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Autore: BrokenArrow    23/10/2014    6 recensioni
Aveva cercato in quella figura anziana e austera il giovane dal farfallino colorato e dalle maniere stravaganti, con quel buffo sorriso di bambino che amava. L'aveva cercato nei capelli grigi e bianchi e nelle rughe che ora solcavano il suo viso, ma non l'aveva trovato. Persino gli occhi erano cambiati, ora trasformatisi in un blu totalmente diverso, inquietante e glaciale. Un'altra persona sembrava aver preso il suo posto.
Non era stato nemmeno capace di ricordare una cosa così semplice come un nome. Il suo nome. Clara. E questo era stata la cosa che più di tutte l'aveva ferita.
Genere: Introspettivo, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clara Oswin Oswald, Doctor - 12
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti, cari Whovians!

Eccomi tornata con la mia terza os su doctor who. Stavolta si tratta della meravigliosissima (?) Whouffle! Che dire di questa storia?

Innanzitutto che è SPOILER per coloro che non hanno visto ancora la 8x08, "Mummy on the Orient Express", quindi siete stati avvisati!
Ho amato questa puntata, ed è la mia preferita della ottava insieme a Listen. Inutile dire che Clara e Twelve in questo episodio sono stati shippabili al massimo livello. Credevo che il mio cuore sarebbe esploso perché non mi aspettavo questi momenti meravigliosi tra Clara e il Dottore e dopo la mazzata della puntata precedente direi che ce li siamo proprio meritati u.u
Proprio perché ho amato questa puntata ho deciso quindi di scrivere questa OS. Come ho già fatto per le altre due sull'era di Ten ho voluto scavare a fondo nella mente dei personaggi, e dare voce ai loro pensieri sulle vicende narrate. Quindi premetto che questa che segue è una MIA interpretazione introspettiva degli eventi, dei sentimenti che provano Clara e Twelve l'uno nei confronti dell'altra e dei loro pensieri su quello che è accaduto durante la puntata.
Spero vi piaccia come è piaciuta a me mentre la scrivevo :)


Buona lettura!
 


   ~ My impossible hero ~




 
Sarebbe dovuto essere il loro ultimo viaggio insieme. Il loro ultimo "Urrà!". Ma ancora una volta non era riuscita a smettere. A smettere con quella vita frenetica e spericolata nel tempo e nello spazio, in un circolo che pareva non finire mai.
"Non sai quando è una dipendenza finché non cerchi di smettere." Il Dottore, per quanto Clara odiasse ammetterlo, aveva avuto ragione. Lei stessa ci aveva provato. Dopo l'ultima avventura sulla Luna, quando lui se n'era andato via lasciandola sola a decidere il destino della Terra, aveva deciso di mettere la parola fine una volta per tutte. Non poteva più sopportare quella freddezza e quell’ indifferenza che erano comparse in lui dopo la rigenerazione. Aveva cercato in quella figura anziana e austera il giovane dal farfallino colorato e dalle maniere stravaganti, con quel buffo sorriso di bambino che amava. L'aveva cercato nei capelli grigi e bianchi e nelle rughe che ora solcavano il suo viso, ma non l'aveva trovato. Persino gli occhi erano cambiati, ora trasformatisi in un blu completamente diverso, inquietante e glaciale. Un'altra persona sembrava aver preso il suo posto.
Non era stato nemmeno capace di ricordare una cosa così semplice come un nome. Il suo nome. Clara. E questo era stata la cosa che più di tutte l'aveva ferita.

