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Autore: Il Saggio Trentstiel    30/10/2014    4 recensioni
«Stavo pensando...» riprese Castiel, stavolta con vago imbarazzo «Visto che domani abbiamo poche ore di lezione, ti andrebbe di venire a pranzo a casa mia? Insomma, potremmo studiare, scegliere le canzoni da proporre al club...».
Sorrise incerto in attesa della replica di Dean. Replica che sembrava fare fatica ad arrivare.
«D'accordo, perché no?».
O forse no. Un'altra maledizione mentale agli avventati geni Winchester e via, Dean si era lanciato senza paracadute.
Dovette però ammettere, remore a parte, che il sorriso radioso di Castiel al suo assenso lo aveva ripagato. Forse. Chissà perché, poi.
«Se è per ringraziarmi, sappi che non è necessario: non merito-» «Ringraziamenti,» completò Castiel per lui «lo so. Sai, con questo atteggiamento saresti un supereroe perfetto, Dean».
Recuperò il proprio zainetto e salutò Dean con un cenno e un sorriso.
«SuperDean» mormorò questi a se stesso «Suona bene!».

Dean ha una vita soddisfacente e soprattutto normale: questo prima di incontrare Castiel.
Castiel, con i suoi occhi rubaluce, la sua passione per il canto e la sua completa ignoranza in materia di musica rock. E Dean non può rimanere a guardare (ascoltare?) mentre il suo rock viene ignorato e messo da parte.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Castiel, Charlie Bradbury, Dean Winchester, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Titolo: Rock lessons
Titolo capitolo: I know in time we'll find this was no surprise
Fandom: Supernatural
Pairing: Dean/Castiel, più altri a sorpresa
Conteggio parole: 4662
GenereCommedia, Romantico
Rating: Arancione
AvvertimentiHighschool!AU; Lime
 













