Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Ricorda la storia  |      
Autore: Amie Jay Fox    28/10/2014    1 recensioni
Solo Lui.
Solo lui era abbastanza da tappare tutti i buchi voluminosi formatosi nel tempo sulla fragile corazza del mio cuore.
Calum Hood, un egoista ragazzo dannatamente importante per me.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum Hood, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
COPERTINA:

Hope rideva. Lei non nascondeva il suo viso nel cappuccio nero della felpa per ripararsi dalle fiamme ardenti della cattiveria. Lei non veniva guardata come se fosse una creatura riuscita male nel Mondo. Lei si impegnava ad essere il più disponibile con la gente, non smetteva mai di parlare perché le piaceva il suono della sua voce accompagnato a quello delle sue ‘amiche’. Lei era felice e rideva melodiosa.. ma di sicuro questa era solo la vecchia Lei.
Hope, in realtà, aveva paura che gli sguardi le perforassero il corpo, ma non poteva farci nulla. Mangiava poco perché i pensieri e gli incubi le oscuravano la mente chiudendole lo stomaco. Stava zitta anche se era consapevole che l’anima le bruciasse dentro con violenza tutto. Nascondeva una smorfia di tristezza sotto quell’inutile sorriso che le serviva così poco per vivere le giornate. Non aveva il coraggio di affrontare chiunque. Era una debole e fin da adesso se n’era sempre resa conto .. questa era Hope e Hope sono io.
 
Vagavo per i corridoi della scuola colma di ragazzi in cerca del mio armadietto. L’ultimo della fila 101. I libri stretti alla braccia tremanti, lo sguardo basso e come al solito il cappuccio della felpa tirato all’insù. Non era una bella cosa essere fissata dalla maggior parte dei ragazzi ed essere derisa da stupide battutine poco spiritose. Mi limitavo solo ad ignorare, ignorare e per finire ignorare, dato che era l’unica cosa buona che riuscivo a fare in questi ultimi anni di liceo, a fissare l’orologio non perché la lezione non era di mio gradimento ma perché ero soltanto circondata da un mucchio di persone che non facevano altro che sperare che qualcuno ti mettesse in ridicolo, che facesse sapere a tutti della sfigata che eri e del fatto che probabilmente nessuno ti avrebbe aiutata. Un inutile essere di troppo venivi definita e non rientravi nel numero di persone che erano destinate a vivere una vita tranquilla.
Qualcuno mi picchiettò l’indice sulla spalla e quasi ebbi il timore di girarmi, ma ripensandoci nessuno sarebbe stato così tanto delicato. Di solito mi chiamavano con orribili nomignoli per attirare la mia attenzione oppure mi spingevano con prepotenza.
“Hope!” Un gridolino abbastanza entusiasta mi risuonò all’orecchio destro. Una chioma di capelli ricci e biondi e due iridi verde mela. Era lei.. l’unica persona che in quell’inferno non si divertiva a prendersi gioco di me.
“Noah!” Giusto.. Noah Pellington, fedele amica da poco maggiorenne e di sicuro non ancora patentata. Ci conoscevamo dall’inizio del liceo ed nel più e nel meno eravamo andate subito d’accordo, ai suoi amici non piacevo.. loro erano così diversi da me, eppure Noah si adattava sia alla sottoscritta che agli amici ‘di lusso’ che si ritrovava. Mi aveva riferito che pensavano fossi troppo noiosa, morta dentro e.. strana. Beh, forse morta dentro adesso lo ero sul vero senso della parola. Lei era sempre gentile con me anche se a volte esagerava con qualche parola di troppo però, ammettendo sempre il fatto che non aveva mai tentato di ridicolizzarmi per mettersi in mostra. Era una buona amica, penso. Però non era abbastanza per me, abbastanza da tappare tutti i buchi voluminosi formatosi nel tempo sulla fragile corazza del mio cuore. Era molto impegnata con un altro tipo di gente e quindi si ostinava a parlarmi quando ne aveva voglia o quando forse avevo necessariamente bisogno di qualcuno e mi vedeva giu. Sì, forse perché spesso tenevo tutto il male dentro per me. Non amavo far sapere tutta la storia ma mi limitavo a raccontarne una parte, perché tenersi per sé tutto era un ottimo modo per non mettersi al centro dell’attenzione e io non volevo mettermi al centro dell’attenzione, per nessunissimo motivo al mondo.
