Serie TV > Bones
Segui la storia  |       
Autore: Gobbigliaverde    23/10/2014    0 recensioni
Jeffersonian, sempre pieno di confusione e di cervelli, ma il lato completamente irrazionale può risolvere tutti i casi. Come mi diceva sempre Angela, l'arte non serve solo a creare misteri.
Genere: Azione, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

IMITAZIONI E LIMITI (parte 1)

 

    Stavo giusto salendo l’ultima rampa di scale del condominio quando mi accorsi di aver scordato le chiavi del mio nuovo appartamento in macchina. Scesi di nuovo quei quindici piani a piedi, sbuffando ogni volta che mi capitava di leggere su una delle tante porte dell’ascensore la scritta ‘GUASTO’. Cercai invano di aprire la macchina premendo quello stramaledetto tasto del telecomando a cui mi scordavo sempre di cambiare le batterie ormai scariche da mesi, senza alcun risultato, allora infilai la chiave nella serratura, con non poche difficoltà dato che in qualunque punto mi mettessi la mia ombra non mi permetteva di vedere nulla.
    Tirai forte la portiera mezza scassata un paio di volte prima che si aprisse, e mi tuffai nel disordine alla ricerca delle chiavi di casa. Stavo sgarfando tra i sedili posteriori completamente sdraiata dentro l’auto, arrampicata su quelli anteriori, perché la mia era una di quelle automobili a due porte (chiaramente quelli che devono sedersi dietro devono prima imparare a passare attraverso le cose).
    Nel momento meno opportuno, quando ero incastrata con il sedere tra il volante e il sedile anteriore, il mio cellulare iniziò a cantare ‘Somebody to love’ dei Queen. Era sera tardi del mio primo giorno nella Grande Mela, e non ero ancora entrata in casa che stavo già svegliando tutto il vicinato.
    Mi alzai di scatto nel tentativo di prendere il telefono dalla tasca, ma il risultato fu solo una botta in testa. Uscii dalla macchina e chiusi il portellone con uno scatto rabbioso, e cercando di restare più calma possibile risposi alla chiamata che ormai era diventato un messaggio in segreteria.
    Lassù c’è qualcuno che mi odia. - Pensai, rivolgendo uno sguardo al cielo, che lentamente si stava coprendo di nubi.
    «Ciao Tesoro, sono Angela! C’è stato un omicidio, e siccome sarebbe il tuo primo giorno di lavoro vogliono che partecipi anche tu al caso. Tra mezz’ora nel laboratorio della Brennan.»
    Ok, quindi non mi servivano neppure le chiavi di casa… Tentai di riaprire la macchina tirando la maniglia verso di me, anche se sapevo che non si sarebbe aperta perché, essendo un’auto distrutta, senza portiere posteriori, dove non c’era l’aria condizionata e nemmeno la radio con l’antenna degli anni ’30 del 700, ovviamente aveva la chiusura automatica della porta dopo 1 minuto.
    Ovviamente.
    Infilai una mano in tasca e presi le chiavi. Perché non funzionavano non lo capivo, ma a forza di tentativi credevo di aver distrutto la serratura, quando mi cadde lo sguardo sul sedile posteriore. Le chiavi della macchina erano li, e io avevo in mano quelle di casa. Stavo quasi per scardinare la porta dallo sconforto, quando mi balenò in mente il mio curriculum. Anche se poteva sembrare assurdo, stavo digitando quel numero, si, proprio quel numero, sul mio cellulare.
    Ti prego, rispondi… - pensavo.
    Dopo alcuni infiniti secondi, una voce molto familiare rispose al telefono. «Angela Montenegro, chi parla?»
    Mi stava per scivolare il telefono dalle mani. Questa proprio non me l’aspettavo. «Angela? Perché rispondi al telefono di Wendell?»
    «Perchè in questo momento ha le mani… come dire, “in pasta”… no, aspetta. TU perché chiami sul telefono di Wendell?»
    «È una lunga storia… Il punto è che non posso usare la mia macchina, potresti mandare qui qualcuno a prendermi?»
    «Certo, ti chiamo un taxi! La strada…?»