"Non hai ancora chiuso con qualcuno se ha ancora la capacità di farti arrabbiare", le aveva detto Danny, dopo che lei era uscita furiosa dal Tardis e aveva urlato al Dottore di volare via con la sua cabina e di non tornare per un bel po'. Era rimasta sorpresa da quanto quelle parole che Danny le aveva detto, corrispondessero esattamente alla verità. Ne era addirittura rimasta sollevata, perché per quanto non sopportasse più quella situazione e i suoi modi di fare, non voleva che tra lei e il Dottore finisse. Lui stesso, telefonandole dal passato, le aveva chiesto di prendersi cura di quel suo nuovo lui. E lei voleva farlo. Voleva prendersi cura di lui. Ma allo stesso tempo desiderava che le cose tornassero come prima. Ritrovare quella magia che c'era sempre stata tra di loro.
"Clara. La mia Clara." Voleva ancora sentirlo pronunciare il suo nome, in quel modo speciale che prometteva tante cose e pieno di affetto come solo lui sapeva fare. Ne aveva un bisogno disperato.
Ma ora era convinta che quelle parole non sarebbero più uscite dalla sua bocca. Era cambiato troppo. Persino per un essere umano che viene plasmato continuamente dalla vita nel corso della sua esistenza.
Così, dopo alcune settimane di silenzio, l'uno lontano dall'altra, Clara lo aveva richiamato e insieme avevano deciso la meta del loro ultimo viaggio insieme. Voleva mettersi alla prova, capire come si sarebbe sentita durante quel viaggio, con la nuova consapevolezza che quello sarebbe stato davvero l'ultimo.
Ma nel momento in cui erano saliti a bordo dell’Orient Express, un treno nello spazio che portava il nome del famoso treno terrestre, si era quasi dimenticata il motivo per cui era arrabbiata con lui e perché volesse porre fine a tutto questo.
Vedendo tutte quelle persone ballare e sorseggiare champagne, aveva provato solo una nostalgia infinita, come se avesse già potuto percepire la mancanza di tutto quello che aveva davanti. Come se il presente fosse già un ricordo lontano… E la musica di certo non aveva aiutato. Una cantante jazz si stava esibendo in una versione molto suggestiva di una canzone dei Queen.

I'm travelling at the speed of light
I wanna make a supersonic man
out of you
Don't stop me now
I'm having such a good time...