“Come ti va oggi?” Mi chiese rubandomi due libri per aiutarmi a posarli dentro l’armadietto.
“Una meraviglia.. sono ancora sicura che mio padre tradisca mia madre con un’altra donna, ma dopotutto non è l’unico. Non si guardano neanche in faccia e se si parlano litigano, penso che anche mia madre sia stufa. Storia di tutti i giorni.. non c’è niente di felice in quella casa, non esiste una famiglia da un po’”
“Non dire così.. magari fra qualche giorno si risistemerà tutto” Alzò un sopracciglio quest’ultima fingendo uno dei suoi soliti sorrisi sforzati che faceva con me. Già, era la sua unica risposta inverbale dato che a parte le cose poco decenti che mi accadevano non parlavamo di altro. Non era colpa mia se la mia vita faceva perennemente schifo.
“Stronzate!” Chiusi l’armadietto con poca delicatezza e fissai seria Noah, ma dopo essermi accorta che forse stavo esagerando un po’ troppo le mostrai un lieve sorriso, che questa ricambiò.
“Che hai la prima ora?” Mi chiese.
“Matematica”
“Oh, grandioso..” Disse ironica. Sapevo benissimo che lei non era un genio, soprattutto se si parlava di matematica. A me piaceva, invece. Riuscivo a distrarmi dal mondo per un attimo e quando azzeccavo il risultato mi sentivo soddisfatta più del dovuto.
“Uhm.. allora ci vediamo” Mi allontanai di qualche metro dalla bionda ma questa mi afferrò per il polso fermandomi.
“Dimenticavo.. mia madre non ha la macchina quindi sono costretta a salire a piedi con te verso casa. Una passeggiata tra sfigate, intesi?”
“Intesi” Sorrisi. Già, una passeggiata tra una sfigata e una finta-sfigata travestita. Che bello!
Infine agitai la mano salutando quest’ultima e  che la campanella era suonata già da qualche minuto, facendo sì che il corridoio fosse già deserto. Mi voltai un attimo e  Camminai a passi svelti verso la mia aula quando mi scontrai con qualcosa di duro, forse troppo morbido per essere il muro.
“Oh, ma guarda chi c’è..” Alzai lo sguardo incontrando due pozze nere, una folta chioma altrettanto nera e il profilo slanciato e muscoloso dell’interessato.
“Calum Hood..” Mormorai stringendo i denti.
“Sei così sfigata che non sai neanche dove mettere i piedi” Fece un ghigno squadrandomi con quelle due gemme macchiate di oscurità. Mi alzai con qualche difficoltà e abbassai lo sguardo. Mi faceva paura e ammetterlo era davvero uno strazio, non riuscivo a sostenere i suoi occhi.. troppo pesanti.
“Che c’è? Sono così brutto da non poter essere degnato di uno sguardo?” Mi prese il mento con forza in modo da far incatenare i nostri sguardi. Sorrise. Come poteva nascondere, un viso così bello e angelico, tanta ostilità e cattiveria. La pelle ambrata e perfetta che gli foderava il corpo scolpito e sempre quel ghigno prepotente stampato sul viso. 19 anni, bocciato due volte consecutive e sospeso per aver quasi picchiato una professoressa. Conoscevo Hood da moltissimi anni ma col passare del tempo era cambiato, diventato una persona diversa, irriconoscibile. Dal bambino di terza elementare che faceva ridere mezza classe con le sue ridicole marachelle e il suo sorriso sgargiante, al ragazzo cupo che preferiva fumarsi una sigaretta in pace anche se non glielo era permesso. Dal ‘ti voglio bene’ al ‘sei patetica’. Dagli abbracci ai pugni e calci. Dalle farfalle allo stomaco al sangue ferroso che bagnava le mattonelle fredde del bagno dei ragazzi.
