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Autore: Amaya12    27/10/2014    6 recensioni
"(...)Ora probabilmente vi starete chiedendo perché mai mi ostinassi a rimanermene là a farmi guardare male. Il motivo era molto semplice -e no, non era per scoraggiare i bambini dal comprare troppi dolci-; si trattava di un obbiettivo ben più nobile, il mio.
Ero volato dal mio istituto in Inghilterra fino a Los Angeles per trovare il mio migliore amico. Un gran bastardo, tanto per la cronaca, ma che volete che vi dica? Al cuor non si comanda e inoltre sapevo che lui aveva bisogno di me."
Questa fic parla del periodo in cui Matt e Mello hanno collaborato per risolvere il caso Kira e battere -si fa per dire- il famigerato Near. Il pov è esclusivamente quello di Matt (visto che nell'anime non gli hanno dato molto spazio hehe).
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Altri personaggi, Matt, Mello | Coppie: Matt/Mello
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!
Credo che ormai non ci speraste più ma ecco a voi un nuovo capitolo! Mi scuso con quelli a cui avevo annunciato che sarei riuscita a pubblicarlo già la scorsa settimana ma, fra una cosa e l'altra non ne ho avuto la possibilità; inoltre è stata una faticaccia buttarlo giù, tanto da dover cancellare e riscrivere spezzoni interi:/
Il seguito del flashback lo troverete, ahimè, solo nel prossimo capitolo ancora; mi ero dimenticata di dire che là i nostri eroi avevano quindici/sedici anni, in quanto per far quadrare il tutto ho dovuto cambiare un po' di cose per quanto riguarda la loro età.
Ora, nel presente narrato da Matt hanno diciannove anni e la sera del 26 gennaio avverrà già dopo un annetto e mezzo.
Quindi nulla, mi scuso ancora per il ritardo e vi ringrazio come sempre per le splendide recensioni che mi lasciate:3
Un bacione e alla prossima,
Amaya
PS: qualcuno di voi va al Lucca Comics? Io l'1 e non vedo l'ora*-*

 

Matt e... Mello

- la Verità


Colpii con forza il ragazzo sulla ventina che mi si parava davanti,  riuscendo ad ottenere in compenso un bell'occhio nero a far compagnia al naso sanguinante che gli avevo procurato precedentemente.
Mello gli si gettò contro quando l'altro riuscì a sbattermi contro un tavolino da bar nero, facendomi per una attimo traballare la vista tanto da farmi perdere la percezione di quel che era sopra e quel che era sotto.
Per un istante colsi l'espressione inorridita sul viso capovolto di Sarah, di fronte a quella che, in tutta probabilità, sembrava gran poco la mia faccia e più un pallone da basket. Un pallone da basket carino, però.
Mi misi in mezzo ai due traballando un poco e rischiando di precipitare più volte faccia a terra, colpendo con i miei pugni e calci tutto ciò che mi si parasse davanti: d'altronde, anche se avessi beccato Mello, quel bastardo se lo sarebbe solo meritato.
Fu in quel momento, quando il mio amico mi lanciò un'occhiata attonita dopo che gli ebbi tirato – volutamente, vorrei aggiungere – un pugno allo stomaco facendolo rimanere momentaneamente senza fiato, che ci raggiunse un omone alto più di due metri a dividerci.
Il ragazzo moro con cui ci eravamo scontrati si asciugò rabbiosamente il sangue che ancora gli colava a fiotti dal naso.
- Volevo solo provarci con la biondina, cazzo! Non c'era mica bisogno di iniziare una rissa per questo! -
Mello sbuffò guardandomi accusatorio, mentre io emisi sospiro stizzito.
Ora osa pure dare la colpa a me?! Doppiamente bastardo!
Osservai sovrappensiero le luci stroboscopiche che illuminavano di mille luccichii il cappellino di paillettes rosse che indossava Sarah, ritornando mentalmente indietro a come una giornata che sembrava essere iniziata in modo relativamente positivo, avesse poi potuto avere una fine tanto disastrosa.

