Serie TV > The Vampire Diaries
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Autore: SweetD    02/11/2014    0 recensioni
In un altro mondo, molto lontano dal nostro, esiste un regno governato dai vampiri il cui Re porta il nome di Grayson Gilbert.
Elena, sua figlia, è una principessa fuori dal comunque che combina un disastro dietro l'altro, nonostante i numerosi rimproveri di suo padre.
In una terra non molto lontana dal regno, Zira reclama vendetta per la morte del suo unico amore, Scar.
La sua arma: Suo figlio Damon.
Il piano: Far innamorare perdutamente la principessa Elena di suo figlio. Spodestare il Re dal trono. Ammazzarlo.
La storia però non finisce qui: immaginatevi Elena, Damon, Caroline, Stefan ed altri personaggi di The Vampire Diaries, catapultati nel mondo de il "Re Leone II"; sicuramente non ne uscirà fuori niente di buono
[Crossover: TVD, Re Leone II]
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon, Salvatore, Elena, Gilbert, Enzo, Grayson, Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Cap 1 upendi
Upendi




Capitolo 1. Fingers crossed

Una bambina di nove anni dai lunghissimi capelli color castagna sfrecciò lungo i corridoi del castello utilizzando la sua velocità da vampira. Mentre correva incrociò un paio di cameriere con in mano delle lenzuola che caddero rovinosamente a terra al suo passaggio.
La bimba si fermò di scatto, facendo sobbalzare dallo spavento Stefan, amico di vecchia data e segretario del re, che era appena uscito dalla sala del trono, con a seguito il padre della combina guai.
Elena si chinò raccogliendo mortificata le lenzuola per poi porgerli alle domestiche.
"Scusatemi." sussurrò dispiaciuta, rivolgendo loro uno sguardo tenerissimo che avrebbe fatto sciogliere chiunque.
"Non è successo nulla di grave, principessina." le disse una delle due, mentre l'altra le rivolgeva un mezzo inchino, sintomo di riverenza. La bimba alzò gli occhi al cielo sbuffando.
"Anna, Vicky ci conosciamo da quanto? Nove anni?" prese a contare sulle dita mostrando loro infine un nove al quale le due risposero con un ghigno divertito.
"Ve lo chiedo per cortesia. Anzi no! Ve lo ordino ..." cercò di indurire i tratti rendendola però ancora più buffa. Nel pronunciare l’ordine il suo tono si abbassò di qualche decibel "Per favore chiamatemi Elena, odio essere chiamata principessina e voi lo sapete benissimo." concluse infine incrociando le braccia sotto il seno minimamente pronunciato. Nel frattempo il Re si portò alle spalle della figlia cercando di non farsi sentire.
Le due domestiche si inchinarono a mo' di saluto.
"Ah giusto, odio anche questo gesto! Quando passo io vi ordino di non inchinarvi." il suo tono si abbassò nuovamente mentre pronunciava l'ordine, quasi avesse timore di sembrare scortese mentre dava delle direttive.
"In realtà quel gesto era indirizzato a me figliola."
"Papà." un brivido le corse lungo la spina dorsale. Sapeva che l'avrebbe sgridata, ultimamente lo stava facendo sempre più spesso. Ovviamente per sgridata intendeva una semplice ramanzina e nulla di più.
Il re non le aveva mai alzato le mani, aveva troppo a cuore sua figlia e non le avrebbe mai torto un capello.
"Quante volte ti ho detto di non correre per i corridoi?"
"Mi dispiace papino, giuro che non lo farò mai più." a queste parole accompagnò uno sguardo da cucciolo bastonato sporgendo il labbro in fuori in modo da sembrare il più convincente possibile.
Una delle due domestiche, Anna, notò con profondo divertimento, che la bimba teneva due dita incrociate dietro la schiena. Stefan nel frattempo se la rideva guardando quella scenetta comica che oramai era diventata d'obbligo  da un po' di tempo a quella parte.
"Lo spero. " le rispose Grayson, posando una maso sulla spalla della piccola, cercando in tal modo di intimidirla.
Ci riuscì.
Un poco.
"Posso andare ora?" Elena gli rivolse uno sguardo innocente dondolando sui piedi. Ciò fece insospettire il Re.
"Dove di preciso?" il re assottigliò gli occhi guardingo.
"Avevo intenzione di fare una passeggiata fuori dal castello." rispose evasiva spostando lo sguardo altrove.
"Intendi nei giardini?"
"Si!" rispose troppo in fretta la piccola Elena, portandosi dietro l'orecchio una ciocca di capelli.
"Volevo dire si." affermò  infine con più calma.
Grayson la osservò sospirando appena e dopo alcuni secondi riprese a parlare.
"D'accordo, l'importante è che non esci fuori dalla tenuta. Ce l'hai un orologio?" la bimba annuì con la testa, un sorriso le spuntò sulle labbra non appena comprese che finalmente il padre le stava permettendo di uscire dal castello da sola, senza una scorta.
"Bene, 5 minuti prima di mezzogiorno devi già essere in sala da pranzo altrimenti giuro su tuo nonno che ci guarda dal cielo che non uscirai più da sola da questo castello fino alla maggiore età. Sono stato chiaro?" la bimba deglutì osservando gli occhi quasi spiritati di suo padre.
"Cristallino." gli rivolse un sorriso sincero e ricominciò a correre per i corridoi verso l'uscita. Grayson alzò gli occhi al cielo.
"Non cambierà mai." spropositò Stefan ridendo di gusto e tirando un colpetto sulla spalla del re, che nel frattempo era rimasto assorto nei suoi pensieri.
"Seguila. " disse infine l'uomo fissando dritto negli occhi il suo migliore amico. Quest'ultimo smise di ridere tornando serio in un attimo.
"Cosa? Ma se le hai appena detto che..."
"So ciò che le ho appena detto. Adesso tu la seguirai . Se le dovesse capitare qualcosa, ti ammazzo." al che gli rivolse le spalle dirigendosi verso la sala principale.
Controvoglia Stefan assecondò il volere del proprio re.
Perché in quel momento era proprio così che si stava comportando, da re e non da amico.
Ed era la prima volta che lo faceva nei suoi confronti.
Per un momento si sentì in colpa. Se Elena lo avesse scoperto, non glielo avrebbe mai perdonato.
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Il giardino dei Gilbert era immenso. Elena guardò estasiata quel posto colmo di verde, fiori ma sopratutto rose. Adorava le rose. Poteva dire con certezza che erano i suoi fiori preferiti. Ne annusò una per poi lasciarsi andare ad un sospiro estasiato. Un sorriso dolcissimo le spuntò sulle labbra.
