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Autore: Staring at the sunset    03/11/2014    1 recensioni
Emma, portata ad una festa, lasciata sola, in un luogo che non le appartiene, ritrova là lei.
"«io qua non ci volevo nemmeno venire, ma Lucia mi ha tormentata perché giungessi in questa desolata terra dove questi liceali trovano vano conforto nel sentirsi trasgressivi per una sera»" / "La sua figura, sospesa tra luce ed ombra, appariva quasi mistica, un gioco di vedo e non vedo".
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Le luci della città sfrecciavano sotto il mio attento occhio, nel buio serale, il viso appoggiato al finestrino, assonnata nonostante l’ora fosse ben lontana dall’essere tarda.
«Sveglia! Siamo arrivate!» il grido eccitato della mia compagna dai capelli color ebano, Lucia, mi fece sobbalzare, osservai il suo viso, i capelli ricci le scendevano elegantemente sulle spalle, i grandi occhi scuri erano vispi e un sorriso malizioso le colorava il pallido viso, le dita torturavano il piccolo anello al medio sinistro, la maglietta aderente le evidenziava la leggera pancetta – anche se non avrei mai avuto il coraggio di dirglielo, Lucia teneva così tanto al suo aspetto ed era facilmente irritabile – ma i leggins le gambe affusolate. Appariva come una bibita appena aperta, perdonando il paragone abbastanza squallido, spumante e pronta ad essere assaporata, ma ancora nuova e non sentita, avrebbe reso tutti in adorazione, quella sera, ne ero certa. Sapevo che era pronta ad accogliere la festa dentro di sé, ma io non lo ero, io volevo solamente tornare a casa e dormire, ero una quindicenne impreparata allo svago e a quello che i miei coetanei chiamavano divertimento; nonostante ciò sorrisi alla mora e scesi cercando di apparire entusiasta dall’auto, poco dopo uscirono sia Lucia che Silvia, intenta a salutare la madre. La vettura lasciò il luogo e una sensazione urlante il mio disorientamento era ciò che ne rimaneva. Osservai le ragazze che erano con me, Silvia era piuttosto affine a Lucia, sia caratterialmente che fisicamente, era anche lei mora e riccia, il viso più affusolato e il colorito più ambrato, gli occhi più luminosi, il fisico più curvilineo, ma certamente simile nell’atteggiamento, anche se i suoi jeans e la sua camicia non risaltavano minimamente il suo potenziale meramente fisico, dovevo ammettere di trovare Silvia piuttosto attraente e veder così negata la sua femminilità mi faceva male al cuore, ma soprattutto agli ormoni.
I pensieri maliziosi mi fecero sorridere, ma per fortuna le mie accompagnatrici scambiarono il mio sorriso per ben altro tipo dalle ben altre intenzioni, così mi accompagnarono dentro al locale, era un semplice luogo dalle luci soffuse, senza alcolici o simili, ero abbastanza grata di ciò, già non sopportavo essere portata a quella festa di secondini – la festa della scuola era solo per i ragazzi del triennio, ovviamente quelli del mio anno non avevano trovato altro modo per vendicarsi che organizzare una serata del genere – e la presenza di pazzie mi avrebbe destabilizzata. Le due more si lanciarono subito nella mischia, lasciandomi sola all’ingresso, tutto ciò che riuscii a fare in mezzo a quel marasma di persone fu cercare un posto dove sedermi e abbandonare il mio corpo per le due ore successive. Dopo alcuni minuti piuttosto confusi e assonnati, in cui osservavo ragazzini impegnati nella nobile arte della socializzazione, vidi arrivare verso di me un ragazzo piuttosto alto, biondo, dagli occhi chiari: Marco. Il mio fidato amico si sedette affianco a me con un sorriso sul volto «ehi, ti cercavo».
«Sono arrivata da poco, quindi evita» dissi scocciata «io qua non ci volevo nemmeno venire, ma Lucia mi ha tormentata perché giungessi in questa desolata terra dove questi liceali trovano vano conforto nel sentirsi trasgressivi per una sera» completai la mia sentenza di condanna a quel luogo ed a quella circostanza, sarei dovuta essere a casa a leggere il mio amato libro di Orwell, non in mezzo a ragazzini ignoranti. Osservai l’espressione di Marco e sentii il senso di colpa colpirmi il petto, non era il più grande amante delle feste, ma certamente non gli dispiacevano e definirlo un liceale che “trova conforto nel sentirsi trasgressivo per una sera” non era stata una gran mossa, capivo perché si divertisse ma davvero non riuscivo a condividerne il sentimento, ne stavo scrutando l’espressione intenta a trovare un qualche segno, l’avevo ferito? Non l’aveva colpito minimamente? Pensava anche lui che quell’intrattenimento fosse alquanto squallido? «Sei davvero troppo critica, andiamo, rilassati, non ti sto chiedendo di ubriacarti, non sei il tipo e qua non c’è niente! Ma calmati e goditela, oppure pensi di stare qua da sola per tutta la sera?».
Stavo per rispondere che sì, avevo la ferma intenzione di stare seduta lì, in uno stato di dormiveglia per il tempo rimanente alla fine di quell’agonia, quando le luci si abbassarono e la musica che prima era solo un insignificante sottofondo, coperta dalle parole dei presenti, si fece più alta, violando il mio dolce e delicato udito. Il biondo mi prese la mano, stringendola con amore e mi fece un cenno con il capo, invitandomi a ballare, lo osservai interdetta, il suo tocco era ruvido e familiare così come quell’espressione interrogativa di quando mi invitava a ballare, noi amavamo  ballare, ma quel luogo non era appropriato, non poteva ospitare i nostri due corpi danzanti, non li meritava. Declinai l’invito con un espressione dispiaciuta e un urlato «Non qui!», urlare, l’unico modo per farsi sentire; Marco sembrò prenderla con diplomazia, il corpo longilineo si piegò in un elegante inchino che mi lasciò un sorriso sulle labbra, il ragazzo lo ricambiò per poi perdersi nella folla, in cerca di qualcun'altra con cui ballare.
Io rimasi là, persa in un mare di note.

