Fanfic su artisti musicali > The GazettE
Ricorda la storia  |      
Autore: NamelessLiberty6Guns_    29/10/2014    5 recensioni
Tutto finì in maniera molto silenziosa.
Lui disteso sul pavimento, imbavagliato, con le mani legate dietro la schiena, inondato di benzina.
Io ho semplicemente acceso un fiammifero.
[Reituki]
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Reita, Ruki, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Suidice Note






Purtroppo le scelte che fai nella vita sono decisive per tutto quello che ti resta da vivere. 




 

Non avevo idea di questo quando avevo solo dodici anni, quando cioè conobbi lui, Takanori. Un ragazzino appena più giovane di me, eravamo alle medie insieme. 




 

Nonostante la mia innocenza, sapevo già come sarebbe dovuta andare la mia vita: un giorno sarei stato un membro della Yakuza come lo era mia padre. 

Ma per me e mia sorella non era stato riservato il trattamento che invece molti altri ragazzini come me avevano avuto: niente scuole private, niente viaggi in limousine. Mio padre era fermamente convinto che noi della Yakuza dovevamo nasconderci fra le persone normali. Dovevamo essere persone qualunque. I nostri amici venivano a giocare tranquillamente a casa nostra, senza sapere che appena sotto i loro piedi si nascondeva un ripostiglio pieno zeppo di esplosivi. 

Noi eravamo semplicemente Misako e Ryo, i fratelli Suzuki, che come tutti loro frequentavano la scuola pubblica ma che stranamente riuscivano a non avere debiti a fine anno nonostante l’annuale mal avviata carriera scolastica. 





 

Quando conobbi Takanori scoprii un sacco di cose. 

Il sapore della libertà ad esempio. 

Scoprii cosa significava dimenticarsi nell’attimo di un bacio cosa significava essere un futuro membro della Yakuza, dimenticavo la cantina con gli esplosivi, gli amici di papà che sparivano uno dopo l’altro, la paura di essere uno di loro. La consapevolezza che non avevo scampo.

 

Lui, i suoi immensi occhi e il suo grandissimo sorriso mi stregarono per sempre, quell’inverno dei miei dodici anni. 

 

Con lui accanto mi sentivo più sicuro. 

 

Possederlo era una delle cose più belle che accaddero nella mia vita, e accadde innumerevoli volte. Se chiudo gli occhi sento ancora i suoi gemiti pieni di ardore, la sua pelle calda contro la mia, il piacere che inevitabilmente trovavamo ogni volta. Ma ciò che amavo di più di quelle unioni carnali avveniva dopo il piacere.

Quando potevo stringere il suo esile corpicino fra le mie braccia, sentire i suoi accaldati respiri sulla mia pelle, e donargli mille innocenti baci sul viso. 

 

Mi aveva insegnato ad amare. 

 

Non avevo mai visto i miei genitori rivolgersi gesti d’affetto, probabilmente perché nella Yakuza vanno di moda i matrimoni combinati fra famiglie diverse. Quindi non avevo la minima idea di che significasse voler bene a qualcuno, senza ovviamente contare l’affetto enorme che ho sempre provato per mia sorella Misako. 

 

Io e Takanori abbiamo tenuto duro fino all’alba dei miei diciotto anni, quando, purtroppo, era il momento del mio grande debutto nella Yakuza. 

 



 

 

 

Non dimenticherò mai il giorno della Promessa

 

All’interno di quell’edificio colorato di nero alle periferie di Tokyo, non ero più Ryo. Ora ero Reita, e quello era il mio solo nome. Quei tre ragazzi a cui dovevo fare capo come nome proprio avevano Aoi, Kai e Uruha. Mai conobbi i loro veri nomi. Ricordo l’odore del mio sangue, che sgorgava copiosamente dal palmo della mia mano. Mi sembra ancora d’avvertire la sensazione del mio sangue e di quello di mio padre mischiarsi durante la nostra stretta di mano. 

Per un breve istante ripensai a me e a Takanori nel suo enorme letto, sembrava un’unione più o meno simile.

Era quello il giorno in cui entrai nella Yakuza.

 

Era la vera fine della mia innocenza.

 

 




 

 

Sono fermamente convinto che il genere maschile sia estremamente subdolo. 

Un maschio preso da solo ha paura, prova sentimenti come il resto degli umani, è debole ma anche orgoglioso. 

Un maschio in gruppo non si fa scrupoli.

Noi quattro commettemmo un omicidio dopo l’altro, nascondemmo carichi di droga, uno dopo l’altro. Chiusi nella nostra giacca e camicia candida, una cravatta nera a serrare il collo e la paura che ogni giorno ci attanagliava la gola.

Oh, ma non abbiamo mai avuto il coraggio di dircelo in faccia. Certo che no. Insieme non avevamo paura. 

Singolarmente ci pisciavamo sotto. 

Tutti e quattro. 




 

Ogni giorno pensavo a Takanori.
Alle sue lacrime calde quando ci separammo.
Ai suoi occhi annacquati.
Ogni giorno chiedevo ai Kami di non incontrarlo mai più. Perché sapevo che se l’avrei incontrato sarebbe stato per fargli del male. 

