Anime & Manga > Saint Seiya
Ricorda la storia  |      
Autore: PerseoeAndromeda    17/10/2008    1 recensioni
Un'altra delle tante tematiche della mia mailing list... il tema autunnale era complicato come vedete e a me ha ispirato una fanfic incentrata su Hyoga e su alcuni episodi del suo addestramento in Siberia^^
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aquarius Camus, Crystal Saint, Cygnus Hyoga, Kraken Isaac
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il colore del vento, il profumo dell'acqua, il sapore del cielo

Forse non sarà granché ma a me non dispiace; è incentrata su Hyoga e sul periodo di addestramento in Siberia.

Non mi sono dilungata troppo su questi eventi perché li dovrò riprendere più diffusamente in un'altra fanfic così mi sono limitata

a tentare di tinteggiare emozioni e sensazioni, in attesa della versione più ampia.

 

 

 

 

Il colore del vento, il profumo dell'acqua, il sapore del cielo

 

- Frammenti di vita -

 

 

- Il colore del vento -

 

 

Oggi fa freddo, ancora più del solito, in queste lande spazzate da un vento che non lascia fiato, né respiro; ormai da quattro anni sono tornato, dopo un breve periodo della mia esistenza trascorso in Giappone, dove speravo di incontrare un padre e mi sono scontrato con un aguzzino il cui solo scopo era quello di trasformare un gruppo di bambini disperati in insensate macchine da guerra. I miei maestri ed il mio compagno d’addestramento stanno provando a trasmettermi le motivazioni profonde di ciò che ci è richiesto e forse, passo dopo passo, mi sto avvicinando a quella che è la verità, a quella che è l’essenza estrema di un sacro guerriero consacrato ad Athena. Ma anche se un giorno comprendessi appieno il senso del cosmo e delle stelle che ardono in noi, lui non potrebbe avere il mio perdono, per tanti motivi e non solo questo, perché mia madre è stata da lui abbandonata, perché per raggiungerlo lei è morta, per aver trattato i miei fratelli e me come schiavi senza degnarci di una seppur minima spiegazione.

La gelida tempesta sferza con ferocia il mio viso mentre cammino dietro ad Isaac ed ai nostri due maestri; anche Camus, da qualche giorno, è con noi, ogni tanto lascia la Grecia per venire a controllare come il suo fidato Cristal stia portando avanti il nostro addestramento. Nutre in lui una profonda fiducia ma ha bisogno di non trascurare del tutto il suo ruolo di mentore nei nostri confronti e forse, in qualche modo, ritiene che Cristal abbia ancora bisogno di lui, sotto tanti aspetti lo ritiene ancora un suo allievo.

Il vento ininterrotto mi getta in faccia spruzzi di neve e ghiaccio, la mia vista è oscurata da un bianco velo gelato; tutto è bianco qui, solo, ogni tanto, il cielo si tinge di tanti colori che colmano il cuore di sgomento e fascino reverenziale: chi, almeno una volta nella vita, ha potuto assistere allo spettacolo dell’aurora boreale, non lo dimentica mai più. Vorrei che i miei quattro fratelli prediletti la potessero vedere, ne rimarrebbero rapiti.

Ricordarli mi rattrista… perché potrei non incontrarli mai più; io potrei morire in questo addestramento, loro stessi potrebbero morire… tutti rischiamo la vita senza che nessuno mai si sia degnato di spiegarci il perché. Nonostante tutto, pensare a loro mi strappa un sorriso, soprattutto ad uno di loro, un minuscolo marmocchio dai grandi occhi verdi che ha allietato le mie giornate in Giappone; se non ci fosse stato lui, probabilmente, quella piccola parentesi della mia infanzia si sarebbe rivelata quasi insopportabile. Tre anni che non lo vedo… è struggente il pensiero che, forse, non appartiene neanche più a questo mondo la sua tenera esistenza ed immagino il suo volto che mi sorride, il verde dei suoi occhi che rifulge in questo candore spazzato dal vento; lotto per non piangere, non credevo mi sarebbe mancato così tanto.

Gli parlavo spesso della Siberia, nei rari momenti in cui gli adulti ci lasciavano liberi da massacranti ore di palestra e studio e lui mi ascoltava, con quel suo sguardo innocentemente curioso ed ammirato, come se gli stessi narrando una fiaba… gli promisi anche che un giorno lo avrei condotto qui, che avrebbe potuto contemplare dal vivo l’aurora boreale e vorrei tanto non avergli mentito, vorrei condurlo davvero qui con me, un giorno… vorrei tanto poterlo rivedere un giorno, almeno lui tra tutti.

