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Autore: Oducchan    28/10/2014    8 recensioni
-È la prima volta?- chiede, con voce fin troppo squillante per essere le tre del mattino. Aomine non riesce a trovare la voce per rispondere; è Momoi, che nonostante stia soffrendo le pene dell’inferno sembra avere comunque la situazione sotto controllo, ad annuire freneticamente alla dottoressa.
[...]
Sì. È pronto. Se ne convince.
Poi, mentre un’infermiera arriva con un carrello pieno di ferri e ferretti e panni bianchi, e un’altra si china a tamponare la fronte sudata di Satsuki e a mormorarle qualche incoraggiamento molto sentito, la donna si volta verso di lui, con quel sorriso irritante.
-Vuole venire qui a vedere?-
Si sente distintamente un suono di liquidi che vengono versati. Satsuki si piega su se stessa con un grugnito terrificante, i capelli rosa che le colano come ragnatele sul viso, e stringe, stringe fortissimo.
Aomine deglutisce.
E sviene

In cui Aomine sviene, Kuroko pure, Midorima anche, Murasakibara abbatte Himuro, Kise manco arriva oltre la reception, Akashi ci prova ma non è, ahimè, assoluto e grazie al cielo che non si sa come è arrivata Riko.
Genere: Comico, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Satsuki Momoi, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nick autore: Oducchan_OfTheLowerCourt 
Titolo: It's time to begin, isn't it
Personaggi:  Momoi Satsuki, Aomine Daiki, Kuroko Tetsuya, Midorima Shintaro, Kise Ryota, Akashi Seijuuro, Aida Riko, Murasakibara Atsushi, Himuro Tatsuya, Kagami Taiga, Hyuuga Junpei, Wakamatsu Kousuke, Imayoshi Shoichi, Susa Yoshinori, Sakurai Ryou, Kasamatsu Yukio
Pairing: AoMomo (implied KagaKuro, MidoTaka, MuraHimu e volendo anche del KasaKise)
Genere: commedia, fluff, comico
Avvisi: c'è un parto in corso. What if!, future!fic
Rating: giallo
Note:
Santo cielo, doveva essere una drabble, e mi si è trasformata in sette pagine di word di fanfic. Non so come sia potuto succedere O_O
Ok. La cosa qui si spera che faccia ridere. I poveri Kiseki ci fanno una misera figura, ma... oh, insomma. Ridete. 
Ci sono altre piccole noticine in fondo, per quando avete finito di leggere <3


 
It's time to begin, isn't it?
 
