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Autore: SusanButterfly    23/10/2014    4 recensioni
[AU High school] [Reyna/Piper, con accenni Jason/Nico, Frank/Hazel, Percy/Annabeth]
Reyna si trasferisce a San Francisco insieme alla sorella dopo la morte del padre. Si è lasciata tutto alle spalle ed è più sola che mai, ma un gruppo di amici riuscirà a farle tornare il sorriso. Un intreccio di amicizia, gelosie e amori adolescenziali.
Dal terzo capitolo:
-Io... cosa... non mi piace Pi...- alla fine, nonostante i numerosi tentativi di nasconderlo, si arrese alla dura realtà: era pazzamente cotta di lei.
La ragazza ispanica si sedette accanto a Jason su uno dei tavoli. Lui tirò fuori una sigaretta dalla tasca della felpa e le propose di fare un tiro. Accettò e prese la sigaretta, inspirando profondamente e calmandosi.
-E va bene, mi hai scoperta. Non volevo dirlo a nessuno per paura di essere presa di mira, ma Piper mi piace da morire. Non so se lei ricambia, e sinceramente mi sembra impossibile innamorarsi di una come me.-
L'amico le passò un braccio attorno alle spalle con fare protettivo. -Non dire stupidaggini! Tu sei una ragazza gentile e forte. E, in alcuni momenti, incredibilmente dolce.-
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Drew Tanaka, Nico di Angelo, Piper McLean, Quasi tutti, Reyna
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1

 

-Avanti Reyna, sta' tranquilla, San Francisco è una bellissima città!- esclamò Hylla, voltandosi per guardare la sorella minore, la cui testa spariva nuovamente nel portabagagli della Volkswagen alla ricerca di uno scatolone. -Come potrei stare tranquilla?! Nostro padre è morto- non è stata che una liberazione, dopotutto- ma ci ha lasciate da sole, e io ho dovuto lasciarmi tutto alle spalle per venire qui. Non mi resta più nulla, Hylla!- singhiozzò Reyna, lasciando cadere lo scatolone a terra.

La sorella maggiore l'attirò a sé e la strinse forte. -Non è vero che non ti resta nulla: io per te ci sarò sempre. E poi ho il mio lavoro da Amazon, ricordi? Ce la faremo, non preoccuparti.-

Reyna affondò la testa nel petto della più grande, cercando di soffocare i singhiozzi.

 

Il padre delle due sorelle Arellano, Pedro, era morto un mese prima. Le due ragazze non ci avevano sofferto più di tanto, essendo il padre un pazzo alcolizzato, e Reyna specialmente ne era stata quasi sollevata. Si vergognava a dirlo, ma era grata alla cirrosi epatica che si era portata via quel verme. Suo padre nel testamento aveva lasciato ogni sua proprietà alla compagna: un'acida strega di nome Jade. Fino a poco tempo prima, Reyna veniva trattata come una schiava dalla matrigna, picchiata dal padre e costretta ad assistere alle penose sere in cui quest'ultimo rincasava ubriaco fradicio e si sfogava contro Jade. La donna, avida solo di ricchezze materiali, continuava a sopportarlo solo per le sue ampie risorse economiche, sperando in cuor suo che l'alcool lo uccidesse presto per poter ereditare tutto quel ben di dio che possedeva.

La condizione di Reyna era ulteriormente peggiorata quando si era presentata a casa con la sua ragazza: Clarisse La Rue. Suo padre le aveva dato così tante botte che, arrivata in camera sua, non aveva neppure avuto la forza di scoppiare a piangere ed era crollata sul letto.

Una volta che l'alcolismo lo aveva portato all'altro mondo, Reyna e Hylla erano state cacciate di casa al grido di “E non fatevi più vedere”. Così, scacciate dalla loro stessa casa, avevano affittato un piccolo appartamento a San Francisco con i soldi che Hylla guadagnava lavorando da Amazon. Avevano deciso di trasferirsi per stare il più lontano possibile dall'inferno in cui erano cresciute.

