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Autore: Atomic Chiken    24/10/2014    4 recensioni
Le ragazze di una piccola cittadina cominciano a sparire all'improvviso. Cosa si nasconde dietro a tutto questo? Un assassino, o qualcosa di molto più complesso e terrificante?
Dal testo:
Non poteva essere una persona. Non aveva nulla di umano. Era la cosa più disgustosa che avesse mai visto.
Perse i sensi, li riebbe.
Sentì il respiro della cosa sulla propria pelle. La sua bocca sfiorò l'orecchio di Marie.
Prima di divenire preda del buio udì qualcosa che le fece accapponare la pelle.
" Mamma ".
Genere: Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Alex Smith sbucò sulla strada con un salto, tirò quindi un sospiro di sollievo. I suoi occhi impiegarono qualche secondo prima di tornare a vedere decentemente. Tutto quel giallo gli aveva dato alla testa. Qualche istante dopo lo raggiunse anche il collega.
"Per trovarlo servirebbe un elicottero, scommetto che quando e se arriverà quel bastardo sarà già scappato". Ilyas annuì.
"Eravamo costretti a tornare indietro, Alex, altrimenti non saremmo riusciti a trovare la strada del ritorno". Pendergast aveva ragione. In così tanti anni passati a Mainhill, Alex non aveva ancora capito dove sbucasse quel campo, o se avesse veramente una fine. Si fermò in piedi accanto alla propria auto.
"Chiamo i rinforzi?" chiese guardando all'interno della vettura. Ilyas scosse il capo.
"E' inutile. I suoi colleghi hanno tante probabilità quanto le nostre di perdersi là dentro".
"E allora cosa facciamo? Non possiamo starcene con le mani in mano a fare niente".
"Ha saputo di Jamie?" domandò Ilyas.
"E' scappato. Non si trova da nessuna parte, non lo hanno visto nemmeno al confine. Puff, finito nel nulla". Passò un intero minuto di silenzio. Alla fine Ilyas ruppe il ghiaccio.
"Torniamo in centrale e mandiamo qualcuno a prendere l'auto di Minerva. Devo fare un paio di telefonate che ci aiuteranno a smuovere la situazione".


Alex aspettava con pazienza seduto nel salone della centrale. Non c'erano molte persone, era un luogo piccolo come la città in cui era stato costruito. Jordan Sullivan, l'ultimo arrivato, gli venne incontro con una tazza fumante di caffè.
"Spero che vada bene" disse titubante. Era un ragazzetto giovane, i vent'anni passati da poco. Per un attimo gli tornò alla mente il proprio primo giorno in divisa. Fremeva dalla voglia di entrare in azione, ma lo avevano tenuto rinchiuso in quella tana per mesi, prima che gli venisse dato un incarico decente. Erano stati giorni difficili, quelli, ma l'amore per il proprio lavoro lo aveva portato fino in fondo. Prese la tazza e accennò un sorriso alla matricola. Il ragazzo girò sui tacchi quasi scoppiando dalla felicità. Aveva sicuramente sentito volare i commenti che definivano Alex uno stronzo senz'anima, uno che trattava i colleghi di lavoro come la merda sotto la suola della propria scarpa.
Beh, avevano pienamente ragione.
Bevendo un sorso pensò alla riunione del giorno seguente. Mason li aveva chiamati di nuovo per fare il punto della situazione, non che ci fossero svolte strabilianti di cui informare gli altri. Alex non aveva la minima voglia di andarci, se non fosse stato per la poliziotta davvero carina. Sentì qualcosa muoversi nello stomaco. No, non erano le farfalle. Si alzò dalla sedia e fece una scappatina in bagno. Quando tornò trovò Ilyas davanti alla porta del suo ufficio.
"Possiamo parlare in privato?". Alex lo raggiunse in un attimo, chiudendo la porta alle proprie spalle.
Si sedettero entrambi, l'uno di fronte all'altro.
"Sono passati quattro giorni da quando è avvenuta la prima sparizione qui a Mainhill. Ne è avvenuta un'altra solo due giorni dopo, ovvero quella della figlia del signor Malcom. Presubilmente Josh Minerva e Jamie Williams hanno trascinato via dal club la povera ragazza, portandola poi chissà dove. Le due sparizioni non hanno nulla in comune, se non il fatto che le ragazze fossero di estrema bellezza". Alex inarcò le sopracciglia.
"Dove vuole andare a parare, Ilyas?". Quest'ultimo, invece di rispondere, tirò fuori dalla tasca della giacca nera dei fogli, porgendoli ad Alex. Confuso, Smith li prese. Scoprì quindi che erano delle foto stampate.
Mostravano tutte un'unica scena da angolazioni diverse. Seppur le immagini fossero sfuocate, Alex riuscì a carpire l'essenziale. Una piccola e stretta via intasata da bidoni dell'immondizia. Quello che lo colpì come un pugno nello stomaco, però, fu la figura di una ragazza stesa a terra, circondata da tre uomini. Riconobbe distintamente il volto di Minerva e l'odio che provava nei suoi confronti tramutò in qualcosa di più profondo. Non si accorse nemmeno di aver stretto la fotografia fino a stropicciare il foglio.
Alzò lo sguardo verso Ilyas, il quale non aveva smesso per un istante di osservarlo.
"Quindi c'erano tre bastardi?" chiese scioccato.
"Esattamente. Josh Minerva, Jamie Williams e Drew Sanders. I miei colleghi hanno gentilmente fatto una ricerca, scoprendo così che Drew Sanders ha tentato di scappare ma è stato fermato all'aereoporto di New Ramynis. Lo tengono lì per possesso di droga, e noi dobbiamo raggiungerlo prima che venga trasferito altrove".