Dopo aver percorso il giardino ed aver aggirato alcuni cespugli di lavanda, si tolse le scarpe gettandosi infine sul prato .
Ad un tratto una bellissima farfalla dalle tonalità celesti le si posò sul naso solleticandoglielo, il suo sorriso si allargò ulteriormente provocando così la fuga della farfalla.
La brunetta non ci pensò più di un secondo ad alzarsi in piedi per poterla seguire. La farfalla batteva le ali maestosamente, quasi a voler mettere in chiaro la sua bellezza, come se fosse a conoscenza del fatto che le sfumature di blu delle sue ali non fossero qualcosa di già visto e consueto, ma unico.
Stava ancora inseguendo l'animale quando ad un tratto udì dei passi furtivi che la fecero arrestare di colpo.
Elena annusò l'aria restando sull'attenti e dopo alcuni secondi si gettò, da vera e propria incosciente, su di un cespuglio a pochi passi da lei.
Una testa mogano sbucò fuori da quest'ultimo prima di poter essere colpita in pieno.
"Zio Stef!" sussurrò Elena con ancora il cuore in gola.
"Mi hai fatto prendere un colpo. Che ci fai tu... oh!" Stefan la guardò da sopra le sue lunghissime ciglia che gli incorniciavano perfettamente le iridi verdi.
"Non ci posso credere, mi ha presa in giro. Mi hai seguita?!" la bambina tirò uno spintone a suo zio che, ovviamente, non si spostò di neanche un centimetro.
"Mi dispiace Elena, io ero contrario. Tuo padre ha agito solo d'impulso, l'ha fatto per il tuo bene."
"Per il mio bene? Per il mio bene oppure per il suo dannato vizio di avere sempre tutto sotto controllo? Di avere la mia vita sempre sotto controllo? Mi sento così umiliata." gli occhi della brunetta si inumidirono per via delle lacrime che spingevano per scendere. Decise comunque di trattenersi osservando contrariata suo zio. Stefan, dal canto suo, abbassò lo sguardo mortificato.
"Senti Elena, per quanto sia contrariato dal comportamento di tuo padre, provando a mettermi nei suoi panni, beh gli do ragione. Insomma non ha tutti i torti nel volersi assicurare che la sua figlia combina guai non si sia cacciata in un altro dei suoi numerosi pasticci."
"Ah bene, adesso mi stai anche insultando."
"Non puoi negare che non sia vero. " Ribatté Stefan sicuro di avere ragione. La bambina ci rifletté un po' su prima di rispondergli.
"Se ti stai riferendo a ciò che è successo la settimana scorsa, quella non è stata colpa mia!"
"Ah si giusto, perché dei girini sono finiti nella tua vasca da bagno spuntando così dal nulla. Tuo padre ti aveva vietato di prenderli da quello stagno e tu gli hai spergiurato che non l'avresti fatto. E invece? Ecco dieci giovani rane che saltellano qua e là in giro per i corridoi del palazzo. "
La bimba serrò le labbra con l'intento di trattenere le risate.
"Avevo incrociato le dita dietro la schiena, non vale un giuramento se le tengo incrociate."
"Allora lo avrà fatto anche tuo padre poco fa. Incrociare le dita, intendo."
Elena sospirò non potendo contraddirlo.
"Mi aspetto comunque delle scuse da lui. Quando ne combino una delle mie gli chiedo sempre scusa."
"Se magari non gli fai sapere che mi hai scoperto mentre ti seguivo mi faresti un enorme piacere." un sorrisino spuntò sulle labbra del vampiro.
"E dove sarebbe il divertimento allora, Stefan?" ovviamente scherzava, le piaceva prenderlo in giro, e comunque non aveva alcuna intenzione di metterlo nei guai con suo padre.
"Perfida."
"Cretino."
"Pestifera."
"Spione."  Stefan spalancò la bocca fintamente indignato. Sapeva che ogni loro discussione terminava con lei che aveva sempre l'ultima parola. Questa volta non glielo avrebbe permesso, promise a se stesso.
"Certo che sei proprio una str..ega. Ciao Caroline." Stefan si spettinò i capelli in un impeto di imbarazzo.
Quel gesto non passò inosservato agli occhi di Elena, che si precipitò ad escogitare un piano per togliersi dai piedi suo zio.
"Stefan, Elena, che sta succedendo qui?" Caroline, la migliore amica di sua madre, fece la sua apparizione impedendo dunque a Stefan di farsi scappare parole che il re gli avrebbe fatto sicuramente ingoiare, se ne fosse stato capace.
"Noi stavamo ..."
"... parlando di te. Sai zia, allo zio Stef piaci davvero molto, però non ha il coraggio di dirtelo in faccia. Ciò che gli stavo appunto dicendo è che carpe diem è il mio motto, ed è proprio ciò che deve fare lui con te. Cogli l'attimo Stef. Dichiarale il tuo amore. " Stefan smise di respirare - non che ne avesse bisogno- e per un attimo si sentì mancare il terreno da sotto i piedi. Il suo viso assunse tutte le sfumature di rosso possibili ed inimmaginabili. Quella peste l'aveva fatta franca ancora una volta.
E mentre Caroline attendeva con braccia incrociate delle spiegazioni, Elena approfittò dello shock momentaneo di entrambi i suoi zii per potersela dare a gambe.
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La farfalla dalle ali blu cominciò a svolazzare attorno ad Elena, che nel frattempo stava percorrendo spensierata l'ala sud del giardino. D'un tratto la creatura si posò su di un cespuglio, che si ergeva altissimo a circondare l'intero castello.
Nel tentativo di acchiapparla, Elena mise le mani in avanti cercando di non farla spaventare. Stranamente l'animale non si mosse. Ma quando Elena posò la mano sul cespuglio, qualcosa attirò la sua attenzione.
Si accorse che la consistenza dell'erba fosse inferiore rispetto a quella adiacente. Sarebbe bastata una piccolissima pressione per poter accedere dall'altro lato del giardino.
Ma questo avrebbe significato uscire dal castello.
Cosa c'era al di fuori di esso? Si chiese la bambina pervasa da un moto di curiosità.
Perché suo padre non voleva farla andare in giro da sola? In fondo era pur sempre una vampira, in un modo o nell'altro se la sarebbe cavata.
La farfalla zampettò in avanti, per poi sparire all'interno della fessura nel cespuglio.
"Dove vai?" le chiese Elena tentando di riacchiapparla. E, con la scusante di voler riprendere la creatura, decise di inseguirla uscendo così dal castello.
