Serie TV > Violetta
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Autore: blackswam    26/10/2014    5 recensioni
Violetta è una ragazza di ventidue anni e nella sua vita ne ha passate di tutti i colori. La madre gli era mancata quando era molto piccola, e un padre che al raggiungimento della maggior età l'abbandona a se stessa ricogiunggendosi alla sua nuova famiglia. La sua migliore amica Francesca la ospita a casa sua, e con il tempo aveva abbandonato l'amore divertendosi con ogni ragazzo che le si dichiarava e se arrivasse quello giusto?
- Leonetta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Construí un túnel entre tú y yo y fue donde descubrí
que se puede encontrar un camino para los dos.
-El sueño de Morfeo

Avete mai provato a porre la vostra attenzione sul concetto chiamato passione? Un termine che ci porta a formularci delle domande, inadatte, inacettabili, pensieri non idonei su quel determinato soggetto mentre ti torce lo stomaco al solo pensiero che più ti avvicini più si allontana. La mano prova a toccarlo, ma la sua immagina si sgretola lasciando sul pavimento bianco cenere nera.



Ritrovarsi nella propria stanza, a piedi uniti, il viso rivolto al soffitto mentre le mani sotto al cuscinetto si riscaldavano creando piccolo gocciolette bagnate e acide.
Gli occhi rimasti chiusi per un tempo determinato, come di scatto, o per meglio dire in modo improvviso si aprono spalancati mostrando la pupilla castana all'interno dell'occhio. Da esso il soffitto si rifletteva, nascondendo così la paura che tanto opprimeva il cuore della giovine che se ne restava con le mani strette sulla coperta, mentre la schiena appoggiata al muro del letto.
« E' il momento di darsi una svegliata!», sbraita la mora battendosi entrambe le mani sulle guance della faccia mentre un piccolo lamento fuoriusciva dalle sue labbra.
Sospira socchiudendo gli occhi per la forte emicrania che la tormentava da parecchie notti e che la portavano a doversi svegliare molto presto. Con fare stanco appoggia le gambe molli e scoperte sul pavimento, fredde e bisognose di calore, ma nonostante la pelle d'oca e il terminabile sonno che ancora la tormentava sbadigliando e scompigliandosi con la mano i capelli si avvia verso la cucina.
« Giorno. », la saluta Francesca, migliore amica e coinquilina della ragazza, anch'essa stralunata dall'orario di merda dove sono costrette a svegliarsi. « Eh? Giorno... », ricambia la mora senza aver connesso pienamente il cervello. « ehm... Francesca. », riprende il discorso sorseggiando un semplice bicchierino di latte fresco.
« Dormito bene?», domanda Francesca inutilmente mentre socchiudendo gli occhi ascoltava la ripetuta risposta dell'amica. « Sto bene. », acida come sempre.
E' passato per lo più una settimana dalla sua ultima rottura con il suo quinto ragazzo. Quest'ultimo era durato più degli altri e sembrerebbe essergli entrato dentro troppo forte per poter essere dimenticato. Sapeva dei suoi sogni ricorrenti, delle notti passate abbracciata a se stessa tremante.
Una notte l'aveva trovata su un angolo, piangente, con la fronte nascosta sulle ginocchia. Con il viso di compassione si era avvicinata all'amica, allungando la mano per accarezzarle i capelli ribelli. La risposta non era stata delle migliori, visto che era stata bruscamente allontanata dalla ragazza che prese a chiudersi sempre più in se stessa.
Adesso? Osserva da lontano la sua anima autodistruggersi, provando compassione per lei, sentendosi pienamente inutile. Da quella serata aveva deciso di non intrommettersi, limitandosi a piccole domandine soffrendo dentro di se.
« Sicura? », tenta la ragazza convincendosi che in qualche modo, forse, l'amica possa ritornare a raccontarle cose le succede, come un tempo. « Si!», annuisce la mora abbozzando un sorriso sforzato.
Non poteva nemmeno paragonarsi a un sorriso vero e proprio, con le labbra solitamente colorate di un rosa luccicante, adesso erano secche di un rosso scuro. Potevano paragonarsi alla rosa rossa mentre lentamente perdeva colore e forza vitale.
« Oggi tocca a te , il turno di buttare fuori la spazzatura. », proferisce Francesca indicando il nome della ragazza sul tabellone. « Grande! A noi ammesso di immondizia.», sbuffa alzandosi i capelli con un codino che portava al polso mentre Francesca allegra gli passava le buste.


