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Autore: corrienonfermarti    23/10/2014    2 recensioni
«E se fosse per sempre?» chiesi lasciando che dalle mie parole trasparisse la speranza che tutto ciò durasse davvero per sempre, Diego sorrise e incominciò a canticchiare: «"E se fosse per sempre, mi stupirei. E se fosse per sempre, ne gioirei. Perché quando mi rubi e mi stacchi dal mondo sale forte l’umore e l’amore va in sole"».
Gli lasciai un bacio sulla guancia e mi strinsi a lui, appoggiando l’orecchio sul suo cuore che batteva con ritmo regolare, lui mi circondò con le braccia facendomi sentire piccola e protetta e, dopo avermi donato un piccolo bacio sui capelli, disse: «Lo prometto: sarà per sempre, amore».
[Citazione dal capitolo 4]
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Storia partecipante al concorso "Quel brivido lungo la schiena" di phoenix_esmeralda sul forum di Efp. 
Nick autore: corrienonfermarti
Titolo storia: "E se fosse per sempre?"
Genere: Romantico
Rating: Giallo 
Avvertimenti: nessuno
Eventuali note: il racconto comincia in medias res, perciò ho voluto iniziare la storia dal momento in cui i due protagonisti si sono già conosciuti, innamorati, eccetera. 

Hola! Questa è la prima long-fic che scrivo e non ho idea di come sia venuta, per questo vi sarei grata se, una volta letto, mi lasciaste qualche recensione, giusto per sapere il vostro parere e per vedere dove devo migliorare ;) Un bacio, 
corrienonfermarti.



E se fosse per sempre?

«E se ci perderemo, non ti perderò e non mi perderai.
Perché alla fine io lo so e tu lo sai: ci sono tramonti che non tramontano mai»

Massimo Bisotti, Il quadro mai dipinto


 

Capitolo 1

21 Giugno 2012

[Chiara]
Quando Diego mi diede il permesso aprii i miei occhi, lasciando che vedessero quello che mi circondava e identificassero il luogo: eravamo in un parcheggio, davanti a noi si spandeva una grande distesa d’acqua smeraldina e varie barche passavano lasciando una scia bianca su quel mare di smeraldo.
Non era difficile immaginare dove fossimo, quell’atmosfera romantica e malinconica che segnava la città, le barche, le gondole, la Laguna… Un nodo mi si formò in gola mentre delle lacrime di pura gioia salivano veloci verso i miei occhi, rendendoli lucidi. Senza pensarci mi alzai sulle punte buttando le braccia al collo di Diego e stringendolo a me forte, schiacciando la guancia sulla sua spalla, mormorando «Grazie» all’infinito.
Le mani del ragazzo subito trovarono posto sui miei fianchi automaticamente, come se fossero state destinate a stare lì: mi strinsero a lui, azzerando del tutto la distanza tra i nostri corpi.
Non seppi dire con certezza quanto stemmo abbracciati in quel parcheggio, fra le braccia di Diego il tempo sembrava decelerare il suo moto fino ad arrestarsi, dandomi la sensazione che ci potesse essere un per sempre.
Quando ci staccammo, il ragazzo mi prese la mano e mi diede un bacio sulla guancia, dicendomi: «Vieni, Piazzale Roma non è esattamente il luogo più romantico di Venezia». Avvampai alle sue parole, mentre mi lasciavo condurre verso il Ponte di Calatrava davanti a noi, che ci avrebbe permesso di arrivare esattamente di fronte alla Stazione Santa Lucia.
A metà del ponte di vetro ci fermammo, guardando davanti a noi le case, le gondole, il canale, le calli, il campanile di San Marco che svettava dall’altra parte della città. «E’ bellissima, non trovi?» considerai, voltandomi a guardarlo con un mezzo sorriso, lui mi strinse più forte la mano: «Direi di sì». Aprì la bocca per dire qualcosa, serio, ma poi cambiò idea e stirò le sue labbra in un sorriso, «Andiamo».
Di nuovo mi lasciai trascinare, scendemmo dall’altra parte del ponte scansando vari turisti con i trolley e ci dirigemmo verso il piazzale di fronte alla stazione, affollata come sempre: chi controllava l’orologio sbuffando, chi si abbracciava prima della partenza, due giovani che si baciavano, una ragazza che sedeva sui gradini con un libro in mano e le cuffie alle orecchie.
«Tu che conosci Venezia meglio di me, quanto ci vuole da qui a San Marco a piedi?» chiese Diego voltandosi verso di me, «Con certezza non lo so, ma credo sui quaranta minuti…» «Caz*o, così tanto?!» chiese il cantante con una faccia che mi fece scoppiare a ridere, «Che c’è adesso?» «Niente, sei buffo».