Calum era diventato questo e lo odiavo.. lo odiavo talmente tanto che avrei voluto che tutto sarebbe stato diverso in passato. Che non ci fossero stati quei ricordi, che non fosse stato gentile con me, che non mi avesse teso la mano quando le mie compagne mi prendevano in giro e mi facevano piangere, almeno non avrei sofferto così tanto. Non avrei desiderato che CalumHoodritornasse quello di una volta talmente ero legata a lui, ed era solo grazie al suo aiuto se alle elementari e alle medie mi ero fatta degli amici. Lui mi piaceva e tanto e se non fosse stato per adesso avrei continuato a ringraziarlo, ma non potevo, perché lui adesso era un’altra persona. Lui aveva dimenticato tutto e ci era riuscito, io no.
“Lasciami.. ti prego” Mi ribellai dalla sua presa ferrea e quando ci riuscii cercai di allontanarmi, ma questo mi riprese afferrandomi con violenza il braccio. “Oh, questa è la settima volta che mi preghi o sbaglio? Adoro quando lo fai.. almeno mi dai la prova che hai capito che tu contro di me non puoi nulla, cara Hope”
“Ti ho detto di lasciarmi andare” Cercai di divincolarmi ma non feci altro che peggiorare la situazione. “Mi fai male!”
“E’ proprio questo il punto…” Disse il ragazzo, si avvicinò svelto al mio orecchio destro e sussurrò: “Io voglio farti male” Mi lamentai.
“C’è qualcosa che non va, laggiù?” Un collaboratore scolastico sulla cinquantina fece capolino guardando male sia me che il moro. Si avvicinò per squadrare meglio la situazione
“No, va tutto bene, vero?” Mi chiese Hood sorridendomi falso.
“Si..” Ribadii per poi essere lasciata libera dal ragazzo. Mi allontanai, in cerca della mia meta e quando mi voltai vidi solo il suo ghigno e le sue labbra che mimavano ‘non è finita qui’.
 
Stavolta la lezione era più noiosa del solito. Non facevo altro che pensare a quello che era successo in precedenza con Calum. Perché era così violento con me? Perché? Era ormai passato quasi un anno da quando ero vittima delle sue azioni meschine e chi più ne ha più ne metta. Ero stufa.. stufa di essere presa per la debole che si trovava sempre nei guai, che non faceva altro che cercare il pericolo. Ma dopotutto io ero così e non potevo farci nulla.
“Allora.. com’è stata l’ora di matematica?” Mi chiese Noah mentre eravamo appena uscite dal cancello aperto della scuola, attualmente pieno di ragazzi che si sfaccendavano per uscire.
“Interessante” Mentii.
Quando finalmente eravamo fuori da quel soffocante buco, feci un enorme sospiro di sollievo: “Santo Cristo sia lodato!” Mormorai agitando le braccia, Noah rise sotto e baffi e dopo avermi presa per mano iniziammo con la nostra monotona ‘passeggiata da sfigate’.
“Si è fatto risentire?” Mi domandò improvvisamente la bionda.
Alzai un sopracciglio interrogativa. “Chi?”
“Hood” Esclamò. “Ti sta dando ancora fastidio?”
“No..” Risposi secca e.. oh, certo che mi stava ancora dando la caccia come se fossi la sua preda preferita. Lei non sapeva che noi ci conoscevamo da più del solito, non sapeva neanche che era capitato che lui mi avesse picchiata per divertimento, forse per moda, non sapeva che in fondo tenevo ancora al ‘vecchio’ lui e dalle elementari ne ero infatuata, lei non sapeva niente e quello di cui era a conoscenza non aveva alcuna importanza.