&



La mora, con entrambe le buste tra le mani, camminava a passo veloce verso i secchi dell'immondizia a pochi passi da casa sua.
Erano gia parecchi anni che faceva questo piccolo lavoro domestico, ma tutt'ora non riesce ancora ad abituarsi alla puzza che emanavano i cassonetti. La sua amica Francesca l'aveva ospitata nella propria casa da quando suo padre l'aveva abbandonata per sistemarsi con la sua nuova famiglia.
Riteneva che fosse maggiorenne, senza una madre, e che fosse capace di prendersi cura da sola. Lui aveva altri obblighi nei confronti della bambina che stava per nascere e tutto il suo affetto, la sua educazione, le sue carezze spettavano a quest'ultima ed pertanto lei era soltanto d'intralcio.
Insomma forse le parole non era proprio così dure, ma mi hanno fatto male comunque.
Aveva resistito difronte a lui, stringendo i pugni e mordendosi le labbra, mentre come una imbecille sorrideva come se la cosa non le importasse. In quel momento non aveva mai sentito così tanto l'assenza di sua madre.
Per un lungo periodo di tempo aveva vissuto con uno ostilità nei confronti degli uomini, cominciando ad uscire con loro solo per puro divertimento, ma mai si sarebbe aspettato di potersi innamorarmi di nuovo. Diego Domiguez, questo era il nome del suo ultimo ragazzo recente.
Con lui era iniziato tutto per gioco, era come tutti gli altri, ma in qualche modo era anche diverso. Piano piano, lentamente, era entrato nel suo cuore troppo violentemente, troppo velocemente per poter essere fermato. Avevano vissuto una storia abbastanza lunga e romantica, ma nella vita nulla è rosa è fiori. Il tradimento era dietro l'angolo e vedere Diego baciare la sua datrice di lavoro aveva rotto quel poco di speranza che ancora scorreva nel suo corpo.
Non credeva più in nessuno, non avrebbe mai potuto fidanzarsi nuovamente, perchè aveva perso la cosa più importante. La fiducia.
« Salve! », urla una voce alle sue spalle probabilmente a pochi distanti dalla sua posizione. Un ragazzo alto, capelli castano chiaro, due occhi verdoni da cerbiatto mentre un sorriso coronava il suo viso. « Salve.», ricambia la mora accennando un sorriso.
Volta lo sguardo rivolto al pavimento che portava alla strada della propria casa. Era già parecchio in ritardo al lavoro. In cosa consisteva? Lavorava in un negozio di libri per tutte le età, spesso anche lei rimaneva fino a tardi a leggere qualche libro portando saldamente sul naso il paio di occhiali da lettura. Aveva già provato da tempo a voler scrivere lei stessa un libro trattando argomenti del tutto personali, pertanto un romanzo autobiografico.
« Come mai da queste parti?», domanda attaccando bottone lo sconosciuto grattandosi nervosamente la nuca. « Come?», ridacchia la mora osservando le buste che aveva gettato nell'immondizia.
« Idiota! E' ovvio che è venuto a buttare la spazzatura.», si incolpa l'altra imbarazzato. « Già che siamo in conversazione. Mi presento, Leon Vergas.», porge l'altro la mano con far sciolto e disinvolto.
« Piacere, Violetta Castillo. », sorride la ragazza prima di girare i tacchi salutando poi con un solo accenno. Non mi interessano secondi fini, il mio dover lo fatto punto. « Potremmo prendere un caffè qualche volta.?»
« Non mi sembra il caso.», risponde la ragazza non rallentando il passo non osservando nemmeno una volta il viso del ragazzo. « Per fare amicizia, niente secondi fini. Giuro! », urla il ragazzo, precisamente alle sei e mezzo del mattino, per farsi sentire dalla giovine.
« Solo se dopo la finirai di importunarmi.», sbotta la mora classificandolo come nemico da eliminare. Forse in questo modo smetterà di assillarmi. « Oggi, cinque del pomeriggio, alla caffetteria One beat. », alza la mano contento come in segno di vittoria, di massima contentezza.



