Ringrazio anche solo chi legge.
Partecipa al contest: 'Promete' (Prometti).
Oggetto: Vaso
Luogo: Ufficio
Genere: Fluff
Tu sarai le mie ali, servo
La luce del tramonto entrava dalla
parete a vetri dell’ufficio.
Malefica osservò le pareti rosa pastello che riportavano la
decorazione di una
serie di calle candide. Si voltò sentendo dei passi e la
porta di Mogano si
aprì. Fosco entrò a passo cadenzato, indossava un
vestito nero lucido che gli
fasciava totalmente il corpo.
“Finalmente sei di ritorno,
corvaccio malefico” ribatté.
Fosco sorrise, strinse con un braccio solo un vaso di ceramica dalle
decorazioni blu e si chiuse la porta alle spalle.
“Padrona le ho portato il
vaso antico che mi aveva richiesto”
spiegò. Malefica sollevò le sopracciglia sottili.
“Dovevi essere
più celere. Me lo hai portato ora che ho
altro da fare e non posso occuparmene” disse gelida. Fosco
appoggiò il vaso
orientale sopra la scrivania di ciliegio della donna.
“Allora sono vere le
voci” sussurrò. Malefica si sporse in
avanti e strinse i pugni.
“Come scusa?”
chiese. Riaprì le dita, muovendole e le luci
delle lampade si rifletterono sulle sue unghie aguzze. Fosco
arrossì e abbassò
lo sguardo.
“E’ vero che sua
figlia Aurora ha nuovamente tentato il
suicidio dopo la partenza di Filippo?” chiese. Malefica
sgranò gli occhi, si
voltò e impugnò un bastone appoggiato alla
parete. Lo afferrò, si voltò e lo
lanciò verso Fosco.
-Mi ha mancato di proposito, come
sempre- pensò il
tuttofare.
“Non posso, quindi,
parlarle liberamente su sua figlia?”
chiese.
“No”
ribatté secca Malefica. Fosco abbassò il capo e
socchiuse gli occhi, ispessendo i segni ai lati del viso.
“Invece di perdere
inutilmente il tuo tempo, vatti ad
occupare di lei”. Aggiunse la donna, utilizzando nuovamente
un tono gelido.
“Non sono un infermiere
qualificato …”. Si scusò gentilmente
l’uomo.
“Vai e fallo”
ordinò la donna.
“Ogni volta che il discorso
non le piace, lei mi conferisce
un incarico spinoso. Mi costringe a trasformarmi nel suo cane fedele
che le
porta la borsa o l’ombrello, nel drago sputafuoco che deve
licenziare una
dipendente o nel lupo feroce che stringe nei bilanci” rispose
con tono affabile
il moro. Allungò il braccio e accarezzò con le
dita il bordo del vaso. Malefica
assottigliò lo sguardo e si ticchettò con la
guancia con l’indice.
“Se non ti va bene, ti puoi
licenziare” gli ricordò.
“Padrona, lei lo sa cosa le
ho giurato” ribatté Fosco
indurendo il tono. Rizzò le spalle e gonfiò il
petto. La donna sospirò e annuì.
Il giovane raggiunse i braccioli della sedia a rotelle su cui era
seduta la
donna e la spostò, allontanandola dalla scrivania. La
portò fino alla
parete-finestra e la donna sospirò. Socchiuse gli occhi,
sporse le labbra rosso
sangue, gli zigomi sporgenti le premevano sotto la pelle nivea.
Fosco
guardò la donna
sulla sedia a rotelle seduta davanti a lui e sbatté un paio
di volte gli occhi.
“Lei
… lei mi ha
comprato?” domandò e la voce gli tremò.
“Assunto”
ribatté
secca. Il giovane sorrise e si alzò seduto sul letto.
“Lei
mi ha liberato?”
domandò. Malefica guardò le ossa che sporgevano
dal suo ventre pallido, gli
ematomi su tutto il corpo e corrugò la fronte.
“Non
mi piace vedere
un buon lavoratore imprigionato nella rete di simili zotici”
brontolò. Fosco
allungò la mano verso di lei e la donna fece scattare le
ruote all’indietro,
allontanandosi.
“Visto
il lavoro che facevi, non dovresti
avere
fobie da tocco? A me l’hanno fatto solo una volta e mi
è bastato” ringhiò.
Fosco mise un braccio sull’addome e si chinò in
avanti, piegando il capo.
“Ora
sono il tuo
servo, chiedimi ciò che vorrai e lo
farò” promise. Malefica
s’indicò le gambe
inerti con l’indice pallido.
“Tu
sarai le mie ali”
ordinò.
“Io le ho promesso di
essere il suo servo, le sue ali e
perciò desidero aiutarla ad alzarsi in volo in tutti sensi;
che lei voglia
oppure no” disse duro Fosco. Le mise una mano sulla spalla
nuda e strinse. La
donna sospirò e mise la propria mano su quella di lui.
“Dimmi, così
finalmente ti decidi a mettere al sicuro il
viso ed ad occuparti della bestiolina”
borbottò. Fosco strinse più forte la spalla di
lei e il bracciolo di metallo
con l’altra mano.
“Se sua figlia si sta
lasciando morire di dolore, potrebbe
ricorrere al vero amore” propose. Malefica
ridacchiò e scosse il capo.
“Il vero amore non esiste.
Ecco perché il fidanzato l’ha
lasciata e il mio ex mi ha ridotto così”
ribatté acida. Fosco abbassò il capo e
strinse le labbra fino a farle sbiancare.
“Lo so che lei è
…”. Iniziò.
“Una cinica donna
d’affari?”. Lo interruppe Malefica. Fosco
negò con il capo e socchiuse gli occhi.
“… Dotata
dell’unico vero amore esistente”
ribatté. Malefica
alzò la testa, guardando in viso l’uomo.
“Ossia?” chiese.
“Quello di una
madre” rispose Fosco. Malefica rialzò la
testa e sospirò.
“La prenderai sempre
così sul serio la tua promessa?”
domandò. Fosco le tolse la mano dalla spalla.
“Quel vaso è
durato trecento anni, la mia promessa
sopravvivrà per almeno il triplo di quel tempo”
ribatté.