“Oh, bene..” Si bloccò qualche secondo per poi prendere un altro respiro e preparare una frase: “Sto uscendo con un ragazzo!” Non avevo proprio voglia di parlare relazioni o cose simili.. non era da me. Nulla era da me e forse Noah avrebbe fatto meglio a farsi dare un passaggio da qualche sua amica invece di perdere tempo con una ‘morta’ che preferiva il silenzio a tutto.
Feci finta di essere interessata, solo per non darle il dispiacere di non essere ascoltata: “Ah e come si chiama?”
“Daniel, ha due anni in più di me e-“ La voce della bionda fu immediatamente interrotta quando entrambe sentimmo dei fischi a pochi metri da noi. Mi voltai.
“Merda..” Sussurrai stringendo i pugni. Eccoli lì. Hood e il suo gruppetto di amici leccaculo. Già, per la maggior parte del tempo, il moro non era solo ma doveva essere per forza accompagnato da due stronzetti che non la finivano di stagli attaccati con la cocca. Deprimente!
“Velocizziamo il passo?” Chiesi.
“Perché? Hai detto che tu e Hood avete segnato una tregua”
“Noah.. per favore” Mormorai pregando la ragazza di ascoltarmi e non obbiettare. Ella annuì.
“Clayton!” Gridò Calum. Non mi voltai. “Piccola Hope, parlo con te!” Continuò. Non lo ascoltai.
“Cazzo.. Clayton stiamo parlando con te!” Urla il ragazzo che stava accanto a Hood.
“Forse dovresti voltarti.. sembra incazzato” Mi consiglia Noah con l’espressione mista tra l’ansia e la confusione.
“Forse sarebbe meglio se noi due ci dividessimo..” Dissi alla bionda.
“Già” Concluse lei con la consapevolezza che avevo ragione dato che il condominio in cui viveva percorreva una strada diversa dalla mia. “Già” Ripetei io. Sorrisi a quest’ultima per rassicurarla mentre il gruppetto si avvicinava a passi lenti. Cercai di salutarla il più velocemente possibile in modo che potessi scappare e nascondermi da qualche parte.
Quel dannato quartiere era deserto. Maledizione!
Noah scomparve e dopodichè iniziai a correre rapidamente, notando che anche il gruppetto aveva iniziato ad aumentare il passo per raggiungermi. Gli occhi iniziavano a pizzicare. Avevo voglia di piangere ma non era il momento, avrei solo dovuto trovare un modo per seminarli, ma la situazione si presentava alquanto difficile.
Girai il capo notando ancora quei tre che correvano, Calum era più avanti degli altri due e io ero sul punto di morire da un momento all’altro. Svoltai l’angolo ritrovandomi  in uno stretto vialetto circondato da una parete di mattoni in pietra, raggiunsi un muretto abbastanza nascosto e dato che non avevo altre possibilità di fuga attesi speranzosa. Il cuore avrebbe perforato il mio petto da un momento all’altro se non mi sarei data una calmata, i capelli appiccicati alla fronte e il fiatone insopportabile. Respirai profondamente, dando un occhio oltre il muretto. Non c’era nessuno.. forse li avevo seminati o avevano preso una strada diversa dalla mia.
Sospirai accarezzandomi con la mano il petto e chiusi gli occhi. “Ce l’ho fatta” Dissi in mente, ma prima che potessi gioire ancora una mano dietro di me mi tappò la bocca e mi spiaccicò al muro con aggressività.
“Sei diventata sorda o cosa?” I miei occhi smarriti si incontrarono con due pozze d’acqua scura. Il fiatone si era impossessato di lui e non solo.. non era tanto cauto. Non risposi. “Credevi di essere furba o il gatto ti ha mangiato la lingua anche questa volta?” Il ragazzo sorrise attendendo una mia risposta che non arrivò. Mi limitai ad abbassare lo sguardo come facevo sempre.