&



« La prossima volta andrai tu a buttare la spazzatura.», sbraita Violetta lanciandosi sulla sedia massaggiandosi con le dita la fronte dolente. « Perchè?», domanda a stenti Francesca mentre divorava un cornetto al cioccolato.
« Soliti ragazzi, soliti problemi.», sbuffa la ragazza sistemando i libri nei depositi scaffali. « E' carino?», azzarda Francesca alzando le orecchie interessanta alla faccenda.
Conosceva l'amica meglio delle sue tasche, conosceva per bene la risposta, ma si illudeva che forse qualcosa potesse cambiare. Aveva vissuto i problemi della ragazza come se fossero i suoi, li aveva vissuti sulla sua pelle e aveva sofferto con lei. Si sentiva molto toccata dalle vicende che aveva dovuto supportare Violetta essendo che lei un padre non l'ha mai avuto. Era morto quando lei era molto piccola, e per questo odiava questo tipo di situazione tra lei e suo padre dove il problema era minimo. Le faceva rabbia, ma taceva inutilmente perchè credeva che fosse la cosa giusta da fare.
« Ha importanza?», inarca un sopracciglio con far stizzito Violetta. « Scusa, stai calma.», sorride Francesca ormai abituata ai suoi sbalzi d'umore.
« A che punto è il tuo libro? », cambia discorso Francesca evitando la tensione che si era creata. « Non lo definirei libro, ma più un diario autobiografico.», sintetizza Violetta.
« Sisi, quello che è. Allora è ultimato? », domanda nuovamente la mora. « No.», butta rammaricata Violetta.
Il romanzo era terminato da un bel pezzo, ma il finale aveva qualcosa di incompleto, di imperfetto. Siccome la sua vita aveva un finale "tragico" se voglio per meglio dire non è ciò che vorrebbe conferire al suo personaggio. Vorrebbe dargli un pizzico di gioia, si sentiva nei confronti del personaggio - che lei stessa ha creato e che rappresenterebbe lei sottoscritta- come un'amica che in qualche modo cerca di appoggiare e sostenere.
Lei era colei che poteva decidere della sua vita, dei suoi sentimenti, delle sue azioni e sentendosi in dover di aiutarla non vuole abbandonarla a se stessa. Vorebbe scrivere un finale diverso, magico come tutte le ragazze romantiche si sognerebbero, ma come si suol dire andrebbe fuori traccia. Romanzo autobiografico. Se non si racconta la verità non avrebbe senso pertanto aveva lasciato tutto in sospeso, la storia incompleta sulla scrivania della propria camera.
« Scusate sono venuto ad ordinare un libro.», afferma un ragazza bussando il bancone con le mani attirando l'attenzione delle due ragazze. « Si, che libro le piacerebbe?», domanda Violetta raccogliendo un libro caduto sul pavimento.
« Per caso c'è un manuale per conquistare le ragazze complicate, che non si presentano agli appuntamenti, che non gli importa se cammini e respiri?», domanda il ragazzo. « Non credo di aver- Tu!?», esclama Violetta trovandosi il ragazzo di stamattina con un sorriso sulle labbra.
« Come hai fatto a scoprire dove lavoro? », domanda Violetta sporgendosi sul bancone. « Destino. »
« Credi davvero a queste cose?», chiede scettica Violetta. « Tu no?»
« Non stiamo parlando di me e non farmi perdere tempo. Cosa vuoi?», sbraita la mora con un tono alto e veloce sotto lo sguardo divertito di Francesca. « Un appuntamento.»
Francesca ascoltano quella risposta sorride a trentadue denti afferrando l'amica per il braccio trascinandola davanti al bancone lanciandola quasi tra le braccia del moro.
« Portala a casa per le dieci, non bevete alcolici, usate sempre le protezioni.», termina prima di sbatterli fuori dal negozio e chiudere la porta. « Francesca, ma che fai?», strilla la mora battendo i pugni sulla porta mentre intravedeva il cartello chiuso attaccato alla finestra.
« Allora andiamo?», ridacchia Leon porgendole un braccio che fu bellamente ignorato. « Facciamo questa cosa e terminiamola in fretta.»


