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Autore: Nahash    25/10/2014    3 recensioni
«Smettila di fissare quella finestra William, non vedrai niente.» La voce di Emily risuonò all’interno della stanza, illuminata soltanto dal crepitio delle fiamme nel caminetto.
«Emily, guarda, quei ciuffi d’erba si muovono da soli, sembra che qualcosa ci salti all’interno.» William era un nobilotto di diciotto anni, timorato di Dio, pudico e molto pauroso, tutto l’opposto dei suoi altri quattro amici.
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Genere: Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Questa è un Os che partecipa al contest: Spiriti maligni, indetto dal gruppo Cremé della Cremé di EFP
Spero che la storia vi piaccia, nuona lettura :p
 
Il frequente frusciare delle fronde li aveva spinti ad unirsi tutti in quel casolare e non erano più usciti da lì, per cimentarsi nei loro giochi.
Si erano dati appuntamento per trascorrere qualche giorno insieme tra banchetti e giochi, così per staccare dalla faticosa vita nobiliare.
Avevano occupato quell'antico casolare, perché era situato vicino a una zona ritenuta magica.
 Pensavano che avrebbe reso l’atmosfera più interessante, ma di certo non sapevano a cosa sarebbero andati incontro.
«Smettila di fissare quella finestra William, non vedrai niente.» La voce di Emily risuonò all’interno della stanza, illuminata soltanto dal crepitio delle fiamme nel caminetto.
«Emily, guarda, quei ciuffi d’erba si muovono da soli, sembra che qualcosa ci salti all’interno.» William era un nobilotto di diciotto anni, timorato di Dio, pudico e molto pauroso, tutto l’opposto dei suoi altri quattro amici.
«Siamo in campagna, è normale che qualcosa si muova nell’erba.» Alzò gli occhi al cielo, sbuffando appena a causa del suo amico fifone.
«Sembra che un mostro stia attraversando l’erba alta.» Chiuse di colpo le tende, lasciando che queste ricadessero pesanti.  William era nel panico più totale, si sentiva come pervaso da un brivido come se fosse il solo a percepire il pericolo differentemente dagli altri.
«William sei pallido, tutto bene?» La voce di Alfred, il più grande dei cinque, si era mossa all’interno della stanza, arrivando presto alle suo orecchie, scuotendolo.
«No, sto bene.» Non riusciva a recitare la parte di chi stava realmente bene: si stringeva le mani, che avevano preso a sudare un poco e la sua voce aveva attraversato la gola balbettando.
«Ne sei certo? Non sembra affatto, ma se dici di stare bene…» Alfred fece spallucce, facendo finta di crederci, ma al tempo stesso, lo avrebbe tenuto d’occhio.
«Forse, William è un po’ provato, andiamo tutti a letto, anche se è solo mezza notte.» Arthur intervenne, muovendo i suoi passi verso l’altro, circondandogli le spalle con il braccio.
«Dovevamo ancora fare tanti giochi…» Si lamentò Emily.
«Avanti, tesoro, noi possiamo andare a dormire insieme.» Alfred lanciò uno sguardo d’intesa alla sua fidanzata.
«E Charly?» Chiese William essendosi accorto della sua assenza, solo ora che la sua paura era stata distratta dalla presenza di tutti.
«Lui si è già addormentato, sul divano, e non vorrei svegliarlo.» Disse Alfred. «Probabilmente non ha retto l’ultimo gioco fatto con me e Arthur.» Alfred fece spallucce, lui e il suo amico reggevano bene l’alcool, mentre il povero Charly no.
«Oh capisco…» William, li guardava perplesso, non capendo che gioco avrebbero mai potuto fare con del liquore, forse quello di verità o penitenza… ma comunque non chiese, preferiva rimanere all’oscuro.
 