 
Aomine comincia a sudare copiosamente quando la mano di Momoi si infila nella sua, e la stringe.
Non come fa quando stanno guardando un film, comodamente spaparanzati uno accanto all’altra sul loro divano nuovo; nemmeno come fa quando stanno ciondolando per la strade di Tokyo, e lei d’improvviso lo strattona davanti alla vetrina di un negozio di abiti per fargli vedere un vestito bellissimo che c’è in esposizione. Non è nemmeno come fa quando individua un minuscolo, innocuo aracnide nel bel mezzo della cucina e decide che utilizzare il proprio fidanzato come scudo umano sia un’ottima strategia di difesa contro la temibile bestia.
No, stavolta stringe così forte che probabilmente ha intenzione di staccargli la mano e spappolargli le dita. Vorrebbe farle notare che l’arto gli serve, è di vitale importanza per la sua carriera di giocatore di pallacanestro averli entrambi il più intatti possibile, e se quindi può allentare un pochino la presa o magari stringere, non so, il lenzuolo; ma è da un po’ che la voce pare essersene andata dalla sua gola. Ha fatto appena in tempo a chiamare Tetsu, in qualche modo che nemmeno ricorda, e poi non ha detto più nulla, nemmeno quando ha quasi tamponato un idrante nel tentativo di far partire l’auto direttamente in quarta. Nemmeno quando sono entrati di corsa nel pronto soccorso, quando il responsabile del triage è corso loro incontro preoccupato.
Momoi stringe, e stringe anche i denti, le labbra, gli occhi. Stringe tutto, a ben vedere, così rigida e tesa che pare in procinto di spezzarsi in due da un momento all'altro, e si lascia sfuggire un’imprecazione tra la mandibola e la mascella serrate.
Un’imprecazione diretta a lui, se ha sentito bene.
Ne segue una buona trafila. Satsuki gliene dice di tutte i colori, gli proibisce di sfiorarla anche solo un’altra volta, giura che non si lascerà mai più mettere un solo dito addosso, figurarsi qualcos'altro, che appena sarà di nuovo in piedi chiederà a Midorima-kun un paio di forbici e glielo taglierà, SICURO COME L’ORO. Daiki deglutisce, sentendosi visibilmente sbiancare, e fa il gesto di allontanarsi a una distanza di sicurezza dalla ragazza, perché, ecco, quello che dicono delle donne nella sua condizione? Forse è vero. Ma lei lo stringe e lui non può andare da nessuna parte...
Una donna in camice verde entra nella stanza, con le mani guantate ben alzate nell’aria, e per un istante la sua attenzione viene deviata su di lei. La vede sorridere, dietro la mascherina, gli occhi che si arricciano appena agli angoli, e sedersi su uno sgabello, prima di prendere le gambe di Satsuki e aprirle un pochino di più.
-È la prima volta?- chiede, con voce fin troppo squillante per essere le tre del mattino. Aomine non riesce a trovare la voce per rispondere; è Momoi, che nonostante stia soffrendo le pene dell’inferno sembra avere comunque la situazione sotto controllo, ad annuire freneticamente alla dottoressa.
-Oh, allora è doppiamente speciale!- cinguetta, come se stesse parlando di un dolce di nuova produzione o del regalo che le hanno fatto a Natale. Non sono nemmeno vicini a Natale. Non sa nemmeno in che stagione sono, ora che ci pensa, né che giorno sia. Si tira mentalmente una sberla. Andiamo, si dice, non fare il cagasotto. Sei pronto per questa roba.
Sì. È pronto. Se ne convince.
Poi, mentre un’infermiera arriva con un carrello pieno di ferri e ferretti e panni bianchi, e un’altra si china a tamponare la fronte sudata di Satsuki e a mormorarle qualche incoraggiamento molto sentito, la donna si volta verso di lui, con quel sorriso irritante.
-Vuole venire qui a vedere?-
Si sente distintamente un suono di liquidi che vengono versati. Satsuki si piega su se stessa con un grugnito terrificante, i capelli rosa che le colano come ragnatele sul viso, e stringe, stringe fortissimo.
Aomine deglutisce.
E sviene.
Momoi inizia ad urlare.


 
Kuroko non è ben sicuro del perché si trovi lì, esattamente. È ancora intontito dal suono del proprio cellulare che suonava impazzito sul proprio comodino alle due e mezzo del mattino, e dalle urla terrorizzate di Aomine che lo avevano investito quando era riuscito a rotolare fuori dalle lenzuola per rispondere alla chiamata. Non sa bene come diamine ha fatto a telefonare al resto dei loro amici, a svegliare Kagami-kun e a farsi portare a sua volta all'ospedale.
E non sa nemmeno com'è finito a farsi spintonare nella sala piena di infermiere affaccendate, visto che ha fatto a malapena in tempo a vedere il corpo di Aomine trasportato frettolosamente fuori e accantonato in corridoio, e non è che abbia razionalizzato bene cos’è successo.
Ora però è lì, in piedi come uno stoccafisso di fianco al lettino, e per la prima volta in vita sua non sa bene cosa fare. Momoi è semidistesa sul materassino verde, con le gambe alzate e divaricate ben poggiate su dei sostegni di plastica e poi coperte da un telo che grazie a Dio non fa vedere nulla di quel che sta effettivamente succedendo al di sotto. La donna che è china tra di esse continua a dare istruzioni alle assistenti che la circondano, e a parlare a Satsuki, dicendole cosa fare.
-Spinga, signora. Bene, così... respiri, si rilassi. Non si preoccupi, ora le facciamo l’epidurale, così sentirà meno dolore...-
Tetsuya è quasi tentato di fare dietrofront e tornare fuori, visto che tanto, ovviamente, nessuno l’ha notato e quindi non potrà essere di molto aiuto (e una parte del suo cervello gli sta cordialmente suggerendo di non far presente il proprio arrivo, per nessuna ragione al mondo), ma proprio in quel momento Momoi ruota il capo verso di lui e sbarra gli occhi, fissandolo con uno sguardo estremamente allucinato e spiritato. Allunga un braccio come fosse una frusta e lo arpiona per il gomito, le dita che affondano nella carne e stringono con una forza disumana.
-Dì a quel pezzo di merda- sibila, i denti stretti e le pupille assottigliate come capocchie di spillo –Che lo ammazzo. Lo ucciderò personalmente appena esco di qui-
Kuroko si ritrova ad annuire convulsamente, cercando di liberarsi dalla presa. Contemporaneamente, la dottoressa tira via una pezzuola da sotto il telo, allungandola verso una delle infermiere che subito si fa incontro con una vaschetta metallica.
-Un’altra! Ci siamo quasi. Continui a spingere, signora, non si preoccupi!-
Kuroko guarda. La pezzuola ha delle macchie rosse inconfondibili.
Prima che se ne accorga, le ginocchia gli cedono, e finisce lungo disteso per terra.
Momoi urla.
 


