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Autore: Eje    20/10/2008    5 recensioni
- Il mio nome è Sea Dragon.-
E il potente Nettuno, nemico di Athena, grande imperatore delle acque, gli credette. L’uomo, ingannò il Dio, rendendosi da se, degno di quelle sacre vestigia.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gemini Kanon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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KANON







Era odio. Il sentimento che lo muoveva, che gli dava ancora vita era puro, assoluto odio. Un odio indiscriminato, violento. Un odio che aveva saputo far suo mentre dannava il mondo, rinchiuso in quella prigione d’acqua.

Ed era grato a quel sentimento tanto ineluttabile da possederlo totalmente, sfociando in una rabbia cieca. Era come un animale che prendeva coscienza di se, che riscopriva la libertà persa.
I suoi sogni ora parevano più tangibili, del tutto animati dall’astio, dal desiderio di vendetta.

Vendicarsi del fratello che lo aveva tradito, di quel destino crudele che lo aveva costretto sua ombra, suo eterno secondo, negandogli l’armatura, il potere. Negandogli la gloria di essere cavaliere.

Per questo non lo avrebbe mai perdonato. Quel essere fragile, ipocrita. Bardato di una maschera che lui stesso non sapeva tale si nascondeva dietro belle parole, schermato da un senso giustizia che non gli apparteneva minimamente. Il grande cavaliere di Gemini. Ma anche il più grande impostore della storia. Un uomo falso, che temeva se stesso più di chiunque altro, che placava i propri istinti costringendosi in catene. Quello stesso uomo che aveva osato giudicarlo.

Il fratello, il gemello che gli aveva voltato le spalle.

E forse fu questo, ciò che lo ferì maggiormente. Essere dannato dalla sua esatta metà, dal sangue del suo stesso sangue.

Voleva cancellare quel dolore, soffocarlo nel disprezzo, annichilirlo nella rabbia feroce. Custodiva gelosamente questi sentimenti, alimentandoli, per non permettere al tempo di logorarli. Mai e poi mai avrebbe voluto che si spegnessero.
Temeva la sua natura umana, il bisogno quasi spasmodico di affetto che sostiene ogni uomo. Eppure aveva la certezza che lui non si sarebbe mai piegato, non avrebbe mai rimpianto né Saga, né nient’altro.
Doveva ascoltare solamente quel desiderio di potere. Il desiderio irrefrenabile di urlare al mondo, all’universo intero, il proprio nome. Di esistere.
Non più come ombra, come alternativa, ma come se stesso. E vedere il mondo che lo aveva sempre rifiutato piegarsi ai suoi piedi. Sentire scorrere quel brivido di assoluta euforia dentro le vene. E poi, ancora, ergersi al di sopra degli uomini, dei cavalieri. E degli Dei.





Spetta a me decidere chi io sia.




Un boato profondo risuonava eterno. Nelle profondità più blu e oscure, dove si infrangevano nel nulla le acque, sorgeva la dimora del signore di tutti gli oceani.
Le colonne antiche si perdevano nei riflessi blandi di una luce spenta, unica a raggiungere tali profondità.
Tuttavia egli non fu intimorito. E quando una voce liquida e grave come il mare raggiunse la sua mente, non si tirò indietro.

Nella sala marmorea, tra i bagliori delle vestigia marine senza cavaliere si ergevano, al disopra delle altre, le spoglie dorate del Dio.
- Qual è il tuo nome?-

Fu per rispondergli, allora, che indossò l’ armatura. Non importava che non gli appartenesse di diritto, che non fosse li per lui, Kanon la fece sua ugualmente. Così il gelido tempio si illuminò, ritrovando il suo primo generale.
- Il mio nome è Sea Dragon.- Mentì.

E il potente Nettuno, nemico di Athena, grande imperatore delle acque, gli credette. L’uomo, ingannò il Dio, rendendosi da se, degno di quelle vestigia.
Avvolto nel pesante mantello, pronto a sfidare il mondo, il nuovo cavaliere prese coscienza di se stesso. Ciò che aveva sempre desiderato era, ora, a portata di mano. Non esisteva più alcun impedimento, di fronte a lui si spianava la via.
La sacra armatura del generale degli abissi, le vestigia d’orate di Sea Dragon erano il potere cercato da tempo, uno strumento infallibile per ottenerne altro ed altro ancora. Il demone marino, così, si innalzava sopra il Dio che lo aveva reso tale, imprigionandolo nel suo giogo.

-Infliggerò i tormenti del fato ad Athena e ai suoi cavalieri. Dopodichè sarà la volta degli uomini che vivono ignari dei miei patimenti. Verrà quindi il giorno in cui io, Kanon, sarò il signore di mare e terra!-









Quando lasciò che l’aria fredda e gravida di polvere gli lenisse la pelle, non rimpianse nulla. Sentì l’armatura liberare il proprio corpo, lo avvertì più leggero, più indifeso. Le vestigia dorate, ancora una volta, gli parvero irraggiungibili. Quasi non le avesse mai, davvero, indossate.