Percorsi alcuni chilometri, non si accorse di essere uscita anche dal regno.

Elena proseguì lungo un sentiero che, man mano ci si allontanava dal castello, si faceva sempre più cupo e devastato. Ben diverso dal paesaggio ben curato ed armonioso che era abituata a vedere durante le passeggiate con i suoi genitori nel villaggio.
Per un momento aveva pensato di tornare indietro, la farfalla l'aveva persa di vista già da un pezzo perciò non sussisteva più una scusante per il fatto di essersi allontanata dal palazzo; quando ad un tratto in lontananza scorse un piccolo villaggio, anch'esso dall'aspetto tetro e ... grigio.
Tutto urlava grigio in quel posto, niente a che vedere con il verde che regnava sovrano nel suo palazzo.
Un muro fatto di mattoni malandati circondava disastrato il villaggio.
Un bambino, più o meno della sua età, era schiacciato contro di esso. Aveva i capelli scurissimi, color corvino, gli occhi di un celeste, in quel momento tendente al grigio, quasi a volersi mimetizzare con l'ambiente.
I suoi vestiti invece, canotta bianca e pantalone di tuta nero, erano logori e sporchi a differenza invece della mise di Elena - blu jeans, magliettina colorata e giubbottino di pelle blu- che ancora odorava di pulito.
Sebbene il suo aspetto trasandato, la principessina, rincuorata dal vedere un bambino in quel posto, decise di avvicinarsi.
"Ehi tu che stai facendo?" il bambino la squadrò dalla testa ai piedi tentando di capire chi fosse. Non l'aveva mai vista prima, ergo era una sua nemica.
"Zimefungwa!"
"Che?"
"Significa sta zitta e vattene straniera! In realtà solo sta zitta, il resto era solo una mia esortazione."
"E di grazia ... "si atteggiò Elena, con un'espressione buffa in volto "...perché dovrei tacere?" il corvino sbuffò irritato.
"Dico, sei scema o cosa? Abbassa la voce!"
"Non ti sto urlando contro, semmai quello sei tu! Io mi ero solo avvicinata perché sei l'unico qui in giro che sembra avere la mia età ed ero solo curiosa di sapere cosa stessi facendo. Giochi per caso a nascondino?"
"A nascoche?" Elena spalancò la bocca shoccata.
"Non conosci nascondino?" Il corvino scosse la testa sbirciando dietro al muretto. Quella bambina era un contrattempo, doveva liberarsene al più presto o lo avrebbe solo ostacolato.
"Nascondino è un gioco in cui ci sono almeno due giocatori. Uno conta mentre l'altro o gli altri si nascondono. Quello che conta, dopo aver finito di contare, deve andare alla ricerca delle persone che si sono nascoste e ..."
"Chi?"
"Quello che conta, te l'ho appena detto."
"No, scema. Chi te lo ha chiesto?" La brunetta lanciò uno occhiataccia al ragazzo che nel frattempo aveva accennato ad un sorriso.
"Certo che hai proprio un caratteraccio. "
"D'accordo. Non mi interessa, non sei neanche la prima a dirmelo perciò, siccome sembri non sopportare la mia persona, che ne dici di andartene?" Sputò tra i denti. Elena abbassò per un attimo lo sguardo sconsolata. Quel ragazzino dai profondi occhi blu l'aveva trattata davvero male e lei ne era rimasta ferita.
Il corvino sbuffò tirandosi indietro i capelli.
"Che hai deciso?" le chiese infine spazientito.
"Non c'è bisogno di essere così acido. Me ne vado. "
Ed effettivamente era ciò che stava per fare, gli aveva già voltato le spalle quando ad un tratto si sentì catturare in una morsa ferrea. Due piccole mani spingevano sulla sua bocca per farla tacere.
Elena tentò di divincolarsi da quella presa non riuscendo però a liberarsi. Voltò per un attimo lo sguardo verso il suo oppressore e si accorse che si trattava del ragazzino di prima.
Con le labbra le mimò un fa silenzio, mentre la presa sul suo corpo tendeva a diminuire fin quando non fu del tutto libera. Con delicatezza il bambino la sospinse contro il muretto facendole segno con i suoi occhi di stare accostata ad esso senza fiatare.
Nel frattempo cinque uomini vestiti di tutto punto oltrepassarono il muro proseguendo per il sentiero che portava nel regno dei Gilbert. Dei sacchetti penzolavano dalla loro cinta.
A passo felpato il corvino si avvicinò a loro e senza alcun tipo di esitazione riuscì a sfilare tre dei cinque sacchetti appartenenti a quei signori, mentre discutevano di finanza ed altri argomenti riguardanti il denaro.
Elena ci mise un secondo a comprendere che quei sacchetti contenessero del denaro ed ancor meno per capire che il ragazzino stesse derubando quegli uomini.
Avrei dovuto ascoltarlo e me ne sarei dovuta andare, si disse spingendosi contro al muro nel tentativo di non farsi notare.
Purtroppo per lei però, per colpa della sua sbadataggine o del fato, che aveva fatto in modo di sistemare un legnetto dietro la ragazza, il suono del suo piede mentre lo pestava attirò l'attenzione di uno di quegli uomini, proprio mentre il ragazzino dagli occhi blu stava tentando di sganciare il suo sacchetto dalla cinta. Dopo aver osservato Elena, l'uomo spostò l'attenzione sul punto in cui gli occhi della bambina erano rimasti fissi fino a quel momento. Lo sguardo dell'uomo si puntò sugli occhi blu del bambino.
Il corvino sorrise sornione mentre malediva mentalmente la ragazza; con un balzo si fece indietro voltandogli le spalle. L'uomo fu scosso da un tremore che gli pervase l'intero corpo, i costosissimi vestiti che portava  si strapparono mostrando un mucchio di peli che pian piano stavano raggiungendo anche il suo volto.
Quando gli spuntarono anche le zanne, Elena, shoccata da ciò che stava assistendo, decise di rendere partecipe di quella visione anche il suo compagno di disavventure.
"Attento!" urlò, facendo così voltare il corvino giusto in tempo per schivare l'attacco di quella strana creatura. Con una piccola corsetta il bambino raggiunse Elena prendendola per mano. Nel frattempo anche gli altri uomini avevano assunto lo stesso aspetto del primo.
"Corri." le disse soltanto, spingendola in avanti verso un sentiero adiacente. Elena non fece storie, ed ancora mano nella mano con quel ladruncolo, prese a correre come mai aveva fatto nella sua esistenza.
