Sguardo
Il ragazzo aprì la porta di casa, e poggiò le chiavi sul tavolino del salotto. Anche quella giornata, così come tutte dall'inizio della sua carriera, era stata un successo. Da parte di tutti, aveva ricevuto solo applausi, sorrisi e complimenti.
Era
una fortuna che il suo potere fosse diventato così grande;
quel
giorno, infatti, Jun gli era sembrato un po' strano. Ogni tanto, gli
sembrava che la sua mente fosse più difficile da penetrare,
come se
fosse conscio delle sue capacità, e stesse attivamente
resistendo.
Era però una situazione che si risolveva in poco tempo: era
sufficiente uno sguardo o una battuta, qualche minuto dopo, e tutto
tornava alla normalità, quella normalità in cui
la sua influenza
regnava sovrana.
Ogni
giorno, lui osservava il pubblico davanti a lui con
felicità, e
cominciava il suo spettacolo. Ballava, cantava, intratteneva gli
ospiti, e tutto ciò che riceveva in cambio erano calore ed
approvazione, come lui ordinava. Poco importava che si trattasse
della registrazione di un programma televisivo o di un concerto: era
arrivato a poter prendere il controllo su ogni dettaglio. Quando si
trovava su un palco, nulla poteva accadere, se lui non lo desiderava.
Tutto procedeva come aveva programmato.
Quegli
stolti dei miei genitori si staranno mangiando le mani, pensò,
appendendo la giacca all'attaccapanni.
La
sua famiglia era sempre stata appartenente alla Luce. Erano secoli
che nessuno dei suoi componenti sceglieva le Tenebre.
Poi,
beh, era nato lui. Lui, figlio di genitori severi, bambino sempre
allegro, ma ben poco versato nella magia. Lui, ragazzino desideroso
di attenzioni, ma incredibilmente pasticcione. Sempre ignorato, se
non per essere rimproverato.
-
Non sarai mai in grado di fare nulla, se continuerai così!
- Guarda tuo fratello, è più piccolo, ma molto più avanti di te. Si impegna così tanto, dovresti seguire il suo esempio!
- Se mai dovessi incontrare un mago delle Tenebre non avresti alcuna speranza, saresti spacciato!
La sua famiglia non vedeva le lacrime che versava ogni sera in camera sua. Nessuno poteva sentirlo, mentre trascorreva notti intere a cercare di eseguire incantesimi complessi, ma inutilmente. Era come se nel suo essere ci fosse stato un blocco che gli impediva di dare il meglio di sé.
Nessuno
apprezzava il suo impegno, e questo aveva inevitabilmente influenzato
i suoi rapporti col prossimo.
Quale
famiglia può definirsi devota al bene, se poi fa questo ad
un
proprio figlio?
Era
invaso da un forte desiderio di rivalsa. Un giorno avrebbe mostrato a
tutti il suo valore. Un giorno nessuno avrebbe mai nemmeno osato dire
che era un buono a nulla. Un giorno tutti l'avrebbero adorato, e gli
avrebbero chiesto scusa.
Aveva
passato gran parte della sua adolescenza ad attendere il giorno in
cui avrebbe compiuto sedici anni. Non vedeva l'ora di lasciarsi
indietro quella famiglia.
Soltanto
sua nonna aveva mostrato un minimo di fiducia nei suoi confronti.
-
Stai tranquillo, nipotino - gli
aveva detto, la sera prima del grande giorno. -
Dopo che
avrai fatto la tua scelta, sono certa che troverai il ruolo giusto
per te.
Aveva
avuto ragione, molto più di quanto, probabilmente, lei
stessa avesse
immaginato.
Quando
si era ritrovato di fronte a quella scelta, il ragazzo non aveva
avuto dubbi.
Mentre
sentiva le Tenebre che lo avvolgevano, percepì qualcosa di
nuovo
dentro di sé. Si sentiva più potente, finalmente
capace di non
essere più considerato lo zimbello della famiglia.
Aveva
visto gli sguardi dei suoi parenti pieni di orrore di fronte alla sua
trasformazione; erano spaventati anche solo dall'averlo davanti a
loro.
Lui
aveva semplicemente sorriso. Non l'avrebbero mai amato come aveva
desiderato, ma perlomeno l'avrebbero temuto ed ammirato.