Fece appena in tempo a voltare lo sguardo per vedere un ultima volta il cloth di Gemini sparire.
Rimase solo la desolazione estatica di quel luogo battuto dal vento, una distesa di rocce e nulla che si stagliava in un cielo piatto, terribilmente innaturale.

- Sei impazzito, che fai?- Ebbe un sussulto quando quella voce profonda lo raggiunse.

- L’armatura dei Gemelli raggiungerà il suo legittimo proprietario ed io non né ho bisogno per batterti.-

Gli occhi d’orati della Viverna infernale si sgranarono. Prima del indignazione arrivò lo stupore; come poteva un uomo privo di armatura competere con lui?

- Stai vaneggiando, non hai il potere per fare una cosa simile, Kanon!-

In un turbine nero, sfoderando l’aggressività che lo contraddistingueva, lo Specter si buttò su di lui. L’armatura oscura cozzò sulla pelle nuda. I colpi del Gigante infernale si abbattevano sul corpo sguarnito con facilità. In quel universo a parte in cui l’angoscia e la sofferenza regnavano sovrane, il cavaliere senza armatura cadde a terra.

Un dolore silenzioso si impossessò della sue membra, ma Kanon non si lasciò vincere dalla debolezza. Ancora e ancora alzò il capo, ritrovandosi, fiero, a fronteggiare il suo avversario.

Era un dolore intimo, quello che provava. E lui aveva un bisogno disperato di avvertire quella sofferenza così materiale, concreta, in grado di detergergli l’animo. Purificandolo da ogni colpa, ogni affronto.
Così, forte di quella sopportazione devota, accusò i colpi senza retrocedere, bloccando con il suo stesso corpo i movimenti del nemico. Lo strinse a se con quanta più forza avesse, in una morsa di ferro, indissolubile.
La voce di Rhadamantis gli giunse assordante, cavernosa ed assieme lontana; parte di una dimensione che lui aveva già mentalmente abbandonato.
- Cosa diamine vuoi fare?!-

Domanda che non necessitava di una risposta, eppure Kanon la diede ugualmente.

- é l’unico modo che ho per sconfiggerti pur privo di armatura….-

Avvertì una vertigine quando lo Specter si tese nella sua morsa, sentì la consapevolezza farsi strada nel suo cervello, nel suo corpo, sfociando in un terrore impotente. E poi in rabbia, rabbia per quella sua impotenza.

- Non avrai intenzione di farti esplodere con me! Non puoi fare una cosa del genere! Davvero hai intenzione di sacrificarti così?!-

Sacrificarsi. Uscire dall’ individualità a cui aveva sempre e solo guardato per piegarsi in favore di qualcosa di più grande, di assoluto. Morire per una Dea che aveva troppo presto abbandonato, per un umanità a cui aveva arrecato solo sofferenze.
Chiuse gli occhi e incosciamente strinse la presa, quasi cercasse nel corpo che stringeva una sorta di sostegno.
Quella dello Specter, ora, non era stata una domanda. Eppure Kanon, una volta ancora, diede la sua risposta.

- Galaxian Explosion! –

L’urlo si fece strada oltre le porte dell’Ade, fin sulla terra e nel cielo. Un urlo carico di tutto ciò che avrebbe voluto essere, ma che non era mai stato. Un urlo fiero ed insieme disperato.

Mentre il cosmo esplodeva l’aria infernale venne spazzata via. Una luce incandescente fatta di folgori inghiottì ogni cosa scalfendo lo spazio.
E un attimo prima che i loro corpi si dissolvessero nel nulla, a Rhadamantis parve di vederla quel armatura d’orata. Splendeva come non mai sul corpo del suo avversario, brillando eterna di una luce celestiale, infinita, fatta di stelle.



Kanon, Kanon di Gemini…
















NOTE:
Tributo a Kanon. Un personaggio veramente complesso a mio avviso, difficile da rendere come cavaliere, ed ancora più come uomo.
Questa volta la fiction è diviso in tre parti, speculari a “Saga” le prime due (seconda sempre tratta da Episodio G) e una chicca finale la terza. Perché davvero finire la “storia” senza mettere in luce il suo redimersi in modo così totale, arrivando addirittura al sacrificio, proprio non potevo. E poi mi sarebbe spiaciuto non scrivere di Rhadamantis, il primo in effetti a chiamarlo “Kanon di Gemini”, a riconoscerlo a tutti gli effetti come cavaliere d’oro. ( Anche se bisogna ammettere che il buon Milo c’era andato molto vicino.)

Ren_chan: Ti ringrazio per la recensione e i complimenti. Hai colto esattamente ogni aspetto che avrei voluto cogliesse chiunque leggesse, per questo mi hai lusingata tantissimo. Mi ha fatto davvero piacere leggere il tuo parere e spero vivamente sarai disposta a darmene altri. Grazie ancora.
  
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