Il fatto che avessero un fisico esile permise loro di ottenere un notevole distacco dalle creature, che invece erano ingombrate dalla loro massiccia corporatura.
Mentre sfrecciavano tra gli alberi seguiti da quelle bestie, Elena cominciò a pensare agli avvertimenti di suo padre ed al fatto che non avrebbe mai dovuto disobbedire al re. Con un balzo saltarono su di un tronco abbattuto per poi svoltare a sinistra; nel frattempo le creature pelose, come le aveva soprannominate Elena, si fecero sempre più lontane.
Sentendosi osservata, voltò lo sguardo verso il bambino, che in quel momento aveva tirato involontariamente le labbra verso l'alto.
"Cosa?" sussurrò Elena tentando di capire ciò che passasse per la testa del corvino.
"Sei veloce ..." le disse con un pizzico di ammirazione mentre aggiravano uno dei numerosi ostacoli presenti nel bosco. Quella semplice frase fece avvampare la piccola che per un attimo perse l'equilibrio cadendo rovinosamente a terra, portando dunque con se il corvino che non le aveva lasciato la mano neanche per un secondo. Le bestie acquisirono vantaggio.
"... purtroppo sei anche molto sbadata." il ragazzino si rialzò aiutando la sua compagna di fuga a rimettersi in piedi. I ringhi delle creature pelose si fecero sempre più vicini.
Il corvino si guardò attorno tentando di escogitare un piano, quando ad un tratto il suo sguardo si posò su di un ruscello. Guardò alle sue spalle per capire quanto vantaggio avessero sulle creature e, dopo aver appurato che fossero ancora abbastanza lontane, spronò Elena a seguirlo.
Salirono su di un masso e con un salto oltrepassarono il ruscello inoltrandosi nei boschi.
Ad un certo punto il ragazzo si fermò guardando la bambina intensamente.
"Annusa l'aria." lei lo fece all'istante.
"Riesci a riconoscere la tua scia?" la bimba annuì con incertezza.
"Bene, ora dobbiamo ripercorrere lo stesso sentiero di prima. Arrivati al ruscello, ci getteremo in acqua e ci nasconderemo sotto il masso. Tutto chiaro?" Elena lo guardò per un attimo come se fosse un alieno.
Il bambino era stato più che chiaro, purtroppo però non riusciva a capire dove volesse andare a parare.
Moriremo, pensò paralizzandosi di colpo. Un brivido di paura le attraversò la schiena, poco prima di essere scossa dal ragazzo.
"No, scema, che non moriremo!" Elena sconsolata si accorse di aver pensato ad alta volte. Gli occhi del ragazzino si assottigliarono osservando lo sguardo terrorizzato di Elena.
"Te lo prometto... " aggiunse in seguito tentando in tutti i modi di far riprendere la bambina.
Tirando su con il naso, Elena scrutò gli occhi del corvino trovandoci all'interno pura sincerità.
In quel momento capì di potersi fidare di lui.
Con un leggero sorriso lo strattonò facendogli capire le sue intenzioni.
Il bambino ricambiò con meno vigore, prima di riprendere la loro corsa verso il ruscello.

Arrivati di fronte alle acque turchesi, vi si gettarono entrambi andando a ripararsi sotto il masso da cui si erano lanciati. Al che riemersero con il solo capo attendendo l'arrivo delle creature.
Queste non mancarono ad arrivare. Si posizionarono proprio sopra il masso in cui si trovavano i due e, dopo aver annusato l'aria, oltrepassarono il ruscello, proprio come avevano fatto poco prima i due bambini.
Appurato che tutte e cinque le bestie si fossero inoltrate nel bosco, il corvino cominciò a nuotare verso la riva opposta mentre Elena lo seguiva silenziosa.
Usciti dall'acqua i due presero a correre, involontariamente, lungo il sentiero che portava nel regno dei Gilbert.
Percorsi alcuni chilometri, il bambino sentì delle risate provenire dalla sua destra. Con la coda dell'occhio prese ad osservarla. Era bagnata come un pulcino ed aveva un dolce sorriso sulle labbra.
Elena aveva cominciato a ridere ripensando a tutto ciò che era appena successo.  La paura era scomparsa rimpiazzata da orgoglio e fierezza per se stessa.
"O mio Dio, o mio Dio! Hai visto cosa abbiamo appena fatto? Abbiamo seminato quelle creature pelose prendendoci gioco di loro e tu ..." il ragazzino prese a fissarla apertamente sentendosi preso in causa.
"Tu sei un genio! Hai sfruttato il fatto che avrebbero seguito la nostra scia, e nell'acqua il nostro odore scompare, così adesso si staranno guardando attorno nel bosco, nel punto in cui scompare la scia, chiedendosi che fine abbiamo fatto. Te la immagini la loro faccia pelosa mentre odorano l'aria non trovando più le nostre tracce? Io me li immagino mentre ululano gli uni a gli altri : << corbezzoli, si sono volatilizzati >>, credendo che ci siamo, tipo, teletrasportati da qualche parte chi sa dove, mentre la verità è che noi abbiamo solo giocato di astuzia!" disse tutto d'un fiato, euforica. La risata cristallina di Elena risuonò nel bosco e per un attimo il ragazzino si perse nel sentire quello scampanellio celestiale. Non aveva mai sentito una risata più pura di quella e, dovette ammettere a se stesso, che gli piaceva.
Per un attimo adorò la risata della bambina dagli occhioni da cerbiatta.
Quegli occhi li aveva notati sin da subito, ma solo in quel momento, illuminati da quello sprizzo di ilarità, li stava apprezzando sul serio.
E mentre la guardava ridere di gusto imitando le creature pelose, non si accorse neanche di aver pronunciato una frase che lo fece arrossire all'istante .
"Wewe ni nzuri." disse rosso in viso, per poi spostare violentemente lo sguardo verso il sentiero che stavano percorrendo, ora ad un passo meno elevato di quello precedente.
"Oh, ti prego, smettila con questa strana lingua, lo so che mi stai prendendo in giro. Non è carino da parte tua. " il bambino fece una mezza risata fingendo di darle ragione, mentre nella sua testa non faceva altro che ripetere: se solo sapesse che l'ho appena considerata bellissima ... Forse un giorno glielo avrebbe detto, forse quello era solo l'inizio di una lunga amicizia, rifletté il corvino riprendendo ad osservare con la coda dell'occhio la sua compagna di disavventure.
In fondo non era male. Un po' maldestra, però avrebbe sempre potuto insegnarle lui qualche dritta.
Improvvisamente Elena si fermò facendo involontariamente arrestare anche il ragazzino.