[Diego]
Guardai Chiara con tenerezza a quella risposta, perché avevo quella costante voglia di baciarla? Sapevo che non c’era niente di male, che quei pensieri non contenevano niente di clandestino e in un qual senso erano addirittura giusti, ma non potevo incominciare a bramare le sue labbra subito, così. Dovevo darmi una regolata, poco ma sicuro.
«Dié, vuoi che andiamo con il vaporetto? Dovrebbe essercene uno ogni dieci o quindici minuti e si fa presto, non è un problema» disse la ragazza, apprensiva. Ecco un’altra cosa che adoravo di lei: mi capiva, mi conosceva, conosceva me e i miei difetti e nonostante tutto li accettava senza lamentarsi, anzi quasi come se per lei non fossero tali. «Ti ho mai detto che sei geniale?» dissi, serio, la ragazza rise di nuovo: «Ma non sono mica Einstein!». Tu sei la mia piccola Einstein, avrei voluto ribattere, ma mi obbligai a stare zitto, a tenere quelle frasi sdolcinate che mi intasavano i pensieri per la serata che ci aspettava: «Senti, non sono mica io quello che ha dieci in tutte le materie» «Ma non ho dieci in tutte le materie! E poi è tutto merito della mia buona memoria» ribatté battendosi due volte sulla tempia destra con l’indice, sorrisi: «Buona memoria o no, hai dieci in tutte le materie comunque», la ragazza alzò gli occhi al cielo consapevole che non l’avrebbe avuta vinta.
«Dai, andiamo a prendere i biglietti» dissi, tirandola verso un piccolo sportello a lato di un molo di legno su cui alcuni passeggeri stavano già aspettando: prendemmo due biglietti di sola andata per San Marco e ci mettemmo in fila con gli altri su quel molo di legno su cui di tanto in tanto si infrangevano le onde alzate dal passaggio delle barche.
Non aspettammo molto che il vaporetto arrivasse e anche il viaggio fu abbastanza rapido in realtà, passato a guardare Chiara che si meravigliava di tutte le piccole cose che si notavano dal finestrino, nonostante fosse stata in quella città molto più spesso in confronto a me: mi aveva raccontato che quando andava a trovare sua zia la tappa a Venezia era d’obbligo, come era d’obbligo passare il Redentore in quella città così magica e senza tempo.
Aveva quello sguardo trasognato che mi faceva accelerare il battito cardiaco, probabilmente era tipico delle ragazzine della sua età avere quello sguardo un po’ perso e sognante, ma non c’avevo mai fatto caso, o meglio: non c’avevo mai fatto caso fino a che non avevo conosciuto Lei. Lei che mi aveva stravolto la vita, scardinando ogni mia più piccola certezza.
Scendemmo a San Marco, mano nella mano, guardandoci intorno e lasciando che i nostri sguardi si perdessero su quella bellissima città: «Andiamo a Rialto?» proposi voltandomi a osservare quella piccola presenza accanto a me, la ragazza annuì entusiasta della mia proposta e così ci avviammo verso il Ponte, scansando i vari turisti, senza che mi sentissi incredibilmente fortunato a non essere ancora stato fermato da nessuno. E, ovviamente, mi ritenevo incredibilmente fortunato anche ad essere lì con lei. Camminavamo parlando di tutto e di niente, lo trovavo insolito ma con lei avrei potuto parlare sempre senza stancarmi mai, senza trovare un argomento noioso o banale, con lei era tutto fantastico. Lei era fantastica.
