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Autore: YouCould    27/10/2014    5 recensioni
Dal testo: . Da quando Sherlock ha scoperto l'esistenza di Supernatural - una serie TV altamente improbabile che comprende demoni, mostri vari e, da quel che ha capito John, un angelo in trenchcoat - non c'è verso di farlo ragionare nei 40 minuti successivi alle 6:30[…]. Ma John potrebbe anche passarci sopra.[…] Potrebbe farsi andare giù di tutto, ma non il fatto che tutti i barattoli di marmellata siano stati spostati per far spazio al sale.
[…]
"Mi spieghi che cavolo ci siamo venuti a fare in Inghilterra? Tutti con questo accento perfettino, mi sembra di parlare continuamente con Crowley!"
[…]
"Perché Jason, quel cacciatore amico di papà ci ha chiesto di venire a dargli una mano perché l'attività demoniaca è improvvisamente incrementata, e sta cercando di capire il perché."
"E perché noi? Non ci sono cacciatori in Inghilterra?!"
"No, Dean. Fino a una settimana fa i demoni praticamente non esistevano in quel paese. Ci saranno tre cacciatori in tutto lo stato."
Ovvero: Sherlock shippa Destiel, una nuova cacciatrice decide di fare la consulente di coppia e Moriarty ha ampiamente barato.
[Destiel] [Johnlock] [Accenni Sabriel, forse] [In pratica, slash per tutti]
Genere: Azione, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Settima stagione
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Storia ambientata dopo la 3x03 di Sherlock e in un contesto vago di Supernatural, più o meno durante l’ottava stagione, dopo il Purgatorio, ma con qualche piccola modifica a entrambe le serie: a) Mary non è incinta e b) Castiel è uscito dal Purgatorio con Dean, quindi cancellate Naomi dalle vostre piccole menti (?)
 
"John, passami il telecomando"
Chiede (o ordina?) Sherlock dall'altro lato della stanza,  dov'è appollaiato sulla sua poltrona come un uccello troppo cresciuto. John lancia uno sguardo all'orologio: sono le 6:29. L'ora X sta per scoccare.
"E' a due metri da te, Sherlock." gli fa notare,indicando il dispositivo che è sul tavolino davanti alla poltrona.
"Non ci arrivo" John sbuffa di nuovo, ma questa volta si alza e gli passa il telecomando.
"Guardi ancora quella serie TV?"
"Si, John, non c'è bisogno di rimarcare l'ovvio."
Il  medico alza le mani in segno di resa.
"Senti, faccio un tè, ti va?"
Sherlock fa un cenno con il capo che John prende per un si, quindi si dirige verso la cucina. Mette l'acqua sul fuoco e comincia a setacciare  i cassetti alla ricerca di qualche bustina di tè. Quando apre la dispensa, riesce a malapena a reprimere un gridolino di frustrazione.
"Sherlock-" ringhia "lo sai che i demoni non esistono davvero, si?"
"Non essere ridicolo, John."
John sospira, leggermente rincuorato. Da quando Sherlock ha scoperto l'esistenza di Supernatural - una serie TV altamente improbabile che comprende demoni, mostri vari e, da quel che ha capito John, un angelo in trenchcoat - non c'è verso di farlo ragionare nei 40 minuti successivi alle 6:30, la sua mente logica, fredda e razionale viene completamente accantonata per quei terribili tre quarti d'ora. Ma John potrebbe anche passarci sopra. Insomma, ha sopportato le stramberie di Sherlock per anni, quando vivevano insieme, potrebbe farsi anche andare giù il fatto che per circa 40 minuti al giorno Sherlock diventi un adolescente isterica che grida al televisore. Potrebbe farsi andare giù di tutto, ma non il fatto che tutti i barattoli di marmellata siano stati spostati per far spazio al sale.
"E' semplicemente stupido e di strette vedute escludere l'esistenza di qualcosa così effimero e difficile da trovare come un demone."
John sente il sangue andargli al cervello. Ma che diavolo? 
