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Autore: ginevrainalaska    02/11/2014    1 recensioni
-Guardaci, Blaine Anderson. Tu appartieni a questo mondo di feste, cristallo e abiti firmati. Io...beh, io appartengo ad un mondo molto diverso. Sono quello dall'altra parte del vetro. Non credo che dopo stasera ci rivedermo mai più; quindi che senso ha dirti il mio nome?-
-Tu non sai cosa c'è dietro i nostri bicchieri di cristallo e gli abiti firmati. E' difficile immaginarlo- rispose Blaine fissando le sua labbra sempre più vicine.
-Hai ragione, neanche io ho visto tutta la medaglia. Ma ho visto anche il modo in cui ci guardano dall'alto in basso. Ho visto l'arroganza che questa finta ricchezza gli ha conferito- sussurrò il castano.
Questa volta fu Blaine a scuotere la testa. -Non sono tutti così. Io non sono così-.
-E come faccio ad esserne sicuro, Blaine?- chiese l'altro improvvisamente quasi più insicuro.
-Non puoi. Puoi solo fidarti- disse Blaine annullando quasi lo spazio tra loro. I loro nasi potevano quasi toccarsi.
-Ti conosco appena...- disse l'altro guardandolo triste.
-Dovrai decidere se ne vale la pena. Se vale la pena rischiare- sussurrò Blaine. Poteva sentire chiaramente il respiro costante dell'altro, come se fosse registrato nella sua mente.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Cooper Anderson, Kurt Hummel, Santana Lopez, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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~Come qualunque diciasettenne che si rispetti, Blaine aveva ben poche certezze nella sua vita: non sapeva cosa avrebbe fatto dopo il diploma (al contrario dei suoi genitori, che sembravano saperlo benissimo), non sapeva se avrebbe mai trovato qualcuno o se avrebbe lasciato l'Ohio un giorno. Ma una cosa la sapeva con certezza assoluta: odiava quelle feste. E con quelle feste non si intendono le feste nei seminterrati, con i bicchieri di plastica rossi, musica dagli sterei e ragazzi che ridono, quelle a cui si pensa partecipi la maggior parte degli adolescenti; no, con quelle feste si intendono le feste in cui ci si veste eleganti, con i bicchieri di cristallo, musica molto lenta in sottofondo e persone tra la quarantina e la cinquantina. Sì, quelle in cui i quarantenni sono l'anima della festa. Quelle nei grandi saloni e lunghi tavoli di legno di mogano. Blaine odiava quelle feste; e le odiava ancora di più quando il grande salone con il lungo tavolo era quello di casa sua. Seduto composto mentre sciami di camerieri ingaggiati per l'occasione trafficavano avanti e indietro con le portate, osservava quel mondo da lontano, fingendo di non farne parte. Guardava i suoi genitori chiacchierare amabilmente con i signori Dallaway, guardava i soci di affarri di suo padre e le loro mogli banchettare e, cosa sorprendente, persino ridere ogni tanto. Pensò che forse qualcuno guardandoli poteva pensare che fosse una vita felice, la loro; qualcuno poteva pensare che tutte quelle persone fossero serene, appagate. Ma non lui. Lui poteva vedere cosa c'era dietro gli eleganti vestiti e il servizio di porcellana: lui sapeva quante urla e infelicità ci fosse dietro ai sorrisi dei suoi genitori, quanto tutto questo fosse falso. Lui poteva saperlo perchè, volente o nolente, ne faceva parte. Era parte di quel mondo di oro e privilegi, era parte di quel mondo di ipocrisia e di finzione. E mentre li osservava riusciva solo a chiedersi: si rendono conto di non essere felici? O stanno fingendo da così tanto tempo da averlo scordato?

Un'altra cosa che sapeva con certezza era che non avrebbe vissuto troppo a lungo in quel modo da rischiare di scordarlo. O da subirsi altre feste come quella. Il vero problema non erano il denaro o le ricchezze, ma gli effetti che possono avere sulle persone. Diventano incredibilmente pericolosi quando inizi a credere che tutte le cose importanti girino attorni ad essi; ti danno l'illusioni di essere diverso dagli altri, e talvolta riescono davvero a convincere le persone ad essere meglio di altre. Blaine aveva giurato a se stesso che non sarebbe mai caduto in quella trappola, che non avrebbe dimenticato chi fosse realmente. In quel momento, però, avrebbe solo voluto trovare qualcos di bello, di autentico, qualcosa che lo distraesse per sempre da quel mondo di specchi e---
-Scusami- Blaine si risvegliò bruscamente dai suoi pensieri, mentre sentiva qualcosa di freddo sulla manica, rendendosi conto che il cameriere aveva appena versato per sbaglio un po di vino sulla manica della camica.