Dean passò il giorno seguente in un bizzarro stato di aspettativa, cosa che non passò inosservata a nessuno dei suoi amici.
Se però riuscire a eludere le insistenti domande di Benny e Charlie era stato relativamente facile, non lo fu altrettanto quando Sam lo prese da parte e si lanciò in uno dei discorsi cuore a cuore che da sempre gli valevano il soprannome di Samantha.
«... E se dovessi avere un problema – qualunque problema – sappi che io sono qui per aiutarti» concluse il più giovane con un tono così accorato che a Dean venne voglia di schiaffeggiarlo per farlo rinsavire. Non era depresso né in procinto di lasciarci le penne né appesantito da chissà quali problemi – a parte uno con gli occhi azzurri, sempre se di problema si poteva parlare – dunque la preoccupazione materna di Sam era fuori luogo.
«Sammy...» esordì con voce minacciosa che, pur corredata da uno sguardo ammonitore, non intimorì minimamente il fratello «Porta i tuoi blabla da un blablaologo o mi incazzo sul serio, io sto benissimo».
L'altro roteò gli occhi e con insopportabile tono condiscendente non solo ignorò gli avvertimenti del fratello ma anzi continuò a tormentarlo.
«Dean, non raccontarmi balle. Sei nervoso da una settimana e no,» lo interruppe prima che potesse replicare «la F rimediata in storia non c'entra nulla» «Quella troia mi odia...» borbottò astiosamente l'altro ma Sam lo ignorò e continuò il suo elenco «Non c'entra la scuola, non ti ho visto litigare con nessuno né essere respinto da qualche ragazza, dunque te lo chiederò di nuovo: cos'hai?».
Dean sbuffò e scosse il capo desiderando – forse per la prima volta in vita sua – che la campanella suonasse, sancendo la fine della ricreazione e consentendogli di allontanarsi dal fratello per andare a lezione.
Altrimenti come spiegargli che avrebbe dovuto cantare di fronte ad altre persone, che si era volontariamente impelagato in una promessa che già avrebbe voluto rimangiarsi e che neanche lui conosceva le esatte motivazioni che l'avevano spinto, come ciliegina sulla torta di merda che stava mettendo insieme, a passare una serata intera ad ascoltare fino allo sfinimento una sola, singola canzone?
Constatò con rabbia che la campanella proprio non voleva saperne di trarlo d'impaccio e anzi, una rapida occhiata al suo orologio gli rivelò che la fine della ricreazione era ancora distante. All'occhio attento di Sam non sfuggì nessuno dei gesti di Dean – né, tanto meno, i suoi disperati tentativi di svicolare – e il ragazzo sbuffò.
«Dean,» cominciò con quel tono che non sarebbe stato fuori luogo in presenza di un bambino capriccioso e che al fratello faceva venir voglia di prenderlo a testate «fuggire non serve a nulla».
Nonostante la voce pacata Dean sapeva che quella di Sam era una vera e propria minaccia. Il fratello minore, che stava diventando una signorina, ultimamente era più Samantha che mai e non avrebbe smesso di tartassarlo con domande premurose e veri e propri agguati nei corridoi della scuola.
In un gesto molto poco alla Dean Winchester, questi alzò le mani in segno di resa. Come a voler compensare quel comportamento così inusuale per lui, al gesto fece immediatamente seguire un'occhiata invelenita.
«Cristo, va bene!».
Senza perdere altro tempo afferrò il fratello per un braccio e lo trascinò qualche metro più in là, dove la fiumana di studenti che affollava i corridoi non li avrebbe disturbati: Sam inarcò le sopracciglia e ridacchiò nervosamente.
«Devo preoccuparmi? Hai ucciso qualcuno?» «Fottiti,» ringhiò Dean «e ascoltami perché ti dirò tutto una sola volta».
Sam tacque all'istante, in parte compiaciuto e in parte stupito dalla piega presa dalla conversazione. Se suo fratello aveva infine ceduto dopo “solo” tre giorni di insistenza voleva dire che in ballo c'era qualcosa di grosso: gli fece un cenno col capo per invitarlo a spiegarsi e si preparò a ricevere chissà quale scottante rivelazione.
Dean inspirò e meditò per qualche istante sulle parole giuste da utilizzare, cosa che non gli capitava poi tanto spesso, ma quei giorni erano un susseguirsi di cose che “non gli capitavano tanto spesso”. Escluse a priori la formula “Ti prego, non ridere”: anche se infarcita di minacce avrebbe scatenato a priori l'ilarità di Sam.
Neanche dire “Non è come sembra” gli parve un'idea azzeccata: in fondo, che lo volesse o no, tutto quel casino era esattamente come sembrava.