Fu quasi una corsa contro il tempo. Raggiunsero l'aereoporto proprio mentre Sanders veniva scortato da un paio di poliziotti verso l'uscita. Ilyas mostrò il distintivo facendo ingoiare parole sprezzanti a uno di loro.
"Ilyas Pendergast, Fbi. Sono qui con il mio collega Alex Smith. Prima che portiate via il signor Sanders vorremmo fargli delle domande".
"A che proposito?" braitò un poliziotto dalla faccia curva. Aveva una vena grossa quanto una corda che gli pulsava sulla tempia. Sembrava incazzato come un toro, quello.
"Drew Sanders è indagato per rapimento e possesso di droga. Mi servono solo cinque minuti".
"Non ho rapito nessuno!" gridò Sanders cercando di fuggire dalla presa salda dei poliziotti.
"Ci è stato ordinato di portare via Sanders, e io non intendo smuovermi. La prego di lasciarci passare".
Alex stava per intervenire quando una mano si posò sul suo braccio.
"Signor Morgan" esordì Ilyas leggendo il nome del tipo sulla targhetta che portava al petto "sono sicuro che adesso si mostrerà più cordiale e disponibile. Se entro dieci secondi io e il mio collega non ci troveremo nella stanza degli interrogatori con il signor Sanders, il suo bel posto di lavoro a New Ramynis rimarrà un lontano ricordo. I miei cari amici sono già sul posto, pronti ad andare dal suo capo e informarlo del suo "lavoretto" che ha fatto ieri sera con l'aiuto dei suoi colleghi. Inoltre, le verrà imputato anche il fatto d'aver resistito ad un pubblico ufficiale e intralciato le indagini di un caso davvero delicato. Devo solo tirare fuori il telefono e digitare un numero. E' sicuro di non volermi concedere cinque minuti?".
Alex non potè non sorridere mentre venivano scortati fino alla stanza degli interrogatori.


Drew Sanders guardava imbestialito verso i due. Sembrava un cane rabbioso pronto a mordere.
"Non ho fatto un cazzo" disse subito in propria difesa.
"Ne dubito" ribattè Alex puntandogli davanti al naso le prove "sei ritratto in tutta la tua bellezza accanto a Janet, la ragazza scomparsa. Dove cazzo l'avete portata, tu e gli altri due?!". Drew rimase in silenzio.
"Rispondimi, stronzo, o ti faccio a pezzi".
"Non ho fatto un cazzo, non dico altro". Smith sbattè il pugno sul tavolo. Aveva davvero voglia di fare a pezzi quel cane.
"Ha poche opzioni" Ilyas prese le redini "Se ci aiuta a ritrovare la ragazza, la pena scenderà a dieci anni. Se decide di fare la bella statuina, passerà trent'anni senza la luce del sole". Il pomo d'adamo di Drew andò su e giù lentamente, quasi stesse soppesando le parole appena pronunciate.
"Va bene maledizione. Cosa cazzo volete sapere?".
"Dove si trova la ragazza?".
"Non lo so".
"Tenga in mente quello che le ho detto, Drew" insistette Ilyas. Sanders portò le mani al cielo.
"E' la pura verità, sant'iddio. Non lo so dove l'ha portata".
"Chi?" chiese Alex trattenendosi dal saltargli addosso.
"Il mostro. Ci ha attaccati al campo. Ha ucciso Jamie...Quella cosa ha ucciso Jamie, e avrebbe fatto lo stesso con me se non fossi scappato!" iniziò ad urlare prendendosi la testa tra le mani.
"Era un mostro, un fottutissimo mostro. L'ha presa e l'ha portata via, maledizione, io non ho fatto niente! E' stato lui, è stata quella bestia!".