Quando arrivammo al Ponte di Rialto salimmo fino a metà del ponte circa e, facendoci spazio fra i turisti, riuscimmo a conquistare un posticino sul parapetto e a sporgerci giù a guardare il Canal Grande attraversato dalle gondole: preso da un’idea improvvisa recuperai il cellulare dalla tasca dei jeans e aprii la fotocamera, «Foto?» proposi con un sorrisino, Chiara mi guardò scioccata: «Da quando ti proponi volontariamente per fare le foto?» «Da adesso, ma solo perché sei tu» ribattei dolcemente, Chiara addolcì la sua espressione e si alzò in punta di piedi a darmi un bacio sulla guancia ispida. Sentii la pelle bruciare nel punto in cui appoggiò le sue labbra ed ero quasi del tutto sicuro di essere arrossito, ma sperai che lei non se ne accorgesse.
«Pronta?» chiesi mentre lei si appoggiava a me e io distendevo il braccio in avanti per fare l’autoscatto, «Pronta!» «Dì cheese!» ribattei sorridendo per la prima volta all’obiettivo da quando ne avessi memoria, premetti il pulsante e dopo qualche istante ritirai il braccio per vedere la fotografia.
Era bellissima, noi due assieme lo eravamo: «Dié, è fantastica!» esclamò Chiara osservando la nostra foto, «Concordo, siamo bellissimi» convenni, «Sì e tu sorridi!» mi fece notare la ragazza, «Dovresti farlo più spesso» «Tu dici?» «Dico, dico» confermò Chiara con aria seria.
Sorrisi ancora, portandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio, «Andiamo a mangiare, ti va?» «Non è presto?» «Sono le sette passate, ma possiamo aspettare se non hai fame, non è un problema» risposi, la vidi mordersi il labbro e abbassare lo sguardo, indecisa: qualcosa mi diceva che non stava pensando se aveva fame o no, ma non potevo chiederle cosa stesse pensando, non ora. Non me lo potevo permettere.
Chiara rialzò lo sguardo incatenandolo al mio e sorrise un po’ più convinta: «Ok, andiamo» «Sì?» «Sì» confermò prendendomi sottobraccio e addossandosi a me mentre cominciavamo a scendere i gradini del Ponte di Rialto, diretti verso un ristorante non molto lontano da lì che mi ero permesso di prenotare la sera prima. Avevo chiesto a mio fratello che mi aiutasse a cercare un locale su Internet vista la mia quasi totale repulsione verso la tecnologia e, con mia sorpresa, aveva accettato. Sospettavo che l’avesse fatto solo per Chiara, ma me lo tenni per me, non volevo certo che mi lasciasse da solo a combattere contro il temuto Google.
Arrivammo in una decina di minuti, Chiara era ancora addossata a me e mi piaceva quel contatto fra il suo corpo e il mio, era caldo, elettrico, speciale. Avrei voluto aprirle la porta quando arrivammo ma era già aperta e così persi la mia occasione per dimostrare la mia galanteria.
Ci accolse una cameriera giovane, probabilmente della mia età, che sembrava volermi mangiare con gli occhi così mi avvicinai di più a Chiara per farle implicitamente capire che ero con lei. Mi limitai a dirle il mio cognome, così che potesse accompagnarci al tavolo, ma Chiara si voltò sorpresa verso di me: «Ma hai prenotato! Quando?» «Ehm, ieri sera… Non ti dispiace, vero?» risposi imbarazzato grattandomi la nuca, la ragazza addolcì la sua espressione e mormorò piano, per non farsi sentire dalla cameriera: «Sei fantastico, lo sai Diè?». Per la seconda volta quella sera mi sentii arrossire, non era una novità che io mi imbarazzassi con un nonnulla, certo, ma con lei era una vita che non mi capitava.
La cameriera ci portò al nostro tavolo, fuori sul terrazzo sospeso a palafitta sul canale: i fiori color magenta appesi sul parapetto in ferro battuto circondavano la nostra tavola preparata e davano un tocco in più di romanticismo all’atmosfera di per sé già molto romantica. Avevo paura un po’ di avere esagerato a dire la verità, ma l’espressione di Chiara quando le scostai la sedia per farla sedere e quando chiesi alla cameriera di accendere la candela in centro al tavolo mi convinse che non avevo affatto esagerato. Era una serata perfetta.