-Non importa- borbottò distrattamente prendendo un fazzoletto e alzando gli occhi per una frazione di secondo. Una frazione di secondo bastò e si ritrovò daventi gli occhi più incredibili che avesse mai visto. Qualcosa sembrò fermarsi: il tempo, i suoi pensieri, il suo cuore...Blaine non seppe dirlo. I loro sguardi si incontrarono per una frazione di secondo e l'altro dovette notare il suo sguardo un po' spaesato perchè gli rivolse un quasi impercettibile sorriso; un labbro appena appena rivolto verso l'alto. Ricambiare quel sorriso fu la cosa più naturale del mondo. Come respirare. Fu un sorriso impacciato, un po' imbarazzato ma, di questo Blaine era sicuro, il più vero che avesse mai fatto in vita sua. Il ragazzo abbassò lo sguardo, versò il vino rosso nel bicchiere e se ne andò.  Il tempo ricominciò a scorrere, ma tutto gli sembrava così diverso. Quella dimensione fatta di noia e apparenza, sembrava essere stata travolta da bellezza, da meraviglia. Per la prima volta le cose attorno a lui sembravano brillare per davvero. Forse, erano solo i suoi occhi a vedere tutto in maniera diversa; come se, dopo aver visto qualcosa di tanto bello, avessero bisogno di proiettarlo su tutto il resto. Su tutto ciò che era grigio. Forse stava esagerando, ma nella sua vita non si era mai sentito così euforico e nello stesso tempo sereno; si sentiva vivo. Qualunque cosa fosse, non voleva perderla. Non poteva. Qualunque cosa fosse, doveva portarla nella sua vita. Doveva far entrare quel ragazzo nella sua vita.

-Ora cercherò di spiegarlo in maniera più semplice, Lady Hummel. Io non servirò un altro schifosissimo, fottutissimo drink a quell'acida, viziata massa di str-
-Santana!- Kurt richiamò la sua amica spazientito. Sapeva perfettamente quanto quel lavoro talvolta potesse essere frustrante, ma non potevano perderlo. Non se avessero voluto qualche possibilità di andarsene.
-Che c'è?! Non dovrei dirlo?! A Lima Hights le cose ce le diciamo in faccia!- rinfacciò l'amica sbattendo il vassoio vuoto sul bancone della cucina. L'amico si affrettò a socchiudere la porta.
-Qui non siamo a Lima Hights, Santana, lo sai. Siamo in questo schifo di villa a fare questo schifo di lavoro. L'unico lavoro che ci permetterà di andarcene per sempre da qui: non possiamo perderlo. Quindi ora respira e conta fino a dieci-.
L'amica sbuffò dicendo:-Questa cosa non ha mai funzionato davvero- ma sembrò calmarsi. Si avvicinò all'altro aiutandolo a sistemare i bicchieri.
-E' solo che non sopporto come si comportano. Voglio dire, io so essere una stronza quando voglio, ma almeno non godo nell'umiliare le persone. E soprattutto non mi sento superiore a tutti solo perchè ho una Lamborghini- disse più cautamente.
-Lo so, Santana. Ma non saranno tutti così. E' l'agenzia che ci manda dai peggiori-.
-Sarà...ma quella tipa mi ha parlato sillabando! SILLABANDO! Capisci? Credeva che non capissi nemmeno la nostra lingua!- Kurt non potè fare a meno di scoppiare a ridere. Santana indugiò qualche secondo prima di seguirlo a ruota.