Sollevo un braccio ad asciugare una lacrima e mi odio profondamente, cosa direbbe Camus se si voltasse in questo momento e mi vedesse piangere? Mi concentro sulla schiena di Isaac che avanza, fermo ed energico, davanti a me; come al solito mi aggrappo al mio immancabile appiglio, il mio amico del cuore, cosa farei senza di lui? Sono sempre io il più debole, io, colui che rimane indietro, ultimo della fila... forse, dopotutto, sarò proprio io a non tornare con il cloth ed a perdere la vita in questo candido inferno che amo più della vita stessa

 

 

 

-Il profumo dell’acqua-

 

Oggi ho litigato con Isaac e mi è molto difficile concentrarmi sull’addestramento che Cristal ci impone; uno dei primi insegnamenti ricevuti è stato quello di non lasciare che i problemi personali condizionino il rendimento ma sono davvero debole… è questo che Isaac ha voluto dimostrarmi con quella sua spropositata reazione.

In effetti non è del tutto esatto sostenere che abbiamo litigato, mi sono semplicemente lasciato aggredire verbalmente, senza reazione alcuna, forse perché, dentro di me, ho sentito dal primo istante che lui aveva ragione? Forse devo ancora comprendere, quella che lui ha considerato un’offesa, un’onta all’onore dei sacri guerrieri, rappresenta per me quanto di più importante mi sia rimasto: diventare forte per poter raggiungere lei, che riposa sotto la superficie di questo mare di ghiaccio che ci circonda ed accompagna le nostre giornate. A lui l’ho confessato, con il cuore in mano, aprendomi con colui che considero tanto importante per me, sperando nella sua comprensione… ho ottenuto unicamente rabbia, una distruttiva furia cieca.

Come dargli torto, d’altronde? Dal suo punto di vista, ho tradito ciò che più conta per lui, ciò che, dal suo punto di vista, ci lega da quando ci siamo conosciuti, ciò che ha da allora condiviso con me e che, lui sperava, ci rendeva uniti, tuttuno, un cuore ed un’anima sola, noi ed i nostri maestri. Credo che, nonostante tutto, sarà davvero lui a giungere integro e con pieno onore alla fine del nostro percorso ed io sarò destinato a morire o a tramutarmi in un’ombra smarrita nell’ignoto nulla di neve.

Ho sbagliato davvero, ne sono consapevole e continuo a sbagliare, perché insisto nel non trovare niente di terribile in ciò che il cuore mi detta, nel mio desiderio supremo di andarla a trovare, per portarle, là in fondo, quei fiori che lei tanto amava; saprei anche dove procurarmeli, al villaggio, dalla mamma di Jacob che sa come farli sopravvivere e fiorire al meglio. Ogni tanto vado a trovare quella donna e suo figlio, solo per inalare nelle mie narici il profumo che mi racconta di lei, che me la fa ricordare e la mantiene viva dentro il mio animo nostalgico. Ma so che poterla vedere, poterglieli realmente portare, sarebbe il massimo della gioia per me, l’unica consolazione che questa mia vuota esistenza potrebbe realmente offrirmi.

Finalmente Cristal ci lascia liberi: so che non dovrei pensare così e dovrei, invece, approfittare, fare tesoro di ogni istante di apprendimento che ci viene concesso ma oggi la mia testa è da un’altra parte. Sono ferito per ciò che è accaduto con Isaac e sono anche un po’ arrabbiato, perché lui non si sforza neanche di capire cosa significhi per me il desiderio estremo di raggiungere la meta che mi sono prefissato. Io lui lo capisco, non ho difficoltà neanche ad ammirarlo sinceramente per ciò che muove il suo spirito, perché non si impegna un minimo anche lui, per comprendere me?

Se venisse ora a conoscenza delle mie riflessioni, reagirebbe in maniera ancora peggiore, le considererebbe, probabilmente, degne di un bambino che rifiuta di crescere; già il fatto che riesco a riconoscerlo forse è un buon segno per la mia maturazione ma non ci conto troppo, per me è davvero tanto difficile fare mio l’autentico significato dell’essere un sacro guerriero. Probabilmente perché sono ancora troppo arrabbiato con colui da cui tutto è partito, sono arrabbiato con quel destino a cui, dicono, dovrei porre ascolto, perché mi ha gettato in qualcosa che percepisco immenso, tanto più grande di me, che avrei solo voluto continuare a crogiolarmi, come tutti i bambini della mia età, tra le braccia della mama e crescere con lei al mio fianco.