Midorima non è molto felice di essere stato svegliato alle due e quarantacinque del mattino dalla voce impastata di sonno di Kuroko. Né tanto meno di ricevere la notizia che la sua persona era di nuovo richiesta all’ospedale, e anche il più rapidamente possibile. Non lo è, perché è uscito da quello stesso ospedale da neanche quattro ore dopo un intervento a cuore aperto che ha occupato gran parte della sua giornata, e sperava sinceramente di potersi godere una tranquilla nottata di sonno ristoratore per riposarsi e rimettersi in sesto per il trapianto che lo aspetta da lì a qualche ora.
È stato anche tentato di rispondere con una sequela di insulti di dubbio spessore morale, e di ignorare la chiamata per tornare a dormire come se non avesse proprio sentito nulla. Quasi. Poi però Takao l’ha convinto che non sarebbe stato affatto carino, far mancare il proprio sostegno ai suoi amici (“Quali amici? Quelli sono solo una manica di seccature...” “Smettila di fare lo tsundere, Shin-cahn, e guarda cosa stai facendo. Quelli sono i miei pantaloni, non ti entreranno mai”) nel momento del bisogno e l’ha spintonato in macchina, con la promessa di raggiungerlo appena avesse finito di allertare tutti coloro che, sicuramente, Aomine e Kuroko non avevano avuto la prontezza mentale di chiamare.
Quindi ora non è assolutamente felice di trovarsi lì. Non è nel suo ambiente naturale. I bisturi hanno lame di dimensioni diverse da quelle cui è abituato, non ci sono elettrocardiografi  da seguire o la sagoma familiare del defibrillatore in un angolo (o meglio, c’è, ma è assai meno sofisticato rispetto a quello che usa lui e la cosa lo innervosisce). Gli hanno dato solo un camice usa e getta di un colore ignominioso per proteggersi i vestiti, e rimpiange enormemente di non aver avuto la prontezza d’animo di fare un salto nel suo ufficio per recuperare il proprio quando ne aveva ancora il tempo.
Certo, un cardiochirurgo sarebbe stato comunque fuori posto in una sala parto, che fosse stato propriamente calato nel ruolo o meno, ma almeno avrebbe potuto incutere un po’ di riverenza per la sua competenza professionale nella marmaglia di gente che continua ad entrare e ad uscire. O magari avrebbe dato un po’ più di coraggio e sicurezza a Momoi, forse.
O magari l’avrebbe dato a lui. Forse.
Il suo sguardo corre preoccupato alla figura di Satsuki, ancora in preda agli spasmi delle contrazioni. Sente una buffa sensazione premere alla base della nuca, proprio all’attaccatura del cranio, ma non riesce molto ad identificarla: sembra quasi come quella volta in cui Takao gli aveva dato il primo bacio, quando era riuscito ad inciampare nei propri piedi e mordersi la lingua nello stesso momento; ma al contempo è diverso, è più... destabilizzante?
-Le avete dato un sedativo?- chiede, e anche la sua voce è strana. Tremola. La dottoressa gli getta un’occhiata curiosa e al tempo stesso esasperata. Al che batte le palpebre, evidentemente confusa, quando lo riconosce, perché probabilmente anche se lavorano in reparti diametralmente opposti, sicuramente l’ha già visto in giro (come si fa a non notare un armadio di un metro e novanta con i capelli verdi?), e gli comunica che hanno appena fatto la seconda iniziazione di antidolorifico. Poi torna ad occuparsi della paziente, che sta attraversando un’altra ondata di dolore.
-Brava, così. Vedo la testa-
Oh, pensa Midorima. Oh, c’è una testa che sta uscendo dalla vagina di Satsuki. Oh. Che cosa buffa.
Quando finisce per terra, travolge uno dei carrelli, facendo spaventare una decina di infermiere e spedendo metallo in ogni dove.
Momoi urla.
 