&



Lungo tutto il percorso da negozio a caffetteria il silenzio governava tra di loro. Lui, inutilmente, cercava di attaccare bottone con stupide frasi senza un senso logico, mentre lei rispondeva a monosillabi, oppure tavolta, lo ignorava avanzando sempre più velocemente. Arrivati alla meta presero subito posto all'unico tavolo non ancora occupato più precisamente l'ultimo vicino alla finestra accanto al tavolo riservato a una coppietta alle prime armi. Lei, silenziosa teneva il gomito destro appoggiato sul tavolo mentre il mento sul palmo della mano, lui teneva tra le mani il menù per le ordinazioni e spesso si nascondeva attraverso di esso per cercare di scappare dallo sguardo assassino della ragazza.
Se non voleva venire poteva anche farlo apparire meno evidente, pensa Leon preoccupato per la sua incolumità fisica.
« Allora... caffè?», azzarda lui ordinando per entrambi dopo il consenso della mora. « Nel frattempo che ne dici di parlare un po?»
« Infondo sarà l'ultima volta che ci vedremo quindi perchè no.», accetta la ragazza. Questo mi incoraggia molto , pensa Leon sorridendo. « Bene. »
« Mi presento il mio nome di battesimo è Leon Vergas. Ho ventisei anni. Lavoro come professore di filosofia all'università. Il mio è un carattere del tutto particolare visto perchè essendo un ragazzo molto timido che si imbarazza facilmente so essere anche un tipo abbastanza testardo. Una volta che ho trovato un mio obbiettivo voglio raggiungerlo fino in fondo finchè non l'avrò conquistato.», proferisce Leon guardandola serio. « Quindi io sarei il tuo prossimo obbiettivo? », lo stuzzica Violetta pungendolo nel vivo.
« E tu? Vorrei sapere altro su di te... Violetta Castillo.», proferisce il moro il gomito sul tavolo. « Non c'è molto da dire sul mio conto. Mi chiamo Violetta Castillo. Ho ventidue anni. Lavoro come libraia al negozio di libri. »
« Molto ristrettiva.», la canzona lui con un tono sarcastico. « Sono molto riservata.», alza le spalle Violetta sorseggiando il caffè arrivato pochi minuti fa.
« Serve altro? », domanda cordiale la cameriera mentre i due negano con un sorriso. « Perchè proprio i libri? Ti piace la lettura?»
« Si, soprattutto romanzi autobiografici.», risponde la mora rispondendo anche alla prossima domanda che sicuramente gli avrebbe chiesto. « Hai mai provato a scrivere qualcosa?»
« In effetti sto scrivendo un diario, se si suol dire autobiografico sulla mia vita, ma è ancora in elaborazione e non credo possa mai essere pubblicato.»
« Troppa sfiducia in te stessa in questo modo non otterrai mai quello che vorrai raggiungere. », l'ammonisce lui bacchettandola con un dito. « Forse perchè ho speso troppa fiducia. », afferma rammaricata Violetta socchiudendo gli occhi.
« In che senso scusa?», domanda Leon contento di essere riuscito a far aprire la ragazza. « Nel senso che... Non sono affari tuoi!», esclama la mora alzandosi dal tavolo allontanandosi velocemente prima di aver lasciato monetine sul bancone.
Non riusciva a credere di essere caduta nella trappola di quel tipo, così pericoloso. Lui era quel tipo di persona che riusciva a farti sentire a tuo agio, con quale puoi parlare di ogni cosa sapendo con certezza che ti sta ascoltando, ma principalmente stiamo parlando di un uomo.
Sono tutti uguali vogliono sapere tutto di te per attaccare il mio punto debole, ma la guerra non è ancora finita.
Intravedeva la sua vita come un campo di battaglia, non doveva mai abbassare la guardia, altrimenti per lei era la fine e avrebbe dovuto vivere il resto della sua esistenza in un doloroso tormento.
E' la prima e ultima volta che accetto un appuntamento, lo giuro!


&



« Allora come è andata? Ti piace? State insieme? », una euforica Francesca non era in grado di tenere a freno la lingua facendo alimentare l'irritazione della ragazza. « E' andata come al solito. Una botta e via.»
Francesca nel sentire quelle parole mette un broncio triste, per un momento si era illusa che qualcosa all'interno della sua amica fosse cambiato, che lui fosse quello giusto, ma questa volta il suo intuito aveva sbagliato.
« Ah, ma non ti piace neanche un pochino?», ridomanda Francesca. « No, non insistere. »
« Hai ricevuto una chiamata da tuo padre?», prosegue Francesca immobilizzandosi al movimento del capo della ragazza. « Si è completamente dimenticato di aver una figlia. Ogni volta che lo chiamo o è uscito con la sua nuova famiglia oppure non fa altro che parlarmi della mia cara sorellastra. », borbotta con poca importanza Violetta.
Era inutile deprimersi, come si suol dire piangere sul latte versato. Aveva speso inutili lacrime, inutili pensieri per un uomo che non aveva capito chi era veramente, e del male che con il tempo gli aveva afflitto.
«E allora mangiamo?», domanda Francesca battendo le mani euforica. « Si. », annuisce Violetta sorridendo lievemente.