"Sherlock, i demoni non esistono. E neppure i mostri, okay? Niente di... di tutto questo-" sbotta, gesticolando verso il televisore "è reale, ok?"
"A dire la verità..."
"Ok, lasciamo perdere, Sherlock." 
Sbuffa, stufo marcio. Finisce di preparare il tè, e ritorna alla sua postazione al computer, dove sta cercando di scrivere dell'ultimo caso su cui hanno lavorato prima di tornare a casa da Mary. Moriarty non si è più fatto sentire da quando è apparso su tutti i televisori del paese, e la vita sembra aver ripreso un inquietante (quasi) normalità. Sta buttando giù gli ultimi dettagli quando intravede Sherlock agitarsi sulla poltrona. John lancia uno sguardo al televisore.
"Gli arcangeli sono potentissimi, Dean. Sono l'arma più potente del Paradiso." 
Sta dicendo il tizio con il trench. Ma dai. Davvero a Sherlock piace quella roba?
"Quindi, tu mi stai dicendo che ogni profeta è legato ad un arcangelo. E quindi, se un profeta e un demone si trovassero nella stessa stanza..."
Risponde il tizio con la giacca di pelle, si, insomma, il fratello basso di quello alto.
"Apparirebbe un arcangelo ad aiutarlo, si. Solo perchè tu sappia... perchè non posso aiutarti."
"Grazie, Castiel."
"Buona fortuna."
"E bacialo!"
A John per poco non prende un infarto, e si strozza con il tè. Sherlock sta seriamente chiedendo a due personaggi immaginari di baciarsi? 
"Dimmi che mi stai prendendo in giro."
Sherlock si volta verso di lui, incredibilmente serio.
"Non c'è da scherzare, John. I loro costanti e prolungati scambi di sguardi, nonché le pupille dilatate e la costante preoccupazione reciproca sono chiaramente indice della relazione che intercorre tra Dean e Castiel. Non vedo perché ci sia questo bisogno di nascondere l'ovvio. Questa continua fuga dei personaggi dai loro reali sentimenti, dovuta al fatto che uno è teoricamente un pezzo di ghiaccio e l'altro continua ad aggrapparsi alla sua ormai compromessa eterosessualità è semplicemente illogica."
Si stanno fissando, e adesso John riesce a percepire un lampo di paura negli occhi di Sherlock. Perché se è vero che gli sguardi sono l'indice dell'amore tra due persone, e che non si riescono a esternare i sentimenti per colpa di una "teorica freddezza" e di un "ormai compromessa eterosessualità", beh, loro due ne sono lo schema perfetto. Continuano a fissarsi, probabilmente riflettendo su quelle ultime parole. E il tempo svanisce, si allunga e rallenta fino a che i loro sguardi sono intrecciati. 
John deglutisce.
 
"Io... devo andare a casa, Sherlock. Goditi...-" ha un attimo di esitazione "goditi la fine dell'episodio."
***
"Mi spieghi che cavolo ci siamo venuti a fare in Inghilterra? Tutti con questo accento perfettino, mi sembra di parlare continuamente con Crowley!"
Sam sbuffa. E' qualcosa tipo la ventesima volta che Dean gli fa quella domanda, e sta davvero cominciando a stufarsi.
"Siamo qui perchè Jason, quel cacciatore amico di papà, ci ha chiesto di venire a dargli una mano perché l'attività demoniaca è improvvisamente incrementata, e sta cercando di capire il motivo."
"E perché  noi? Non ci sono cacciatori in Inghilterra?!"
"No, Dean. Fino a una settimana fa i demoni praticamente non esistevano in quel paese. Ci saranno tre cacciatori in tutto lo stato."
(A tal proposito, Jason aveva anche accennato a un certo medico che si occupava di difendere il mondo e soprattutto quel paese, ma né Dean né Sam ci avevano capito un granchè.)