Forse crescerò anche io Isaac, tu sei più precoce di me, è vero, ma concedimi tempo… forse ti raggiungerò e, se così non sarà, sono preparato anche a questo perché nessuno merita più di te di ottenere il sacro cloth di Cygnus… io non sono neanche sicuro di volerlo, in fondo mi basterebbe diventare solo un poco più forte di adesso per ottenere quello che è il mio scopo ed allora sarò contento così. Non è neanche detto che, una volta raggiunta la mia meta, una volta che io abbia trovato il suo giaciglio là in fondo al mare, io voglia poi risalire, senza di lei… potrei anche restare con lei laggiù, addormentarmi al suo fianco, abbracciandola.

Mi vengono le lacrime agli occhi, quelle che Camus tanto odia e che non è ancora riuscito a cancellare del tutto dal mio volto non abbastanza duro secondo i suoi perfetti modelli; ma è così bello piangere pensando a quel momento, agognando quel momento in cui potrò abbracciarla ed addormentarmi sul suo seno, come facevo quand’ero un cucciolo in fasce. Quasi la sento, mi chiama, mi vuole… e anche io la voglio, voglio andare da lei e non perderla mai più.

Camminando, senza farlo apposta, sono giunto dove lei mi attende; so che è qui sotto, da qualche parte. Sollevo il pugno, vorrei sfondare subito questo strato di ghiaccio crudele che ci separa, impietoso; sei malvagio, ghiaccio, cosa ti costerebbe infrangerti subito, ora, e concedermi di realizzare il mio sogno? L’unico sogno che ho in questa vita, una volta realizzato non tedierò più il mondo dei vivi con la mia inutile e vuota presenza.

Lascio ricadere il braccio, senza tentare nulla; mi sento così patetico, persino il mio piccolo Shun proverebbe pietà per me, ora come ora, mentre gli altri miei fratelli mi griderebbero in faccia il loro disprezzo, esattamente come farebbe Isaac, se mi vedesse qui, in questo atteggiamento, con queste lacrime sul volto, a contemplare un’immagine che ancora non posso vedere… ancora no… ma un giorno…

Mi lascio andare in ginocchio, abbandonandomi come un guscio vuoto, senza consistenza… senza spina dorsale… già… è questa che mi manca del tutto, ed è terribile rendermene conto e non riuscire a farci nulla… forse neanche desiderare di fare nulla per rimediare alle mie mancanze, alle mie colpe. Sono ancora nulla più che un bambino che vuole la mamma… questo sarò per sempre e per questo sarò destinato a morire presto… che bello… che sollievo sarà quando giungerà quell’istante!

Allargo le braccia e mi sdraio, prono, sulla lastra ghiacciata, la guancia poggiata sulla levigata superficie ed immagino che al posto di quel freddo strato naturale ci sia il suo viso, la sua pelle, i suoi capelli biondi che danzano intorno al suo corpo perfetto… e sento il suo profumo che è il medesimo, intenso ma delicato al contempo, dei suoi fiori prediletti. Di questo profumo io mi inebrio, da lui mi lascio cullare e sento le braccia di lei intorno a me, che mi stringono al petto e cantano la lieve ninna nanna con la quale mi faceva addormentare.

 

 

- Il sapore del cielo -

 

E’ accaduto davvero e il risveglio è stato peggio di un incubo; non Cristal mi ha richiamato bruscamente alla dura realtà ma Camus, in piedi davanti a me, con tono gelido come il ghiaccio dei suoi occhi… la sentenza lapidaria dalle sue labbra impietose:

“Isaac è morto… adesso rialzati e dimostra che il suo sacrificio non è stato vano.

E’ morto… quelle parole ancora rimbombano dentro di me come un’eco beffarda, come un’ennesima canzonatura di quel destino che sembra divertirsi enormemente a prendersi gioco di me, della vita mia e di coloro che amo.