Murasakibara non arriva nemmeno a mettere tutti e due piedi nella stanza. A sua discolpa, visto che dall’altro lato stanno ancora cercando di trascinare fuori Midorima, lo stanno facendo entrare dalla porta esattamente dirimpetto alla partoriente: come l’infermiere che è andato a chiamarlo gliela spalanca, può avere una panoramica perfetta di quello che sta avvenendo sotto il telo, e per quanto abbia uno stomaco di ferro in grado di resistere a qualunque alimento senza nessun problema, Atsushi è sempre stato un po’ debole ai film horror. Quelli splatter, soprattutto.
Il guaio è che mentre la sua mole imponente precipita a terra, finisce col travolgere pure Himuro, che era proprio dietro di lui per l’ultima pacca d’incoraggiamento e il buona fortuna di rito, e che ovviamente non è minimamente in grado di sostenere il suo peso per quanto coraggiosamente ci provi. Così finiscono tutti e due a gambe levate tra le urla del personale, che deve ritrovarsi a districare altri due corpi.
Dentro, intanto, Momoi urla.


 
Kise sviene direttamente nell’atrio.  Ma proprio subito, appena entra e una decina di persone affannate gli si fa incontro in massa per comunicargli le novità e l’assoluta necessità della presenza della sua persona sulla scena dell’avvenimento. Gli si rovesciano gli occhi nelle orbite e finisce lungo disteso tra le braccia di Kasamatsu, che grazie al cielo ha accettato di accompagnarlo e che fa appena in tempo a prenderlo al volo.
Di sopra, intanto, Momoi urla.
 


Akashi entra in silenzio, avvicinandosi compito allo sgabello e sedendovisi sopra composto, impassibile e imperturbabile come sempre. Cerca di tenersi lontano dal traffico delle infermiere, che sembrano particolarmente frenetiche nel loro sciamare irrequieto attorno alla partoriente, e si fa un pochino più vicino alla ragazza.
-Satsuki- la saluta, cortese e pacato –come ti senti?-
Momoi ruota il campo stancamente verso di lui con un’espressione vacua e con un che di fluttuante, come se il suo corpo e la sua mente stessero galleggiando a bordo di una morbida nuvola dorata, e fa il gesto di prendergli una mano, il piccolo palmo che si avvolge debolmente al suo.
-Voglio ammazzare qualcuno- bisbiglia, con voce sognante, mentre la bocca si schiude a un bel sorriso –Scuoiarli e poi usarli per tappezzare casa. Soprattutto Daiki. Oh, voglio proprio spezzargli le ossa. Una ad una. Ma sto bene. Benissimo-.
Ora, Akashi la sua buona dose di trascorsi psicolabili li ha avuti, e lo sanno tutti, quindi le minacce di morte lenta e dolorosa non sono propriamente una novità per lui. Però, a vedersele propinate dinnanzi agli occhi con un tono così mieloso e soave da parte di una delle ragazze più dolci e cortesi che conosca, un moto di disagio finisce con il sorgergli spontaneo, e con tutta la discrezione possibile cerca di tirarsi un pochetto indietro e di inserire una distanza maggiore tra di loro.
Ma non sta sudando. Assolutamente no. Gli Akashi non sudano.
-Oh, non si preoccupi, è l’anestesia che sta facendo effetto!- lo inferma la dottoressa, lievemente china in avanti e con un braccio infilato... Akashi torna a guardare il viso di Momoi, imponendosi di non spostare lo sguardo più a sud del suo mento –Stiamo avendo qualche problema con il posizionamento del neonato, ma vedrai che andrà tutto bene, Satsuki, il tuo bambino è solamente inclinato un po’ storto, appena riusciremo a raddrizzarlo sarà un gioco da ragazzi- cinguetta, sempre sorridendo, rivolta stavolta alla ragazza, che evidentemente nel continuo susseguirsi di “assistenti” è riuscita a dare il proprio nome all’ostetrica. Lei annuisce, debolmente, e prende un bel respiro.
Akashi respira a sua volta. Si azzarda a scostarle una ciocca di capelli rosa dalla fronte, per sistemargliela con cura dietro un orecchio. Lei lo guarda, le ciglia che battono piano sulle iridi lucide di lacrime.
Si sforza di sorriderle, per farle sapere che anche se quegli incapaci che l’hanno preceduto hanno fallito, ora andrà tutto bene. Lui è infallibile. Ce la faranno.
Solo che, dal nulla, la dottoressa torna a raddrizzarsi con un piccolo suono vittorioso e a far gesti alle infermiere assiepate alle sue spalle, che subito corrono a prendere altre bacinelle e altri teli sterili.
-Bene, dovremmo aver invogliato la creatura a uscire nel modo corretto- annuncia –Ora, al mio tre, per favore, inspira e poi spingi, d’accordo?-
Momoi scuote la testa in vago cenno d’assenso. Akashi e una delle infermiere l’aiutano a tirarsi su con la schiena e prendere fiato, standole vicino e sostenendola come meglio possono, prima che la giovane donna stringa di nuovo i denti e inizi a contrarre tutti i propri muscoli con un grugnito molto poco femminile non appena l’ultima cifra del conto alla rovescia riverbera al suo udito.
E poi...
-Cavoli, sei proprio un birbantello bello grosso, eh?-
Akashi è sicuro di non aver mai sentito in vita sua quel rumore. Anche nei momenti peggiori della sua vita, il rumore della carne lacerata proprio non se lo ricorda, non così chiaro e lampante e... raccapricciante.
Non cade a terra. I suoi occhi baluginano un istante –di rosso e oro, nientemeno- prima che entrambe le sue coscienze decidono di abbandonarlo all’unisono, ma ciò nonostante rimane perfettamente seduto, immobile, rigido come una statua. Gli Akashi non svengono per terra (e ci sono trucchi tramandati da buchou altolocati a buchou altrettanto altolocati su come non perdere brutalmente la faccia).
Ma sviene comunque.
E Momoi urla.
 