    «Ventiduesima tra Oxford street e…»
    «Ah, ho già capito… Condominio ‘Raggio di Giove’, vero? È l’unico che accetta di ospitare studenti a basso costo in quella zona! Lo chiamo subito!»
    Stavo per ringraziarla ma aveva già chiuso la chiamata. Un taxi, come avevo fatto a non pensarci? Era la soluzione più stupida di tutte, e io non c’ero arrivata. Ecco, adesso avevo fatto la figura della ragazzina viziata.
    Il taxi giunse in pochi minuti, e in altrettanti arrivai al Jeffersonian, dove mi fiondai nel laboratorio della dottoressa Brennan. Angela mi stava aspettando, e quando vidi quello che Wendell stava facendo compresi il suo gioco di parole. Stava facendo un calco di gesso ad un cranio la cui fronte sembrava sventrata.
    «Ehm… Ciao… cioè Buonasera…»
    «Ciao va benissimo, ora sei a tutti gli effetti parte del caso, e dare del lei a me o a Wendell, o chiunque altro in questa stanza oltre alla Brennan non volgerebbe di certo a tuo favore…» Sussurrò Angela.
    «Allora, ciao a tutti, potete spiegarmi cosa…» Non riuscii a completare la frase che il ragazzo attaccò a parlare senza staccare gli occhi dal complesso lavoro che stava facendo.
    «La causa del decesso sembra chiara, trauma da oggetto contundente all’osso frontale. L’arma deve essere penetrata da sotto la mandibola, e deve essere fuoriuscita da sopra, asportando il bulbo oculare sinistro e gran parte della corteccia prefrontale… Una morte non proprio veloce considerando che…»
    «Non ci interessano i particolari, Wendell.» Lo zittì Angela.
    A me ricordava vagamente qualcosa. O qualcuno. «Phineas Gage. Lo strano caso di Phineas Gage.»
    Il ragazzo si voltò stupito e ammirato verso di me. «Brava, non pensavo che… Cioè, non è molto conosciuto… Comunque sembrerebbe un caso analogo se non per il fatto che a differenza sua…»
    «Quest’uomo è morto mentre lui rimase in vita per molto tempo…?» Conclusi io sarcasticamente.
    «Dalle arcate sopracciliari e da quelle zigomatiche possiamo dedurre che era una donna, e dalla dentatura che aveva poco più di vent’anni. E in oltre quello di Gage fu un incidente. Questa donna è stata uccisa. Abbiamo trovato profondi segni di lotta sul resto del volto.» Precisò il giovane riprendendo il suo lavoro.
    «E non sappiamo nient’altro?» Chiesi.
    «Non abbiamo nient’altro. Solo il cranio e un cervello in poltiglia.» Aggiunse Angela con un’espressione alquanto schifata indicando verso il tavolo.
    «Dalla spettrometria di massa risulta che sui denti della vittima c’erano due DNA differenti: il suo e un altro, è molto, diverso quindi possiamo escludere i parenti dai sospetti. Ma c’è un problema, il DNA dell’aggressore non è registrato nessun database.» Dietro di noi era comparso Jack Hodgins, il cosiddetto ‘Re del laboratorio’.
    E in effetti lo era visto che era giunto ad un punto importantissimo in così poco tempo.
    «La vittima potrebbe aver morso l’aggressore prima che la uccidesse così brutalmente, quindi cerchiamo un uomo o una donna che hanno una ferita che combacia con la dettatura della vittima…» Ragionai io, osservando i denti molto rovinati per la sua giovane età.
    «Esatto… se posso chiedere, chi è questa intelligente fanciulla?» Chiese sorpreso il dottor Hodgins.
    «Amore, questa è la tirocinante di cui ti ho parlato, vedi? Ha buone potenzialità, lo dicevo, io! Ma ora voi dovete trovare un assassino, e per farlo avete bisogno che noi ritorniamo a dare un volto a questa donna.» Detto questo mi afferrò per il polso e mi trascinò via.
    Appena la porta dello studio di Angela si chiuse, lei iniziò con le domande. «Dove hai imparato tutte quelle cose? Sono stupita, la Brennan non ti dava nemmeno una lira!»
    «No, nulla… Mi è sempre piaciuto approfondire gli argomenti…» Ero visibilmente imbarazzata.