Quelle parole l'avevano colpita all'improvviso, e come una nave colpita da un cannone era sicura che di lì a poco sarebbe affondata.
Si erano poi appartati davanti a uno dei finestrini del treno con una vista mozzafiato di stelle e nebulose e mentre lui le parlava di quei pianeti lontani, che aveva visitato nei suoi 2000 anni, lei aveva notato la strana cravatta nera che portava indosso. Verso il fondo sembrava una cravatta normale ma proprio sotto al mento diventava una specie di farfallino. Non sapeva se era stata una scelta del tutto casuale o se l'avesse fatto apposta, come per ricordarle che era ancora lui. In entrambi i casi non aveva potuto fare a meno di sorridere tra sé e sé.
E mentre lui aveva continuato a parlarle di pianeti e costellazioni, interrompendolo all’ improvviso gli aveva confessato di non odiarlo. Ed era così. Si era convinta di odiarlo, ma in realtà quello che provava ora nei suoi confronti era tutto fuorché odio. E mai se n'era resa conto come in quel momento.
Lui all'inizio aveva fatto finta di nulla e palesemente a disagio aveva continuato la conversazione precedente, come se lei non avesse aperto bocca. Ma Clara aveva insistito con la sua affermazione e lui alla fine aveva ceduto.
“L’odio è un' emozione troppo intensa da sprecare su qualcuno che non ti piace,” gli aveva detto, ricordando le parole che aveva sentito da una cantante, a un concerto a cui era stata una volta. Lui l'aveva guardata sorpreso e visibilmente sollevato dalle sue parole aveva fatto una delle sue tipiche battute.
Clara aveva poi appoggiato la testa sulla sua spalla, cullata da quella voce sommessa e antica che aveva ripreso a raccontarle dei pianeti più assurdi che avesse mai visto.
Quando poi la serata era giunta al termine i due compagni erano usciti dalla carrozza principale, diretti verso le loro cuccette con ancora i bicchieri di champagne in mano. Si erano fermati uno di fronte all'altro di fronte alle loro camere e si erano scambiati deboli frasi quasi prive di senso, entrambi cercando di rimandare la fine inevitabile di quel momento.
E poi era successo qualcosa. Clara non sapeva bene come fosse accaduto, ma intorno a loro si era creata una sorta di bolla, uno spazio invisibile in cui esistevano solo loro due e nessun altro. L'atmosfera, aveva notato, si era fatta all'improvviso più tesa, addirittura più intima, come se l'aria intorno a loro fosse stata carica di elettricità pronta a scoppiare.
E con suo grande stupore aveva notato qualcosa di diverso negli occhi di lui, i quali si erano soffermati su di lei e sulla scollatura più a lungo del dovuto, come in attesa.
E all'improvviso aveva voluto baciarlo. Non le importava se qualche passeggero fosse sbucato all'improvviso davanti a loro. Non le importava se li avrebbero guardati male, vedendo una giovane donna avvinghiata a un uomo così anziano. Se avessero saputo quanti anni aveva veramente... Non le importava nemmeno questo.
Voleva baciarlo. Salire in punta di piedi, sporgersi verso di lui, affondare le sue mani tra quei corti riccioli grigi, sentire le sue labbra premere contro quelle di lui e respirare il suo stesso respiro. Sorprenderlo con un bacio. Proprio come aveva fatto una delle sue eco nella Londra Vittoriana tanto tempo prima. Ricordava ancora l’espressione sconvolta e imbarazzata sul suo viso dopo averlo baciato. Le guance in fiamme, come quelle di un ragazzino inesperto e la sua voce balbettante che aveva esclamato: “Mi hai baciato!”
Aveva subito scrollato dalla mente quel ricordo ora doloroso ed era tornata a concentrarsi sul Dottore che aveva di fronte, il cui sguardo era rimasto immobile su di lei per tutto quel tempo, senza dire una sola parola. Aveva voluto baciarlo ma allo stesso tempo aveva avuto paura. Paura della reazione imprevedibile che avrebbe avuto. Non aveva affatto avuto l’intenzione di rovinare quel momento perfetto, così era stata lei a spezzare il silenzio imbarazzato che si era creato intorno a loro. Avevano poi brindato al loro ultimo viaggio e infine si erano dati la buonanotte.
Verso la fine di quell’avventura aveva capito. Si era presa in giro fin dall'inizio. Il motivo più grande per cui aveva voluto fare quell'ultimo viaggio con lui non riguardava un suo ultimo capriccio, il desiderio che le cose tra di loro finissero nel migliore dei modi possibili. L'unica cosa che le importava era sapere se il Dottore tenesse ancora a lei, se avesse ancora bisogno di lei come lei aveva bisogno di lui. Ed era così. Lo aveva capito da tanti piccoli gesti e sguardi che si erano scambiati per tutto il tempo su quel treno.
Quando le aveva preso la mano e facendola scendere dal gradino del Tardis aveva annunciato con estrema galanteria: "Il treno l’aspetta, mia signora."
Quando aveva notato il suo sorriso triste non appena erano entrati nella carrozza principale e avevano sentito quella canzone che sembrava fosse stata scritta apposta per loro due. O quando le aveva offerto il braccio e aveva lasciato che la mano di lei sfiorasse il suo gomito per intrecciarsi intorno ad esso.
Ma soprattutto quando alla fine di quella avventura, dopo aver salvato i passeggeri da una mummia assassina, si era risvegliata su una spiaggia deserta, avvolta in una coperta e se l'era ritrovato di fronte intento a disegnare sulla sabbia con un bastoncino, per poi chiederle se avesse dormito bene, come se non fosse successo nulla. In quel momento non aveva potuto fare a meno di immaginarsi tra le sue braccia, mentre l'aveva trasportata sui sassi. Lui che ora non amava il contatto fisico e gli abbracci. E quando infine le aveva messo addosso una coperta per tenerla al caldo. Tanti gesti all'apparenza semplici ma che le avevano fatto vedere finalmente la verità. Il vero Dottore. Ciò che era sempre stato. Qualcuno a cui importava.
La sua sfuriata, il silenzio di quelle settimane e la consapevolezza che quello sarebbe stato il loro ultimo viaggio aveva fatto smuovere qualcosa dentro i suoi cuori.
In quell'ultimo viaggio le aveva dimostrato l'affetto che provava per lei e chissà, forse ancora quell'amore che sembrava esserci stato tra di loro, tanto tempo prima. Qualcosa di sottile, nascosto e mai detto ad alta voce.

