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Autore: darling_tears    23/10/2014    3 recensioni
[Pairings: Makoto/Ichigo] La storia ha inizio un anno dopo che Ichigo e Makoto ricevono la notizia da Henry-sensei di costruire un nuovo negozio di dolciumi a Londra. SI narrerà delle avventura della coppia appena creeranno il negozio. Come in ogni coppia non possono mancare litigi, baci, carezze.. una nuova ed emozionante storia insieme.. lontano dall'ereditiera e il suo affascinante cugino. Di una cosa si è certi: l'amore che accomuna Ichigo e Makoto è infinito e reale.. ma sapranno superare le difficoltà che capiteranno nella loro vita? Una storia romantica, affascinate, emozionante.. con un inaspettato sviluppo. Buona lettura!
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amano Ichigo, Makoto Kashino, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La notte era passata e in quel momento dolci raggi solari trapelavano dalla finestra della cucina ed attraversavano le tende di cotone a pois. Una leggera brezza invernale trapelava attraverso la mia camicia da notte in pizzo, giusto il tempo per accorgermi che Makoto si era tirato tutta la coperta, rannicchiandosi tra di essa.
I: -Il solito sbruffone!-
 
Mi alzai e mi raggomitolai nel vestaglia di lana che avevo precedentemente e decentemente appoggiato al tavolo di lavoro, prima che i nostri gesti passionali l’avevano lasciata cadere. Socchiusi la finestra e il suono dolce degli uccelli appollaiati su un ramo di un albero, mi diedero il buongiorno. Non avevo ancora svegliato nessuno, volevo giusto lasciarli riposare ancora un po’, sentendo così i discorsi strampalati di Vanilla.
Come sempre stava litigando con i suoi amici per un pezzo di torta. Scoppiai a ridere, proteggendomi la bocca con una mano per non fare troppo rumore; mentre con l’altra mi stringevo ancora di più nella vestaglia.
 
Non avrei dimenticato quella nostra notte. Era la prima che passavamo insieme, nonché la prima in cui Makoto mi aveva riempito così tanto di baci. In quell’anno trascorso, ancora in Giappone, non ci era mai capitato di condividere il letto, anche perché mio padre era sempre lì ad origliare. Era geloso sia di Makoto che del nostro legame.
Quando ci capitava di andare in gita o in vacanza con gli amici, usavamo sempre camere separate. Ora, invece, potevamo dormire uno accanto all’altro, abbracciati e a coccolarci.
 
Come quella notte. Le mie guance divennero istintivamente rosse al solo ricordo della sua pelle liscia e calda contro la mia; delle sue mani che esploravano il mio corpo e dei suoi immensi baci. Quei baci meravigliosi che diventavano  sempre più frenetici ed intensi ogni volta che Makoto spingeva il suo corpo in fiamme dentro il mio.
Per tutto il tempo cercammo di fare il più silenzio possibile per paura di svegliarle. Ma anche quando gememmo in preda al piacere, loro non si mossero nemmeno. Sudati ed accaldati ridemmo.
 
Gli scoccai un bacio intenso su quelle labbra perfette e morbide, per poi accoccolarmi tra le sue braccia per sprofondare insieme nel sonno. Diedi un’occhiata all’orologio rimanendo a bocca aperta quando vidi che le lancette segnavano le 9.
I: -Meno male che oggi è domenica!-
Qualcuno mi abbracciò all’improvviso, ma non c’era bisogno che mi voltassi per sapere chi era. Avrei riconosciuto tra mille quell’abbraccio. Mi abbandonai letteralmente a lui, assaporando ogni istante: il suo respiro caldo mi solleticava il collo, le sue braccia erano salde alla mia vita – come se avesse paura di perdermi – e le ciocche dei suoi capelli setosi mi accarezzavano la guancia.
 
M: -Buongiorno Amore!-
Era dolce il suono di quella parola tra le sue labbra.
I: -Buongiorno anche a te! Dormito bene?-
M: -Certo! Non poteva essere diversamente.- Con seduzione mi strizzò l’occhio.
Risi dolcemente. Era meraviglioso quando si comportava così. Così dolce e premuroso! Era facile amarlo.
I: -Ora svegliamo le altre, così poi facciamo il giro della città.- Gli scoccai un bacio. –E cerchiamo una casa.-
 