 
Fuori, la situazione si sta facendo un tantino agitata, visto il rapido esaurirsi di sostegno maschile disponibile. Qualcuno alza lo sguardo su Kagami, non si sa bene perché; il quale, però, è già fin troppo bianco come un lenzuolo, lì seduto tra Cinque Miracoli e un Fantasma privi di conoscenza e con un Himuro mezzo pesto drappeggiato addosso che ha tutta l’aria di voler andare a tener compagnia al sestetto da un momento all’altro, e forse non è il caso di smuoverlo da lì. Ci sono un paio di sguardi che inseguono la figura di Imayoshi, mormorando che in qualità di ex capitano del futuro padre spetterebbe a lui l’onore di subentrare, ma l’uomo sembra farsi più vicino alle scale ad ogni battito di ciglia e divenire virtualmente irraggiungibile.
Alla fine è Riko, anche se nessuno sa quando lei e Hyuuga siano arrivati, né di chi li abbia avvisati, né cosa ci facciano effettivamente lì, ad alzarsi in piedi.
-Uomini- ringhia, molto poco cortesemente –Siete tutti delle mezze calzette-
E con una frustata dei suoi capelli ormai lunghi fino alle spalle rivolta all’aria e alla massa di componenti maschili che stanno ammucchiati nel corridoio dell’ospedale, si avvia a passo di marcia verso l’infermiere rimasto in attesa.
 