Reyna aveva lasciato la Jupiter High e i suoi amici Dakota e Gwen, ed era salita sulla macchina della sorella, impaziente di cominciare una nuova vita, ma anche spaventata di trovarsi al terzo anno senza conoscere nessuno.

La sua paura più grande era che gli altri non la accettassero per il suo carattere chiuso, o peggio, per i suoi gusti in fatto di ragazzi. Anzi, ragazze. Aveva quindi deciso di non rivelare la cosa a nessuno, in modo da fare amicizia più facilmente.

 

La sua stanza era piccola, ma confortevole: c'era un letto accanto alla finestra che dava su una piazza, un comodino con una lampada, diverse mensole e un armadio. Rispetto all'angusto sottoscala che le era riservato nella sua vecchia casa, quella camera sembrava un paradiso. Innanzitutto non si sentivano grida provenienti dalla cucina, e poi nessuno avrebbe più fatto irruzione per trascinarla in cucina per i capelli, ordinandole di pulire o di cucinare.

Reyna aprì uno scatolone contenente le sue cose: era di modeste dimensioni, dato che le uniche cose che suo padre le regalava erano delle frustate. Tutti i suoi libri e i suoi CD o erano regali di Hylla, o se li era comprati con i suoi soldi, che si era guadagnata facendo lavoretti.

Depose i libri, i film e i CD sulle mensole, sistemò i vestiti nell'armadio e poi tornò dalla sorella per aiutarla a svuotare il resto degli scatoloni. Finirono a sera inoltrata, ed essendo stanche morte decisero di premiarsi andando a cenare fuori.

Optarono per il McDonald's, che si trovava giusto vicino a casa. Una volta sedute, Reyna addentò pensierosa il suo cheeseburger.

-C'è qualcosa che non va, Rey?- domandò Hylla, preoccupata.

-Nulla … è solo che, sai, tra una settimana inizia la scuola. Mi sento un po' male se penso che tutti i miei compagni si conoscono ormai da più di due anni, mentre io sono totalmente nuova.- sospirò la più piccola, rigirandosi il bicchiere di aranciata tra le mani.

-Capisco come ti senti, ma vedrai che conoscerai persone meravigliose. Devi pensare positivo! E domani, per distrarti da tutti questi pensieri tristi, ci faremo un bel giro per la città e ti porterò a visitare il museo d'arte moderna. Che ne dici?-

-È un'idea magnifica, Hylla, sei fantastica!- sorrise Reyna, felice di avere una sorella così dolce che sapeva sempre come tirarla su di morale.

_

 

Piper stava aspettando Jason ormai da un'ora. Si erano dati appuntamento per fare un giro al museo d'arte moderna insieme, e Piper ne era stata contentissima visto che adorava l'arte. Purtroppo il suo migliore amico aveva probabilmente deciso di darle buca. Proprio mentre pensava a cosa potesse star facendo Jason, il cellulare della ragazza vibrò per segnalare l'arrivo di un messaggio:

Ehi Piper, scs ma nn posso venire xké sono fuori con una ragazza. C vediamo lunedì a scuola!

-Dannazione, mi ha dato buca! Quel cretino … quando lo vedo gliene dico quattro.- sbuffò Piper, frustrata. Ma, nonostante il due di picche di Jason, la ragazza non si sarebbe persa per nulla al mondo quella visita al museo. Abitava dall'altra parte della città, e suo padre era sempre impegnato tra un film e l'altro per poterla accompagnare da qualche parte.

-Ci andrò lo stesso. Chi ha bisogno di lui?- decise la sedicenne, e si avviò verso l'imponente entrata del museo, decorata con enormi colonne di marmo.

L'edificio era veramente incredibile: il soffitto era altissimo, decorato con affreschi dai soggetti astratti, e il pavimento era di marmo bianco. L'ingresso era gratuito, così la ragazza cominciò a godersi la visita, fermandosi per ammirare le opere che attiravano maggiormente la sua attenzione e perdendosi nei dettagli più interessanti.