 


Quella mattina mi ero svegliato più tardi del solito e, straordinariamente, da un paio di giorni a quella parte Mello aveva smesso di farmi ritrovare con la faccia spalmata sul pavimento a causa di un suo calcio.
Quando poi, un'oretta dopo, si era alzato anche lui, aveva trovato ad accoglierlo una tazza di caffè fumante come voleva la tradizione e mi aveva persino ricompensato con un sorriso in segno di gratitudine.
Probabilmente, in quel momento avrei dovuto capire che qualcosa di terribile sarebbe accaduto da lì a poco, ma il mio incredibile cervello scelse di non dar peso alla brutta sensazione che avvertivo alla bocca dello stomaco.
Insomma, normalmente di mattina il massimo che ci si potesse aspettare dal mio coinquilino era che sbattesse con l'aria dello zombie contro mobili e pareti; non che si mettesse a sorridere come se sapesse perfettamente di trovarsi sulla Terra e non in quel suo pianeta perfetto dove tutti lo osannavano come un dio.
E, badate bene, questa ultima parte sul pianeta perfetto, erano solo ed esclusivamente parole sue.
Al lavoro, poi, Sarah sembrava incredibilmente di buon umore, non si lamentò nemmeno quando Mello le chiese di documentare tutte le morti dovute ad arresto cardiaco avvenute negli ultimi mesi.
E, dal momento che Kira sembrava non aver niente di meglio da fare se non far collassare la gente, la mia collega ci impiegò tutta la mattinata e gran parte del pomeriggio per catalogarle tutte a dovere.
Uscimmo dalla catapecchia che ci ostinavamo a chiamare "Quartier Generale" già alle sei del pomeriggio, per poi dirigerci nelle rispettive case; non appena arrivati, Aki si mise a miagolare reclamando il suo pasto che ricevette da Mello, non prima di aver subito un altro dei suoi attacchi felini.
La cosa divertente era che si ostinava nonostante tutto a continuare ad indossare quegli stivali con le stringhe.
Forse però godeva nel venir continuamente molestato da gatti in giro per la strada, chissà.
Da parte mia, mi sedetti sul divano ed iniziai a giocare ad Assassin's Creed insultando di tanto in tanto Altair, il protagonista, per la sua idiozia.
- Ma allora sei proprio stupido! - Esclamai ad un tratto facendo sobbalzare Aki che mi si era acciambellato sulle gambe in cerca di coccole che, neanche a dirlo, non stavano arrivando. - Ti ho detto di girare a destra non a sinistra! Ma perché diavolo ora inizi ad arrampicarti sui muri?! Lo vedi che le guardie ti stanno inseguendo, o sei pure diventato cieco?! -
- ...Il migliore gamer in circolazione, eh? Forse, invece di insultare il povero Altair, che non è altro che un ammasso di pixel in movimento, dovresti prendertela con te stesso, Matty... - Commentò Mello ghignando malignamente appollaito sulla poltrona di pelle, guardandomi giocare nel mentre che sbocconcellava la sua cioccolata 100% extra fondente.
- Sta' zitto! Come se invece tu fossi capace a fare di meglio...! E non toccare il gatto quando hai quelle mani lerce, razza di animale! Gli sporchi la pelliccia! -
Il mio amico mi ignorò, per poi prendere Aki per la collottola e posizionarselo in grembo accarezzandogli finalmente il morbido manto nero.
- Sarah mi ha mandato un messaggio poco fa, chiedendomi se avessimo voglia di andare in discoteca questa sera; che le dico?
In tutta risposta feci spallucce, non afferrando neanche del tutto bene le sue parole e liquidando il tutto come chiacchiere inutili adibite solo a distrarmi dall'uccisione di quegli schifosi templari.
Quello fu il primo errore e, quella sera, ne avrei commessi in tutto quattro.