William era stato lasciato da solo nella sua camera. Si sentiva agitato e per nulla felice, ormai, di trovarsi lì, in quel casale sperduto dal mondo, lontano dalla sua Londra.
Continuava a sentire, nelle sue orecchie, il pensate frusciare di quelle fronde. I suoi occhi si spostavano da un lato all’altro dell’orbita per vedere ogni centimetro della sua stanza. Era letteralmente terrorizzato.
Probabilmente era paranoico, ma sentiva la paura camminargli sopra il corpo, mentre beffarda, si divertiva a deriderlo.
Sarebbe rimasto sveglio tutta la notte, ma dopo due ore passate a scrutare il vuoto davanti a lui, il sonno prese il sopravvento e si addormentò.
I suoi stessi sogni, però, si tramutarono in incubi, cominciando a immaginare tutto ciò che, di pauroso, avesse da offrire il buio.
William cominciava a schiudere gli occhi, alla ricerca di un cenno di lucidità, mentre qualcosa raggiunse le sue orecchie. Sentì un profondo e pesante respiro, che presto scoprì essere ben altro.
Davanti a sé c'èra una creatura mostruosa che puntava, verso di lui,  i suoi accecanti occhi rossi. Questa ringhiava e il ragazzo giurò di veder colare dalla sua bocca rivoli di bava e il suo perpetuo ringhiare non lo confortava affatto.
Pensò di essere ancora addormentato, ma quella figura non voleva saperne di sparire dalla sua vista. William si mise a urlare e gridò così forte da far precipitare subito i suoi compagni, nella sua stanza, nonostante questi fossero sprofondati in un sonno profondo già da un po'.
«William tutto bene?» Alfred fu il primo ad entrare dentro la sua stanza preoccupato per il suo amico.
«C'era qualcosa di spaventoso davanti a me...» gridò concitato. «Un enorme cane nero, con la bava alla bocce e gli occhi rossi.» I suoi occhi erano sbarrati dal terrore e nel guardare il suo amico Alfred sembrava quasi assente, come se continuasse a vedere il terribile mostro.
«Adesso non c'è niente però... non può essersi volatilizzato.» Emily sembrava essere sempre quella più cauta e realistica del gruppo.
«Vi dico che c'era, era davanti a me.» William sembrava davvero convinto della sua visione.
«Probabilmente stavi ancora sognando...» Arthur disse la sua, non credendo minimamente alla questione, per lui era ovvio che si trattasse di suggestione.
«Magari però è vero...» Charly, li aveva raggiunti in quel momento,si era alzato dal divano, probabilmente ancora sbronzo. «In fondo siamo venuti qui, proprio perché sapevamo che era un luogo magico e dotato di mistero.» Fece spallucce.
«Non essere assurdo, il brandy deve averti dato alla testa.» Emily non era conosciuta per la sua delicatezza.
«Non sono sovente bere alcool sai? Ringrazia il tuo fidanzato e il nostro amico se sono ridotto così adesso.» E Chiarly non le mandava a dire.
«Comunque sia, si tratta di semplici leggende...» Proseguì Emily.
«Che ci hanno spinto a venire fino a qui...» Ribadì Charly.
«Non mettetevi a litigare, leggende o no... adesso il nostro amico ha paura, cerchiamo di aiutarlo in qualche modo.» Alfred era sempre stato il più saggio o quanto meno il più premuroso del gruppo.
William nel frattempo si era portato le mani agli occhi come a volersi sbarrare l'unica via che potesse permettergli di vedere il cane nero.
«William...» Alfred si era avvicinato a lui, accarezzandogli leggermente la testa, facendolo sussultare per la sorpresa.
«Sta tranquillo, adesso dormo io qui con te.» Gli sorrise appena, rassicurandolo, mentre gli altri si diressero verso la loro stanza...
Nonostante Alfred si fosse messo vicino a lui, William era steso supino con occhi sgranati, mentre fissava il soffitto. Solo l'iride, accompagnata dalla pupilla, faceva avanti e indietro, pronta a scovare un qualche pericolo in agguato.
Quando osò girare la testa, si ritrovò di nuovo il volto del cane vicinissimo al suo e si rimise ad urlare ancora una volta. Alfred si svegliò di soprassalto tappando la bocca a William.
«Ehi, Will, non c'è niente qui... datti una calmata.» Lui non vedeva nessun cane nero.
«Tu non lo vedi? Non lo vedi il Black Dog?» Cominciò a ripetere come fosse una cantilena.
Alfred non vedeva nulla, ed era seriamente preoccupato per il suo amico.
«Era qui, era qui, era qui...» cominciò a ripetere farneticante. «Se non lo vedi vuol dire che allora è un presagio di morte, devo morire.»
«Non dire sciocchezze, sei troppo giovane per morire.» Alfred cercò di tranquillizzarlo, nonostante tutta quella situazione lo stesse facendo preoccupare per la sorte di William e per quella degli altri.
«Rimettiamoci a dormire Will... avanti.» Lo esortò ancora una volta, mettendosi a dormire, di nuovo, al suo fianco, sperando che questo non sognasse o non avesse ancora quel tipo di allucinazioni.
 
Quella notte, però, William continuò a vedere il cane nero, ma aveva imparato a non urlare più, cominciando a pensare che c'era soltanto un modo per eludere quella visione.
Si era trascinato giù dal letto, terrorizzato, e dirigendosi verso il bagno era salito su uno sgabello, attorcigliando intorno al suo collo e al lampadario un asciugamano. Non aveva lasciato scritto nulla,  se non il suo corpo penzolante nella stanza.
Il suo presagio di morte fu proprio il terrore.
 
Al ritrovamento del suo corpo tutti andarono nel panico più totale e la stessa Emily si mise a piangere.
Non capirono mai quel gesto, né tantomeno se si fosse trattato di un caso di allucinazione comune o di suggestione, ma i ragazzi restanti, non uscirono più da quel casolare, perché ad uno a uno, mano a mano che il Black Dog si manifestava davanti a loro, questi mettevano fino alla loro vita.
 
Non avevano fatto i conti con la leggenda e la casa in cui stavano alloggiando, era la casa della creatura e come ogni padrone che si rispetti, prontamente, li aveva cacciati.
 
Da quel giorno si narrò dei cinque sventurati e di come non ci si dovesse addentrare in quel casolare, perché, il Black Dog ti veniva a cercare. Gli unici coraggiosi che erano andati a curiosare, giurarono di aver sentito ancora le urla di terrore dei cinque giovani echeggiare nel casolare.
 

Spiriti maligni il vento echeggiava,
quella storia di terrore che,
il tempo narrava.
Nessuno mise più piede nella dimora,
nessuno giocava più né al tramonto, né all'aurora.
Un cane fedele di gigantesta fattura,
guidava la villa,
alla sua sepoltura.
Cinque giovani in cerca d'avvenuta,
la morte trovarono nella loro sventura.
Ulula il Black dog, nella sua vittoria,
ulula Il Black dog nella sua storia.
La storia narrata dal richio abbissale,
la storia narrata dal tormento maniacale.
Non entrate nella casa stregata,
Non entrata in quella leggenda narrata.
Della leggenda rimane solo il ricordo,
dei giovani, narrati, soltanto il rimorso.
 
   
 
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