"Ora che ci rifletto, mi hai fatta diventare tua complice in un furto e non so neanche il tuo nome."
"Prima dimmi il tuo." le rispose, sedendosi all'ombra di un albero. In breve Elena lo raggiunse.
"Sono Elena." affermò rivolgendogli un tenero sorriso. "Ora tocca a te."
"Damon, il mio nome è Damon." accarezzando il prato con le mani. Nel frattempo Elena aveva contratto le labbra in una risata.
"Perché ridi?" le chiese il corvino poggiando la testa contro il tronco incrociando le braccia al petto.
"Non te la prendere ma ... il tuo nome è davvero strano."
"Non tanto strano quanto quello di mia sorella. Il suo nome è Shitani che di per sé significa diavolo, o comunque qualcosa riguardante Satana. Noi però la chiamiamo Vitani, battaglia."
"Perché battaglia?" gli domandò curiosa.
"Non sei mai entrata nella sua stanza." e per la prima volta da quando si erano conosciuti, si lasciò andare ad una risata genuina, che ad Elena piacque davvero tanto. Si aggregò anche lei al suo riso.
"Sono comunque ancora dell'idea che il tuo nome sia il primo in classifica nella top ten dei nomi più strani di sempre." lo sbeffeggiò facendogli una linguaccia. Damon, dal canto suo, non aspettò un secondo per ribattere. 
"Ah davvero?" con un ghigno si portò in posizione d'attacco, gli occhi gli si contornarono di violaceo per via delle vene che pulsavano ripetutamente, i canini spuntarono fuori come lame affilate.
In un attimo la atterrò posizionandosi sopra di lei e ringhiandole contro.
"Rimangiatelo!" Dopo un primo momento di shock, Elena lo fronteggiò sperando di non fargli notare insicurezza nella voce.
"Mai." disse infine, fissandolo con uno sguardo di sfida che fece divertire il giovane.
"Va bene, l'hai voluta tu." le soffiò in viso, posizionandole le mani sui fianchi e cominciando a solleticarglieli, provocando così l'ilarità di Elena.
"Basta, basta, va bene mi arrendo! Hai vinto tu! Il tuo nome è bellissimo! Sei contento?" Damon riassunse l'aspetto di un semplice bambino per poi allontanarsi da lei con un sorriso strafottente sul volto.
"Contentissimo." decretò infine alzando contemporaneamente le sopracciglia, per poi darle le spalle con l'intenzione di raggiungere l'albero da cui si erano allontanati poco prima.
"Mai voltare le spalle al nemico." sussurrò Elena, comprendendo solo in quel momento le parole che le aveva da sempre ripetuto suo padre.
"Cosa hai ..." non fece in tempo a finire la frase che si ritrovò Elena aggrappata alla sua schiena, con i canini in fuori e la stessa espressione che aveva assunto lui qualche istante prima.
In pochi secondi riuscì ad atterrarlo regalandogli la stessa tortura che aveva subito lei poco prima.
"Hai detto che avevo vinto. Per poco non alzavi bandiera bianca per farmi smettere." le urlò tra le risate.
"Ho mentito." gli rivelò , ricevendo in cambio un'occhiataccia.
"Se incroci le dita dietro la schiena il patto non vale." spiegò infine smettendo per un attimo di solleticarlo. Quell'attimo bastò a Damon per capovolgere la loro posizione, in modo che si ritrovasse lei al di sotto di lui.
"Lo terrò a mente, Elena." sussurrò riassumendo l'aspetto di un vampiro ed appropriandosi di un ghigno divertito che non spaventò per nulla la bambina.
Anzi, per un attimo lo considerò addirittura davvero molto bello, cosa che la fece arrossire vistosamente.
E proprio nel momento in cui Damon stava per ricominciare quel martirio, un ringhio li interruppe.
In un attimo Damon venne scaraventato a qualche metro di distanza. Un gemito di dolore fuoriuscì dalle labbra del bambino.
Un gruppo di vampiri dall'aspetto minaccioso gli ringhiavano contro.
Uno di questi si mise davanti alla sua nuova amica, come a volerla proteggere con il suo corpo. Come se lui le avesse potuto fare del male.
"Papà ..."
"Con te farò i conti dopo Elena." la zittì, continuando poi a ringhiare in direzione di Damon.
In un secondo un'altra figura li raggiunse, posizionandosi questa volta davanti al corvino, che si era appena alzato.
"Zira." ringhiò tagliente Grayson in direzione della nuova arrivata.
"Grayson." gli occhi azzurri della donna saettarono sul gruppo di vampiri per poi soffermarsi su di una figura in particolare.
"Miranda." ringhiò contro la madre di Elena, cominciando a comprendere solo in quel momento che relazione avesse la ragazzina con quella gente.
"Siete nel mio regno. Vi do un minuto per andarvene via di qui, altrimenti sarò costretto ad attaccare." Nel frattempo i bambini osservavano la scena muti, alternandosi ogni tanto qualche sguardo dispiaciuto.
"Non è necessario trattarci in questo modo, vostra maestà." ovviamente ironica.
"Non dovreste essere qui, siete stati esiliati da questo posto dodici anni fa, ora andatevene."
"Mio figlio, non era a conoscenza del patto. Sono venuta qui solo per recuperarlo. Però se vuoi, puoi sempre prendertela con lui." in un attimo Zira afferrò per le spalle Damon, spingendolo ai piedi del Re.
Il corvino gli rivolse uno sguardo di pietà, che colpì in pieno il sovrano.
Ovviamente Grayson non avrebbe mai fatto del male ad un bambino, Zira lo sapeva benissimo.
Nonostante tentasse in tutti i modi di assumere uno sguardo impassibile, alla vista degli occhi terrorizzati del bambino, si lasciò sfuggire un sospiro di compassione per lui. La donna dagli occhi di ghiaccio sorrise tirando per i capelli Damon in modo da farlo rialzare.
Elena fece un passo in avanti leggendo nel volto del suo amico puro dolore- e non solo fisico; purtroppo però venne tirata indietro da sua nonna Sarabi, che se la mise dietro le gambe.
Damon la fissò per un secondo, per poi riabbassare lo sguardo sulle sue scarpe.
"A titolo informativo, lui è Damon. Venne scelto da Scar in persona per diventare il suo legittimo successore al trono poco prima che tu lo ammazzassi e ci rilegassi in quel posto infernale." lo sguardo di Zira si fece falsamente triste.
"L'acqua depurata scarseggia, per non parlare del cibo, gli umani non hanno alcuna intenzione di patteggiare con noi. Siamo costretti a rubare per procurarci qualche sacca di sangue sintetico e ad insegnarlo anche ai nostri figli." proseguì indicando con lo sguardo Damon ed il suo bottino, che ancora tremava sotto le mani di sua madre.