“Dio quanto odio quando lo fai..” Calum afferrò uno dei miei polsi e lo attaccò al muro stringendolo con forza. Gemetti dal dolore e quando egli se ne accorse fece un risolino avvicinando il suo viso al mio e i nostri sguardi ben diversi.
“Hope.. lo dice il tuo nome stesso. Dovresti avere tanta speranza eppure nei tuoi occhi non c’è nulla”
“Lasciami andare” Parlai con gli occhi lucidi e le lacrime a penzoloni.
“No”
“Che cosa vuoi da me, Calum!?” Mi agitai cercando di liberarmi dalla sua presa.
“Te l’ho detto che la nostra discussione non era finita”
“Fottiti” Mormorai pianissimo.
“Cosa hai detto?” Alzai lo sguardo incontrando uno sguardo omicida, evidentemente aveva sentito bene quello che avevo appena pronunciato. Strinse ancora di più la sua presa, i suoi occhi si trasformarono in due pozzanghere senza fondo e la mascella era contratta.
“Ho detto.. Fottiti” Sputai acida. Quale misera pazzia aveva portato me a strozzarmi con le mie stesse mani? Ero folle.. e forse anche troppo, e di sicuro ero anche una delle poche persone che aveva deciso di sfidare la persona pericolosa, il pericolo. Calum era diventato un tipo aggressivo e attacca briga da quando era cambiato. Era successo tutto in così poco tempo, in quella maledetta estate di qualche anno fa in cui non ci eravamo più parlati, in cui non facevo altro che pensarlo e mandargli degli sms, chiamarlo o farmi sentire in qualche modo, ma era come sparito dalla faccia della Terra.. come se non gliene importasse più niente di me, come se gli fosse successo qualcosa di veramente brutto da portarlo a trasformazioni critiche e inaspettate. Ma non smettevo di cercarlo, neanche per un minuto, non volevo fermarmi perché ci tenevo a lui e alla nostra amicizia perché.. sì, noi eravamo migliori amici dalle elementari o almeno era quello che pensavo io. Non era però un rapporto così semplice, c’era qualcosa.. qualcosa di incompreso che non riuscivo a capire. Ci conoscevamo da così tanti anni eppure avevo dei dubbi, non su Calum e neanche sulla nostra amicizia, ma su quello che pensavo io o almeno su quello che il mio folle cuore era costretto a gridarmi ogni volta che si parlava del moro dalle iridi scure e le VANS nere ai piedi. Quelle VANS.. le adoravo.
Il ragazzo strinse forte un pugno da far diventare le nocche bianche e poi lo sferrò sul mio stomaco fino a farmi tossire. Delle lacrime amare si impossessarono subito dei miei occhi minacciando di voler uscire. Poi un altro pugno sul viso. Le ossa che bruciavano e le lacrime che avevano già rigato le mie guance troppo presto accompagnate da un liquido rosso ferroso che usciva dal naso. No, gli stavo solo dando la soddisfazione di farmi vedere debole.. perché cos’ero in realtà io? Cos’era la ragazza che veniva presa di mira tutti i giorni.
Tutti, non ne mancava solo uno. Se non quello schifo di domenica in cui ero costretta a sopportare frasi false da parte di mio padre e grida da mia madre, i loro litigi e il loro silenzio nei miei confronti. Andava tutto a rotoli, tutto.
Quando egli mi diede un ennesimo pugno mi feci scappare un gemito e sorrisi. No, non ero felice, il sorriso non è l’arma vera e propria per mostrare agli altri che sei di buono umore. E’ tutta una cazzata.