Dovevano preparare gli antipasti da servire: era il momento giusto. Pian piano iniziò a bacchettare con le forchette sul bordo del lavabo, a tempo, producendo un argentato ticchettio. Santana gli rivolse unos sguardo complice prima di iniziare a battere leggermente con i cucchiaini sui bicchieri di cristallo, seguendo il ritmo stabilito dall'amico. Come al solito fu Kurt ad iniziare a canticchiare, pian piano, aspettando che Santana iniziasse i suoi gargarismi vocali prima di aggiungere le parole:

I've never seen a diamond in the flesh
I cut my teeth on weddings rings on the movies
and I'm not proud of my address
In the torn up town, no post code envy


Ora canticchiavano insieme, in perfetta sincronia, come avevano già fatto un milione di volte, come facevano sempre, rendendo tutto migliore. E mentre cantavano si muovevano a tempo, sorridendo, finchè Kurt non prendeva Santana per mano, facendola voltare a girare più e più volte, finchè l'altra non si fermava esausta ridendo a crepapelle e Kurt faceva lo stesso. E si ritrovavano lì, ridendo e ancora cantando e ballando. E preparare gli antipasti per una massa di persone un po' snob sembrava la cosa più bella del mondo. La cosa più bella ed entusiasmante dell'universo. Era come se nell'aria ci fosse qualcosa di diverso: di leggero e piacevole. Si sentivano loro stessi più liberi e leggeri. Era in quei momenti che Kurt pensava che essere amico di Santana Lopez era, sì, davvero impegnativo e un grande azzardo. Ma, cavolo, era anche dannatamente bello.

Blaine si fermò sulla soglia della porta della cucina con un mezzo sorriso sulle labbra. Non sapeva ancora bene cosa l'avesse spinto ad alzarsi e girare per gli immensi corridoi della sua dimora; forse la ricerca del misterioso ragazzo, forse la voglia di lasciare quel posto; non sapeva cosa, ma l'aveva fatto. Sapeva perfettamente, però, cosa l'aveva fermato davanti alla porta della cucina: una canzone, una musica. Blaine si sporse sulla soglia per vedere due ragazzi cantare e ballare ridendo. Non c'era base nè arrangiamento, eppure le loro voci era magnifiche. Non aveva mai sentito niente del genere: la voce della ragazza così delicata e tagliente allo stesso tempo, era fantastica. E la voce del ragazzo era...era incredibile. Pensò di non aver mai ascoltato qualcosa di così bello finora. Poi lo riconobbe: linamenti delicati, mascella più pronunciata, pelle così chiara da sembrare di ventro, capelli castano chiaro e fantastici occhi azzurri. Il cameriere. Il ragazzo che stava cercando. E probabilente quella era la sua ragazza. In fondo, non c'era nulla di strano: lei era davvero una bella ragazza, e lui lo era indubbiamente; formavano una bella coppia. Anche se bella era una parola grossa. Carina. Accettabile, forse. Però c'era qualcosa, una certa complicità, che gli faceva pensare che forse erano solo buoni amici. Se lo sentiva. O probabilmente ti sei preso una cotta. Gelosia, Blaine. Si chiama così. Il ragazzo scacciò velocemente quei pensieri. Una cosa era certa: erano fantastici. Stavano lavorando, di sabato sera, eppure sembravano divertirsi molto più di quanto Blaine non faceva da un pezzo. Improvvisamente aveva voglia di cantare. Gli sembrava una vita che non cantava per caso, solo per divertirsi. Niente competizioni, niente crediti da guadaganre per i college; solo lui e la sua voce. Lui e il suo pianoforte. Chiuse gli occhi appoggiando la testa alla porta. Quanto amava poggiare le mani su quei tasti bianchi e sapere che tutto sarebbe andato bene, non importa cosa. Iniziava a cantare, e si sentiva mano a mano più leggero. Avrebbe voluto ringraziare quei ragazzi solo per avergli ricordato quanto fosse fantastico tutto ciò. Quanta bellezza ci fosse dietro le cose più banali del mondo.

Blaine si riprese appena in tempo per vedere la ragazza uscire col vassoio di antipasti e spostarsi dalla porta senza farsi notare. La vide allontanarsi prima di riavvicinarsi alla soglia della cucina. Doveva ritornare in sala, i suoi genitori tenevano sicuramente poco in considerzione la sua presenza, ma prima o poi si sarebbero accorti della sua assenza, c'era sicuramente qualche vecchio collega o parente che non vedeva da secoli che per qualche assurdo motivo voleva vederlo e...