"Ti amo..." Aveva detto al telefono con Danny, una volta rientrati nel Tardis. Il suo tono di voce, dapprima un sussurro imbarazzato, si era di colpo alzato e mentre quelle due parole le erano uscite di bocca si era resa conto che i suoi occhi erano fissi sul Dottore, come ipnotizzati.
Gli ho appena detto che lo amo, aveva pensato sconcertata e immobile. Ma lui non la stava guardando. Il suo sguardo sfuggente era rimasto rivolto verso il basso, fisso sulla console del Tardis per tutto il tempo della telefonata e quel momento era ormai passato. Clara poteva scorgere chiaramente la tristezza e il dolore che lo stavano attraversando.
"Perché lo fai? Perché voli via con lui dentro quella cabina?" Le parole di Danny le erano riaffiorate alla mente. Era rimasta spiazzata da quella domanda perché in quel momento si era resa conto di non averci mai pensato veramente. Qual era il vero motivo per cui viaggiava con lui?
Temendo che lui interpretasse male la sua esitazione, le era venuta in mente la risposta più ovvia.
"Perché è una cosa fantastica. Perché vedo cose meravigliose."
Ma in quel momento aveva capito di essersi presa in giro per tutto quel tempo, come una stupida. Quella era forse incredibilmente il motivo minore per cui viaggiava con lui. Perché per Clara era proprio lui ad essere fantastico, lui ad essere la più bella di quelle meraviglie che aveva visto.
"Da quando credi negli eroi impossibili?" Gli aveva chiesto lui quasi con scherno, dopo che si erano imbattuti in Robin Hood, un personaggio realmente esistito che era finito per diventare solo una favola a cui nessuno credeva ormai più. Dopo quello che avevano passato il Dottore sembrava ancora non credere a quello che aveva visto, come un bambino testardo.
"Non lo sai?" Le aveva risposto lei, guardandolo intensamente e percependo nei suoi occhi un misto di imbarazzo e disagio. Era il suo eroe impossibile, lei stessa l'aveva ammesso senza esitazione, guardandolo dritto negli occhi. E lei era ancora la sua ragazza impossibile, ora ne era certa. Se n'era resa finalmente conto in quel breve attimo al telefono con un uomo che forse si era convinta di amare, per dimenticare i sentimenti che ancora provava per il Dottore. Quelli che credeva fossero ormai sepolti da quando si era rigenerato. Ma si era sbagliata.
Quell'ultimo viaggio le aveva fatto capire che non era affatto pronta a lasciarlo, che sarebbe stata disposta a rimanere con lui, ancora e ancora. Per sempre. Lo voleva più di ogni altra cosa.
Così aveva sceso la scaletta, gli si era avvicinato tutta raggiante e quando lui, cercando di sembrare il più indifferente possibile, le aveva chiesto che cosa avesse intenzione di fare, lei aveva esclamato: “Al diavolo l’ultimo urrà, continuiamo a viaggiare!”
Al suono di quelle parole inaspettate lui l'aveva guardata intensamente negli occhi e un sorriso si era fatto strada sul suo viso, illuminandolo. Lo stesso sorriso che ricordava bene e credeva fosse scomparso per sempre. Poteva addirittura sentire la felicità che emanava sulla propria pelle. La stessa che provava anche lei in quel momento, perché sapeva di esserne la causa.
“Sul serio?!” Aveva esclamato lui stupefatto.
“Fino a quando mi riporterai a casa sana e salva, e in tempo, tutto sarà perfetto.” Gli aveva risposto, ricambiando il sorriso.
E scavando in quegli occhi blu, ora così chiari e luminosi da sembrare un'estensione stessa del suo sorriso, lo aveva visto. Il Dottore. Il suo Dottore. Era sempre stato lì, nascosto in profondità, ma ancora presente, vivo. Le ci era voluto un po' per vederlo ma ora non aveva più dubbi. Era finalmente tornato da lei.
Aveva provato a smettere e solo provandoci e non riuscendoci aveva capito. Lui, quella piccola grande cabina blu, i viaggi nel tempo e nello spazio… erano diventati la sua dipendenza. Qualcosa di cui non poteva più fare a meno. Qualcosa di pericoloso, qualcosa che l’aveva cambiata per sempre. Ma ne valeva la pena, ne sarebbe sempre valsa la pena.
Così, l'eroe e la ragazza impossibili avevano appoggiato una mano sulla leva del Tardis e senza distogliere lo sguardo l'uno dall'altro l'avevano abbassata insieme, col sorriso sulle labbra che ancora non li aveva abbandonati, pronti per un’altra nuova avventura tra le stelle.


 

A Ninfetta (qui si efp),

senza la quale questa os forse non sarebbe mai esistita.

Grazie infinite per avermi dato l'ispirazione giusta <3

Giulietta


 
  
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