Dean sbuffa di nuovo. Già il fatto di dover prendere un aereo lo ha fatto impazzire, e in effetti le nove ore di volo per lui sono state terribili. Ma poi ha anche dovuto affittare una stupidissima macchina a noleggio, con il volante al posto sbagliato e di un color grigio metallizzato che gli fa venire voglia di infilzarsi con il pugnale anti demoni. E’ circa un ora che guidano cercando di trovare la strada dall’aeroporto di Gatwick verso il centro di Londra, e hanno già rischiato tre incidenti. Stupida guida invertita.
Ah, e inoltre pare che Castiel non sia interessato a raggiungerli, perché, insomma, il grande angelo del signore non può scomodare le sue angeliche chiappe per qualcosa come aiutare due amici per qualcosa di meno importante della fine del mondo, e la cosa a Dean dà segretamente fastidio perché cazzo, legame profondo e blablablablah ma a quanto pare non è così profondo se non si può nemmeno passare a fare un saluto.
E Dean è così perso nei suoi pensieri su quanto sia stupido il suo angelo personale che quasi non riesce a sentire il familiare battito d’ali sui sedili posteriori. Quasi.
“Ciao, Dean.”
Vede Sam sobbalzare, e il cacciatore vorrebbe davvero tanto mantenersi un po’ piccato, ma non riesce a trattenere un sorriso inquadrando Castiel nello specchietto superiore.
“Cass. Sei venuto, alla fine.”
Vede l’angelo sorridere nello specchietto.
“Scusate se non vi ho raggiunto prima, ma ho pensato che  apparire su un aereo in volo sarebbe potuto essere… disorientante, per gli altri passeggeri.”
E questa volta Dean sorride davvero.
“Beh, addirittura questi pensieri. Davvero da A+, amico¹.”
E Castiel sta per replicare, ma Sam si schiarisce la voce. Ha assunto la sua espressione da “Questi due stanno per iniziare una delle loro conversazioni a senso unico”
“Comunque è bello averti qui, Cass.”
***
 
C’è voluta quasi un'altra ora per riuscire a districarsi all’interno di Londra e raggiungere l’indirizzo che Jason, il vecchio amico di loro padre, gli aveva dato. La casa che devono raggiungere si trova al numero 198 di Baker Street: la via è centrale e piuttosto affollata, ma la porta dell’appartamento in cui devono entrare sembra piuttosto malandata: è coperta di graffi e la pittura è scrostata. Dean spinge la porta, che si spalanca cigolando.
“Rassicurante...” Borbotta  Dean, stringendo la mano intorno all’impugnatura del pugnale, e un sibilo e uno scintillio gli assicurano che anche Castiel ha estratto la lama angelica. Si sfila una torcia dalla tasca.
La porta dà su un anticamera, che termina in una scala, a destra della scale c’è un corridoio. La stanza è spoglia, e parecchi tocchi di intonaco si stanno staccando dal soffitto. Dean si schiarisce la gola.
“Certo che Jason vive in un bel posto.”
Sam lo fulmina col suo solito sguardo da “ma-sei-serio?”
“Okay, dividiamoci. Sammy, vai di sopra. Io e Cass controlliamo quaggiù.”
Sam annuisce, e sale le scale.
Dean e Cass, invece, imboccano il corridoio: sulla destra c’è una stanza, le cui pareti sono grigie e scrostate. Sulla parete sinistra c’è un’altra porta, e l’ambiente probabilmente era adibito a cucina: il forno è sfondato, e il frigorifero aperto e riverso su un lato. Dean ringrazia Dio –o meglio, no, ringrazia qualcuno a caso visto che sembra che Dio abbia gentilmente deciso di levare le tende- che il suddetto frigo non sia pieno di cibo ammuffito. Ha fatto finta di niente, ma non si è ancora ripreso del tutto dalla nausea post volo, e non osa pensare come starebbe se ci fosse quell’orribile puzza di…- ok, basta gli viene da vomitare solo all’idea.
“Sono felice che tu sia venuto, Cass.”
Borbotta, senza motivo, solo per togliersi il pensiero dalla testa.
