Anime & Manga > Kuroko no Basket
Segui la storia  |      
Autore: KeyAndBel    24/10/2014    0 recensioni
Immagina...
la Kyoto moderna
una potente Famiglia mafiosa
ma qualcuno sta per fare scacco al Re
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Stazione di Kyoto! Stazione di Kyoto”
Dopo quasi venti ore di volo e tre di Shinkansen , Kagami aveva finalmente raggiunto la sua destinazione. Aveva la schiena a pezzi per la lunga permanenza sullo scomodo sedile del treno. E per non parlare della fame…!
Recuperata la valigia si diresse verso il piazzale d'uscita . Rilesse il nome dell’uomo che lo avrebbe dovuto ricevere. “Non faticherai a riconoscerlo”, gli avevano detto. Gli comparve spontaneamente una smorfia.
La porta si aprì e tra la folla in attesa, notó un anziano signore elegantemente vestito in giacca e cravatta, un'espressione cordiale e pacifica sul volto, in mano un cartello...bianco. ''Che sia lui?''
Kagami si incamminó, ma proprio quando gli fu di fronte un secondo uomo, alto e altrettanto elegante si rivolse all'anziano con aria di rimprovero: «Oh, Tanaka san! Il cartello si deve tenere rivolto dalla parte della scritta!»
''No, direi proprio di no''
Volse lo sguardo dall'altro lato del piazzale. Un uomo alto e dall'aria poco raccomandabile stava parlando animatamente al telefono tenendo tra le dita una sigaretta accesa, mentre una guardia di sicurezza, alto uno spanna buona meno di lui, tentava di convincerlo a spegnerla, inutilmente, come dimostrava il cimitero di mozziconi attorno ai suoi piedi. Sotto il braccio uno stropicciato foglio riportava le lettere ''K...mi''
Kagami fece un sospiro. Non poteva che essere lui il componente della Famiglia mandato direttamente dal boss a prelevarlo.
«...ma è mai possibile che tocchino a me tutte le scocciature? Che cazzo!»
L'uomo imprecó a denti stretti. Nemmeno si era accorto che Kagami gli era ormai dietro, finché non si voltò di scatto. Un sopracciglio blu guizzó verso l'alto. Chiuse il telefono senza nemmeno salutare.
«Aomine?»
«Ovvio. E adesso tappati la bocca e muovi il tuo culo yankee che abbiamo una faccenda da sbrigare».
Nemmeno il tempo di mettere piede in Giappone e già iniziava a lavorare per la Famiglia. “Fantastico..”
Usciti dalla stazione si diressero verso il parcheggio dove salirono su di una lucida Toyota Venza dagli interni in pelle.
Si immisero sulla Karasuma Dori procedendo verso nord.
«Avrei dovuto portarti direttamente dal boss ma sembra che prima dovremo andare a sbrigare una stupida commissione. Vedi di non starmi tra i piedi».
Giunsero in un quartiere periferico e si fermarono di fronte un negozio dalle vetrine opache per lo sporco e strani prodotti in mostra dentro ceste scure. Un odore pungente li accolse oltrepassata la porta.  Kagami si guardó attorno. Dietro un bancone stracolmo, un ragazzo non più che sedicenne stava giocando con il suo smartphone ultimo modello. Non sembrava essersi accorto dell'arrivo dei due uomini, finché non senti lo scatto di una sicura. Aomine aveva tirato fuori da sotto la giacca un revolver e ora lo puntava contro la testa del ragazzo
«Siamo passati per il conto», gli disse con un mezzo ghigno. Il ragazzo saltò dalla sedia e con gli occhi sbarrati urlo «papà!». Dal retro bottega si fece avanti un uomo sulla cinquantina, stranamente ben piazzato per essere un giapponese.
«Non li abbiamo i vostri maledettissimi soldi! Tornate un altro giorno, se ne avete il coraggio».