Quando poi, per decidere che avrebbe guidato al ritorno – e quindi, chi non avrebbe dovuto bere alcun tipo di alcolico -, la mia amica prese e mutilò le mie sigarette in modo da poter replicare il gioco del “chi prende il bastoncino più corto, perde” e toccò a me il “bastoncino” più piccolo, non mi opposi minimamente.
Secondo errore.
Arrivati al “Moon”, Sarah riuscì a farci ottenere un tavolo nella sala vip grazie all'influenza che la mafia americana aveva nel locale e, per un istante, mi sembrò che tutto stesse – per quanto possibile – andando per il meglio.
Mi sentivo un po' a disagio, la musica alta e le luci stroboscopiche creavano un'atmosfera opprimente, questo senza contare gli innumerevoli corpi che si strusciavano eccitati gli uni contro gli altri in una danza ipnotica.
Tutto sembrava distorto e confuso, come se si trattasse più di un'illusione che della realtà; quasi non badai a tutti gli alcolici che si erano scolati i miei amici.
Circa un'oretta e mezza dopo il nostro arrivo, Mello e Sarah decisero di inoltrarsi in quel carnevale di corpi mezzi svestiti, lasciandomi triste e solo alla nostra postazione.
Me ne restai incollato alla comoda poltroncina della sala vip per gran parte della serata, cercando di specchiarmi nel vetro del tavolo posto di fronte a me; sorseggiando di tanto in tanto il bicchiere di Coca Cola alla ciliegia che mi era stato offerto da un barista fin troppo amichevole, sentendomi terribilmente stanco e... beh, solo.
Volevo tornare a casa.
Improvvisamente con la coda dell'occhio scorsi Sarah, bicchiere di margarita in mano e sorriso seducente sulle labbra, che si intratteneva con un moretto, tenendolo tuttavia a debita distanza, probabilmente ricordando con l'ultima parte del suo cervello rimasta ancora vigile che aveva un ragazzo che la stava aspettando a casa.
Fu però la vista di  Mello con una ragazza dai corti capelli rossi con la quale si stava strusciando allegramente baciandole le labbra cremisi a farmi paralizzare con il bicchiere a mezz'aria.
Una piccola, minuscola, parte di me sapeva che quando beveva troppo tendeva a diventare... molesto, perdendo ogni inibizione, ma non le diedi retta quando cercò di ricordarmelo.
Mello la aveva afferrata per la nuca, avvicinandola a sé per poi congiungere nuovamente le loro bocche, passandole le mani sul corpo che a malapena poteva definirsi vestito.
Smettila.
Lo stomaco prese a dolermi a causa della rabbia e della tristezza che mi fecero serrare strettamente i pugni mentre tentavo di inghiottire il nodo che avvertivo in fondo alla gola.
Dio, ti prego, falli smettere.
Dentro di me pregai chiunque mi stesse ascoltando affinché potessi alzarmi da quel tavolo e fermarli senza dare tuttavia l'impressione di starlo facendo realmente.
Quando poi, il ragazzo che stava ballando con la mia amica, decise di allungare le mani afferrandole i fianchi per avvicinarla a sé e lei assunse la classica espressione a metà fra lo stupito ed il perplesso di chi si sta chiedendo come diavolo sia potuto finire in quella situazione; trovai la scusa perfetta.
Lasciai il mio bicchiere sul tavolino e mi diressi a passo di marcia da Mello, il quale era tutto intento ad abbracciare la rossa che sgranò gli occhi verdi vedendomi afferrare con aria parecchio incazzata il suo compagno.
- Dobbiamo andare a prendere Sarah! Credo sia troppo fuori per riuscire a scollarsi quella specie di polpo che le sta addosso! - Gli urlai cercando di sovrastare la musica assordante mentre tentavo di trattenermi dal tirargli un pugno.
Può fare quel che vuole, siete solo amici.
Solo amici.
Solo.
Amici.