    «Ah si? Anche a me, sai? Quindi non ti dispiace vorrei approfondire il perché della chiamata sul telefono di Wendell. Potevi chiamare subito un taxi. Non mi sembri una ragazza tanto sciocca.»
    «Io… io… stavo… per chiamare il taxi, ma…» Inventarsi una scusa e mettere assieme una sequenza di parole con un senso logico contemporaneamente non era il mio forte.
    «Hai fatto colpo, sai? Con tutto quel parlare di ossa e…»
    «Davvero?» La interruppi io «Cioè, non che mi interessi, è un bene che la prima impressione, in ambito lavorativo si intende, sia buona…»
    «Si, si. Cambiamo argomento… allora, guarda qua. È semplice, tu inserisci i dati che ti vengono forniti in questo programma, dopo di che modelli il volto con la tavoletta grafica e… Ma è impossibile.»
    Sullo schermo davanti hai nostri occhi era comparso un volto troppo familiare.
    «Questa è…» Le parole mi morirono in bocca.
    «Si, sembrerebbe proprio lei. Ma Cam è nella stanza qui accanto, ha tolto lei il cervello dal cranio.»
    Pensai che Angela avesse sbagliato, ma un secondo dopo mi resi conto delle poche probabilità di un evento simile. Dovevo tornare da Wendell. Corsi su per le scale con il volto stampato sulla carta, e lo mostrai al giovane senza dire una parola. Lui prese in mano il foglio, lo osservò alcune volte, dopo di che staccò tutto il calco di gesso ormai indurito dal cranio e lo osservò un’altra volta.
    «Questi non sono segni di aggressione… Sono davvero troppo precisi…» Sussurrò.
    «La vittima è ricorsa alla chirurgia plastica?» Chiesi io, quasi sicura della risposta.
    «Si, il che rende tutto più facile.» Wendell segnò alcune precisazioni ai dati accanto alla foto. «Portalo ad Angela.» Asserì, e riprese il suo lavoro.
    Io afferrai la penna e feci manualmente le dovute correzioni. Se ero li, ero li per qualcosa. Avevo 25 anni e una spiccata intelligenza sopra la media che mi permetteva di fare i calcoli complicatissimi di un computer a mente.
    «Oh mio dio. Questa donna la conosco! Si fa chiamare Melissa… La pornostar, hai presente?» Esclamò lui guardando il mio disegno con ammirazione, prima di rendersi conto di quello che gli era scappato. «Cioè, io la conosco per sentito dire… Vuoi che a 29 anni guardi ANCORA quelle cose?»
    Io lo guardavo senza parlare. Volevo vedere fin dove poteva arrivare.
    «Intendo… Non che prima lo facessi… Oh, insomma!»
    «No, infatti… io non ti ho accusato di nulla…» Sorridendo mi voltai per portare il nuovo disegno all’agente Booth mentre lui continuava a parlare a vanvera.
    «Ehi, guarda che è normale per uno studente di medicina che ha solo tempo per lo studio e il lavoro!» Concluse cercando di giustificarsi.
    Dopo aver lasciato il foglio col riscontro sulla scrivania, mi accorsi che si era fatta l’una di notte, e tutti si stavano preparando a tornare a casa. E io non avevo una macchina. Mi sedetti sulla sedia e iniziai a giocherellare con alcuni documenti sul tavolo, cercando di pensare ad una soluzione migliore del Taxi. Una mano mi si posò sulla spalla.
    «Angela mi ha raccontato della tua machina, e delle chiavi e tutto il resto… Insomma… Non è mai perfetto il primo giorno di lavoro, fidati.» Mi voltai e vidi Wendell che mi sorrideva comprensivo.
    «Non è perfetto ma è stato comunque emozionante… non avevo mai partecipato alla risoluzione di un vero caso di omicidio, fino ad ora…» Sospirai.
    Era proprio la vita che faceva per me. Avrei ridato un volto a quelle persone.
    «Forza, andiamo. Ti accompagno io. Prendere il Taxi a quest’ora è costoso e pericoloso, oltretutto.»

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Bones / Vai alla pagina dell'autore: Gobbigliaverde