I suoi occhi si illuminarono e corse a cambiarsi, palesemente emozionato all’idea di trovare un posto che sarebbe diventato nostro. Il nostro rifugio in cui coltivare il nostro amore.
Vanilla e Chocolat non si fecero pregare ed attendere. Erano bastate le parole “gita in città” e “casa” per farle alzare e prepararsi in pochi secondi.
Quando Makoto si affacciò alla porta, io mi stavo sistemando la maglietta mentre Vanilla e Chocolat stavano già sognando ad occhi aperti l’arredamento della casa.
M: -Buongiorno ragazze!- Si avvicinò a loro per poter scompigliare teneramente i capelli di Vanilla e strizzare in un dolce pizzicotto la guancia di Chocolat.
V/C: -Buongiorno/Ciao Makoto!-
 
Mi si avvicinò poi, per darmi l’ennesimo bacio e sussurrarmi qualcosa all’orecchio.
M: -Sei splendida come sempre! Non vedo l’ora di riprendere il discorso di questa notte!-
I: -M-Makoto!- e gli diedi un colpetto sulla spalla facendogli mettere il broncio. Un broncio che scomparve quasi subito rivelando uno dei quei meravigliosi sorrisi.
Tutti pronti uscimmo da negozio e ci dirigemmo verso il centro. Non facemmo neanche un chilometro che un buon profumo si insinuò tra le mie narici, stimolando il lavoro del mio stomaco. La parte golosa di me si svegliò subito ed istintivamente mi diressi verso quell’odore consapevole delle espressioni esasperate degli altri.
V/C: -Sempre la solita golosona!-
M: -Non può resistere!-
I: -Scusate!- e abbassai lo sguardo.
 
Makoto mi raggiunse, mi accarezzò la guancia e mi sorrise.
M: -Giusto.. Ci serve una bella colazione!-
Entrammo ed ordinammo. Makoto si prese la solita tazza di cioccolata calda con un filo di panna; Vanilla una short-cake alla crema, mentre Chocolat un bignet al cioccolato.  Io mi avviai verso il tavolo dei dolci al buffet, prendendo un vassoio dalla pila alle mie spalle.
I: -Mhh.. Questo! Questo! Questo… e anche questo!-
Alzai lo sguardo che si posò sugli occhi sbalorditi di Vanilla e Chocolat, mentre Makoto scuoteva la testa sorridendo.
 
Guardai il mio vassoio stracolmo. Forse avevo esagerato.
I: -Uffi! Ok.. questo no! Addio!- dissi al dolcetto guardandolo.
Dopo aver pagato e dopo esserci riempiti lo stomaco, partimmo verso l’agenzia che avevamo contattato qualche settimana prima dal Giappone. Era vicina a Trafalgar Square, perciò decidemmo di farci un giro appena fossimo usciti da quello studio.
Una signora, nonché la proprietaria dell’agenzia, ci accolse calorosamente anche se a primo impatto ci lanciò un’occhiata torva. Potevo già pensare cosa le stesse passando in quella testa, vedendoci: “una coppia di diciassettenni che cercano casa”.
Le sorridemmo e dopo averle raccontato una parte della storia, ci mostrò quella che poteva essere la casa dei miei – o meglio dei nostri – sogni.
 
Una villetta di mattoni verdi acqua sul fiume Tamigi. Era carina, accogliente e grande. Insomma era perfetta per circa quattro persone. Dietro di essa c’era un piccolo fazzoletto di terra, perfetto per coltivare le pianticelle di fragole selvatiche che provenivano dal Regno Dei Dolci.
Entusiasti e curiosi, la donna ci aprì il portone di legno bianco lavorato della casetta.
L’interno era più bello dell’esterno, anche se i mobili erano assenti. Appena entravi si estendeva un grande spazio con gradini, colonne e un caminetto, mentre una grande scala di ferro battuto portava al piano di sopra, nonché ai bagni, alle tre camere da letto e alla cabina armadio.
 
I nostri occhi si incrociarono per poi dirigerci verso la donna per prenderle il contratto dalle mani per firmarlo. Una parte del lavoro era stata completata e Vanilla la depennò dalla sua lista. Ora rimaneva l’arredamento.
Beh.. per quello ci avrebbero pensato Vanilla e Chocolat con le loro bacchette.
Uscimmo, dicendo alla donna che saremmo passati dall’agenzia nel pomeriggio per portarle il contante. Guardammo ancora una volta quella casa che – ancora non ci credevamo – sarebbe presto diventata nostra.
 