 

 



 

Quello stramaledetto giorno ero con mia sorella Misako. 

Mi dissero di recarmi immediatamente in una piccola villetta fuori Tokyo, una villetta di proprietà di uno dei grandi nomi della Yakuza. 

Non sapevo che aspettarmi. 

Una volta parcheggiato strinsi fra le braccia mia sorella, come facevo sempre quando ho paura.

Entrai, la pistola nascosta dietro la schiena. 

Non mi servì molto tempo per riconoscere Aoi, Kai e Uruha che mi aspettavano, regalandomi qualche sorso di sakè. 


 

Fu il tempo di scendere nello scantinato a farmi maledire ogni singolo giorno della mia esistenza. 


 

Un ragazzino era legato, disteso a terra, la bocca bloccata da un grande pezzo di nastro adesivo, era stato evidentemente picchiato.


 

“Normale amministrazione.” pensai. 


 

Ma quando lui aprì gli occhi per vedere che sarebbe ancora successo, mille immagini si catapultarono nella mia mente.





 

Quegli occhi enormi.

Pieni di lacrime.

Pieni di desiderio.

Pieni di gioia.

Un film al massimo della velocità.

 

Quella era Takanori.

 





 

 

“Stava facendo il doppio gioco.” sogghignò Kai, mentre insieme formavamo un semicerchio intorno a lui.

Mi riconobbe immediatamente. 


 

Una singola lacrima gli solcò il viso. Una lacrima di puro terrore.


 

“Bisogna farlo fuori?” chiese Aoi, rivolgendosi apaticamente a Kai.

“Ovviamente.” rispose lui, allungando una mano verso una tanica di benzina poggiata a terra. 

 

 

 

 

 

 

Non è facile spiegare cosa si prova quando qualcuno a cui tieni muore davanti a te. 

Specialmente se quella persona è l’unica persona che tu abbia veramente amato nella tua vita. 

E ancor di più, se sei tu a doverla far morire. 

 





 

 

Uruha mi lanciò un pacco di fiammiferi. “A te l’onore.” 

 

 

 

 

 

Non dimenticherò mai i suoi occhi. 

Silenziosamente chiedevano pietà.

A me, che ero stato il suo ragazzo per quasi sei anni. 

A me, che avevo pregato i Kami di non farmelo ritrovare lungo la mia strada. 

A me, che in quel momento avrei sacrificato la vita per lui. 


 

 

La decisione era solo mia.

 


 

Perché l’ho fatto?

Bella domanda. Io stesso vorrei avere una risposta. 

Probabilmente perché dopo tutti quegli omicidi, i carichi di droga e tutto il resto diventa abitudine uccidere. Anche una delle persone a te più care.



 

 

Dentro di me, però, urlavo.

 



 

 

 

Tutto finì in maniera molto silenziosa.

 

Lui disteso sul pavimento, imbavagliato, con le mani legate dietro la schiena, inondato di benzina.

 

Io ho semplicemente acceso un fiammifero.

 

 

 

 

 

Non ho nemmeno pianto. 

Il rimorso che immediatamente ho provato mi ha privato per sempre di qualsivoglia sentimento. 



 

 

Takanori non ebbe nemmeno la forza di urlare. Gli altri rimasero ad osservare la sua lenta morte.

 

Io chiusi gli occhi.

 

Attesi di essere anch’io privato della mia vita. 

 

 

 

 

 


 

Cosa che farò oggi. 

 

Purtroppo le scelte che fai nella vita sono decisive per tutto quello che ti resta da vivere. 

 

Non avevo idea di questo quando avevo solo dodici anni, quando conobbi Takanori.

 

Ora di anni ne ho venticinque, innumerevoli omicidi sulle spalle. Non so nemmeno cosa voglia dire ormai la parola innocenza

 

Mi guardo allo specchio e non vedo un umano, vedo un’automa. 

 

Lo stesso automa che sta premendo la pistola alla tempia e fra pochi attimi sparerà. 

 

La mia non è vita. La mia è finzione.

 

La mia è stata vita fino al giorno in cui Takanori è stato con me. 

 

 

 

Reita














Non ho giustificazioni per questa.... Roba.
Forse è colpa dell'overdose di Rammstein che mi sto facendo da più di un mese ormai... Sarà colpa del video di 'Du Hast' (andatevelo a vedere, è stupendo)... 
Ma l'ispirazione è venuta a bussare e non ho potuto non accoglierla. E siccome io sminuisco sempre il mio lavoro ma però in fondo in fondo un pochino anche mi piace, ho voluto pubblicarla comunque. Come se non bastasse, in mezzo alle tre FF e una OS che con fatica immane tento di portare avanti per farvele leggere, stasera ha vinto questa... Cosa.
Molte cose sono rimaste inspiegate ma semplicemente ho deciso che vorrei che voi vi diate alcune spiegazioni, alcune conclusioni e ragionamenti. Vi lascio carta bianca alla vostra interpretazione. 
Non mi arrabbierò per nulla se non vi è piaciuta, anzi.

Aspetto comunque le vostre recensioni <3
Alla prossima bellissime <3


Yukiko H. 

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > The GazettE / Vai alla pagina dell'autore: NamelessLiberty6Guns_