Caterina sapeva la grammatica a memoria come l’Ave Maria, non c’era verbo latino o greco di cui sbagliasse un accento, declinazione e paradigma. Lei amava quelle lingue dimenticate persino da Dio, e per questo motivo veniva sbeffeggiata da tutti; era come se gli altri non capissero, o meglio non cogliessero, il fascino intrinseco di quei frammenti antichi eppure assurdamente attuali. [...]
Era davvero l’unica a commuoversi ogni dannata volta che si trovava a rileggere per puro masochismo il passo della morte di Didone?
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