Già sentiva una sensazione di fastidio, come un accenno di cerchio alla testa, lui che a immergersi nelle riflessioni non era tanto abituato, quando Sam gli sventolò una mano davanti agli occhi.
«Dean...?» «Oggi pomeriggio devo cantare al Glee Club» disse tutto d'un fiato, sputando fuori le parole come se avessero un sapore disgustoso. Ansimava come se, invece che una chiacchierata col fratello, stesse facendo una serie infinita di giri di campo tra le urla del coach Linden.
Non era arrossito – almeno quella cosa gli era rimasta lontana anni luce! – ma avvertiva comunque un certo calore sul collo: deglutì discretamente e si preparò ad affrontare la reazione di Sam, qualunque essa fosse stata.
Il ragazzo era rimasto come impietrito, il che forse non era un buon segno, ma il movimento quasi nervoso di un muscolo della guancia destra preludeva alle reazioni che, a conti fatti, Dean si aspettava da quell'idiota di suo fratello: una sonora risata, una serie di “Stai scherzando?” e infine la poco virile accettazione di quella bizzarra decisione con frasi rubacchiate da riviste femminili.
Ci fu qualche secondo di silenzio, la classica quiete prima della tempesta, poi la risata di Sam riecheggiò nel corridoio solo per essere – fortunatamente – soffocata quasi nell'immediato dal vociare di altri studenti. Lacrime scorrevano dagli occhi chiari del ragazzo giù per le sue gote mentre lui, una mano premuta sulla pancia, continuava a dar sfogo a tutta la sua ilarità senza rimorsi. Dean, un rapido lampo di irritazione che gli attraversò gli occhi, lo osservava senza scomporsi.
E uno, pensò con vaga amarezza mentre Sam, pur a fatica, si ricomponeva. Il minore aveva ancora gli occhi lucidi e un sorriso ampio e genuino stampato sul volto.
«Stai scherzando, vero?».
E due.
Dean scosse lentamente il capo e non abbassò lo sguardo nonostante non si sentisse esattamente a suo agio in quel momento.
«Sam. Parlo sul serio».
Il divertimento sul volto di Sam svanì lentamente per lasciare spazio allo stupore più puro: il ragazzo sgranò gli occhi e dischiuse lentamente le labbra, boccheggiando per un paio di volte come un pesce fuor d'acqua. Dean, che avrebbe volentieri saltato a pie' pari la fase tre, fece per dire qualcosa ma l'altro fu più rapido.
«Cioè... Intendi proprio cantare-cantare?».
Dean roteò gli occhi.
«No, intendo cantare-ballare. Idiota».
Lo stupore di Sam era tale che non rispose neanche all'insulto – forse neanche lo sentì – ma anzi, tra un balbettio e l'altro si lanciò in un discorso infinito e prevedibile.
«Io... Ok, non me lo aspettavo, ma... Beh, se è una cosa che ti piace...».
Dean smise di ascoltarlo quasi nell'immediato. Mal tollerava quegli atteggiamenti da chioccia che Sam, nell'ultimo periodo, aveva assunto nei suoi confronti e solo altri pensieri gli avevano impedito di soffermarsi su quel cambiamento.
Avrebbe volentieri interrotto l'exploit di banalità che stava sfoggiando il fratello ma, finché non gli poneva domande scomode, poteva anche sopportarlo. Forse.
«Cristo, Sammy, chiudi la bocca!».
Dean Winchester, signore e signori, imbecille autodistruttivo!
Sam si interruppe e riprese fiato senza mai smettere di fissarlo in volto. Strinse poi le labbra e – ci siamo, pensò amaramente Dean – pose una di quelle domande che l'altro sperava non avrebbe udito.
«Cosa ti ha spinto a farlo?».
Se solo avesse potuto, Dean si sarebbe preso a pugni da solo prima di scuotere il capo e replicare con un asciutto “Non ne ho idea”. Dinanzi all'espressione scettica di Sam, però, l'irritazione che provava verso se stesso venne facilmente deviata nei confronti del suo interlocutore.
«Che c'è? Non c'è un motivo vero e proprio, è stato solo...» «Ho capito!» esclamò Sam, troncando di botto la sua pietosa apologia, l'espressione d'improvviso consapevole «Ho capito tutto, Dean, e... Beh, non devi vergognarti. Ne vengono fatte di follie in questi casi».
Sorrise compiaciuto e finalmente la maledetta campanella mise fine a uno dei confronti più squallidi a cui Dean avesse mai partecipato. Il fratello lo salutò senza smettere di sorridere e si affrettò verso la sua classe successiva, lasciandolo inebetito nel mezzo del corridoio che pian piano andava svuotandosi.
Dunque Sam aveva capito. Buon per lui. Sul serio, almeno avrebbe smesso di rompere. C'era però solo una domanda che, al momento, riecheggiava nella mente di Dean: cosa cazzo aveva capito?