Ed in quel momento Elena capì il motivo per cui Damon stesse derubando quella gente.
Non lo biasimò, anzi provò pietà per lui e la sua famiglia. Provò compassione anche per quella Zira, che si era rivelata essere l'unico motivo per cui il suo amico stesse tremando.
Sicuramente, si disse, non era stato solo suo padre ad aver terrorizzato Damon.
Ci doveva essere qualcos'altro sotto. E quel qualcos'altro era proprio davanti ai suoi occhi ed aveva un unico nome: Zira.
"Queste sono le condizioni in cui ci hai costretti a vivere Grayson."
"Ed è qui che ti sbagli Zira. Io non ho costretto nessuno a vivere in quel modo. Vi avevo concesso un compromesso che però non è stato accolto. Siete stati voi a ridurvi in questo stato e non io. Avete voluto costruire una vostra società? Ben venga. E' ora di raccogliere ciò che avete seminato e di accettare la realtà dei fatti. E la realtà è che vi siete dati voi stessi la zappa sui piedi e nessun altro." Zira contrasse le labbra con gli occhi iniettati di rabbia.
"Ora andatevene." E così fecero. La donna prese per il gomito Damon spingendolo verso La terra di nessuno, il luogo in cui abitavano tutti quelli della loro specie.
E nel mentre Elena veniva sospinta nella direzione opposta da suo padre, precisamente nel regno dei Gilbert, entrambi i bambini si voltarono un'ultima volta l'uno verso l'altro con sguardo sconsolato.
"Ciao." sussurrò Elena, mentre si inoltrava in un sentiero in compagnia della sua famiglia.
"Ciao." rispose Damon, sicuro però di non essere stato sentito, perché ormai Elena era scomparsa dalla sua vista.
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Delle mani esili aprirono il frigorifero estraendone una bottiglia di sangue sintetico: un miscuglio di qualche agente chimico con gli stessi principi nutrienti del plasma.
Con espressione schifata, Vitani si fece forza e senza pensare a ciò che effettivamente stesse affluendo nella sua bocca, cominciò ad ingurgitare quella roba senza troppe cerimonie.
Purtroppo quel giorno non sarebbe potuta andare a caccia, sua madre era uscita come anche i suoi due fratelli, perciò si doveva accontentare di qualche goccia di sangue che non aveva lontanamente il gusto di sangue.
Uscire di casa lasciandola incustodita era fuori discussione, qualcuno se ne sarebbe potuto appropriare costringendoli a traslocare. Vitani odiava traslocare e quella era una sfortuna che le era già capitata tre volte in tutti i suoi dieci anni di vita.
Quella casa le piaceva e non aveva alcuna intenzione di farsela fregare da qualcuno.
Un rumore la ridestò dai suoi pensieri. Dopo aver aggirato l'isola della cucina entrò nel soggiorno, dove due paia di occhi scuri la osservavano impassibili.
"Già di ritorno?" chiese a suo fratello mentre si andava a sedere sul divano. Continuando a bere fece vagare gli occhi in giro per la stanza cercando con lo sguardo l'altro suo fratello.
"Enzo ... dov'è Damon?"
"Non ne ho idea." Vitani fece uno scatto alzandosi dal divano, dopodiché scagliò la bottiglia di sangue sintetico in direzione di Enzo. Quest'ultimo si scansò in tempo, facendo in modo che la bottiglia di vetro si infrangesse sul muro. Del sangue colò sulla parete raggiungendo infine la moquette color panna, che si sporcò inevitabilmente di rosso.
"La mamma ti ucciderà per questo." il moro osservò con un sorriso il disastro combinato dalla sorella.
"Non prima di averti ammazzato per aver abbandonato un'altra volta Damon." gli rispose a tono, sperando che il suo fratellino non si fosse cacciato in nessun guaio.
"Damon di qua, Damon di là. Dovevo essere io il prescelto. Lui non è neanche il figlio di Scar." la sua espressione si fece glaciale mentre si avvicinava a fronteggiare sua sorella.
"Sarei dovuto diventare io il nuovo sovrano. Non capisco perché invece abbia scelto lui. Che cos'ha in più di me? E' solo un moccioso combina guai. Se solo mamma me lo chiedesse, andrei ad uccidere con le mie mani quel Grayson dei miei stivali. Diventerei il nuovo Re e fine della storia. Tutto è bene quello che finisce bene." Era ubriaco. Ancora una volta era tornato a casa ubriaco e Vitani odiava vedere suo fratello ridotto in quello stato.
"Ormai hai diciassette anni fratellino, pensavo fossi più intelligente. Tu sei uno psicopatico impulsivo ed ubriacone che non pensa alle conseguenze delle proprie azioni. Se solo ti avvicinassi al re, ti faresti ammazzare da lui. Ecco perché Scar non ha scelto te ma lui." A quelle parole Enzo scattò nel tentativo di afferrare la sorella, la quale scappò dalle sue grinfie portandosi dall'altro lato della stanza.
"Prova a ripeterlo se hai il coraggio." Vitani la accolse come una sfida.
"Psicopatico ..." scandì per bene la parola fronteggiandolo "Impul..." in un attimo si ritrovò le mani di Enzo strette attorno al collo. L'alito gli puzzava di alcol e fumo. Vitani cominciò a scalciare nel tentativo di liberarsi.
Un tonfo li fece voltare entrambi verso la porta di ingresso.
"Mamma." le sorrise Enzo, sperando di ricevere un saluto altrettanto caloroso.
"Enzo, toglile le mani dal collo. Non ho tempo per voi ora." Sbraitò, dopodiché tirò per i capelli Damon buttandolo con brutalità per terra.
Dopo essersi liberata dalle mani di Enzo, che ovviamente aveva obbedito come un cagnolino agli ordini di Zira, Vitani scivolò per terra nel tentativo di raggiungere il suo fratellino. Sua madre le lanciò un'occhiataccia intimandola a farsi da parte. Dopo qualche istante di esitazione, si spostò da lui osservando la scena in silenzio. La donna sferrò un calcio violento nello stinco del corvino.
"Cosa credevi di fare? " lo colpì di nuovo senza pietà, questa volta sul fianco.
"Sai chi ha ucciso Scar?"
"Grayson." disse in un sussurro.
"Sai chi ci ha relegati in questo posto?" nuovamente gli venne sferrato un calcio che lo fece rantolare dal dolore.