 

-
 

Janet aprì gli occhi. Sbattè le palpebre più volte, le strofinò sperando di attenuare la luce accecante. E poi arrivò il buio. Per dei secondi terribili pensò di essere diventata cieca. Quando, girandosi verso destra, vide una lanterna accesa, tirò un sospiro di sollievo. Dove si trovava? Era morta?
Provò a mettersi in piedi ma ritornò col sedere per terra quando un dolore allucinante percorse le gambe fino a raggiungere la testa. Si toccò e quasi non gridò per la sorpresa. Continuò a tastarsi fino a che le mani non divennero appiccicose. Titubante, strisciò verso il punto in cui c'era luce e osservò le dita. Fu solo per miracolo, se non svenne di nuovo alla vista del sangue. Tanto sangue. Portò le mani al volto e lo scoprì pieno di liquido. Cosa diavolo era successo?!
In preda a dolori terribili studiò il luogo in cui si trovava. La luce non illuminava granché, ma sembrava una stanza abbastanza grande. Janet non era nemmeno sicura che fosse una stanza. In realtà, non era sicura di niente. Come aveva fatto a finire da casa sua in quel posto buio? Lentamente, i pezzi iniziarono a ricomporsi. Era stata portata al campo di grano, Jamie era morto...E quella cosa l'aveva presa. Era svenuta, e poi?
E poi si era risvegliata lì. Per quanto era rimasta priva di sensi? I suoi la stavano cercando? C'era la polizia, sulle sue traccie? Una lacrima calda come il fuoco le scivolò lungo la guancia. E poi Janet iniziò a singhiozzare. Avrebbe voluto essere a casa, tra le braccia della madre, a riempirsi le narici col suo dolce profumo e farsi coccolare come una bambina. Tutti i pensieri svanirono quando un tonfo la fece rinvenire. Istintivamente circondò le ginocchia con le braccia e fece sprofondare il volto tra esse. Non voleva vedere niente, non voleva sentire niente.
E invece qualcosa successe. La stanza si riempì improvvisamente di un odore pungente. Janet dovette usare tutte le sue forze per non mettersi a vomitare. Percepì la presenza di qualcun'altro, lì, con lei. Sentì dei passi pesanti girare in tondo. Verso il suo punto.
L'odore divenne insopportabile. Come se la sua fonte si trovasse dinnanzi a Janet. Qualcosa la toccò. La ragazza ingoiò un urlo.
"Lasciami stare" pregò sottovoce senza osar alzare lo sguardo. Non voleva rivedere quel volto mostruoso.
Un'ondata d'aria gelida le colpì il collo. Quella cosa le stava alitando sul collo!
"Ti prego" balbettò Janet. Non aveva mai provato tanto terrore in vita sua. D'un tratto le sue braccia vennero alzate con convinzione e la ragazza fu costretta ad aprire gli occhi.
"Cia-o" brontolò la cosa. Nemmeno l'oscurità in cui si trovavano riusciva a nascondere quel volto deforme. Sembrava una pezzo di roccia su cui avessero tentato di scolpire una faccia umana.
"Cia-o cia-o" ripetè di nuovo incalzando la voce.
"C-ciao" sputacchiò pietrificata Janet. Non si accorse di avere le coscie bagnate dalla propria pipì.
La cosa si alzò improvvisamente e iniziò a saltellare. Sembrava quasi che stesse ridendo. Janet provò a strisciare via sfruttando il momento di distrazione. Non percorse neanche dieci centimetri.
"N-o" sillabò la cosa guardandola negli occhi. Erano spaventosi, così come la voce.
"Fammi andare, ti prego...".
"As-pet-ta" componeva le parole con molta difficoltà. Janet aspettò, sperando di non vederlo tornare mai più. E invece, dopo due minuti, apparve di nuovo. La ragazza sgranò gli occhi quando vide che trascinava qualcosa. Raggiunse la luce con una lentezza esasperante, e permise a Janet di vedere più a fondo. Il cuore tentò di strapparle il petto e uscire, il respiro si strozzò in un gemito.
Era un uomo. C'era del liquido biancastro che colava dalle orbite vuote, il sangue rappresso sul volto ed una pallina che penzolava a destra e sinistra, attaccata alla cavità oculare solamente grazie a un sottile filo. Davanti allo sguardo incredulo di Janet, la cosa prese tra le mani l'occhio penzolante e iniziò a tirarlo verso l'esterno. Il liquido biancastro volò fuori come un fiume in piena e l'occhio si staccò con un suono simile ad una bottiglia che viene stappata. Lo strinse tra le mani e infine lo mostrò a Janet con una specie di sorriso.
"Gio-ca-re pal-la". Janet guardò prima l'uno e poi l'altro. Era tutto un semplice incubo, lei si trovava nel suo letto e presto si sarebbe svegliata.
Iniziò ad urlare.
  
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