**



Anna osservò Castiel che, per l'ennesima volta, ricontrollava lo stereo, testava l'accordatura del pianoforte e si raddrizzava gli occhiali sul naso con un'aria nervosa che mai gli aveva visto prima.
La ragazza sbuffò e scivolò giù con grazia dal banco su cui era seduta, avvicinandosi all'amico che adesso stava allentandosi il nodo alla cravatta.
«Castiel,» esordì in tono dolce, come a non volerlo spaventare «va tutto bene?».
Lui si voltò appena e imbastì un sorrisetto di scuse prima di ricominciare il suo giro di controlli.
«Certo, Anna» replicò frettolosamente accendendo e spegnendo lo stereo un paio di volte «Voglio solo che, sai,» pizzicò le corde della chitarra «dopo l'insuccesso di ieri non ci siano, come dire,» pigiò qualche tasto del pianoforte «altri problemi che...» «Castiel!».
Anna aveva alzato la voce e aveva afferrato un polso del ragazzo prima che questi potesse ricominciare quel circolo vizioso – e inquietante – di inutili controlli. Inarcò le sopracciglia e lasciò andare lentamente la mano dell'altro, non accennando comunque ad allontanarsi da lui.
«Anch'io voglio che vada tutto bene,» non specificò “dopo la figuraccia di ieri” perché la ferita era ancora aperta «ma non è necessario che tu perda il senno per questo».
Castiel sospirò e chinò il capo, rimanendo in silenzio per qualche istante.
«Perdonami, Anna. Voglio solo che oggi tutto sia perfetto e non voglio più deludervi».
Il ragazzo avvertì una fitta di rimorso di fronte a quella vergognosa bugia. Ad onor del vero, Castiel non stava mentendo: voleva davvero che i suoi compagni non dovessero affrontare altre delusioni, che l'incontro di quel pomeriggio procedesse nel migliore dei modi e che tutti, presto o tardi, potessero dimenticare quanto accaduto il giorno precedente. A renderlo così agitato, però, non erano solo quei pensieri. Quello non era mentire, era celare informazioni, ma la cosa lo faceva comunque sentire in colpa.
Anna sorrise comprensiva e gli diede un buffetto sulla spalla ma prima che potesse formulare una qualche frase gentile, i restanti tre membri del Glee Club fecero il loro ingresso alla spicciolata, come se non si conoscessero, delle espressioni cupe in volto.
Nonostante l'assenza di allegria che li permeava, Castiel fu lieto di vedere che nessuno di loro avesse deciso di abbandonarli: sorrise a tutti mentre prendevano posto, imitati nell'immediato da Anna, e si sistemò una volta di più gli occhiali sul naso.
«Ragazzi, ragazze,» cominciò, intercettando un sorriso svenevole da parte di Meg e distogliendo lo sguardo in tutta fretta «non so dirvi quanto sia felice di vedervi qui, nonostante tutto».
Al pari di Anna poco prima, non ritenne necessario specificare cosa intendesse con quel “nonostante tutto”, certo che ognuno di loro avesse compreso alla perfezione.
«Un incidente di percorso non può e non deve fermarci, se stiamo seguendo una passione» e di passione ardevano gli occhi blu di Castiel dietro le lenti degli occhiali, una passione tale da dissipare i dubbi che avevano invaso gli animi dei suoi compagni «Dobbiamo rialzarci più forti e determinati di prima, non avere vergogna di far sentire la nostra voce e far vedere a tutti quanto valiamo».
Sorrise e a imitarlo fu nuovamente Meg.
«Tutti... Compreso Raphael?» domandò maliziosa, lanciando un'occhiata rapida a Garth che sembrava annichilito «Perché, vedi, è stato piuttosto cattivo con il nostro Garth, ieri, e...» «Meg!» ringhiò Anna e quel suono, proveniente da una ragazza all'apparenza così eterea e angelica, fu doppiamente inquietante: o almeno così dovette pensarla Kevin che, discretamente, allontanò la sedia da lei. Meg d'altro canto sostenne lo sguardo della rossa con aria di sfida, il sorriso sardonico onnipresente sulle sue labbra.
«Anna» disse semplicemente, dileggiandola «Sto dicendo la verità, cara. E anche Raphael se è per questo» aggiunse a mezza voce mentre Garth tentava, senza successo, di ostentare un'aria indifferente.
Castiel intervenne prima che la situazione degenerasse e si ripromise di parlare in privato con Garth, una volta terminato l'incontro.
«Ragazze, calmatevi. Questo atteggiamento non giova all'unità del gruppo».
Anna avrebbe voluto replicare che lei non vedeva alcuna unità a causa della presenza di Meg e questa, pur con termini meno educati, avrebbe voluto esternare lo stesso concetto: tuttavia entrambe tacquero e Castiel poté proseguire con il suo discorso di incoraggiamento.
«Come stavo dicendo, rialzarci. E per rialzarsi spesso bisogna accettare la mano offerta da una persona inaspettata» disse sibillino, facendo saettare lo sguardo dall'orologio appeso alla parete fino alla porta, ancora chiusa.
Anna, a cui il comportamento bizzarro di Castiel cominciava a sembrare più chiaro, fece per intervenire ma a parlare incredibilmente fu Kevin.
«E chi si sarebbe offerto di aiutarci?» domandò non senza un certo scetticismo, dando voce al dubbio di tutti: chi mai avrebbe rischiato la propria reputazione per aiutare un gruppo così male assortito e così fallimentare?