"Grayson." con le lacrime agli occhi. Questa volta si chinò su di lui prendendolo per il colletto. Lo strattonò.
"Sai cosa me ne faccio delle tue lacrime?" Damon non rispose, ma tenne comunque gli occhi fissi in quelli di Zira.
"Pensavi sul serio che aggraziandoti sua figlia il re ti avrebbe accolto a braccia aperte nel suo bucolico regno incantato?" a quelle parole seguì un minuto di silenzio, durante il quale Damon cercò un modo poco diretto per dirle che Elena ...
"Non era poi così male." sentenziò infine riferendosi alla bambina dagli occhioni da cerbiatta.
Strinse in seguito gli occhi aspettando come risposta un ceffone o comunque qualcosa di doloroso ... che però non sopraggiunse. Sua madre, contro ogni sua aspettativa, stava sorridendo in direzione del bambino.
"Adesso capisco perché Scar ti ha scelto. Ti ha visto solo quando eri ancora in fasce ma ha intravisto nei tuoi occhi il suo stesso spirito. Faceva parte del tuo piano sin dal principio, non è vero?". Se avesse mentito, Zira se ne sarebbe subito accorta, aveva quello strano potere innato di comprendere quando qualcuno le stesse mentendo. Doveva trovare una scappatoia per venirsene fuori illeso.
Qualsiasi cosa, qualsiasi cosa, continuava a ripetersi senza sosta come un mantra. Ed ecco che la risposta sopraggiunse dalla causa del litigio con sua madre.
Se incroci le dita dietro la schiena il patto non vale, gli aveva detto Elena con tanta innocenza nella voce.
E come se fosse una cosa davvero semplice, senza lasciar trasparire alcun tentennamento, incrociò le dita dietro la schiena mentendo così  a sua madre.
"Si è così. Scar merita di essere vendicato. Faceva tutto parte del mio piano, mamma. Te lo giuro." il peso della menzogna venne alleviato da quel semplice gesto furtivo.
La sua risposta parve convincere Zira che con un moto di orgoglio nella voce gli mormorò un semplice "Lo sapevo.
Damon, d'ora in avanti devi tenere a mente che tutto ciò che farò e dirò sarà soltanto per il tuo bene. Devi imparare a convivere con l'odio e con il dolore. Se non saprai come gestirli allora non potrai mai essere un grande sovrano."
Lo stava per afferrare per il collo quando ad un tratto Damon si scansò ringhiandole contro. Gli occhi iniettati di sangue.
Zira sorrise pervasa da un moto di orgoglio.
"Vedo che stai capendo." Fece un passo in avanti accarezzando lievemente la guancia di suo figlio.
"Ora va a dormire. Da domani comincia il nostro addestramento."
Poi si girò verso gli altri due suoi figli. Lanciò un'occhiata alla parete ricoperta di sangue e senza chiedere alcuna spiegazione parlò.
"Voi due, ripulite quello schifo." per poi dirigersi verso la sua stanza.
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"Sono molto deluso da te Elena, sappilo."
"Lo so e mi dispiace." la bambina abbassò lo sguardo verso la punta delle sue scarpe mortificata.
"Ti avevo chiesto solo una cosa Elena, di non uscire mai da sola dal castello ed invece tu mi hai disubbidito. Pensa che per trovarti ho dovuto fare un incantesimo di localizzazione, senza l'aiuto di Bonnie non sarei mai riuscito a trovarti e chissà cosa sarebbe successo."
"Damon non mi avrebbe mai fatto del male."
"Tu non conosci questo Damon, tu non sai cosa sono capaci di fare quelli come lui." le urlò contro con rabbia facendola spaventare più del necessario. Elena indietreggiò fissando terrorizzata suo padre.
"Quelli come lui? Che cosa intendi esattamente con quelli come lui?"
"Intendo gli ibridi, Elena."
"E che cosa sono?" Grayson sospirò, era arrivato il momento di raccontarle la verità.
"Vieni con me." la spronò, avviandosi insieme verso le scale.

Raggiunto il punto più alto del castello, Grayson prese in braccio sua figlia facendole osservare il paesaggio.
Elena rimase per un attimo senza fiato.
"Tutto ciò che ti circonda un giorno sarà tuo, piccola mia." le disse tenendola stretta nel suo abbraccio.
"E' davvero ... spettacolare."
"Già." affermò compiaciuto Grayson, sorpreso di aver lasciato per la prima volta Elena senza parole.
Si voltò verso sud indicandole un punto molto distante e grigio rispetto al verde che lo circondava.
Elena intuì subito che si trattasse del villaggio in cui abitava Damon.
"Lo vedi quel posto?" la bambina annuì, sperando che suo padre non scoprisse che si era spinta fino a quel punto, poco prima.
"Quella è la terra di nessuno. Il luogo in cui dodici anni fa ho esiliato personalmente tutti quelli della stessa specie di Zira e di suo figlio." Elena spalancò le labbra non capendo il motivo della decisione di suo padre. Fino a quel momento le era sembrato che fosse lui il cattivo nella storia e non il contrario.
"Devi sapere che quando avevo la tua stessa età a regnare c'era un re davvero buono, tuo nonno, Mufasa. Forse proprio per la sua infinita bontà fu fatto fuori da suo fratello, Scar, che con uno stratagemma riuscì a farmi scappare dal mio regno, riuscendo così ad assumere il controllo di quest'ultimo.
Prima della mia nascita era Scar il legittimo successore al trono, ma vedendosi tolta questa possibilità aveva cominciato a nutrire gelosia nei miei confronti. Dopo alcuni anni scoprii la verità sul conto di Scar. Purtroppo però aveva già trasformato il regno in un vero e proprio porcile  gestito dagli ibridi.
Decisi dunque di tornare e di rivendicare ciò che era mio di diritto."
"Ma perché proprio gli ibridi e che cosa sono?"
"Scar era solo il fratellastro di tuo nonno. In comune avevano solo la madre, mia nonna. Lei aveva avuto una ... relazione con un licantropo. E dall'unione di un licantropo ed un vampiro ne esce fuori un ibrido.
Gli ibridi sono delle creature che, a differenza dei licantropi, non hanno bisogno della luna piena per potersi tramutare in lupi mannari." Quindi quelle creature pelose erano in realtà ... ibridi, rifletté Elena cominciando a capire. Poi ad un tratto una domanda esplose nella sua testa.
"Damon ... Damon è un ibrido?" più che una domanda sembrava un'affermazione. Suo padre comunque le rispose.
"Si." La bambina prese un lungo respiro aspettando che suo padre proseguisse la storia.