Castiel non risponde, ma quando Dean si volta lo trova intento a fissarlo, con quegli occhi blu che ha solo lui e che fanno sembrare il colore del cielo improvvisamente smunto e che sembrano leggerti dentro, e che verrebbe da chiedersi perché diavolo Dean Winchester sta facendo un trattato sugli occhi di Castiel.
“Voglio dire, sei stato via parecchio, Cass. Cominciavo a pensare che ti fossi stancato di noi.”
Castiel inclinò leggermente la testa da un lato, con quella sua espressione innocente che poco si sposava con l’aria da maniaco in trenchcoat. (Anche se, Dean non l’avrebbe mai ammesso, ma amava il trench di Cass.)
“Non potrei mai, Dean. Non potrei mai… stancarmi di te.”
E qui per poco Dean non si strozza col suo stesso respiro, o con la saliva o che vuoi che sia, perché l’ultima persona che gli ha detto una frase del genere, e guardandolo in quel modo, beh, ci ha fatto sesso.
“Le cose in Paradiso sembrano… ragionevolmente in ordine” continua Castiel, come se niente fosse “Gli angeli stanno organizzando una specie di… commissione per prendere decisioni. Insomma, avevano bisogno di riorganizzarsi, ora che non c’è più Dio o…” e qui Cass ha un piccolo singulto “Raffaele a tenere il comando. Ho dato una mano… sembra che stia funzionando, però, quindi potrei… scendere sulla terra più spesso, forse.”
Dean annuisce, e non ha idea di cosa dire.
“Beh, sono felice di averti tra noi, Cass. Davvero.”
E gli da una pacca sulla spalla, pura e semplice. Per un attimo pensa a come l’ha abbracciato in Purgatorio, e come gli verrebbe voglia di farlo anche adesso, ma si trattiene. Invece si schiarisce la voce.
“Okay, senti, cerchiamo tracce di presenza di demoni, okay? Zolfo, qualunque cosa.”
Castiel annuisce, e i due si mettono a cercare. Il silenzio si sta facendo imbarazzante, tanto che a Dean viene voglia di canticchiare una canzone dei Metallica o qualsiasi altra cosa pur di spezzarlo.
“Vorrei che Gabriel fosse ancora vivo.”
Interviene Castiel all’improvviso. Dean gli getta uno sguardo: è inginocchiato a terra, cercando indizi, ma riesce a scorgere il suo volto – sembra come… preoccupato.
“Forse ti riuscirà incredibile crederlo, ma credo che sarebbe un buon leader per gli angeli. Sicuramente migliore di quanto sarei… sono stato io.”
Dean scuote la testa.
“Non mi è sembrato esattamente un tipo di persona responsabile, sai?”
Castiel sbuffa.
“Ci ho parlato una volta, prima che morisse. Era solo stanco di… di vedere la sua famiglia uccidersi a vicenda. Ed era… - e qui Dean giurerebbe di vederlo sorridere nell’oscurità  - affascinato dagli esseri umani. Ormai aveva passato così tanto tempo sulla terra, che cominciava ad amare gli umani.”
Dean non sa esattamente cosa rispondere – a parte il fatto che l’ultima parte sembra assomigliare un po’ alla storia di Castiel (perché Dean non ci ha mai pensato, ma in effetti Cass sembra avere un certo amore per l’umanità) – ma per fortuna (o forse no) la fatica gli viene risparmiata da un suono dall’altro lato della porta sulla parete sinistra.
Dean si porta un dito alle labbra, e fa un cenno verso Castiel.
Apre di colpo la porta della stanza, con il coltello in mano. Ma la camera è vuota, ad eccezion fatta per un tavolino e due sedie buttate a terra. 
Avverte Castiel muoversi dietro di lui, e poi lo sente gemere di dolore. Sta per voltarsi, quando un dolore lancinante lo trafigge alla spalla: qualcuno gli sta torcendo il braccio dietro la schiena, qualcuno più basso di lui di una buona testa, o forse una testa e mezza, ed è ridicolo mettersi a discutere di quante teste sia più bassa di te la persona che ti sta puntando un coltello alla gola. Perché è esattamente ciò che ha fatto l’assalitore, e adesso lo sta facendo voltare in modo da fare barriera tra lui e Cass ci sia Dean. Il cacciatore riesce a cogliere un ciuffo di capelli neri nell’aria mentre si gira.