Aomine caricó il colpo tenendo la pistola puntata verso il figlio. «Sul serio? Eravamo già passati la settimana scorsa e ancora niente. Quando pensi di restituirci il ''prestito''?»
L'omone scambió un'occhiata con il figlio, per tentare di tranquillizarlo, ma Aomine si era già stancato. Fissando negli occhi il padre puntò e sparò al polso del ragazzo, che con un urlo di dolore lasció cadere il telefono e si strinse la mano dalla quale il sangue aveva iniziato ad uscire copiosamente.
A quel punto l'uomo non resistette oltre, con un grido di rabbia si scagliò contro Aomine, il quale si scansó all'ultimo rivolgendosi a Kagami: «Tutto tuo, novellino».
Questi, che era rimasto ad osservare in silenzio tutto il tempo accanto al collega, fece appena in tempo a schivare il poderoso pugno in arrivo. L'uomo guardò prima l'uno e poi l'altro, spaesato.
Non aveva altra scelta: doveva combattere. Notò che Aomine lo fissava da un angolo del negozio. Rapidamente decise il da farsi. Sferró una ginocchiata allo stomaco dell'uomo che si piegò in due. Il figlio urló verso il padre, terrorizzato fece per alzarsi, ma Aomine lo rigettó sulla sedia e gli sussuró un «guarda e impara» alquanto eloquente.
Nel frattempo il proprietario del negozio aveva tirato fuori un coltello a serramanico e ora lo faceva scattare a pochi metri dalla faccia di Kagami. Non poté che indietreggiare, ma il negozio era assai piccolo e ben presto si trovó a sbattere contro uno scaffale a ridosso della parete. Tentò dunque di bloccare il polso dell'uomo con una mano, ma questi gli prese il collo con l'altra, stringendo sempre più forte.
Aomine continuava a guardalo impassibile. Una prova. Ecco cos'era. E doveva dimostrare di meritarsi l'ospitalità della Famiglia. Non poteva perdere, o quello l’avrebbe considerato una mezza calzetta senza palle.
Raccolte le forze, iniziò a piegare il grosso polso nel quale si trovava il coltello verso il collo dell'avversario. Nel frattempo anche la presa sul suo collo iniziò a diventare più opprimente.
Doveva muoversi... E in fretta.
Con uno scatto, diede un colpo all'interno gamba dell'avversario. Questi si sbilanció e cadde all'indietro, trascinando con sé Kagami. La stretta sul coltello si allentó permettendo al ragazzo di allontanare la lama dal proprio collo, ma nel movimento si conficcò in quello dell’avversario. Un fiotto di sangue uscì dalla carotide recisa inondando la camicia chiara di Kagami.
Mentre questi si risollevava, il figlio corse urlando verso il corpo del padre con gli occhi in lacrime.
Aomine invece si avvicinò a Kagami con aria soddisfatta: «Non male, novellino». Si rivolse poi al ragazzo: «Torneremo la prossima settimana. Vedi di farci trovare i soldi se non vuoi raggiungere prematuramente tuo padre».
Uscirono dal negozio e si avviarono verso la macchina. Aomine fissò malamente la chiazza di sangue sulla camicia dell'americano. «Forse è meglio se andiamo a darti una ripulita. Per quanto al boss piaccia il sangue, non è bene presentarsi così al primo colloquio».
Un mezzo sorriso gli comparve sul volto.
«Intanto vedi di non sporcarmi i sedili», aggiunse tornando alla sua espressione infastidita.
La strada verso l'appartamento di Aomine corse tranquillamente, con la musica a palla e senza inutili parole. Ma Kagami non si sentiva affatto tranquillo mentre si fissava le mani e gli indumenti incrostati di sangue. Rritrovarsi sul campo, ammazzare un povero diavolo solo perché non aveva pagato il pizzo entro la data stabilita, non era cosa da tutti i giorni e non così all’improvviso, subito al suo arrivo. Kagami si chiedeva se ce l’avrebbe mai fatta ad abituarsi a tutto questa indifferenza, a questo sangue, a questo…dolore.