"Comunque, quando tornai nel regno era ... totalmente diverso da come lo vedi ora. Evito di raccontarti in che condizioni misere vivevano i cittadini anche perché... sono dei ricordi davvero molto spiacevoli." Elena non resistette all'impulso di aggrapparsi al suo collo ed accarezzargli i capelli nel tentativo di consolarlo.
Suo padre sorrise, con ancora gli occhi velati di tristezza.
"Non fa niente. Finisci il racconto però, ti prego."
"Arrivai nella stanza del trono e Scar mi accolse ricordandomi il modo in cui aveva ammazzato mio padre. Accecato dalla rabbia fui proprio io, e questo lo devo ammettere, ad incominciare quello scontro che si sarebbe in seguito concluso con la sua morte.
Gli ibridi, vedendo il mio gesto come un affronto nei confronti della loro razza, decisero di non appoggiare la mia rivendicazione del regno. Scatenarono risse e guerriglie inutili che mi portarono ad un'unica conclusione: quella di allontanarli dal mio regno e dunque di esiliarli da queste terre. Da quel momento riuscii a ripristinare tutto ciò che era stato distrutto con l'arrivo di Scar e a far risplendere nuovamente la luce sul regno."
"Zira era una degli ibridi che hai esiliato, non è vero?"
"Non solo tesoro. Zira era l'amante di Scar, la madre dei suoi figli." il mondo sembrò crollarle addosso mentre i pezzi del puzzle si stavano ricomponendo tutti quanti.
Questo significava che Damon era suo cugino.
In quel momento Elena non capì il motivo per cui quella rivelazione l'avesse scossa così tanto. Tentò comunque in tutti i modi di scacciare quei pensieri dalla testa per riportare l'attenzione su suo padre.
"Tesoro, mi devi promettere che non ti avvicinerai mai più a loro. Promettimelo." Elena fissò suo padre negli occhi riflettendoci su. Aveva capito il motivo per cui suo padre nutrisse dell'astio nei confronti di Zira, ma non riusciva a capacitarsi del fatto che odiasse anche Damon. Elena aveva letto negli occhi del bambino che non le avrebbe fatto del male, lei sapeva che quella era la pura verità e nessuno, neanche suo padre che ora attendeva una risposta da lei, le avrebbe potuto far credere il contrario.
Decise così di incrociare le dita dietro la schiena, pronunciando dunque la sua menzogna.
"Te lo prometto."
"Bene." le aveva risposto con un sorriso, che però non venne mai ricambiato.
"Ti ho raccontato questa storia affinché tu possa diventare in futuro una buona sovrana." Quelle parole, che tante volte aveva sentito pronunciare da suo padre con così tanta leggerezza, ora sembrarono acquisire un peso ingente.
"Non ci riesco ..." disse lei infine muovendosi tra le braccia di suo padre per poter scendere. Lui la assecondò.
"Non ho alcuna intenzione di diventare sovrana sapendo che al di fuori del mio regno ci sono delle persone costrette a vivere in quelle condizioni."
"Quelle non sono persone. E tantomeno vampiri. Per me hanno smesso di contare quando hanno deciso di ribellarsi in favore di Scar. Gli avrei offerto una vita agiata, proprio come la nostra. Purtroppo loro erano accecati da un sentimento d'odio troppo potente che non gli permise di considerare gli effetti negativi delle loro stesse azioni. Hanno avuto la loro possibilità, non l'hanno colta. Ora sono problemi loro.
E comunque quando sarai grande non potrai sottrarti dai tuoi doveri di regnante.
Tranquilla, ti aiuterò io ad essere una brava sovrana. Infondo siamo un'unica realtà."  La bambina annuì infine poco convinta, dando dunque ragione al padre.
"Ora puoi andare. Anzi no ferma un attimo ..." Elena si fermò fissandolo negli occhi. Sul volto di Grayson un ghigno poco piacevole.
"Non uscirai più di casa da sola fino alla maggiore età." concluse, per poi voltarle le spalle.
La bambina deglutì osservandolo scomparire dalla sua vista.
L'aveva giurato su Mufasa, significava dunque che non stesse scherzando.
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 Un rumore fece sobbalzare Elena. Si era da poco messa a letto sperando di potersi addormentare, ma le immagini di quella strana giornata cominciarono a tormentarla senza pietà, impedendole di dormire.
A piedi scalzi decise dunque di scendere dal letto avviandosi verso la finestra. La aprì sperando di capire da dove provenisse quel suono. Si guardò per un attimo attorno, per poi fissare la sua attenzione su di una figura in piedi sull'albero. Vestito di nero con i capelli dello stesso colore di una notte senza stelle, sventolati dalla brezza notturna.
La figura parlò con un sorriso tra le labbra.
"Ciao." disse soltanto. Elena rimase per un attimo indecisa sul da farsi.
Contro ogni aspettativa, la parte più irrazionale di lei prevalse.
"Ciao." gli rispose, senza però capire in che guaio si stesse cacciando.



Ciao a tutti =) 
Come avrete capito, questa fanfiction è una rivisitazione (vampiresca) de "Il Re Leone II"- i temi ed alcune conversazioni saranno dunque simili a quelle del cartone animato. Sarà una specie di crossover tra le due storie, con protagonisti Damon ed Elena ed altri personaggi tutti da scoprire.
Spero che questa storia non faccia schifo (XD) o comunque di non avervi annoiata- in fondo sono tredici pagine di word D: Non so neanche io come sono riuscita a scriverle in soli tre giorni.
Volevo fare alcune precisazioni; trattandosi di un AU (alternative universe) e talvolta di una OOC (out of character), la storia si discosterà da quella che siete abituati a vedere nel telefilm, i personaggi avranno connotazioni differenti da quelle consuete (carattere etc.) ed i legami di parentela saranno anch'essi differenti. Dunque se avete qualche dubbio, sopratutto per quest'ultimo punto, non abbiate paura di chiedermi delucidazioni.
Di seguito vi lascio le foto dei personaggi di cui avete letto fino ad ora.
Fatemi sapere cosa ne pensate ed ovviamente ogni consiglio/critica sono ben accetti. In base alle vostre opinioni valuterò se continuare o meno la storia.
Un bacio,
SweetD.

Elena Kid, Alina YashevaDamon, kid
     Scar, chris pineGrayson, Brendan Fraser
zira, megan foxAnastasia Bezrukova, vitaniEnzo, Michael Malarkey
  Caroline e Stefan, Paul Wesley, Candice AccolaMufasa, Josh Duhamel
Li avevate immaginati così? Fatemi sapere :)




  
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