Castiel sorrise, piuttosto nervosamente a dire il vero, ma non disse alcunché. Il misterioso buon samaritano sarebbe giunto a momenti, che senso aveva annunciarlo anzitempo e rischiare di scatenare una salva di domande a cui, magari, neanche avrebbe saputo rispondere?
Concentrato unicamente sulla porta, come se potesse far apparire Dean con la sola forza del pensiero, non notò lo sguardo indagatore di Anna fisso su di lui: la ragazza non riusciva a smettere di domandarsi chi mai potesse avere un ascendente tale su Castiel da renderlo così nervoso. Il rumore della maniglia che si abbassava e della porta che si apriva la fece voltare, non prima di aver notato come Castiel avesse bruscamente trattenuto il respiro.
Immobile sulla soglia, l'ospite misterioso era una delle ultime persone che Anna si sarebbe aspettata di vedere.
«Winchester?».
Dean fece un sorriso beffardo ed entrò nella stanza, facendo un cenno col capo ai presenti.
«Ehilà, gente».
Si voltò poi verso Castiel: il suo sorriso parve ammorbidirsi e i suoi occhi sembrarono cercare quelli dell'altro.
«Cas» «Dean» gli fece eco Castiel, gli occhi più luminosi che mai.
Anna ripeté silenziosamente il nomignolo utilizzato da Dean, muovendo incredula le labbra. Soprannomi? Sguardi intensi? Oh buon Dio, non voleva dire che quei due...?
«Bene,» si riscosse Castiel, rompendo quel momento di silenzio gravoso di mille pensieri «credo vi ricordiate tutti di Dean».
Meg annuì.
«Certo, quello che se l'è svignata prima di fare una figura di merda sul palco» «Cosa ci fa qui?» rincarò la dose Kevin, squadrando il ragazzo con aria sospettosa.
Ignorando l'accoglienza meno che calorosa riservata al ragazzo – che, invece, si sentiva ribollire per l'irritazione –, Castiel posò una mano sulla spalla di lui e si apprestò a spiegare quell'apparizione inattesa.
«Dean si è spontaneamente proposto per aiutarci, mettendo a nostra disposizione le sue competenze musicali» sorrise all'indirizzo del ragazzo che deglutì silenziosamente e non distolse lo sguardo dalla parete che aveva di fronte «Sono certo che il suo contributo sarà fondamentale».
Meg inarcò le sopracciglia e lanciò un'occhiata complice ad Anna che, pur essendo intimamente d'accordo con quanto l'altra stesse evidentemente pensando, la ignorò.
Nel frattempo Castiel si era allontanato da Dean e si era accomodato accanto allo stereo, lasciando all'altro dei metaforici riflettori.
«Beh...» cominciò lui, immerso fino al collo in una situazione del tutto nuova e poco gradita «Come ha detto Cas,» e il secondo utilizzo di quel soprannome fece quasi sobbalzare Anna «esagerando, sono qui per aiutarvi».
Si interruppe, inspirò per farsi forza e abbozzò un sorrisetto.
«Sono qui per insegnarvi il rock».
Il silenzio tombale che fece da eco a quella straordinaria rivelazione non era certo di buon auspicio, ma Dean proseguì imperterrito.
«Sapete cantare, tutti voi,» riprese, evitando di guardare Garth «ma una bella voce non è tutto se è da sola. Anzi, nel rock non è neanche necessaria!».
Stavolta fu il turno di Kevin di inarcare le sopracciglia.
«Il rock è passione, energia, rabbia repressa e amore doloroso. Un concentrato di emozioni che nessun altro genere musicale può eguagliare».
Dean parlava con una convinzione estrema e una sicurezza sempre maggiore: Castiel, dal suo angolo, lo osservava rapito.
Anna alzò una mano e Dean dovette trattenere una risatina – cosa credeva, che fosse un fottuto professore? – ma le fece un cenno per invitarla a parlare.
«Sono tutte belle parole,» esordì con freddezza «ma non credi che sia un genere eccessivo e troppo maschile?».
Stavolta Dean rise senza poterselo evitare. Eccessivo? Maschilista? Sperò che Anna stesse provocandolo volutamente ma l'espressione seria di lei dimostrava che credeva davvero in quanto aveva appena detto. Il ragazzo sospirò e scosse il capo.
«Evidentemente non hai mai sentito del vero rock. O forse non hai mai sentito nominare Blondie, le Hole, Pat Benatar... Non il mio genere,» ammise «ma sono tutte signore rockettare, dalla prima all'ultima».
Questo chiuse la bocca ad Anna ma permise a Meg di cavalcare l'onda dell'umiliazione della rossa e prenderne il posto.
«Senza soffermarci sulle stupidaggini della Milton,» e qui si guadagnò un'occhiataccia dall'altra «perché non la smetti di cianciare e ci dai una dimostrazione pratica?».
A quelle parole Castiel si rianimò mentre Dean si limitò ad annuire appena.
«Speravo in una richiesta del genere».
No, cazzo, speravi di risparmiarti un'umiliazione del genere!
Prima ancora che Dean gli facesse un cenno, Castiel aveva già inserito un cd nello stereo e lo stava facendo partire: subito le voci forti e vagamente aggressive di un basso e di una chitarra presero a rincorrersi, seguiti poco dopo da un'energica batteria.
Dean, il cuore che batteva a ritmo con la grancassa di Marc Droubay, chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi sull'adrenalina che cominciava a scorrergli dentro piuttosto che sulle cinque paia d'occhi – compresi un paio fin troppo blu – che l'avrebbero scrutato e giudicato.
Poco prima che giungesse il fatale momento di cominciare a cantare, sollevò le palpebre e si stampò sul volto un'espressione a metà tra il determinato e il minaccioso.
«Rising up, back on the street! Did my time, took my chances!».