Mello mi lanciò un'occhiata pensierosa strizzando gli occhi, come a cercare di decifrare le mie parole, prima di annuire lentamente sempre con quell'aria perplessa da idiota.
Io sospirai esasperato afferrandogli il polso caldo e trascinandolo dove sapevo si sarebbe trovata Sarah; questo non prima di aver lanciato un'occhiata di fuoco a quella sgualdrina dai capelli rossi.
Trovammo la nostra amica intenta ad allontanare la piovra umana che nel frattempo si era fatta più audace e stava cercando di baciarla nonostante lei tentasse palesemente di scrollarselo di dosso.
Mentre Mello sembrava voler risolvere pacificamente il tutto allontanando il moro da Sarah per fargli capire – nel caso le proteste di quest'ultima non fossero state abbastanza chiare – che lei non era disponibile; io fui lievemente più... diretto, diciamo.
Ecco, quello fu il terzo errore.
La cosa triste fu che non ebbi neanche la scusa del “ero ubriaco e non avevo il controllo delle mie azioni”.
Prima ancora che Mello potesse anche solo pensare di fare un passo verso quel tizio, io lo presi per una spalla, lo spinsi da parte e tirai un pugno con tutte le forze che avevo in corpo contro il naso del moro facendolo cadere a terra.
Ero stanco, ero furioso ed ero davvero stufo di bere Coca Cola solo per poter portare a casa sani e salvi quei due ingrati.
Il ragazzo si rialzò in piedi guardandomi a metà fra l'attonito e l'arrabbiato, per poi decidere di rispettare la simpatica logica del “non c'è colpo che non renda”* e placcarmi per poi prendermi a pugni, decidendo che la mia faccia sarebbe stata la sua nuova punch ball.
Pochi attimi dopo, Mello capì che forse sarebbe stata l'ora di attivarsi e venire in soccorso della nuova damigella in pericolo - ergo moi -; così placcò quindi a sua volta il mio assalitore – ovviamente non prima che questi mi avesse spaccato un labbro e tirato un pugno bello potente contro il mio povero zigomo –  per poi iniziare a colpirlo.
Quando però il nostro compagno di lotta riuscì a sgusciare in piedi da sotto il corpo non poi così pesante del mio coinquilino, decretai che comportarsi da persona intelligente fosse cosa troppo banale e mi schierai al fianco del mio amico per continuare quella battaglia.
Fu così che ci ritrovammo tutti e tre a rotolare per terra e, fu anche così, che venimmo buttati fuori dal locale da un energumeno indossante l'inquietante maglietta nera con la scritta “SECURITY”.
Pochi attimi dopo ci raggiunse Sarah, la quale, invece di essere preoccupata per i suoi due eroi, si mise sguaiatamente a ridere con la tipica risata di chi è completamente ubriaco, così  decidemmo, di comune accordo, che si fosse fatta finalmente l'ora di tornare a casa.
Il viaggio lo passai con al mio fianco un Mello dalla carnagione pericolosamente verdastra e con una Sarah che si addormentò pacificamente sui sedili posteriori.
Si svegliò solo una volta che fummo arrivati nel cortile di casa sua, per poi lanciare un'occhiata sognante alla villa in stile coloniale in cui viveva con Ivan e commentare:
- Che bel posto... mi piacerebbe entrarci... - Suscitando così una mia occhiata leggermente preoccupata.
Ivan accorse neanche dieci secondi dopo, prendendo Sarah fra le braccia per poi rientrare in casa, permettendo così a me e Mello di poter finalmente dirigerci al nostro appartamento.
Varcai la soglia con il braccio destro di Mello a cingermi le spalle, dal momento che il mio amico non sarebbe mai riuscito a camminare da solo; Aki ci accolse trotterellandoci incontro, per poi decidere, una volta notata l'aura nera che mi circondava, che fosse meglio tonarsene a dormire.
Gettai il mio dolce carico sul materasso ad acqua del nostro letto, lo guardai male e me ne andai a farmi una doccia.
Tornai in camera con un paio di calzoncini di flanella arancioni ed una maglietta verde; non appena mi sdraiai a letto, Mello mi si accoccolò addosso come un koala posandomi la testa bionda sulla clavicola, come faceva ogni vola che si sentiva male,  stuzzicando  la pelle del mio addome con il suo caldo respiro.
- Matt... - mi chiamò. - Mi viene da vomitare... -
- Ti sta bene, - sbuffai stizzito - magari la prossima volta eviterai di bere tutto quel gin tonic. -
Ci fu un attimo di silenzio prima che lo richiamassi io questa volta.
- Mello, perché non mi hai portato con te quando te ne sei andato dalla Wammy's House? - Per quanto potesse sembrare strano, infatti, non ne avevamo mai parlato.
- Io... volevo solo che tu fossi al sicuro. Tutto questo, la rivalità con Near, il caos dopo la morte di L, riguarda solo me. Tu non saresti dovuto finirci in mezzo. Speravo che non accadesse e ho fatto di tutto purché non succedesse.  Invece un giorno mi sono ritrovato a aspettarmi davanti al reparto dei dolciumi di un supermarket proprio te. -