 

Non ricordava minimamente quanto tempo era passato, sapeva solo che si era persa. Le sale sembravano tutte pressoché uguali, e ovunque andasse si ritrovava sempre davanti a una bizzarra statua con quattro braccia e una testa di leopardo. Si lasciò cadere su un divanetto e si prese la testa tra le mani, disperata. Ovviamente aveva pensato di chiedere informazioni al personale del museo, ma probabilmente essendo tardi nessuno si aggirava da quelle parti. Il museo, inoltre, era di dimensioni gigantesche e contava almeno un centinaio di sale, e Piper si era persa in una sezione poco importante, in cui le visite erano molto meno frequenti.

Sapeva che entro la notte i guardiani l'avrebbero trovata e sarebbe potuta uscire, ma quella sera si era messa d'accordo con Frank, Hazel e Leo per andare a prendere una pizza e aveva promesso loro di non mancare. Non poteva deluderli, e l'idea di raccontare loro di essersi persa in un museo era assolutamente ridicola e imbarazzante: l'avrebbero presa in giro fino allo sfinimento.

Si stava per mettere a gridare dallo sconforto, quando un'ombra comparve dietro alla strana statua del ghepardo, e una ragazza fece capolino un secondo dopo: alta, snella, gambe lunghe e sinuose, ventre piatto, seno abbondante, i capelli corvini raccolti in un'ordinata treccia che ricadeva sulla spalla sinistra e gli occhi neri come la pece. Non aveva idea del perché, ma Piper le fece una radiografia completa non appena apparve da dietro la statua.

-Ehi, come mai te ne stai lì seduta con il viso tra le mani? Sembri disperata... posso aiutarti?- domandò la ragazza, preoccupata. Per qualche motivo Piper non riuscì ad evitare di guardarla negli occhi, che erano ancora più neri di quanto aveva creduto. -Mi sono persa. Lo so che perdersi in un museo è imbarazzante e tutto il resto, ma non riesco proprio a trovare la strada. Non mi importa se mi prenderai in giro, vorrei solo trovare il modo di uscire di qui, visto che ho un appuntamento importantissimo.-

La ragazza dagli occhi neri fissò il suo sguardo magnetico in quello di Piper, e le sorrise cordiale. -Non ho alcuna intenzione di prenderti in giro. Passavo di qui perché non avevo ancora visitato questa sezione, ma non mi entusiasma particolarmente, però ho trovato qualcosa di interessante, a quanto pare!- scoppiò a ridere, e Piper si scoprì a pensare a quanto fossero carine le fossette che le si formavano ai lati della bocca. -Coraggio, alzati: questa sera non mancherai a nessun appuntamento.-

La sconosciuta conosceva piuttosto bene il museo, infatti in pochi minuti le ragazze si trovarono nella sezione di arte moderna principale, anche se ormai i visitatori se n'erano andati da un bel pezzo.

Camminavano a debita distanza l'una dall'altra ormai da qualche minuto, quando Piper esclamò: -Il mio quadro preferito si trova proprio qui. L'ho visto questo pomeriggio... vorrei mostrartelo.-

Per che cavolo di motivo voleva mostrare una cosa tanto privata ad una perfetta sconosciuta?! Davvero, non riusciva minimamente a spiegarsi che cosa l'aveva spinta a pronunciare quelle parole... forse l'ansia che l'aveva assalita poco prima l'aveva stordita. La sua accompagnatrice avrebbe potuto tranquillamente dire “e a me che me ne frega del tuo quadro preferito, scusa?”, ma così non fece. -Mi farebbe molto piacere.- affermò invece, sorridendo in modo diverso rispetto a prima: quel sorriso era più curioso, come se bramasse di conoscerla, in qualche modo.

Il quadro preferito di Piper si trovava proprio nella sala alla loro sinistra, così non impiegarono che pochi secondi per raggiungerlo.

Una tela nera, nera come l'abisso, come i recessi più profondi dell'anima. Al centro, proprio al centro di quel quadrato oscuro, un minuscolo puntino bianco. Non appena lo aveva visto, Piper ne era stata attratta come un pezzo di ferro da una calamita.

