Gotham City Romance:
“Vuoi stare con
me?”
Questa
frase mi rimbomba nelle orecchie mentre tento, senza
riuscirci, di dare una risposta.
Insomma, basta girare nella mia testa in questo modo, non
sopporto più questo rimbalzare, gradirei un attimo di
tregua, un po’ di pace
per pensare ad una risposta, ma no, no, no… è
chiedere troppo dalla mia mente
impulsiva!
Ho
detto impulsiva, non malata! Non sono mai stato matto,
neanche per un secondo!
So
che la domanda che mi è appena stata posta non necessita
di una delle mie solite risposte inopportune, eppure il mio cervello
non riesce
a cooperare con me in modo coerente, e purtroppo è proprio
una di quelle ad
uscire dalla mia bocca.
“Sembri
un liceale.”
Ecco.
Già me ne sono pentito, e vorrei mordermi la
lingua… ovviamente
lo faccio immediatamente, ma per fortuna lui sta sorridendo…
riesce a leggere
dentro di me troppo bene per meravigliarsi delle mie –spesso
infelici- sortite.
Mi si avvicina lentamente, invidio la sua capacità di
apparire calmo e paziente perfino in un momento come questo.
Avvolge
le sue braccia attorno a me e capisco immediatamente
le sue intenzioni; ancora non riesco a riflettere coerentemente, penso
mille
pensieri e mi pongo altrettante domande… e se lui si
aspettasse da me un tipo
di “amore” che non potrei mai dargli? In fondo, io
sono volubile, nervoso,
strano ed impulsivo! Insomma, sono troppo… Joker.
Il
che non vuole necessariamente dire che sono pazzo, no,
no! Non lo sono mai stato!
I
nostri corpi adesso aderiscono perfettamente, vedo i suoi
occhi chiudersi mentre i miei si spalancano, la sua bocca si schiude
mentre la
mia si serra… ormai mi restano pochi secondi per pensare,
no-no-no-no-no siamo
troppo, troppo diversi ed io non sono neanche sicuro che mi piaccia,
per cui
no, no, no niente da fare!
Tiro
la testa indietro solo per un attimo e contrariamente
alle mie aspettative lui non mi segue, non si sporge per impormi quel
contatto
bensì si ferma e riapre gli occhi; sorride ancora, mi guarda
negli occhi come
se mi stesse dicendo che mi capisce, è dolce ed ancora non
so se la cosa mi
piace… perché non dice nulla? Chiunque direbbe
qualcosa, chiederebbe una
spiegazione, quantomeno, ma lui no…!
Figuriamoci,
lui ha questa maledetta empatia, che combinata
ai suoi studi psichiatrici gli permette di capire tutte quelle cose di
cui gli
altri neanche si accorgerebbero!
D’altronde però, se assomigliasse alla maggior
parte della
gente, ora non sarei di certo qui.
Continua a non parlare, così mi irrito e lo colpisco col
pugno chiuso sul petto, per costringerlo ad allontanarsi da
me… non sono mai
stato uno capace di limitare la mia forza in nessuna occasione, ed
infatti lo
sento lanciare un gemito soffocato.
Il mio senso di colpa, comunque, si trasforma in irritazione
quando vedo quel sorriso ancora al suo posto, ancora rivolto a me.
“Ti
piaccio? Io?”
“Sì.”
“Perché?”
La
mia espressione indurita non lo spaventa, non lo
infastidisce, ne lo mette anche solo vagamente a disagio, scoppia a
ridere ed
io lo capisco sempre di meno… e comunque se fossi mai
riuscito a capirlo come
lui fa con me, a quest’ora non starei perdendo tempo qui con
lui.
Allora perché lui con me lo fa? Perché perde
tempo?
Ora che ci penso, lui non si è mai tirato indietro ogni
volta che gli ho teso un tranello per metterlo alla prova, anzi li ha
sempre
affrontati pur consapevole di cosa volessi scoprire di lui con quei
trucchi…
Eppure,
mai una volta ho sospettato che potesse sfruttare
questa consapevolezza a suo vantaggio. Non ho mai messo in dubbio la
sua
sincerità, mai pensato che fosse differente da come si
è sempre presentato a
me.
La
sua risata riecheggia per qualche secondo tra i tubi
ferrosi del ponte sul quale ci siamo incontrati, e poi si spegne
lentamente,
come se l’acqua sotto di noi, tinta dell’arancio
del tramonto, l’avesse
inghiottita.
“Perché
mi fai ridere.”
Mai
fatto ridere nessuno in vita mia io, mai. Nemmeno quando
ci ho provato, nemmeno senza volerlo… mai stato capito da
nessuno io, sia che
ci provasse oppure no. Posso accettare che lui mi comprenda come riesce
a fare,
ma non che mi trovi divertente! No, non ci crederò mai.
“Raramente
ridi.”
“Con te, sempre.”
“No, mai.”
“Se ti togliessi i paraocchi ogni tanto, sapresti che non
è
così.”
Touché.
So a cosa si sta riferendo, parla dei miei continui
exploit con Barman e del fatto che da molto tempo per me esiste
solamente lui… eppure
ora, qui, su questo ponte ci siamo solo io e lui, nessuna ombra oscura
tranne
quella della mia psiche complicata.
Ho
detto complicata, non malata! Non sono mai stato pazzo in
vita mia!
“Non
sono matto, e lui ora non è qui!”
Triste
quanto breve riassunto di tutti i miei precedenti
pensieri… sono ancora arrabbiato ma non so più se
con lui o con me stesso.
“Allora
devi avermi sentito ridere!”
“Smettila!”