Cristo, erano bastate poche parole di quella canzone che amava con tutto se stesso per far svanire ogni traccia di incertezza. Alzò il mento e osservò gli astanti con aria di sfida.
«Went the distance now I'm back on my feet! Just a man and his will to survive!».
Sollevò il colletto della giacca di pelle che indossava e puntò due dita verso i suoi occhi.
«It's the eye of the tiger, it's the thrill of the fight! Risin' up to the challenge of our rivals!».
Intercettò lo sguardo ammirato di Castiel e, ormai esaltato, non poté non sentirsi soddisfatto: si mosse verso un banco e vi balzò a sedere continuando a cantare.
«And the last known survivor stalks his pray in the night! And he's watching us all with the eye... Of the tiger!».
Dean si sfilò con gesto fluido la giacca e, sollevata la gamba destra, cominciò a “suonarla” come fosse una chitarra tra gli sguardi divertiti e stupiti degli astanti. Castiel si ritrovò a fissarlo con aria quasi inebetita, rapito da ogni singolo gesto che compieva e dalle labbra incurvate in un sorriso strafottente. Non sapeva molto di musica rock, ma se l'esibizione offerta da Dean vi si avvicinava anche solo alla lontana a lui andava bene così.
«The eye of the tiger!».
Castiel si riscosse, giusto in tempo per alzarsi in piedi e applaudire con entusiasmo: gli altri membri del Glee Club lo imitarono, alcuni più per educazione che per reale convincimento.
Dean si rialzò tra gli applausi che lentamente si spegnevano – l'ultimo a smettere, notò con una punta di compiacimento, fu Castiel – e recuperò la giacca, levando una mano come a volerli ringraziare tutti.
Nel silenzio che seguì, Dean e Castiel si scambiarono un'occhiata: ad un cenno di quest'ultimo fu Dean a prendere la parola per primo.
«Questo è quello che intendevo. Energia, emozioni e, uhm...» «Sensualità?» gli venne in aiuto Castiel, buttando lì quella parola come se gli fosse venuta in mente per caso e non come se ci avesse pensato per tutta la durata dell'esibizione.
Dean parve un po' interdetto ma, sorridendo incerto, annuì.
«Sì, anche. Il rock è la musica più sensuale che esista, anche senza sculettare e spogliarsi come delle puttane. In più è perfetto soprattutto...» ghignò «... Per occasioni come la ginnastica orizzontale».
Garth ridacchiò ma chi – come Meg – si aspettava una reazione piccata da parte di Anna, rimase deluso: la ragazza infatti era così intenta a fissare Castiel da non aver udito le parole di Dean e si riscosse solo quando la porta dell'aula si aprì con un cigolio sinistro. Dalla soglia aveva fatto capolino nientemeno che Raphael, alla cui vista tutti si incupirono e Garth abbassò di scatto lo sguardo.
«Mi spiace disturbarvi,» si scusò con voce falsa e con un'occhiata interessata all'indirizzo di Dean «ma volevo che foste i primi a saperlo» «A sapere cosa?» sbottò Dean facendosi avanti minacciosamente: forse temendo una rissa, Castiel gli si affiancò e lo bloccò mettendo un braccio dinanzi a lui.
«A sapere cosa?» ripeté a sua volta con un tono educato e ben diverso da quello di Dean: Raphael sorrise sornione.
«Il preside Crowley ha accordato a me e ad alcuni promettenti studenti il permesso di fondare un secondo Glee Club».
A quella notizia Anna sobbalzò e Meg, per nulla impressionata, incrociò le braccia e fece un sorrisetto.
«Quanto a lungo hai dovuto leccargli il culo, Raphael?».
Pur non trovandola particolarmente gradevole, Dean ghignò a quella domanda e la apprezzò intimamente. L'altro ragazzo sospirò e scosse il capo con fare teatrale.
«Volgarità, nient'altro che volgarità. E fallimento» soggiunse malignamente: assunse poi un tono pratico «Comunque, è mio dovere comunicarvi che dovremo dividere questa sala: tre giorni a noi, tre giorni a voi e no,» si affrettò ad aggiungere bloccando le proteste «la cosa non è trattabile. D'altronde non ci resterà che attendere il momento in cui il preside si accorgerà di quale Glee Club valga la pena tenere in vita».
Ciò detto, se ne andò richiudendo la porta e lasciando dietro di sé un silenzio attonito. Gli sguardi di tutti corsero a Castiel, rimasto immobile e ammutolito durante il discorso di Raphael, ma il ragazzo non parve neanche accorgersene. Le mani strette a pugno tremavano leggermente e sui suoi occhi pareva essere calata una patina opaca. Dean gli strinse cautamente una spalla.
«Cas?».
Nessuna reazione. Dean lo scosse appena e alzò la voce.
«Cas!».
Il ragazzo sospirò appena e abbozzò un sorriso voltandosi verso i compagni e sfiorando appena la mano ancora posata sulla sua spalla – mano che Dean, come se si fosse scottato, si affrettò a togliere.
«Non ho intenzione di chinare il capo davanti a Raphael,» decretò convinto «né a chiunque altro abbia coinvolto nella creazione di questo nuovo club».
Meg sospirò rumorosamente.
«Dio, quanto sei sexy quando fai il condottiero».
L'atmosfera si alleggerì di botto tra qualche risatina e qualche sguardo di disapprovazione: Castiel ridacchiò e si voltò verso Dean.
«Sarai ancora dei nostri?».
Il ragazzo annuì senza esitare.
«Fino alla fine. Gli faremo il culo».
Castiel rise più forte mentre poco più in là Anna scuoteva il capo con fare sconsolato.
«Che strani gusti, Cas...»