“Adesso - intima l’assalitore con voce femminile e parecchio autoritaria – spiegatemi immediatamente chi siete e cosa fate qui, o gli trapasso la gola.”
***
 
Sherlock sente John prima di vederlo. Sente i suoi passi lungo le scale, con quella camminata pesante che ormai è abituato ad associare alla preoccupazione. Aggrotta leggermente le sopracciglia. L’episodio di Supernatural è finito da più di un ora, il che vuol dire che è passata circa un ora e venti da quando John se n’è andato. Se avesse dimenticato qualcosa lungo la strada avrebbe fatto prima, e probabilmente avrebbe mandato un messaggio. Inoltra, la camminata non si spiegava.
Sherlock attende che John compaia sull’ingresso del salotto, nell’attesa di altri dettagli per decifrare cosa sia successo.
Ma quando John si affaccia sull’uscio, per una delle prime volte nella sua vita, Sherlock rimane senza parole.
Il volto di John è arrossato, gli occhi gonfi di pianto. Sembra avere il fiatone, ha i pugni chiusi. La sua espressione è stravolta.
Sherlock non si rende conto di essersi mosso, ma all’improvviso è davanti a John, che lo ha preso per le spalle, aggrappandosi a lui come se fosse la sua unica ancora di salvezza.
“John! John, cosa… cosa è…”
“Io… io non, non sapevo cosa fare… Sherlock, non…”
“John! Parlami, John! Cosa è successo?”
Il medico singhiozza. Gli sta quasi facendo male, stringendogli le spalle, ma non ha importanza. Perché nella mente di Sherlock sta facendo capolino una teoria. Una teoria raccapricciante.
“E’… è Mary, Sherlock. E’… è morta.”
 
***
 
Dean desidererebbe davvero tanto di poter dire che non si è fatto prendere dal panico, ma c’è poco da essere ragionevoli quando una ragazza –parecchio più bassa di te, per giunta – ha appena ferito il tuo migliore amico e ti ha messo fuori gioco in poco più di due secondi.
“Winchester!”
Grida. Sente la presa della ragazza alleggerirsi, e il coltello scivolare via dalla sua gola. Lo lascia andare, e Dean si volta verso di lei. E’ snella, con i capelli neri, labbra chiare e sottili e degli occhi inquietanti –grigi come nuvole temporalesche. Ha sul volto un espressione risoluta, e stringe un pugnale di fattura medievale. Deve essere giovane, forse sui ventidue anni.
“Winchester, hai detto? Dean e Sam Winchester?”
Dean annuisce.
“Io sono Dean. Mio fratello Sam è di sopra, e lui è…” si fermò un secondo, domandandosi se definire Castiel un angelo del Signore “Castiel.” Concluse.
La ragazza annuisce.
“Ho sentito parlare di voi. In realtà, credo che tutti i cacciatori conoscano i Winchester.”
 
***
Erano seduti per terra. Sam li aveva raggiunti al piano di sotto, e avevano formato un cerchio, cercando di chiarirsi,  perché sul serio, nessuno ci stava capendo niente.
“Allora – comincia la ragazza – cosa ci fanno qui i famosi Winchester?”
“No, aspetta – la interrompe Dean agitando una mano – noi ti abbiamo detto chi siamo. E’ il tuo turno.”
La ragazza annuisce, inarcando leggermente le sopracciglia.
“Mi chiamo Kailey. Kailey Bladel. Sono una cacciatrice.”
“Grazie, capitan Ovvio, fin qui ci eravamo arrivati. Per la cronaca, non sei un po’ giovane?”
Domanda Sam. Poi pensa che lui aveva ripreso a cacciare più o meno quando aveva la sua età. Era deprimente.
“Ho cominciato ad addestrarmi quando avevo circa cinque anni, il che vuol dire che ne ho 17 alle spalle. La mia famiglia è stata uccisa… da un branco di lupi mannari, quando ero piccola. Mi salvai solo io.”