-Cerchi qualcosa?- Quella voce che già gli sembrava familiare lo riscosse d'improvviso da suoi pensieri; Blaine si voltò per incontrare gli occhi azzurri del ragazzo che lo guardava dalla cucina, avendolo notato sulla soglia.
-Io, ehm...no, in realtà...- dì qualcosa di intelligente, Blaine. -Cercavo te- sospirò infine.
Il ragazzo aggrottò gli occi guardandosi attorno con aria confusa, per poi indicarsi:
-Me?- chiese.
-Sì. Lo so che è strano ma...- Blaine si schiarì la voce in mbarazzo -Sono il ragazzo su cui hai vesato il vino per sbaglio- disse per provare a spiegarsi.
Il suo sguardo sembrò sorpreso per qualche secondo prima di cambiare e Blaine notò come un cenno di -cosa?- delusione.
-Oh- disse -senti, non ho soldi per ripagarti. Puoi dire all'agenzia di scalarlo dalla mia paga e...-
-Cosa?!- sbottò Blaine realizzando -No, cavolo, non è questo! Non  intendevo questo...-.
Il ragazzo sembrò ancora più confuso. -Questa cosa sta diventando sempre più bizzarra- disse avvicinandosi un po'. Blaine decise che era ora di smetterla di restare sulla porta ed entrò nella cucina bianca e argento.
-Lo so- disse sorridendo -intendevo solo dire che prima, beh, ti ho notato. Per farla breve, ti trovo carino- disse tirando un sospiro. Diciamo pure bellissimo. Diciamo così tanto da sembrare irreale.
Il ragazzo arrossì un po' -era adorabile- poi sorrise abbassando leggermente il capo di lato. -Carino, eh?- disse quasi divertito.
Blaine sorrise a sua volta. -Forse dovrei presentarmi-.
Il cameriere fece un cenno con la mano dicendo-Non ce n'è bisogno. Credo di sapere il tuo nome-.
-Davvero?- chiese l'altro sorpreso avvicinandosi un po' di più.
-Capelli neri, occhi magnificamente dorati- era un complimento? -vestito elegante e quasi l'unico a non aver raggiunto l'età pensionabile. Praticamente l'unico ragazzo che non poteva non essere presente. Credo che tu sia il figlio dei proprietari. Gli Anderson. E se la memoria non mi inganna i nomi dei figli dei famosi imprenditori sono Cooper e Blaine. L'istinto mi dice che tu sei Blaine. Quindi, per concludere, Blaine Anderson?- disse inclinando un po' il capo in attesa di conferma.
-Wow. Sono impressionato, Sherlock- disse tra l'ammirazione e lo scherzo.
-Elementare, Watson- rispose l'altro facendo un piccolo inchino.
Blaine rise facendo un altro passo in avanti. Ora c'era meno di un metro a dividerli.
-Beh, visto che sai il mio nome, credo sia ora di dirmi il tuo. Io ho troppi pochi elementi per trarne una deduzione- disse.
Lo sguardo dell'altro sembrò farsi più malinconico, di una tristezza rassegnata, quasi stanca, mentre allungando sorridendo amaramente diceva:-E a che servirebbe, Blaine Anderson?-.
-Cose vuoi dire?- chiese l'altro avvicinandosi ancora e abbassando la voce, come se paradossalemente in quel modo lo sentisse meglio, perchè stava parlando solo con lui. Era solo lui l'unico che importava sentisse.
-Guardaci, Blaine Anderson. Tu appartieni a questo mondo di feste, cristallo e abiti firmati. Io...beh, io appartengo ad un mondo molto diverso. Sono quello dall'altra parte del vetro. Non credo che dopo stasera ci rivedermo mai più; quindi che senso ha dirti il mio nome?- disse come se fosse stata la più grande fatica del mondo.
-Io ho visto il tuo mondo prima. L'ho visto mentre ballavi e cantavi con quella ragazza; ed era bellissimo- sussurrò facendosi più vicino. Poteva vedere le pagliuzze verde smeraldo che brillavano in quello sguardo azzurro.
-Hai visto solo una parte della medaglia. Non sai cos'altro c'è dietro- disse quello scuotendo la testa.