***

[Chiara]
I miei piedi penzolavano a pochi metri dall’acqua scura sotto di noi: io e Diego ci eravamo seduti su un molo di legno davanti a Piazza San Marco. Dietro di noi svettavano il Campanile di San Marco con la Basilica, il Palazzo Ducale, la statua del Leone e le procuratie, davanti a noi solo il blu della Laguna e le luci delle barche che passavano.
La cena era stata fantastica, come tutta la serata, e anche stare lì addossata al petto di Diego a guardare l’infinito di fronte a noi era terribilmente emozionante, se non fosse per lo strano nodo che mi attanagliava lo stomaco da quando eravamo arrivati al ristorante. Era stato tutto tremendamente romantico e mi ero sorpresa non poco di come il ragazzo al mio fianco avesse saputo organizzare una giornata così perfetta e tenera. Nella mia testa, però, vorticava il pensiero del motivo di tutto ciò.
Eravamo usciti, mi aveva portato a Venezia ed era stato il ragazzo più dolce del mondo, ma in un certo senso sembrava sempre volesse contenersi, non fare passi affrettati, si era comportato da perfetto gentiluomo e le sue labbra non si erano mai, mai avvicinate alle mie. Il timore che avesse considerato quei baci risalenti a qualche giorno prima come sbagliati ormai si era instaurato dentro di me, ma non gli avrei mai confessato volontariamente tutti quei dubbi, quei pensieri, quelle paure.
«A che pensi?» mi chiese Diego sottovoce accarezzandomi delicatamente il braccio sinistro, «A tutto e a niente» ribattei dopo un po’ continuando a guardare la distesa blu e piatta davanti a me, «Secondo me in realtà non vuoi dirmi a cosa stai pensando davvero» considerò il ragazzo leggermente dubbioso, «Forse» convenni lanciandogli un’occhiata fugace.
I suoi occhi però incatenarono i miei e i miei si lasciarono catturare, ingenui, come sempre, «Cos’è che ti tormenta, mh?». Feci per rispondere, ma poi ci ripensai: potevo davvero dirgli tutti i miei tormenti interiori? Non ci avrei fatto forse la figura della ragazzina innamorata e ingenua ad essermi per un momento illusa che anche per lui quei baci fossero stati importanti come lo erano stati per me? «Chiara, ti prego» mi pregò Diego con sguardo apprensivo, mi mordicchiai il labbro inferiore mentre l’indecisione vagava imperterrita nella mia mente. Alla fine decisi: se voleva sapere era giusto che sapesse. Dovevo tentare il tutto e per tutto, rischiare, se volevo chiarirmi quei dubbi allora avrei dovuto pronunciarli e lottare. Per Lui. Per Noi.
«Mi stavo chiedendo il motivo di tutto ciò» ammisi poi, abbassando gli occhi ad osservare le mie mani, nervose, che stropicciavano i petali dei tulipani colorati sulla mia gonna. «Sì ecco, i-io… E’ proprio di questo che volevo parlarti e… Ehm, i-insomma…» cominciò il ragazzo terribilmente timido e insicuro come lo avevo visto tante volte. «Caz*o…» imprecò, tentando di trovare le parole, guardandosi intorno come per trovare fonte d’ispirazione. «E’ che… Chiara tu mi...» balbettò, facendo crescere terribilmente l’ansia dentro di me, «Sì?» mormorai per incitarlo a continuare, il ragazzo prese un respiro profondo e poi disse quella frase tutta d’un fiato, come se avesse paura di mangiarsi le parole: «Chiara tu mi piaci e penso di essermi innamorato di te».
Il mio cuore si bloccò e con lui tutto il mondo attorno a me: tutto fermo e immobile in quell’attimo senza passato né futuro, quell’attimo eterno séguito della frase che mi aveva appena cambiato la vita. Alzai gli occhi ad osservare Diego, completamente incredula, non ero certa di essere del tutto sveglia: «E’… E’ vero?» «Non oserei mai dire una cosa del genere se non fosse vera, lo sai» appuntò Diego, facendomi arrossire per la domanda stupida. «S-Scusa» balbettai «Lo so è che mi sembra tutto un sogno, fantasia», Diego sorrise prima di avvicinarsi a me e appoggiare la fronte alla mia: «Tu sei un sogno». Subito dopo appoggiò le labbra alle mie e mi baciò, mi diede quel bacio che bramavo da quando lo avevo visto appoggiato alla Golf davanti casa quel pomeriggio. Mi lasciai andare e non pensai, non pensai a niente se non che la mia vita, in quel momento, era assolutamente perfetta.
Quando ci staccammo Diego ancora sorrideva, contagiandomi, «Io non sono capace di fare tutti quei discorsi dolci e filosofici…» cominciò strappandomi una breve risata, «…E con tutta probabilità sembro un co*lione, ma… Chiara, vuoi essere la mia ragazza?». Il mio cuore si arrestò una seconda volta nel giro di poco tempo ed improvvisamente la mia gioia si era trasformata in indecisione: era tutto quello che volevo da sempre, ma cosa sarebbe successo poi? Deglutii, «Diego io… Non lo so, mi piacerebbe tanto ma tu hai il tuo lavoro, sei famoso e spesso sei via. Hai dieci anni più di me e di sicuro hai le tue esigenze che non so se posso…» «La mia unica esigenza sei tu» disse dolcemente, interrompendomi. «Non posso prometterti che sarà tutto facile, l’hai detto anche tu, ed è vero che sarò lontano e via per lavoro, probabilmente ci saranno dei momenti in cui non sopporterai più tutto ciò ma posso assicurarti che farò il possibile per esserci, sempre» aggiunse, facendo diventare i miei occhi lucidi. Distesi le mie labbra in un sorriso, «Se è così allora è sì» «Tu… Sì? Sul serio?» mi fece eco il ragazzo, sorpreso, annuii e Diego mi baciò, ancora. Tra un bacio e l’altro mormorai, «Non riesco a credere che sia vero» «Credici piccola, credici» mormorò Diego sulle mie labbra, stringendomi a sé mentre continuava a baciarmi e ad accarezzarmi la schiena e i capelli. Mi sentivo viva e felice, completa, come la luna piena che stava sorgendo dall’acqua blu oltremare della Laguna.

There's a reason if we're here tonight
There's a reason to stay up all night
We don't need anywhere to go
'Cause the night is ours and bright tonight
 


Canzoni citate: 
Sonohra, The night is ours

 

   
 
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