Poi,
era successa una cosa strana. Nel momento in cui lui aveva guardato
negli occhi ciascuno dei suoi familiari, le loro espressioni si erano
addolcite.
-
Ti vogliamo bene -
aveva detto
sua madre. - Forse siamo stati troppo duri con
te.
Perdonaci, per favore.
Era
strano. Sua madre non avrebbe mai detto quelle cose di sua spontanea
volontà, quelle parole che il sé quindicenne
avrebbe pagato oro per
sentire. Inoltre, il cambio di espressione di tutti era stato fin
troppo veloce, come
se il suo
sguardo avesse avuto la capacità di cambiare i loro pensieri.
Forse... forse era
quello il
suo potere? Era qualcosa di molto più potente e prezioso di
qualsiasi stupida magia avesse mai tentato di fare prima.
Avrebbe potuto
piegare le loro
menti, fare in modo che tutti gli dimostrassero l'amore e
l'approvazione che tanto aveva desiderato. Fare in modo che la sua
famiglia lo considerasse importante....
Scoprì
che, in fondo, non gli
importava più così tanto. Del resto, la sua
famiglia era piccola, e
con le sue capacità poteva fare molto di più....
Aveva abbandonato
quella casa
senza nemmeno un saluto. Grazie alla sua nuova natura, ogni cosa che
avesse mai potuto desiderare precedentemente aveva perso importanza.
Aveva in mente piani molto più ambiziosi.
Era
entrato in un'agenzia di idol, e nel giro di qualche anno era
diventato famoso. Aveva stregato una nazione intera, in quegli anni.
Gli bastava concentrarsi un pochino, e così influenzava il
modo in
cui la gente vedeva lui e il suo gruppo. Tutti li adoravano, tanto da
considerarli tra i volti più importanti del Giappone, ed il
merito
era soltanto suo e delle sue doti.
Il
pubblico vedeva solo ciò che lui desiderava, provava
soltanto le
emozioni che lui permetteva ad esso di provare. Donava alla gente
qualche ora di buonumore, li faceva commuovere alla fine di ogni
concerto, ed in cambio loro quasi lo idolatravano. Perlomeno, le
persone con le menti più deboli finivano per farlo. In certe
occasioni, le loro coscienze diventavano quasi delle marionette, e
lui era il burattinaio che sapeva quali fili tirare.
"Raggio
di sole", lo
chiamavano, o
anche "Ragazzo dei miracoli". Lui,
però, sapeva bene che l'unico, vero miracolo della sua vita
era
accaduto il ventiquattro Dicembre di sedici anni prima.
Le
sue capacità erano tanto grandi che tutte quelle persone
avrebbero
fatto qualunque cosa lui avesse chiesto loro, se solo l'avesse
ordinato. Soltanto con uno sguardo, avrebbe potuto trasformare le
folle adoranti in eserciti, e conquistare un tipo di potere
decisamente più concreto di quello che già
possedeva.
Tuttavia,
al momento quello non gli interessava. Era soddisfatto di
ciò che
stava facendo. Del resto, anche manipolare le menti di un'intera
nazione non era una cosa da niente. E ancora non aveva finito....
La
prima cosa che il ragazzo fece, una volta posata la sua roba, fu
andare in bagno, e fermarsi davanti allo specchio.
Era
una fortuna che, tra i suoi nuovi poteri, ci fosse anche quello di
poter cambiare aspetto. Le lenti a contatto erano fastidiose, oltre
ad essere un'inutile perdita di tempo. Si presentava al mondo come un
ragazzo dai begli occhi castani, ma lui preferiva di gran lunga il
suo aspetto originario.
Uno
schiocco di dita, ed il suo sguardo era tornato quello di sempre:
occhi dorati, simili a quelli di un gatto.
Quello
era lo sguardo che, finalmente, gli permetteva di essere adorato da
tutti.
Quello
era lo sguardo con cui Masaki Aiba avrebbe conquistato il mondo.
Note: Ciao a tutti e grazie per essere arrivati alla fine di questa storia! So che può sembrare strano, ma mi affascina molto l'idea che Aiba, perlomeno nelle AU, abbia un lato un po' oscuro xD qui in particolare, trattandosi di un crossover con Beautiful Creatures, Aiba diventa un Evo. Spero che vi abbia fatto piacere leggere questa fic, alla prossima!