Il suo petto si alzava ed abbassava più velocemente rispetto a prima, mostrandomi quando si sentisse a disagio per quella conversazione. Sapevo infatti che se fosse stato sobrio non lo avrebbe mai ammesso, probabilmente liquidando la mia domanda con un commento sarcastico.
- Matt. - Mi richiamò dopo qualche minuto di silenzio, quando ormai mi ero convinto che si fosse addormentato. - Perché hai colpito quel ragazzo? Non eri forse tu ad essere contro la violenza inutile? -
Per un po' non dissi nulla, ricordandomi infine che, in tutta probabilità, il giorno seguente non si sarebbe ricordato nulla dell'ultima nottata e scelsi di ricambiare la sua confessione dicendo a mia volta la verità.
- E' stata colpa tua. La prossima volta, magari, resta con Sarah invece di provarci con la prima che ti capita davanti. -
- Eri... geloso? - Domandò piano ed era una mia impressione o stava sorridendo? Fatto sta che sentii le mie guance pizzicare all'affluire di sangue, come una silenziosa risposta che però lui, grazie a Dio, non sarebbe mai stato in grado di vedere.
Improvvisamente avvertii delle lievi scosse muovere il letto e percepii il suo corpo vibrare a causa delle risatine trattenute.
- Non hai notato i suoi occhi... o i suoi capelli tanto per dirne una? Praticamente era la tua copia al femminile e persino un cieco se ne sarebbe accorto. E' da molto ormai che ho capito di non sentirmi attratto da nessuno che non sia tu o, almeno, qualcuno che ti assomigli anche solo vagamente. -
- Ma che stai dicendo...? - sussurrai io mentre mi sentivo totalmente perso e scioccato alla sua confessione. - Insomma, noi siamo solo amici... lo hai detto tu stesso più volte!
- No, Matty, ora lasciami parlare. Tu sei la persona più importante di tutta la mia vita, preferirei morire piuttosto che perderti e, credimi, questa è la cosa più sincera che sia mai uscita dalla mia bocca. Probabilmente domani mi dimenticherò di avertelo detto, probabilmente sarebbe stato meglio se non lo avessi mai fatto; ma, ti prego, per stanotte sbagliamo e comportiamoci come vorremo e non come dovremmo. Domani non cambierà niente ma, ti prego, amiamoci solo per stanotte. Probabilmente io comunque domani non sarò cosciente di quel che è accaduto. -
Si mise seduto e mi guardò, tentando di captare la mia risposta nonostante l'oscurità non gli permettesse di scorgere il mio volto.
Non percependo alcun segno di diniego da parte della mia figura sdraiata, si chinò facendo scorrere piano le labbra lungo il mio mento, probabilmente in cerca delle mie.
RagazzI? Nel senso di ragazzi maschi?
Avvertii la sua lingua leccare malandrina il mio labbro inferiore, come a voler chiedere il permesso.
Inutile dire che lo ottenne.
Continuammo a baciarci, mentre le sue dita sfioravano con leggerezza il mio petto e le mie mani erano affondate nei suoi morbidi capelli biondi.
Questo non era uno dei miei film mentali, era la realtà ed io non riuscivo a crederci.
Si sdraiò su di me, alzandomi la maglietta e tracciando il contorno delle mio costole fino a sfiorarmi l'ombelico, quasi a volersi imprimere le linee del mio corpo nella propria memoria a vita.
 ...purché quel ragazzo non sia io, okay? Non voglio che la nostra amicizia si incasini per una cosa del genere... Me lo prometti?
Le sue labbra percorsero il profilo del mio collo fino ad arrivare alle clavicole per lasciarvi un succhiotto ed io allacciai le gambe attorno ai suoi fianchi snelli avvicinandolo ancor di più a me.
Me lo prometti?
Gemetti piano quando le sue dita sfiorarono i miei capezzoli, facendoli inturgidire e gli alzai il mento per poter incontrare nuovamente la sua bocca.
… prometti?
Si scostò lentamente da me, un filo di saliva ancora e legarci ed abbassò la mano al bottone che teneva chiusi i miei pantaloni di flanella facendomi rabbrividire.
Improvvisamente sentii la gola diventarmi secca.
Non potevo farlo.
Afferrai il mio migliore amico per le spalle e, con un piccolo scatto di bacino, invertii le posizioni stingendo fra le mani i suoi polsi sottili,  specchiandomi per quanto possibile in un paio di occhi azzurri con le pupille talmente dilatate da far quasi scomparire l'iride.
- Scusa Mel, non posso farlo. Te l'ho promesso. E, in tutta sincerità, ci tengo troppo a te per rischiare tutto solo per un “probabilmente”. -
Gli mollai i polsi e mi alzai dal letto, andandomi a sdraiare sul divano in salotto, con Aki a farmi compagnia acciambellato sul petto che ancora sentivo formicolare per quelle dita invisibili.
Quello fu il quarto errore.



*avete colto la citazione di L?;)

  
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