Non
mi piacciono i suoi giochi mentali, le sue parole che
troppo spesso suonano sarcastiche, il suo volto indecifrabile, la sua
capacità
di sapere, vedere e scoprire sempre tutto… sento la mia
stessa voce nelle mie orecchie,
sto gridando tutti i miei pensieri e non mi piace, non davanti a lui,
non avrei
mai voluto scoprirmi tanto davanti a lui.
Metto le mani in tasca, mi volto ed inizio ad allontanarmi,
ma sento i suoi passi leggeri e tranquilli dietro di me vorrei non
badarvi,
eppure non ci riesco, sento la rabbia, non so verso chi o che cosa
indirizzarla
e non riesco a far finta che lui non esista; mi volto di nuovo a
guardarlo.
“Perché
non mi lasci in pace?”
“Eppure te ne rendi conto, che sei tu a non farlo.”
“Lo so, ma da me si può capire!”
Di
nuovo scoppia a ridere, probabilmente prendendo la mia
semplice constatazione per una battuta mentre invece intendevo davvero
dire che
questo comportamento ci se lo può aspettare da me, e che
volevo invece sentire
la sua spiegazione.
Di nuovo mi volto di scatto, sempre più nervoso, per
allontanarmi il più velocemente possibile ma stavolta lui mi
blocca dopo appena
qualche passo, afferrandomi per un braccio.
Quando mi volto, mi guarda negli occhi ed odio come riesce
ad incatenarmi con quegli sguardi seri, a me, che non ho mai preso
niente con
troppa serietà.
Odio anche il modo in cui mi sta facendo sentire, sebbene io
sia di qualche centimetro più alto di lui, è come
se torreggiasse su di me, mi
fa sentire alle strette.
“Da
cosa scappi?”
“Dimmelo tu, visto che sei un dottore!”
“Non ti ho mai mentito, Joker.”
Ha
risposto alla ragione della mia “fuga” con la
risposta che
cercavo, alla domanda che non gli ho posto, il che -anche se ormai
dovrei
esserci abituato- mi provoca una strana sensazione nello stomaco.
“E
lo farai?”
“Non lo so… spero di no.”
Non
mi ha mai costruito castelli in aria, mai promesso cose
irrealizzabili, mai parlato di vanti inesistenti con cui mettersi in
mostra,
non ha mai fatto tutte quelle cose che la maggior parte delle persone
amano
fare.
Comunque, se lui si fosse comportato come tutti gli altri, a
quest’ora non starei ancora qui a sentirlo parlare.
Per una volta me ne sto zitto, e ringrazio me stesso per
questo.
“Sembri
venire da un altro mondo.”
Avevo
cantato vittoria troppo presto.
“Anche
tu sei diverso dagli altri.”
Mi
fa venire i brividi come riesca sempre a capire ciò che
intendo dire con le mie frasi sconnesse.
“Hai
detto che sono diverso?”
“Sì, diverso. Non pazzo, non penso che tu lo sia
mai stato.”
Per
una volta me ne sbatto dell’impulsività ed in un
secondo
lo stringo tra le mie braccia, schiaccio praticamente la mia bocca
sulla sua e
dopo un attimo di smarrimento, lo sento ricambiare con altrettanta
passione.
Per una volta, anche se solo per pochi attimi, sono riuscito a stupirlo
e
subito mi viene voglia di farlo ancora e ancora e ancora, come se
avessi appena
iniziato la dipendenza da una droga.
Restiamo avvinghiati in quel modo, a baciarci ed
accarezzarci con urgenza finché qualche minuto dopo non
sentiamo il suono del
campanile dell’orologio battere le nove.
“Allora,
stiamo insieme?”
“Quanto sei ragazzino! –rispondo, e lo sento
ridere-
Comunque la risposta è sì.”
“Festeggiamo?”
“Sarebbe anche ora.”
Lo
vedo infilare una mano in tasca ed estrarne una
scatoletta metallica che mi è fin troppo
familiare… volto lo sguardo verso
l’orizzonte, lo poso sulla città lontana e sento
all’improvviso la sua mano
insinuarsi nella mia tasca a stringere la mia.
Con la coda dell’occhio vedo il suo braccio tendersi verso
Gotham City come se stesse per cambiare canale ad un grosso televisore,
sento
un leggero “bip” nelle orecchie e quasi nello
stesso istante vedo lo stadio
esplodere.
La deflagrazione sembra arrivare fino al cielo, poi il fumo
fa la sua comparsa, scuro e con la forma di un fungo… beh,
più un albero che un
fungo, ma è lo stesso.
“Non
credevo che avrei mai potuto associare l’ambientalismo
con una detonazione.”
Ancora
una volta si mette a ridere, ed ormai mi sto
abituando così tanto a questo suono che non vorrei mai
smettere di ascoltarlo!
Viene da ridere anche a me, ma mi trattengo, mostrando invece un
sorriso a
trentadue denti.
“È
un bellissimo regalo di fidanzamento.”
“E per una volta, niente Barman.”
So
che questa frase include più di un significato…
stringe
un po’ di più la mia mano, e ricambio la stretta
prima di riprendere a
camminare ed attraversare il ponte.
“E
per le nozze cosa mi regaleresti?”
Dico
fissandolo con curiosità, e lo vedo restare per un
attimo interdetto;
si volta per l’ultima volta indietro, verso Gotham
City…
noto che il suo
sguardo sembra impensierito,
allora lo seguo col mio fino alla Wayne Tower, l’edificio
più alto della
regione.
“Decente…”
Commento
semplicemente, alzando le spalle, e stavolta ci
mettiamo a ridere insieme.