-Neanche tu sai cosa c'è dietro i nostri bicchieri di cristallo e gli abiti firmati. E' difficile immaginarlo- rispose Blaine fissando le sua labbra sempre più vicine.
-Hai ragione, neanche io ho visto tutta la medaglia. Ma ho visto anche il modo in cui ci guardano dall'alto in basso. Ho visto l'arroganza che questa finta ricchezza gli ha conferito- sussurrò il castano.
Questa volta du Blaine a scuotere la testa. -Non sono tutti così. Io non sono così-.
-E come faccio ad esserne sicuro, Blaine?- chiese l'altro improvvisamente quasi più insicuro. Quasi spaventato. Blaine non sapeva se dalla possibiltà di trovare una nuova delusione o se dall'idea che non ci fossero modi sicuri per provarglielo.
-Non lo sono. Puoi solo fidarti- disse Blaine annullando quasi lo spazio tra loro. I loro nasi potevano quasi toccarsi.
-Ti conosco appena...- disse l'altro guardandolo triste.
-Dovrai decidere se ne vale la pena. Se vale la pena rischiare- sussurrò Blaine. Poteva sentire chiaramente il respiro costante dell'altro, come se fosse registrato nella sua mente. Un passo, un solo passo che sembrava infinito...
-Di là vogliono gli aperitivi quind-ma che cavolo!- I due ragazzi indietreggiarono contemporaneamente sussultando, sentendo la voce della ragazza bruna appena entrata che li guardava interdetta e a bocca aperta.
Il castano annuì e si schiarì la voce imbarazzato; Blaine si grattò la testa abbassado il capo. Si sentivano come se fosse appena stato rotto qualcosa di importante.
Il moro indietreggiò dicendo:-Allora vado, io... vi lascio lavorare-. Fece per uscire dalla cucina sotto lo sguardo esterefatto di Santana.
-Blaine aspetta!- L'altro si voltò sulla soglia. Il castano esitò qualche frazione di secondo prima di dire:-...E' Kurt-.
-Come?-.
-Kurt. Il mio nome è Kurt-.
Blaine sorrise e lasciò la stanza. Aveva rischiato.

-Cosa. Diavolo. Era. Quello?- Santana sembrava sconvolta e allo stesso tempo incredibilmente divertita.
-Niente. Blaine aveva bisogno di...tovaglioli- disse sotto lo sguardo scettico dell'amica.
-E pensava di trovarli nella tua bocca?- rispose l'altra con un gigno divertito stampato in faccia.
-Ah ah ah, molto divertente. Ma hai frainteso tutto- disse Kurt concentrandosi in maniera ossessiva nel sistemare i bicchieri sul vassoio, ed evitando di guardare l'altra negli occhi.
-Due ragazzi sul punto di saltarsi addosso sono difficili da fraintendere- disse quella aggirandolo e cercadno il suo sguardo, sempre più imbarazzato.
-Non stavamo per saltarci addosso, Santana. Sei tu che vedi sesso dappertutto- disse quello per niente convinto.
-Sarà...- concordò l'amica sorridendo -In ogni caso non ci sarebbe stato nulla di male. E' davvero carino...come hai detto che si chiama?-.
-Blaine- disse l'altro abbassando la voce -Anderson Blaine-.
-Cosa?! Aspetta- disse quella prendendo un bicchiere e iniziando a bere uno dei drink sotto lo sguardo confuso dell'amico, per poi urlare- Cosa?!- sputandone il contenuto.
-Scusa, ma ci voleva una reazione teatralmente più appropiata.- si spiegò mentre Kurt la fissava di stucco.
Sbuffò rumorosamente:-Non ce n'era affatto bisogno-.
-Oh, sì, invece. Blaine Anderson! L'erede di tutto questo ben di Dio- disse quella indicandosi attorno.
-Lo so, Santana-.
-E' incredibile-.
-Che si sia interessato a me?- chiese quello più rassegnato che offeso.
Santana lo guardò dicendo -No, stupido.- rispose dolcemente -intendo il fatto che sia gay. Il padre sembra un tipo piuttosto...non so, conservatore? Molto rigido, insomma- spiegò quella.
-Magari non lo sa- rispose Kurt scrollando le spalle -oppure sono solo impressioni-.
-Comunque, com'è andata? Sei riuscito a dargli il numero prima che vi interrompessi?- chiese Santana curiosa.