-Allora, come lo chiamiamo?- chioccia l’infermiera, dopo aver accompagnato la nuova vita nella stanza dove la sua mamma sta aspettando di dargli la prima poppata. È effettivamente un bel bambino, quasi quattro chili di morbida pelle color caffelatte e piccoli, quasi invisibili capelli blu che fanno capolino dalla testolina altrimenti pelata. Ha anche dei bei polmoni, visto quanto ha pianto quando finalmente sono riusciti a tirarlo fuori.
L’espressione di Momoi, quando tende le braccia per farselo accoccolare al seno, ha un che di radioso. Aida troneggia al suo fianco sprizzando orgoglio da ogni poro, dall’alto della sua posizione di neo-madrina incoronata de facto dalla sua perfetta gestione di un parto complesso culminato con una lacerazione vaginale.
-Satoru- mormora la neomamma, stringendo la sua creatura al petto con enorme gioia. Nonostante la folla attorniata attorno al suo letto sia prevalentemente formata da rudi uomini tutti d’un pezzo, i versetti di tenerezza e i commenti caramellosi si sprecano. Sakurai fa pure il gesto di chinarsi verso il bimbo per mandargli dei bacini e delle buffe smorfie, prima che si accorga che tutti lo stanno guardando un pochino perplessi e diventi viola per l’imbarazzo, iniziando a sperticarsi come al solito in una pioggia di scuse.
La porta si apre e Aomine viene portato dentro di peso, arpionato alle spalle di Wakamatsu e Susa. Takao li segue, spingendo il trespolo della flebo che il medico di turno al pronto soccorso ha somministrato per pura simpatia a tutti i Kiseki che si è ritrovato a dover visitare.
-Ecco il neo papà!- trilla Kazunari, prima di sorpassare il terzetto per rubare una sbirciata al marmocchio –Complimenti, Momoi-san, ottimo lavoro!- esclama, sorridendo mefistofelico come sempre. Momoi gli concede una risata, prima di salutarlo e permettergli di tornare ad aspettare che il suo Shin-chan si decida a svegliarsi.
Daiki ha ancora l’aria un po’ intontita, sia per la botta in testa, sia per l’alzataccia, sia per la sincera confusione che l’evento in sé ha provocato. Però, nel momento in cui il suo sguardo si posa sulla creaturina che, alla fin fine, è sangue del suo sangue e di cui è ufficialmente responsabile per il resto della sua vita, pare risvegliarsi completamente; fa una certa fatica a sedersi sulla sedia che Kasamatsu ha il buonsenso di far apparire accanto al letto della puerpera, ma quando i suoi ex compagni di squadra si decidono a lasciarlo andare non ha occhi che per il suo bimbo, fissando affascinato l’aprirsi e chiudersi dei pugnetti e lo sbattere sonnolento delle piccole palpebre.
-È bellissimo...- bisbiglia, rapito, quasi incredulo del miracolo che si ritrova davanti al naso. Satsuki, probabilmente ormai dimentica delle minacce di morte che gli ha rivolto neppure un paio d’ore prima, gli rivolge un sorriso così luminoso che pare emettere luce propria, e che fa strascicare i piedi agli altri membri della comitiva, ora sicuri di starsi intromettendo troppo in un momento che dovrebbe essere privato.
-Davvero!- commenta Riko, fierissima del suo nipotino acquisito. E poi aggiunge, tutta sorrisini e sbarluccicamenti, totalmente ignara dell’atmosfera stucchevole in cui è sprofondata la camera –Ci ha messo un po’ a venire al mondo, ma ne è valsa la pena. Pensate, quindici punti di sutura!  Ma dicono che non si vedrà praticamente nulla...-
Per un istante non succede nulla. Poi Aomine sbianca.
Terribilmente.
-PRENDETELO!- è il grido di Hyuuga, che si lancia verso l’uomo prima che scivoli giù dal sedile e possa fracassarsi la testa contro il pavimento. Scoppia un pandemonio che fa spaventare il piccolo Satoru, il quale subito scoppia a piangere, e richiama così l’attenzione delle infermiere di turno nel reparto maternità.
Aomine sviene per la seconda volta.
E Momoi? Momoi... ride. Ha un fidanzato stupido, ma questo lo sapeva già, no? Tanto lo ama lo stesso, e non potrebbe essere più felice di così.

Note post lettura:
-Satoru, scritto come 暁, dovrebbe significare "alba" o "illuminato", mentre usando 聡 significa qualcosa sulla scia "che impara in fretta" (ehy, se poi sto sbagliando correggetemi, neh?). Vista la continua associazione di Aomine con la luce, e viste le capacità intellettive di Momoi... mi pare un nome perfetto, non trovate anche voi? XD Also, "Aomine Satoru" suona pure bene ù.ù
-"Ci sono trucchi tramandati da buchou altolocati a buchou altrettanto altolocati su come non perdere brutalmente la faccia" -> qualunque riferimento ad Atobe e alla sua capacità di svenire restando dritto in piedi potrebbe NON essere puramente casuale. Poi, va bene, probabilmente non hanno mai usato il termine buchou nel basket e il capitano lo indicano in un altro modo, non lo so o non ricordo, ma il senso è quello.
-Momoi, mi spiace sinceramente di averti fatto partorire con così tanto dolore, ma qualcosa dovevo pur inventarmi.
 
   
 
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