Nessun’altra spiegazione dalle labbra di Camus ma non ne avevo bisogno… vagamente ricordavo a cosa il mio distorto, disperato sentimento di bambino abbandonato mi aveva condotto… avevo davvero raggiunto la nave e dopo averla vista, dopo aver posato i miei occhi sulla figura incantata e dormiente nel suo letto di sonno eterno, smarrii quel poco di senno che covavo nell’anima…volevo davvero restare lì ma una mano mi ha trascinato via, una mano che in quel momento consideravo nemica perché mi strappava alla sola fonte della mia felicità, quella mano che mi ha restituito alla vita prendendo la morte su di sé… e nonostante tutto, le ultime parole del proprietario di quella mano, sono state parole di fiducia, speranza e persino ammirazione nei miei confronti.

Ho considerato nemica la mano appartenente al mio amico del cuore… il mio amico morto per me…è bizzarro come sia questo ad apparirmi insopportabile, ancor più della sua morte stessa… se avessi avuto la forza, probabilmente, avrei opposto resistenza, alla stregua di un bambino capriccioso, lottando per restare là sotto e lui comunque avrebbe lottato per salvarmi… e per salvarmi mi ha restituito ad un mondo in cui la mia disperazione non può che risultare amplificata, perché una seconda morte grava sulla mia coscienza, sul mio cuore, come un macigno dal peso insopprimibile ed intollerabile.

E’ bizzarro sì, ed anche patetico il modo in cui i miei ragionamenti riescano a rivelarsi, nonostante tutto, talmente egoistici da non essere neanche in grado di ringraziarlo, come non sono mai riuscito a ringraziare la mama, come mi sento nei loro confronti, invece, adirato, arrabbiato… ma in realtà su di loro proietto la rabbia che nutro nei confronti di me stesso, anche se non riuscirei mai ad odiarli come odio la mia persona.

E’ sera; il fuoco arde nel camino ed io sono rannicchiato sul pavimento, a fissare le fiamme, dopo aver pianto tutte le lacrime che sono riuscite a sgorgare ma non in presenza di Camus, non me le avrebbe perdonate. Cristal invece mi ha abbracciato quando Camus è ripartito e a quel punto i singhiozzi non ho potuto trattenerli… piangeva anche lui d’altronde ed ha voluto spiegarmi come lo stesso Aquarius covi in cuore tanta tristezza. Ma io lo so questo, so della sua tristezza ed anche dell’ostilità che nutre nei miei confronti, perché in me vede la causa della scomparsa del suo allievo prediletto, quello in cui infondeva tutta la sua fiducia, le sue speranze, il suo sogno di veder nascere, davanti ai suoi occhi, il sacro guerriero perfetto, il futuro, degno possessore del cloth di Cygnus, quello che io non sarò mai.

“Adesso basta, Hyoga!”

Sussulto, non mi ero reso conto che Cristal mi stava fissando, chissà da quanto; lo guardo, come se proprio in questo momento mi stessi momentaneamente riscuotendo da un perenne incubo ad occhi aperti. Ed in effetti, in quale altro modo potrei definire il mio stato d’animo? Forse da questo incubo non mi risveglierò davvero mai più, non del tutto.

Fa qualche passo verso di me, si china un poco, quel tanto che basta per afferrare il mio braccio e tirarmi in piedi, strattonandomi con violenza.

“Da giorni sei immerso in questo stato di torpore, è come se non fossi qui; ho lasciato che ti crogiolassi nel tuo dolore perché speravo trovassi dentro di te la forza necessaria a reagire. Ci credevo, avevo fiducia in te ma…”

Ma ho deluso anche voi… non è vero, maestro?  Come ho deluso Camus, come ho deluso Isaac… anche voi avreste preferito che al suo posto fossi io a morire… d’altronde questa si sarebbe rivelata Giustizia e invece…”

Uno schiaffo brutale colpisce la mia guancia ed è così forte ed improvviso che mi mordo il labbro, il sangue caldo mi scorre in gola, si fa strada lungo il mento.

“Ti senti così maturo da poter sindacare sulle sacre vie della Giustizia? Non mi pare che tale maturità tu l’abbia realmente mostrata fino a questo punto; come pretendi di formulare adesso il nome di Giustizia con così tanta sicurezza?”

Scuoto il capo, lentamente, fissando il pavimento, i pugni stretti.

“E’ che…” mormoro ma, prima che effettivamente riesca anche solo ad ideare un seguito coerente, Cristal mi interrompe ancora.

“Non parlare unicamente per dare di nuovo fiato alla bocca, so che diresti qualcosa di inutile!”

