo cambiò radicalmente
espressione, come se l’immagine
mentale della scena gli si fosse ripresentata davanti, evidentemente
contro la
sua volontà.
“L’incidente
con il cane della signora Anderson non ha nulla a che
vedere con la psicologia di Rue.. Lo ha fatto perché era
profondamente
arrabbiato con lei a causa delle parole che gli sono state dette
ingiustamente.”
“Cosa!?
Ma come puoi dire questo?!”
“Shh!
Abbassa la voce..! Se ci sentisse..” Il moro si
voltò per controllare.
“..Dio solo sa come la prenderebbe..”
“
Ma ti rendi conto almeno di quello che stai dicendo? Sei
l’unico qua dentro che sostiene che sia sano
mentalmente!”
“Marta,
te l’ho già detto e ripetuto. Non me ne frega
niente di
quello che pensano gli altri. Questo bambino è un genio
della scienza! E
proprio come tutti i geni, nessuno riesce a comprenderlo del tutto,
nemmeno io
se la vogliamo mettere così. Come fai a dire che
è malato di mente? Come fai
anche soltanto a pensarlo??!”
“Come
faccio Tom? Ha ucciso quel cane e lo ha dissezionato! E
dopo averlo fatto ha estratto il cuore e lo ha mostrato alla signora
Anderson!
Insomma.. stiamo parlando di un bambino di sette anni!! Possibile che
tu non te
ne renda conto?!”
“Morte..”
I due
giovani psicologi smisero di parlare all’istante e si
voltarono di scatto verso l’esile figura che si ergeva
dinnanzi a loro a pochi
metri di distanza, fermamente convinti di aver sentito male.
“Hai
detto forse qualcosa tesoro?
“ Domandò
gentilmente la donna tentando di persuaderlo a ripetere
l’eventuale parola o
frase non recepita.
“Non
devi avere paur..” Continuò l’uomo. Ma
egli fu quasi
immediatamente interrotto dalla voce monotona del bambino, che lo
lasciò
decisamente esterefatto.
“Una settimana,
diciassette ore, quarantotto minuti e ventitrè secondi.”
“C-cosa?”
La donna corrugò la fronte, estremamente sorpresa da
quell’improvviso intervento… “Hey, ma di
cosa stai parl..”
“Due settimane,
dodici ore, ventidue minuti e
otto secondi.”
... e una
leggera smorfia di perplessità si formò sul viso
dell’uomo, che mai prima di allora si era ritrovato in una
situazione del
genere.
“Senti
piccolo.. se non ti spieghi meglio non possiamo
aiutarti..”
“Non dovreste sprecare il
vostro tempo cercando di aiutarmi, perché vi
garantisco, che non ne vale la
pena.” Continuò Rue restando a fissare la sua
immagine riflessa nello specchio,
impassibile come sempre.
Il
sorriso dell’uomo si spense come una candela.
“Ma
cosa stai dicendo? Tutti abbiamo bisogno d’aiuto..!”
Silenzio.
“Allora?
Ci vuoi dire di cosa stavi parlando o no?”
“Non mi credereste.”
I due si
lanciarono un’altra occhiata incerta, sicuri
di avere a che fare con qualcosa di
completamente insensato dal punto di vista neurologico.
Quello
non poteva essere un bambino. Tutto di lui, li portava a
raggiungere quella amara
ma altrettanto
ovvia conclusione, e del resto, chi non potrebbe biasimarli.
“Ma
dobbiamo saperlo Rue! Dobbiamo aiutarti!”
“Io non ho bisogno
dell’aiuto di nessuno.. tantomeno del vostro.”
Quella frase, venne
pronunciata da lui con particolare intensità, con il tono di
sincero disprezzo
di chi non sopporta le insistenze di coloro che si offrono di aiutarlo,
stringendo forte tra le piccole manine ossute l’unica fonte
di piacere che gli
era rimasta.
“E’
irremovibile.” Sussurrò di nuovo
Marta al collega. “E non riesco proprio a
capire come possa essere psicologicamente e scientificamente possibile
una cosa
del genere.. Se devo essere sincera Tom, mi mette i brividi..”
“Già..
è parecchio inquietante in effetti..”
“Comunque..”
Egli
però, smise di parlare all’improvviso, temendo che
il
piccolo avesse sentito la loro conversazione.
“Sappiate che il tempo a
vostra disposizione è quasi terminato.”
E
finalmente si voltò a fissare i due giovani colleghi, con la
punta dell’indice infilata in bocca e
un’espressione vagamente divertita
dipinta sul volto.
SPAZIO AUTRICE
Bene bene
bene.. Ora, molti di voi si staranno sicuramente
chiedendo chi è questo misterioso Rue che viene presentato
nella mia
fanfiction.
Ebbene,
ora vi rispondo subito:
E’
il serial killer del romanzo giallo Another Note di
Ishin
Nishio , che parla del famoso
caso B.B.
affrontato da L e Naomi Misora a Los Angeles.
Egli, era
estremamente simile a L sia come aspetto fisico che
come modi di fare.. (infatti anche lui proveniva dalla
Wammy’s House ed era il
secondo candidato alla sua successione) ed era conosciuto dalla polizia
locale
con il soprannome di Beyond Birthday.
Il suo vero nome
però è
Rue Ryuzaki.
Caratteristica
principale di Rue, è sicuramente la sua sfrenata
passione per l’anatomia e, secondo alcune teorie, per il
cannibalismo. La morte
infatti, è qualcosa che faceva parte di lui fin dalla
nascita, poiché possedeva
gli occhi dello Shinigami ed era in grado di vedere la durata della
vita
rimanente delle sue vittime.
Rue non
uccideva mai senza uno scopo ben preciso, e nel farlo,
operava soltanto nel momento esatto in cui la vittima sarebbe dovuta
morire
comunque.
Ok..
direi che ho spiegato tutto su di lui.. Ah! Un’ultima
cosa.. Il titolo che ho scelto ha un significato..
“Reflections of Death” per chi
non sa l’inglese significa
letteralmente “Riflessi di morte” e ha un doppio
senso, perché oltre che a
riprendere la scena del riflesso del nome dei due psicologi sullo
specchio, vuole
essere un rifacimento al metodo di visita degli psicologi. Per riflessi
infatti
si intendono anche quelli
che vengono testati sulle persone (presumibilmente affette da disturbi)
con
problemi neurologici per comprendere se hanno avuto danni al sistema
nervoso,
sia quello centrale che quello periferico.
Baci da L-chan