**



Sam era già a casa quando Dean rientrò: lo vide affacciarsi dal salotto, il telefono cordless stretto in mano e un'espressione indecifrabile stampata sul volto.
«Com'è andata, Pavarotti?» «Fottiti» lo rimbeccò il fratello maggiore, oltrepassandolo per andare in cucina, di certo alla ricerca di una birra o di qualcosa di dolce scampato al pranzo di Bobby.
Non appena fu certo che Dean fosse pienamente concentrato sulla ricerca di qualcosa di commestibile, Sam richiuse cautamente la porta del salotto e tornò ad accostare il telefono all'orecchio.
«Sei ancora lì?» domandò una voce dall'altro capo della cornetta: Sam inspirò e tentò di rispondere come avrebbe fatto suo fratello.
«Dove dovrei essere? Sono esattamente dove non mi hai mai cercato».
La voce dall'altra parte tacque per qualche istante e, quando riprese a parlare, il suo tono si era fatto più cauto e vagamente dispiaciuto.
«Cerca di capirmi, Sam. Tu e tuo fratello eravate così simili a vostra madre che...» «Oh, al diavolo!» sibilò il ragazzo «Non voglio ascoltare scuse false e piagnistei!».
Un nuovo silenzio si dilatò tra i due interlocutori e, di nuovo, a infrangerlo non fu Sam.
«Come vuoi,» decretò e stavolta a Sam parve di cogliere un pizzico di irritazione «se dovessi cambiare idea, se decidessi di volermi ascoltare o perdonare, hai il mio numero. Ciao, Sam».
Il ragazzo sospirò.
«Addio, Samuel».