&



Tic. Tic. Tic.
Il silenzio che per un momento fa l'aveva lasciata dormire, svanisce lasciando il posto a un rumore assordante proveniente dalla finestra.
La mora porta la mano sull'occhio destro stropicciandoli, sbadigliando rumorosamente, e con la coda dell'occhio osservava l'orario sulla sveglia li vicino.
« E adesso chi è che mi disturba alle sei del mattino, oltretutto di domenica!», borbotta assonnata Violetta avvicinandosi alla finestra aprendola di poco. « Chi è?», urla verso il basso scansando appena in tempo un sassolino.
« Oops, scusa?», strilla un ragazzo verso l'alto. « Leon? Che cosa vuoi a quest'ora del mattino? E come sai dove abito?»
« Ho le mie fonti.», ridacchia il ragazzo. Francesca questa me la paghi. « Che ne dici di una corsetta di prima mattina? »
« No, grazie.», afferma la mora allontanandosi di poco dalla sua posizione. « Dovevo immaginare che non eri una ragazza molto sportiva e senza spina dorsale.», si finge lui amareggiato.
E' per questo motivo Violetta si ritrova a correre alle sei di mattina, di domenica, con il ragazzo che più odia al mondo. Lui le sorride, mentre lei distoglie lo sguardo. Lui si avvicina, lei si allontana.
« Hai visto non è poi così male. », mormora Leon rallentando il passo affiancandosi alla ragazza. « Non rivolgermi la parola. », proferisce adirata la mora lanciandogli un occhiataccia.
« Sono assetato che ne dici di una pausa?», domanda il moro indicando una fontanella li vicino. « Si. »
Dopo esseri riposati si avvicinano alla fontanella sorseggiando l'acqua rinfrescante per poi sedersi su una panchina li vicino respirando lentamente.
« Sei ancora arrabbiata?», chiede lui guardandola sott'occhio. « Okay, lo so che era il tuo giorno di riposo, ma avevo una voglia matta di rivederti. »
« Cosa vuoi da me?», domanda diretta Violetta guardandolo nei occhi. « Conoscerti. »
« Qual'è il tuo scopo? Orami tutto si muove per un motivo il tuo qual'è?», sbotta Violetta massaggiandosi le mani. « Perchè credi che ci siamo un scopo preciso? Tu mi piaci, voglio conoscerti, ma non però un capriccio perchè voglio una relazione seria.», proferisce lui seria prendendole le mani riscaldandole tra le sue.
« Non ti credo voi ragazzi siete tutti uguali. Mollate senza un motivo preciso, abbandonate un vostro familiare senza il suo consenso pensate soltanto a voi stessi.», strilla la ragazza stringendo i pungi. « Ti è successo?»
« Non è questo il punto.», sbotta Violetta voltando lo sguardo. « Non importa quello che è accaduto in passato adesso devi vivere il presente, con me, non devi avere paura degli scheletri del passato perchè io li distruggerò tutti. Non sarai mai più sola. », afferma lui alzandole il viso.
« Sei serio?», chiede sospirando la mora preoccupata.« Non sono mai stato così serio in vita mia. », afferma lui baciandole le mani.
« Vuoi provare a creare una storia con me?», domanda lui prendendole il viso tra le mani. « Si.», sorride Violetta avvicinando il viso al ragazzo unendo così le loro labbra.






° ° ° ° E' passato del tempo da quel giorno, in quel momento aveva ripreso a sognare, ma non per un motivo in particolare, ma per una persona in particolare. Con la sua spontaneità, lentamente e allo stesso tempo forte, era entrato dentro al suo cuore e per la prima volta non ne era mai uscito.
« Mamma, quando arriva il nonno?», domanda una bambina all'incirca sei anni tirandole il vestito. « Presto, tesoro. »
Le cose con suo padre si erano sistemate, e grazie all'appoggio di Leon era riuscita a dire quella che pensava ottenendo in compenso una nuova famiglia e una sorella. German si era mostrato molto ragionevole, di buon cuore, un uomo che aveva commesso un errore senza volerlo.
« Dai amore della zia, andiamo in salotto.», interviene Francesca afferrando la piccola pesta e trasportandola nell'altra stanza.
Francesca si era sposata, viveva ancora nel loro vecchio appartamento con il suo compagno Marco. Amava molto la sua nipotina ritenendo che fosse un buon metodo per fare pratica in futuro.
« Sono a casa.», annuncia Leon posando le chiavi sul comodino afferrando a volo la bambina che si era gettata fra le sue braccia. « Bentornato papà.»
« Bentornato a casa tesoro.», mormora Violetta avvicinandosi al marito baciandolo sulla morbida guancia. « Sono finalmente a casa.», rivela l'uomo abbracciando le sue donne preferite mentre tra le mani teneva stretto saldamento un libro.
" La favola della principessa senza amore. - Di Violetta Castillo."
  
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