-Vedi... queste siamo noi. Questo quadro ci rappresenta in tutto e per tutto. Ora, non so se capirai... in fondo sei un'estranea, non sai nulla di me. Ma non importa, proprio per questo motivo te l'ho mostrato. Secondo me dovrebbe esserci meno diffidenza tra le persone; in questo modo il concetto stesso di estraneità perderebbe significato e si vivrebbe meglio. Il nero è il pregiudizio, la malvagità, l'ignoranza, l'ingiustizia, la disonestà e tutto ciò che c'è di orribile nella natura umana; il male in generale. Il puntino bianco al contrario sono tutte le qualità meravigliose che l'umanità possiede.-

La ragazza dagli occhi neri si grattò la testa, pensierosa, quindi spostò la sua attenzione dal quadro a Piper. -Ma è talmente infimo rispetto al mare nero...-

Piper sorrise, lieta che avesse fatto quell'osservazione. -Già, ma voglio farti notare che il nero lo esalta magnificamente. Se esso si trovasse su una tela totalmente bianca... chi lo noterebbe? È grazie al male che riusciamo ad apprezzare il bene. È una rappresentazione così perfetta. Infatti la prima cosa che l'osservatore nota è effettivamente il puntino bianco! Questo significa che non importa quanto sia immensa la quantità del male, perché finché vi sarà anche una minuscola quantità di bene, esso occuperà sempre il primo posto.-

-Mi chiamo Reyna.- disse la ragazza, puntando lo sguardo per terra, come impegnata in una battaglia mentale con se stessa. -Vorrei che facessimo il primo passo per sconfiggere il concetto di estraneità, se per te va bene.-

Piper sorrise, lieta che la ragazza avesse capito; perché sentiva che aveva capito. Se qualunque sua coetanea avesse ascoltato quello che lei aveva detto a Reyna, le avrebbe raccomandato di farsi vedere da uno psicologo, dopo un commento del tipo “sei proprio una sfigata senza vita sociale, che pensa solo a queste diavolerie ostrogote!”.

-Io sono Piper McLean.- si presentò, porgendole la mano, ma quando Reyna allungò la sua per stringergliela, notò l'orologio e il panico l'assalì. -Oddio... sono già le sette! Sono dannatamente in ritardo! Ti ringrazio infinitamente per avermi aiutata!-

Piper corse verso l'uscita, ma la sua accompagnatrice le afferrò la manica della felpa. -È stato un vero piacere conoscerti, Piper McLean, e ancor di più scoprire quale alta opinione hai dell'umanità, contrariamente a me. Non ti saluterò, perché in qualche modo so che ci rivedremo.- sul volto di Reyna si dipinse un mezzo sorriso quasi inquietante, come se sapesse già quando si sarebbero riviste. Ma la ragazza non lasciò a Piper nemmeno il tempo di riflettere, che si sporse per baciarle velocemente una guancia, quindi corse come un razzo verso l'uscita.

 

Piper rimase per qualche secondo imbambolata nella sala d'ingresso del museo, con la mano poggiata sulla porzione di pelle su cui le labbra di Reyna si erano posate. Non aveva idea del perché, ma quel piccolo gesto l'aveva scossa nel profondo. Non sapeva se in maniera positiva o meno, sapeva solo che quel lieve incontro di labbra e pelle le aveva provocato una sorta di shock. Decise di non restare a rimuginare troppo, “si tratta solo di un'estranea... figuriamoci se ci rivedremo presto. Viviamo a San Francisco, una città enorme, ma andiamo... quando mai potrei incontrarla?” si disse, e uscì dal museo a passo spedito.

 

Angolo autrice:

Per la gioia dei miei (due) lettori... sono tornata! Mi scuso se il primo capitolo di questa storia è così corto, ma è così che dev'essere. Per farmi perdonare aggiornerò molto presto, e il secondo capitolo sarà molto più sostanzioso. Spero che qualcuno apprezzi la storia! E spero anche di far shippare a qualcuno questa coppia stupenda che è la Reyper. (Zio Rick non se la cagherà mai, ma noi tre persone che le shippiamo continueremo a farlo fino alla morte)

 

   
 
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