**



Nella piccola cucina, all'oscuro della conversazione telefonica appena avvenuta, Dean sgranocchiava biscotti – quel bastardo di Bobby aveva mangiato l'ultima fetta di torta di mele, un'altra volta! – e leggeva con attenzione il contenuto dell'sms appena giunto sul suo telefonino.


Buonasera, Dean.
Ti chiedo scusa in anticipo ma oggi non ho avuto il tempo di chiederti il numero di telefono, dunque l'ho chiesto ad Anna.
Spero non sia un problema, perché ho un dubbio e solo tu puoi aiutarmi.
Castiel


Dean sorrise senza sapersene spiegare il motivo e passò a digitare rapidamente una risposta.


Ehi Cas, nessun problema!
Cosa ti serve?


Chissà perché il sapere di essere il solo a poter aiutare Castiel lo faceva sentire bene...
La risposta del ragazzo non si fece attendere e Dean la lesse con attenzione.


Ti ringrazio.
Oggi al club hai detto che il rock è la musica più sensuale che esista: la frase mi ha colpito e vorrei sapere se esistono canzoni rock particolarmente “sensuali” per un'esibizione.


Dean deglutì a vuoto ed esitò prima di mandare una risposta: non credeva che quella sua frase avrebbe avuto un effetto del genere, soprattutto su Castiel!
Sbuffò e digitò velocemente alcuni tasti. In fondo se voleva fare la rockstar seducente che gliene importava?


Uhm... “Talk dirty to me” è perfetta. Niente a che vedere con la “sensualità” della musica di oggi. Solo sano rock!


Stava per inviare quel messaggio quando, senza riflettere, decise di aggiungere un poscritto.


Vuoi per caso conquistare una ragazza cantando del sexy-rock?


Una volta pigiato il tasto di invio, Dean si maledisse ininterrottamente finché Castiel – in un tempo sempre sorprendentemente breve – non gli rispose.


Grazie ancora, Dean. E no, nessuna ragazza, solo la voglia di “fare il culo” a Raphael con stile :)
Un saluto, ci vediamo domani.


Dean ricambiò il saluto e si sentì la testa e il cuore più leggeri.
Nulla che una dose di biscotti al triplo cioccolato non potesse guarire.


**



Non appena aveva terminato lo scambio di messaggi con Dean, Castiel si era messo alla ricerca della canzone consigliatagli: digitò su Google il titolo che gli era stato suggerito e, come aveva previsto, il primo risultato fu un link direttamente al videoclip pubblicato su Youtube.
Cliccò sul collegamento, alzò il volume delle casse e ascoltò con attenzione quasi morbosa la canzone, sorridendo di tanto in tanto al pensiero di Dean e del suo penultimo messaggio.
Vuoi per caso conquistare una ragazza cantando del sexy-rock?
Castiel soffocò un risolino e proseguì con l'ascolto della canzone, finendo con l'accigliarsi sempre di più. Beh, non conosceva bene la musica rock, ma quella canzone era così diversa da quella con cui si era esibito Dean poche ore prima da fargli domandare se si trattasse effettivamente di rock!
La riascoltò un altro paio di volte, memorizzando il ritmo e le parole e ritrovandosi a muoversi in maniera che, forse, poteva essere vagamente considerata sensuale.
Sorrise tra sé e lanciò una rapida occhiata al cellulare posato sulla scrivania: di lì a due giorni avrebbe stupito tutti i ragazzi del club. Specialmente Dean.






































Uhm, salve...
*schiva sassi*
Non odiatemi, applepies, è stato un periodo assurdo D:
Non voglio tediarvi con i dettagli, dunque perché non (ri)leggete il capitolo e torniamo tutti amici, eh? “^^
O perché non notate e apprezzate il bellissimo banner, opera di Obsessionjall (qui la sua pagina di creazione banner su Facebook
)?
Ehm ehm, finalmente entra in scena il rock, rientrano in scena Raphael e Samuel e Cas sembra (lol, “sembra”) sviluppare una certa predilezione per Dean.

Music corner (brevissimo): dai, lo so che tutti conoscete “Eye of the tiger” dei Survivor (che invece qui potete rivedere in chiave Dean-iana :3)!
Nel prossimo capitolo, vi anticipo, grande ritorno di Charlie *spupazza* e tanta musica :D
As usual, tanti ringraziamenti a tutti/e, siete meravigliosi/e <3
   
 
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