-Non gli ho dato proprio niente invece- rispose l'altro stizzito -l'hai detto tu. Lui è Blaine Anderson. Io sono Kurt Hummel. Non c'è storia-.
-Andiamo, non puoi fare sul serio! Non sei mai stato un tipo classista!-.
-Infatti io non lo sono. Ma tutte quelle persone lì fuori sì, Santana. Loro pensano che sia questo- disse indicando le posate d'argento -a rendere felici e degne di considerazione le persone-.
-Quando vi ho visti a un centimentro di distanza l'uno dall'altro, mentre ti divorava le labbra con gli occhi, mi sembrava che a l'hobbit non importasse un fico secco delle classi sociali-.
No, non sembrava importargli. Forse era davvero diverso da tutti gli altri. Forse valeva la pensa scoprirlo. Kurt sorrise un po'. Poi sembrò notare improvvisamente una cosa assurdamente importante.
-Aspetta, come l'hai chiamato?!-.

Tornare a sedersi a intorno al lungo tavolo di mogano fu l'impresa più difficile della sua vita. Avrebbe solo voluto tornare dal ragazz-Kurt e parlargli, conoscerlo, guardarlo. Cavolo, aveva voglia di baciarlo. Adesso era troppo tardi per negare di essersi preso una cotta, anche piuttosto grande. Sbuffò guardandosi attorno. Avrebbe voluto rompere quello stato di apparente staticità in cui tutti discorrevano a voce bassa, parlando delle solite cose, facendo qualcosa di pazzo. Come alzarsi sul tavolo ed iniziare a cantare a squarciagola una canzone dal musicla Rent. Si immaginava già l'espressione impietrita degli ospiti e sua madre urlare cose come "Quello è mogano!". Sarebbe stato divertente. Sarebbe stato incredibilemte divertente fare qualcosa di un po' pazzo per una volta. La sua attenzione fu poi attirata inevitabilmente dal ragazzo appena entrato con il vassoio di aperitivi. Kurt. Blaien non poteva fare a meno di fissarlo. Era fantastico. Solo conoscere il suo nome gli sembrava una conquista grandiosa. Okay, forse stava esagerando, ma quella cosa aeva reso la sua noiosa e bigotta serata in qualcosa di decisamente migliore. Si muoveva tra gli invitati con una grazia che non aveva nulla di artificioso; era totalmente naturale. Seguiva con gli occhi la linea della sua spina dorsale coperta dalla camica bianca e dal gilè rosso, per poi scendere più in basso fino...
-Quando hai finito di fissare il sedere del cameriere, puoi anche fingere di aver capito una parola di quello che ho detto-.
Blaine si riscosse dai suoi pensieri arrossendo leggermente, girandosi alla sua destra verso l'origine della voce. Suo fratello maggiore Cooper.
-Cosa?! Io non stavo fissando proprio nient-
-Oh sì che stavi- rise sommessamente il fratello.
-Okay, va bene, potresti almeno abbassare la voce? Ti ricordo che sei l'unico qui a sapere che sono gay- bisbigliò Blaine fissandolo di traverso.
-Allora dovresti ringraziarmi, perchè se avessi continuato a fissarlo incessantemente senza battere le palpebre, lo avrebbero capito già tutti, compreso il vecchio zio Davon e la sua miopia talmente avanzata da sviluppare vita propria-.
Blaine non potè fare a meno di ridere stavolta: -Non era così palese-.
-Lo era, invece. Ma sono felice che, insieme al talento, anche se il mio è indubbiamente superiore -Blaine sbuffò rumorosamente -tu abbia ereditato anche qualcos'altro dal tuo fratellone-.
-E sarebbe? Illuminami- disse Blaine guardandolo curioso.
-Ottimi gusti-. Blaine scoppiò a ridere.
La sua attenzione fu poi attirata da qualcosa che accadeva dall'altra parte della sala. Blaine distinse subito la figura di Kurt. E quella di Sebastian.

Il ragazzo biondo scuro dallo sguardo strafottente (e una lunga mascella da cavallo, non potè fare a meno di notare Kurt), lo fissava divertito dall'alto in basso, mentre prendeva lentamente un drink dal vassoio. Kurt non sapeva bene cosa, ma c'era qualcosa che decisamente non gli piaceva in quel tipo.