Lo dice con voce ferma, mantenendo lo sguardo davanti a sé. Era una storia classica dei cacciatori: la famiglia ci si era ritrovata di mezzo, e da allora erano coinvolti. Era anche la storia di Sam e Dean, a pensarci.
“C’era questo cacciatore che… mi aiutò. E mi insegnò cosa fare, poi, avevo circa… sedici anni, cominciai a cacciare da sola. Anche se ogni tanto ci aiutavamo ancora a vicenda. Si chiamava Jason.”
“Aspetta – sbotta Dean – Jason? Jason Grace?²”
Kailey annuisce, e per la prima volta il suo sguardo vacilla.
“Cosa gli è successo?”
Domanda Sam. La domanda è del tutto lecita, pensa Dean: il tizio gli faceva cambiare continente per farsi aiutare, gli lasciava l’indirizzo di una casa vuota dove c’era una cacciatrice assassina, e spariva. Le probabilità che fosse andato in vacanza di piacere erano davvero poche.
“Non… non lo sapete?” domanda Kailey, e Dean è quasi certo di vedere i suoi occhi riempirsi di lacrime. “E’ morto.”
 
¹: se non sbaglio in America le valutazioni sono in lettere. Un A+ è praticamente il nostro modo di dire “Dieci più”.
²: fan di Percy Jackson, non vi allarmate! E’ solo che se c’è una cosa che trovo divertentissima dei crossover è poter infilare a caso nomi di personaggi di altre saghe/serie TV. Quindi, potreste trovare anche un Tobias Eaton, o un Sirius Black, o un Gale Hawthorne tirato a caso come comparsa. Non uscite di testa, è tutta colpa della mia follia.
 
Angolo della psicopatica autrice
Cos’è questo schifo? Oddio, non ne ho idea. So solo che l’ispirazione mi ha colto mentre andavo a cavallo e da allora non sono più stata in grado di controllarla. Allora, ci sono tante cose da dire, ergo cominciamo: tanto per iniziare, l’episodio di Supernatural che guarda Sherlock è Il mostro alla fine del libro che contiene uno dei miei momenti Destiel preferiti, stranamente sottovalutato, secondo me. Poi, lo so che Sherlock fan girl è una cosa assolutamente ridicola e surreale e tutto quello che volete, ma una volta che l’idea mi si è incollata in testa non sono più riuscita a togliermela. C’est la vie.
Ovviamente, questo è un capitolo introduttivo. Ci sono taaante cose da spiegare (“come cavolo è possibile che esista una serie TV su Supernatural?” “perché i Winchester e Sherlock non si sono ancora incontrati?” “Cosa Crowley è successo a Mary?” “Chi ha dato un account a quella psicotica dell’autrice?” ma soprattutto, perché pagare il bollo…?)
Tranquilli, tutti si spiegherà andando avanti nei capitoli, of course.
Chiariamo anche che a) è il mio primo crossover b) è la mia prima fan fiction su questi fandom e c) è la mia prima fan fiction su una serie TV.
Poi, l’IC. Io ho il terrore dell’IC. Perché magari mentre scrivo mi vengono delle idee che sembrano pure buone, e poi a rileggerle a volte ho l’impressione che siano solo un’accozzaglia di pensieri incompiuti e ripetitivi. Quindi fatemi davvero sapere cosa pensate attraverso una recensione, perché ho davvero tanto bisogno di consigli.
Kailey. Trattamela bene, perché è un personaggio a cui tengo molto: la inserisco sin dall’infanzia in ogni mia storia, con nomi e aspetti diversi, ma è sempre lei. Quindi, se fa tanto schifo, vuol dire che la mia infanzia da sogno è basata su congetture. YAAAY.
Spero di poter aggiornare ogni lunedì, ma non posso promettere niente perché faccio tanto, tanto schifo.
Ah, il discorso su Gabriel non era insensato. Tenetelo d’occhio.
Oh, vi lascio con la PV di Kailey:

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