Facemmo un giro intorno al Tamigi osservando le varie barchette accostate ai margini. Il ristorante si trovava a poco meno di dieci minuti di camminata dalla nostra casa. Finalmente quella sera avremmo avuto un bel materasso morbido su cui appisolarci.
Passammo gran parte della giornata in giro per la città, visitando parchi e vie del centro storico con in mano sempre una cartina. Poco prima dell’ora di cena, tornammo nel nostro piccolo – grande nascondiglio ancora da arredare. Avevamo deciso di ordinare una pizza dal ristorante all’angolo della via. Ancora con lo stomaco vuoto ci dedicammo al momento tanto atteso.
Makoto ed io uscimmo un block notes su cui avevamo schizzato insieme ed emozionati l’arredamento scelto.
M: -Bene ragazzi. Allora..-
 
Vanilla e Chocolat si armarono delle loro bacchette ed aspettarono le nostre istruzioni.
I: -Allora la cucina è…-
E all’improvviso sul piano rialzato dagli scalini e circondato dalle colonne apparve un’immensa cucina moderna di un bianco lucido con la centro il tavolo da lavoro in acciaio. Intorno ad esso c’erano due piccoli sgabelli.
Oltre i gradini un tavolo per otto persone prese posto davanti alla vetrata che dava sul giardino davanti la villetta; mentre davanti al camino apparve un confortevole salotto con un bel divano ad angolo di pelle bianco, un tavolino di vetro e un grande televisore al muro. 
Alle spalle c’erano foto di Vanilla e Chocolat, di tutti noi insieme fino ad arrivare ad un grande poster, alto più o meno quanto la parete, di una foto di me e Makoto a Parigi. Era davvero bella.
 
C: -Questo è un regalo per voi!-
V: -Siete stupendi ed era impossibile non metterla.- e ci sorrise.
Ci dirigemmo così al piano superiore. La prima stanza da letto che trovammo fu arredata appositamente per i nostri due piccoli spiriti. Avevano creato un ripiano più alto dato che la stanza sarebbe stata troppo grande per loro. Nel vederla, il contrasto dei colori era netto e carino da farti strappare un sorriso sulle labbra: la metà sinistra della stanza – quella di Vanilla - era stata dipinta con colori tenui e comprendeva un piccolo letto di ferro battuto; mentre quella destra era dedicata per Chocolat, la quale aveva dipinto la parete di un vivace color rosso e mettendo poi un bel letto a baldacchino.
 
La seconda camera da letto, la dedicammo – per ora – agli ospiti, componendola con un piccolo armadio e un letto matrimoniale. L’ultima camera era la nostra e l’arredamento era stata completamente scelto da Makoto. Un letto con il materasso rotondo componeva gran parte della stanza, mentre due comodini lo circondavano ai lati. Sulla testata del letto c’era un quadro in tela di un oceano al tramonto e delle tende di organza oscillavano sulla porta finestra che portava sull’immenso balcone che dava sul piccolo pezzo di terra.
La porta del piccolo bagno in camera e della cabina armadio erano ai lati di un grande specchio con i bordi dorati.  Ora la nostra casa era pronta, perfetta e la nostra vita insieme poteva aver finalmente inizio.
 
Mi voltai verso Makoto e lo abbracciai forte, appoggiando la testa sul suo petto. Lui ricambiò l’abbraccio per poi alzarmi viso e stamparmi uno dei suoi baci. Mi abbandonai completamente al suo amore.
C: -Lasciamoli!-
Vanilla annuì e scomparvero dietro la porta.
M: -E’ stupenda! Come te!-
I: -Mhh.. Abbiamo un luogo tutto nostro. Siamo una coppia e una nuova famiglia.-
M: -Sisi, Amor mio.. Vita mia.-
 
I suoi baci divennero sempre più intensi, frenetici e passionali. Mi prese in braccio facendo aderire il suo corpo al mio. Ero in fiamme, con il respiro in affanno ed il desiderio di averlo ancora dentro di me cresceva.
I: -M-Makoto..-
M: -Ichigo.. Shh.. non abbiamo tempo per parlare. Baciami!-
Con un sorriso lo accontentai e ci tuffammo sul letto nuovo per continuare il discorso della sera prima. Ansimanti mandammo all’aria i nostri vestiti che atterrarono sgualciti sul pavimento. Le nostre mani si toccavano, sfioravano ogni centimetro della nostra pelle calda, facendoci gemere.
 
Quando Makoto cominciò dolcemente a spingere il suo corpo caldo dentro il mio avrei potuto toccare il cielo con un dito.
Il piacere arrivò all’improvviso scuotendo i nostri corpi come una violenta scossa elettrica.
Sudati ci baciammo e restammo abbracciati per quel tempo che sembrò eterno. Quello era Amore, eravamo Noi. Era la nostra vita che iniziava e che non sarebbe finita. 
 
   
 
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