-Grazie- disse portandosi il bicchiere alla bocca. Poi improvvisamente lo rovesciò lentamente addosso all'altro riposandolo poi sul vassoio.
-Ops- disse sotto lo sguardo freddo di Kurt -Mi dispiace. Era decisamente troppo mishelato, comunque- disse uno sguardo divertito. Ora sapeva perfettamente cosa non gli piacesse, o almeno perchè. Santana non poco lontana lo squadrava come se stesse per saltargli addosso e staccargli la testa. Ma Kurt non gli avrebbe dato alcuna soddisfazione venendo licenziato per una rissa ad una delle feste più importanti in cui dovevano lavorare. Si limitò a fissare il ragazzo per qualche secondo, per poi sorridere freddamente.
-Non importa- disse per poi aggiungere più a bassa voce -mi rifarò quando io sarò fuori da questo buco di città e tu ancora qui bloccato nel tuo mondo bigotto, ipocrita e pieno di stronzate- disse senza scomporsi.
Poi se ne andò sotto il suo sguardo sbigottito del biondo, mentre Santana rideva boccheggiando e alzando la mano per dargli il cinque. Kurt glielo diede sorridendo attraversando la sala e raggiungendo la cucina.

-Ehi!- Blaine lo seguì fino alla cucina. Si era avvicinato tanto da seguire tutta la breve vicenda. Sebastian era suo amico da sempre; essendo figlio dei soci di suo padre, erano cresciuti insieme ed era sempre presente in quelle feste, rendendole anche più sopportabili. Dopo anni da suo amico era giunto a due conclusioni: c'erano momenti in cui Sebastian era la persona più divertente e simpatica del mondo ed altri in cui era un totale e completo stronzo.
-Kurt!- disse entrando in cucina. Il ragazzo era appoggiato al lavabo intento a lavare via la macchia sulla camicia.
-Mi dispiace, Sebastian...lui non è cattivo, è solo un idiota ogni tanto. Si diverte facendo cretinate-.
-Intendi umiliare gli altri perchè si sente nella posizione di farlo?- rispose l'altro sbuffando.
-A volte lui non si rende conto di quanto sia stupido. I suoi soldi e il fatto che abbia frequentato le scuole migliori- disse alzando gli occhi al cielo  -gli danno questa falsa sicurezza dietro cui si nasconde-.
Kurt lo guardò negli occhi per qualche istante, facendo sentire di nuovo Blaine scoperto e al sicuro nello stesso tempo sotto quello sguardo, prima di chiedere cercando di nascondere la sua insicurezza, il più fermamente possibile:-E' il tuo ragazzo?-.
-Cosa?! No! E' mio amico. Qualche volta. Quando non si comporta da idiota- chiarì Blaine, vedendo -o stava solo immaginando- Kurt leggermente sollevato.
-Comunque non fa altro che supportare ciò che dicevo prima. Il tuo mondo non c'entra niente col mio-.
-Non m'importa del mio mondo. Non m'importa del tuo. M'importa di noi. Di me, stupido ragazzo che si è presa una cotta per un ragazzo che ancora non conosce ma che muore dalla voglia di conoscere, e di te, che canti in un modo fantastico e hai sempre la risposta pronta- disse avvicinandosi fino a sfiorarsi, occhi contro occhi.
-Sarai deluso, ma in questo momento non ho risposte che tengano- sussurrò.
-Allora non parlare- disse Blaine annullando la distanza tra loro e poggiando le sue labbra su quelle dell'altro. Le labbra di Kurt erano soffici e lisce, gli sembrò che baciarlo fosse la cosa più naturale del mondo, e allo stesso tempo incredibilmente elettrico. Dopo un po' il bacio divenne sempre meno casto, mentre la lingua di Kurt si mosse a ritmo con la sua. Le sua mani cinsero la sua vita, mentre quelle di Kurt raggiunsero i suoi ricci, facendolo impazzire. Era da troppo che non si sentiva così e sentiva che non era semplicemente merito del bacio, ma era merito del fatto fosse Kurt a baciarlo. Kurt si ritrovò intrappolato tra il corpo di Blaine e lavabo, ma la situazione non sembrava disturbarlo affatto. Si staccarono solo per prendere fiato, sentendo i loro respiri in sincornia, più veloci. I loro sguardi si incontrarono e sorrisero nello stesso istante.