Sorrisi nel vedere quanto era possibile ai miei occhi una persona talmente dolce, altruista e simpatica in un ragazzo prepotente, violento e pieno di aggressività. Temuto anche da altri ragazzi per le voci che giravano e venerato dalle ragazze per la sua incantevole bellezza. Il suo viso era nuovo.. e la sua immensa bellezza originale. Non era uguale a tutti gli altri ragazzi, ma i suoi occhi a mandorla, i capelli più neri della pece e la pelle ambrata non erano di certo delle caratteristiche che trovavi spesso da quelle parti.
La sua bellezza era strana. Sì, la parola ‘strana’ è più adatta di tutte le altre.
E mi erano sempre piaciute le cose fuori dal normale.. fin quando mi sono accorta che la vera persona considerata strana ero io. Io non avevo un immensa bellezza né dentro né fuori e non ero nulla di speciale. Avevo solo dei capelli lisci di un castano ramato, gli occhi più fragili del mondo e delle ferite inutili ai polsi. Ero inutile.. perché avrei dovuto vivere bene se a nessuno importava? Non aveva senso.
Il moro respirò affannosamente e dopo aver alzato un sopracciglio al vedere l’instabile sorriso stampato sul mio volto, mi fissò tenendo sospeso il braccio, segnato da alcuni tatuaggi perfettamente visibili. Il pugno sospeso in aria e l’espressione interrogativa.
Attese una mia reazione.
 “Sì, avanti.. scaglia un altro pugno. Tanto peggio di così non può andare.. se vuoi trasformarmi in un disastro non ci riuscirai perché già lo sono, da fin troppo tempo.”
La cosa che più mi faceva male, che più mi lacerava dentro non erano i pugni di Calum ma era il fatto che lui era ancora impresso nella mia mente, il vecchio lui.. non riuscivo a dimenticarlo per nessun motivo. Mi aveva aiutata in troppe cose e avrei dovuto ringraziarlo fino all’infinito solo che adesso non ne avevo più la possibilità. Sì, perché Calum mi piaceva e tanto, e forse il mio stressante amore per lui mi stava pian piano mangiando l’anima fino a farmi diventare tanto pazza da avere in mente solo questo pensiero.
Rimase in silenzio. Avrei dovuto continuare o era tutto inutile? Avrei dovuto essere consapevole che a lui non interessava nulla né di me né delle mie parole perdute.
“La gente non fa altro che ripudiarmi e uno in più o uno in meno non fa la differenza. Sono pronta a tutto … anche ad essere picchiata a sangue da uno ‘Splendido Ricordo’”
“C-Cosa?” Calum mi squadrò sorpreso, socchiudendo le carnose labbra e abbassando il pugno per poi allentare la presa salda su di me. Sì, lui era uno splendido ricordo per me, un ricordo troppo sbagliato e mi vergognavo dello stesso fatto di averlo detto davanti ai suoi occhi, di esser sul punto di scoppiare da un momento all’altro e mandare all’aria tutto. Ero ancora innamorata di lui.. anche quando ai primi anni di liceo era totalmente cambiato. Lui era il mio più bel ricordo nascosto nel cuore perché a parte quello non avevo più nient’altro. A parte una famiglia assente, l’autostima sotto le scarpe di tutti e l’acido bloccato in gola per tutto lo schifo che mi si presentava davanti.
Il moro mollò la presa lasciandomi libera per poi fissarmi con un’espressione alquanto scioccata. Era come se in lui si fosse improvvisamente accesa una lampadina illuminando tutti i ricordi che erano stati tralasciati.
Abbassai lo sguardo. Sapevo benissimo che aveva sentito perfettamente e non era un tipo che si faceva sfuggire i dettagli, anche quelli più insignificanti. Tirai su col naso sentendo il suo sguardo pesante studiarmi con sublimità. Solo adesso mi accorgevo quanto fosse bello, quanto fosse paradisiaco  il suo fascino . Ma non perché era così per gli altri, non perché lo pensavano tutte le ragazze ma perché lo pensavo io.