Sospiro e non oso sollevare il viso ad incontrare i suoi occhi; nuovamente le sue dita fini ma energiche si stringono intorno al mio polso e, prima che io possa rendermene conto, comincia a trascinarmi, verso l’uscita della nostra modesta capanna. Non ho il tempo di oppormi e neanche lo farei, in fondo non chiedo altro se non una mano che mi guidi, sicura, verso una qualche risposta perché davvero, io mi sento perduto e smarrito… non ce la potrei mai fare da solo, a questo punto meno che mai.

Quando ci fermiamo, il mio volto è ancora basso; Cristal mi lascia libero il braccio ma io sento che continua a scrutarmi con quei suoi occhi così belli ed intensi. Poi riprende a parlare, senza più durezza; il suo tono è carezzevole, come sa renderlo nei momenti in cui tutto il calore che il suo cuore racchiude trapela in superficie ed io sento in quella voce, in quel suo trasporto affettivo ed emotivo, quanto bene mi vuole… ma come può volermi ancora bene, dopo quello che ho fatto al suo allievo, dopo quello che ho fatto a tutti noi, privandoci della positiva presenza di un ragazzo come Isaac?

“Devi alzare quei tuoi occhi, Hyoga, non è guardando a terra che troverai le risposte che cerchi. A terra c’è la morte… tu devi rincorrere ed ascoltare la vita…”

“Come, maestro? Come posso… meritare la vita?”

“Tutti meritano la vita… ed Isaac vuole che tu viva, tua madre desidera che tu viva; perché ritenevano preziosa la tua vita. L’hanno protetta, l’hanno difesa e preservata. Vuoi far loro credere che i loro gesti siano stati vani? Che hanno commesso una sciocchezza, tu che li ammiri così tanto, hai talmente poca fiducia in loro da voler distruggere ciò che loro ritenevano tanto importante? Vuoi dunque deluderli a tal punto?”

Ognuna di quelle parole è un colpo, uno schiaffo morale tanto più doloroso di quello fisico ricevuto dal mio corpo poco fa; eppure sono altrettanto consolatorie quanto terribili, a quello che lui mi sta dicendo io realmente non avevo mai pensato… la mama ed Isaac hanno voluto che io restassi vivo, l’hanno voluto al punto da sacrificare le loro esistenze… perché?

Perché… hanno fatto questo per me?”

“Non troverai alcuna risposta se continuerai a mantenere basso il tuo sguardo; per chi ha dedicato la propria vita a Giustizia, le risposte sono solo lassù, tra le stelle, il senso della nostra esistenza è celato lassù nel cosmo che si riflette dentro di noi…”

Ma io… non sarò mai un sacro guerriero, io ho sbagliato tutto, io non ho in me la forza per…”

“Ancora sminuisci ciò che loro hanno intuito, ancora stai offendendo chi ha creduto in te tanto da immolarsi al tuo posto!”

Il mio volto si solleva a quest’ennesima lezione morale; la mano di Cristal si posa sotto il mio mento, dirige con fermezza il mio sguardo verso il cielo:

“Guarda lassù… ed ascolta in silenzio, Hyoga.

La vedo… la Croce del Nord tanto maestosa da campeggiare come sola presenza nella notte; automaticamente la mia mano cerca qualcosa che tengo costantemente poggiato sul cuore… la croce preziosa che ho sul petto, riflesso di quella lassù, non meno preziosa…

Estraggo il gioiello, donatomi un giorno da mia madre, da sotto la maglietta, lo tengo sul palmo aperto, lo innalzo verso il cielo e lo vedo accendersi alla luce delle stelle che sembrano rapirlo, avvolgerlo con il loro bagliore.

“Vedi, Hyoga” il mormorio di Cristal, colmo del mio stesso stupore “Solo chi detiene i segreti del cosmo può dar vita a simili miracoli… lo splendore del Cigno astrale è dentro di te… ti circonda… intorno a te io vedo la luce pulsante delle tue stelle guida… tua madre ed Isaac le hanno viste da tempo riflettersi in te… credimi…”

Le sue parole discendono in me insieme al canto del cosmo… il potere delle stelle di cui mai, fino a questo momento, sono stato così consapevole… e insieme a tutto il dolore che provo, per la prima volta trovo il senso della mia esistenza. Non lenirà il mio dolore ma ciò che sento è il significato profondo della sacra strada di Athena ed il suo sapore è dolce, intenso dentro di me, come dolce la melodia che mi infonde il coraggio ed il desiderio di continuare a lottare sulla via tracciata dal fato per me.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: PerseoeAndromeda