Strinse le labbra. Era solo l'inizio; ”Pesce grande mangia pesce piccolo” si ripeteva come una cantilena nellamente. Sospirò e si abbandonò sul sedile.
Proseguedo sulla Higashioji-dori, giunsero ad un alto palazzo. Aomine parcheggió la Venza nel sotterraneo proprio accanto -notò subito Kagami- ad una lucida macchina sportiva.
Kagami si permise di chiedere di chi fosse, ma tutto ciò che si sentì rispondere fu: «Di nessuno che conosci. Forza seguimi»
Giunti di fronte la porta dell'appartamento, Aomine inserì le chiavi nella toppa ma si fermò, ricordandosi di aver lasciato delle carte importanti in macchina.
«Entra e sistemati, io torno subito».
 Kagami guardò le spalle muscolose dell’uomo allontanarsi. Poi fece un nuovo sospiro e aprì la porta .
Fu allora che improvvisamente si ritrò ad essere assalito da un corpo sconosciuto all'urlo di ''Daicchaaaan''. Una ragazza dai capelli rosa lo stava abbracciando.
Ma appena si rese conto che quello che stava stringendo non era ''Daicchan'' alzò la testa e fissò negli occhi il ragazzo, palesemente stupito.
«Ma tu non sei Daiki. Devi essere quello nuovo, giusto?»
«Kagami Taiga, molto piacere»
«Hei Momoi, che fai? Ci provi già col novellino?»
Aomine entrò dalla porta ancora spalancata e li superò, dirigendosi subito verso il frigo.
Momoi lo seguì con lo sguardo. «Credevo fossi tu. Ma effettivamente i tuoi addominali sono molto più sviluppati'' gli disse con un sorriso malizioso.
Aomine sembrò non sentirla e lei sbuffó.
«Bene allora io vado. Ti ho sistemato tutto e ti ho anche fatto la spesa. Vedi di non far tornare questa casa al porcile che era prima. E mangia sano!»
Detto ciò si avviò verso la porta e salutò Kagami con un occhiolino.
Aomine gli si avvicino con una birra in mano, offrendogliela. Il ragazzo accettó ringraziando.
«Lei è la tua ragazza?»
L'uomo rimase in silenzio per qualche secondo, l'aria pensierosa. Dopo rispose: «No, solo...un'amica.
E ora sbrigati! Il bagno è in fondo a destra. Sistemati che partiamo subito per la Casa».
 
Dopo la rapida doccia partirono subito alla volta della Casa, il quartier generale della Famiglia.
Il grattacielo apparteneva alla Famiglia da quando era stato costruito e nei vari piani si svolgevano le attività ''pulite'' da essa controllate.
Quando i due arrivarono, di fronte al piazzale era parcheggiata una limousine nera verso la quale si stava dirigendo un ragazzo biondo con grandi occhiali da sole, accompagnato  da due uomini in completo scuro.
Quando li vide inizió a sbracciarsi «Ciaoooo Aominecchii!»
Aomine sbuffó sonoramente.
«Chi è quello?» domandò Kagami.
«Ignoralo. Solo un montato»
Entrarono nella hall e si diressero verso gli ascensori. L'ufficio del boss si trovava all'ultimo piano.
Vennero cordialmente salutati dall'avvenente segretaria dietro il bancone, in particolare Aomine, al quale lanciò un sorriso smagliante, che l'uomo ricambió con un occhiolino.
Seguirono il corridoio fino ad un porta scura e imponente, di fronte la quale, a bloccargli il passaggio, trovarono un uomo, ancor più imponente, intento a mangiare con aria annoiata una barretta al cioccolato.
Tutto quello che disse, senza scostare lo sguardo dal suo snack, fu: «Akachin vi stava aspettando».
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroko no Basket / Vai alla pagina dell'autore: KeyAndBel