Non ci volle molto perché la noia prendesse il sopravvento e il cellulare risultasse ancor più banale del solito, chiunque gestisse quel covo di festaioli non aveva la minima intenzione di abbassare il volume della musica ed alle mie orecchie arrivava un irritante canzone dubstep, necessitavo di allontanarmi da quel baccano, così mi alzai delicatamente e mi inoltrai alla ricerca del bagno. Le braccia nude ed il corpo vulnerabile urtavano i corpi con l’anima altrove intorno a me, le luci basse mi rendevano difficile capire dove stessi andando e quando vidi la luce di un piccolo corridoietto dalle piastrelle bianche mi sentii come se avessi visto la Madonna manifestarsi, mi avviai a passo svelto verso il posto dalle luci ospedaliere ma ad interrompere il mio cammino verso la salvezza fu l’apparizione di un gradevolmente noto viso. La sua figura, sospesa tra luce ed ombra, appariva quasi mistica, un gioco di vedo e non vedo con i suoi occhi smeraldo dallo sguardo fugace e il viso dai lineamenti femminili ed armoniosi. Le labbra carnose colorate di rosso per la serata mi sorrisero, un semplice movimento fu così poetico ed aggraziato, ogni movimento della bionda davanti a me era pura manifestazione di grazia, eleganza ed innocenza così candida da risultare maliziosa, per quanto insolita. Allungò lentamente il marmoreo braccio «ma quale piacere ritrovarti, Emma» la sua mano cadeva supplicante e stringerla fu quasi un dovere impostomi, mi sentii quasi preoccupata nel toccare un essere tanto bello e particolare, perché una ragazza che nel ventunesimo secolo incontra un’altra ragazza con cui ogni tanto chiacchiera a ricreazione e le dice “ma quale piacere ritrovarti” porgendole in quel modo la mano è senz’ombra di dubbio particolare.
«Oh, Adelaide, anche per me» soprattutto per me, non immaginavo di trovare una personalità come la sua ad una festa del genere, la sua voce vellutata e la sua presenza degna di idolatria rendevano la situazione ben più interessante.
Probabilmente incantata dalle sue maniere, non capii bene come ci ritrovammo fuori dallo squallido locale a chiacchierare animatamente, non era solo estremamente affascinante, ma anche intelligente, una persona sveglia. Adoravo la sua mente, era così legata agli antichi valori e qualità, sembrava portata qui da un altro tempo, ma mai sarebbe stata legata alle tradizioni obsolete. Esalò un profondo respiro – vidi il petto contrarsi sotto alle pieghe indaco del delicato abito – prima di invitarmi con estrema gentilezza a casa sua «troppe persone in quel posto e la sera non risparmia il suo gelo, abito qua vicino, ti piacerebbe venire?» fissò tutta la preziosità dei suoi occhi nei miei ed io non potei far altro che rispondere come lei meritava «mi allieterebbe».
Venni scortata fino ad un appartamento dai colori caldi, ordinato e soprattutto ordinario. Un banale appartamento, senza peculiarità alcuna e nessun segno che potesse viverci qualcuno come Adelaide, gli unici segni della sua presenza erano un paio di sue foto con i genitori ed un libro sul tavolo del salotto che solo lei avrebbe potuto leggere. Non era una sua proprietà, non l’aveva arredata lei, ma mi aspettavo un luogo segnato dalla bionda, come poteva non cambiare radicalmente la casa in cui viveva? Come faceva a non renderla sua negando qualsiasi altra personalità? La meraviglia venne sovrastata dal tono docile «mio padre è in un qualche luogo per lavoro, la madre mia dovrebbe arrivare quando ormai sarai già andata» gustai ogni secondo di quelle costruzioni stravaganti e di quelle frasi tanto strane – probabilmente sgrammaticate – quanto amabili.
La fissai, le rosee guance illuminate dalla luce delicata del lampadario, le labbra così invitanti.
Il suo viso vicino al mio.
Sentii qualcosa nello stomaco, era una sensazione nuova.
In un atto di coraggio assoluto, posai le mie labbra sulle sue, abbandonai qualsiasi eventuale difesa e mi sentii giusta. Perché cosa c’era di più giusto di quel brivido caldo che dominava il mio corpo in una passione chiamabile completezza?
Adelaide, oh Adelaide, rispondesti al bacio e lo rendesti completo



 

Note d'autore:

Allora, è la prima "cosa" che pubblico, la storia in sé non è niente di speciale o incredibile, sono solamente due ragazzine un po' particolari che si piacciono(abbastanza ironico che abbia anche pubblicato un testo in questa sezione, conoscendomi), tra l'altro questa sarebbe solo la prima parte di un lavoro un ben più lungo, ma non farei mai una long e trovo che questo pezzo abbia comunque una sua autonomia.
Quanto allo stile, è ancora in fase di evoluzione, cambia continuamente a seconda di ciò che leggo, non ha ancora una sua peculiarità, un suo tratto caratteristico e non è curato, probabilmente si può notare dal testo.
Tutto ciò per dirvi che questo è più che altro un esperimento e le critiche costruttive sono anche più che gradite! Detto ciò, spero la lettura sia stata almeno un po' di vostro gradimento e di non avervi annoiato, grazie per essere arrivati fino a qui :) 
  
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