-Wow- disse Kurt.
-Lo so- rispose Blaine.
-Io...beh...non so che dire. E questo è tutto furchè normale- disse Kurt fissandolo serio.
Blaine rise ridendo:-Che ne dici di sì?-.
-Sì a cosa?- chiese quello confuso.
-Ad un appuntamento con me-.
-Oh. Io...- Kurt sospirò -Sì. Sì, sì- annuì sorridendo -Quando?-.
-Adesso, per esempio-.
-Adesso? Io sto lavorando in realtà. Sto preparando il caviale come vedi- disse facendo un cenno al tavolo -povere uova di pesce per il vostro piacere-.
-Non per il mio- rispose Blaine facendo una smorfia -lo odio. Vorrei solo una pizza, o un hamburger. Sono anni che non ne mangio uno-.
-Anni?! Ammetto di essere un fanatico della sana alimentazione, ma tutti meritano un hamburger- disse l'altro -Mollerei volentieri tutto per venire con te, ma questo lavoro mi serve se voglio avere almeno una chance di andare a New York dopo il diploma-.
Gli occhi di Blaine si illuminarono, e Kurt pensò che fossero così profondi da potercisi perdere :-New York? Voglio da andarci da sempre. Se solo avessi il coraggio di dirlo ai miei- disse abbassando lo sguardo.
-Un giorno ci andremo. E sarà fantastico, sarà perfetto. Ora dovremmo accontentarci-.
-E se io non volessi accontentarmi?-.
-Cosa intendi?- chiese Kurt curioso.
-Ti va di fare una pazzia, Kurt? Di farla con me?- chiese Blaine mandando mentalemente al diavolo tutto il resto e guardandolo speranzoso.
-Blaine Anderson, mi stai spaventando sul serio. Ma mi piace- acconsentì l'altro sorridendo -Di cosa si tratta?-.
Blaine gli porse la mano. Kurt la prese e gli sembrò che le loro mani fossero fatte per stringersi, per sempre e senza paura.
Corsero per il corridoio che portava alla sala ridendo e tenendosi per mano, come due bambini. Arrivarono nella grnade sala, dove qualche sguardo curioso e un po' sorpreso li aveva già notati.
-Credo di aver capito cosa vuoi fare- disse Kurt guardandolo.
-Ah sì?- chiese Blaine con lo sguardo innocente.
-Mh-mm- annuì Kurt -ti ho già fatto dono del meglio delle mie doti deduttive-.
-Potrei aver bisogno di una rinfrescata-.
-Felice di mostrartelo, Blaine Anderson- disse quello avvolgendo le sue braccia intorno al collo e unendo le sue labbra a quelle dell'altro.
Gli sguardi degli altri non c'erano più, neanche i loro mormorii. Solo loro due. Solo Kurt e Blaine. Fu un bacio più dolce ed accorto, e si separarono sfiorando dolcemente reciprocamente i loro nasi.
-Sono ancora in tempo per accettare l'appuntamento di adesso?- chiese Kurt sorridendo.
-Hai tutto il tempo del mondo- rispose quello sorridendo a sua volta. Kurt alzò lo sguardo per incontrare quello di Santana che gli sorrideva felice e gli faceva cenno di andare, mimando con le labbra "ti copro io".
-Allora, Blaine Anderson, preparati. Stai per avere il tuo primo hamburger dell'anno-.
-Credo di amare quando mi chiami con nome e cognome- rispose l'altro.
Si presero per mano ancora sotto lo sguardo incredulo dei presenti. A Blaine non importava. Se ne sarebbe preoccupato domani; o non se ne sarebbe preoccupato affatto. Anni tra ricchezze, galà e auto di lusso che avevano senza dubbio agevolato la sua vita, ma non l'avevano mai reso felice. Non come si sentiva adesso. Ogni passo accanto a Kurt si sentiva più leggero.
Kurt lo guardaava dolcemente e non gli importava più nulla di quello che gli altri dicevano. In fondo non gli era mai importato. Blaine sorrise aprendogli la porta e canticchiando:

That kind of lux just ain't for us,
We crave a different kind of buzz
.

  
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