Calum era come un angelo dalle ali grigie caduto dal cielo per chissà quale motivo. Avrei dovuto scoprirlo. Perché proprio grigie? Lui era un mix tra bianco e nero.
“Non dovevi dirlo questo..” Mi sussurrò appoggiando il palmo della mano sulla parete in mattoni accanto alla mia testa. Ero ancora appiccicata al muro e.. soprattutto immobile.
“Perché?” Mormorai con un filo di voce rivolgendogli di nuovo gli occhi. Forse neanche una persona che mi stava tanto vicina quanto lui avrebbe sentito il mio sussurro talmente era piano, ma egli sorrise, segno che aveva sentito perfettamente. Le mie mani iniziarono a tremare e sudare freddo e il cuore batteva all’impazzata più di prima.
“Tsk” Si limitò a dire annullando quel suo sorriso.
Abbassai il volto, cercando di nasconderlo in tutti i modi, quando egli alzò con l’indice il medio il mio viso in modo da far combaciare i nostri sguardi. Notai nuovamente un lieve sorriso e il pollice tagliare la strada alle mie lacrime che non avevano ancora smesso di rigare le mie guance. Poi si soffermò sul sangue. Lo sfiorò con i polpastrelli per eliminarlo dal mio viso e si asciugò le mani sulla maglia nera dei Nirvana.
“Sei una stupida” Disse infine mantenendo sempre l’espressione sorridente. Fece un passo in avanti e quando notai che pian piano i nostri petti si univano iniziai ad essere sorpresa. Sentii dei brividi di freddo percorrermi la schiena che subito scomparvero quando mi accorsi che il suo petto era dannatamente caldo e confortevole.
“Una stupida..” Ripetè stavolta in un sussurro a pochi centimetri dalle mie labbra.
“C-Calum..” Appoggiai le mani sul suo petto sodo e lo fissai negli occhi. Troppo vicino. Ero come un giocattolo in surriscaldamento che stava per rompersi.. lui mi faceva questo effetto, e non era la prima volta.. dopo anni. Quelle emozioni, quella sensazione di calore. Era come se mi sentissi ‘a casa’ e a mio agio. Lui era l’unica persona rimasta a cui tenevo e l’unica persona importante che probabilmente stavo per perdere.
E beh.. era qui che mi sbagliavo.
Calum appoggiò la sua fronte sulla mia soffiando sulle mie labbra dato che il suo respiro era leggermente affannato. Mi accarezzò una guancia delicatamente con la consapevolezza che i nostri nasi si sfioravano. Infine appoggiò di scatto le sue labbra sulle mie in una bacio lento e casto.
Dio.. stavo sognando? Non poteva essere. Eppure lui era il ragazzo che mi aveva umiliata davanti a tante altre persone, il ragazzo che mi aveva picchiata e aveva riso di me ma era pur sempre il ragazzo degli anni passati.
Ricambiai subito il bacio dopo esser stordita da un momento di trance data l’immensa sorpresa. Spostai di un millimetro le mie mani sul suo petto stringendo la stoffa nera della sua maglietta tra le dita. Calum cinse i miei fianchi avvicinandomi ancora più a se e sorrise sulle mie labbra quando ritornò a baciarmi con lentezza.
I suoi erano i baci migliori del mondo … diversi.
Strinse la sue grandi mani sui miei fianchi respirando irregolarmente e premette la punta della sua lingua sulla mia labbra per chiedere accesso. Quando fu accontentato affondai le dita tra i suoi capelli color pece e aspirai il suo buon profumo mascolino. Infine si staccò da me con delicatezza e mi strinse forte in un abbraccio.
Era perfetto!
Speravo soltanto che anche questo non fosse uno splendido ricordo perché io amavo Calum, lo amavo più di qualsiasi altra cosa.
“Mi dispiace..” Mormorò infine. “Mi dispiace tanto, piccola Hope”

Ecco.. quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: Amie Jay Fox