Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: saramermaid    04/11/2014    1 recensioni
Thadastian | Niff | Trunter | Verde | 5864 Words
Dal testo:
"Quel ragazzo che gli stava di fronte era un completo e totale mistero e Thad non faceva fatica a supporre che l’altro si divertisse un mondo ad interpretare quella parte. Magari perfettamente consapevole dell’effetto che sortiva negli altri e, proprio per questo, era invogliato a mostrarsi assolutamente affascinante.
[..] Nascose la testa tra le ginocchia, fasciate dal pantalone scuro a righe in tinta con la giacca del costume, e strinse forte le nocche delle mani mentre il profumo dell’altro permeava ancora la stanza. Gli ci vollero soltanto alcuni istanti prima che scattasse in piedi alla velocità della luce aprendo la porta ed imboccando di corsa il corridoio.
«Trent!» Urlò prima di precipitarsi lungo le scale, facendosi strada in mezzo alla folla ed alla moltitudine di ragazzi e ragazze intenti a ballare al centro della pista da ballo improvvisata."
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hunter Clarington, Sebastian Smythe, Thad Harwood, Trent Nixon | Coppie: Nick/Jeff, Sebastian/Thad
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Upside-down Halloween








Alla mia twin,
perché resta sempre il Thad del mio Bas
e perché fremeva d'impazienza
per questa OS.
Ti voglio bene ♥






I dormitori della NYU brulicavano di studenti chiassosi e musica spettrale pompata al massimo da enormi amplificatori situati magistralmente per ogni piano. L’ambiente era completamente addobbato da zucche intagliate, lanterne appese al soffitto e riproduzioni reali di mostri sparse un po’ ovunque con l’intento di terrorizzare i collegiali più paurosi e fifoni come lui. Thad svoltò l’ennesimo angolo, sobbalzando leggermente quando le braccia meccaniche di uno zombie gli sfiorarono la giacca di pelle del costume ed automaticamente la sua mano destra corse a posarsi sul petto. Sentiva il cuore accelerare leggermente i propri battiti ed in quel frangente rimpianse amaramente di aver accettato la proposta di Jeff di incontrarsi direttamente alla festa. Normalmente non avrebbe esitato un solo secondo ad acconsentire ma quell’anno, complice il fatto che il suo migliore amico si fosse appena messo con Nick, non se l’era sentita di rovinargli quel mezzo appuntamento e l’intera serata di Halloween.

Perciò aveva scosso la testa con decisione e detto a Jeff di non preoccuparsi, inventando sul momento la scusa che avrebbe fatto un leggero ritardo e che quindi era inutile costringere lui e Nick ad aspettarlo. Tuttavia Thad non poteva negare il fatto che Halloween lo terrorizzasse parecchio; tutti quei film horror con morti cruente e killer psicopatici, tutti quegli scherzi creati per far morire la gente di crepacuore e quelle maschere inquietanti non lo facevano sentire a suo agio. Se non fosse stato certo al 200% che Jeff lo avrebbe trascinato a forza alla festa, anche in boxer se necessario, sarebbe sicuramente rimasto a casa a guardare la trilogia de Il Signore Degli Anelli sgranocchiando pop corn. Ma ormai si era preso la briga di affittare un costume e comprare i vari accessori, sarebbe stato controproducente disertare all’ultimo minuto.

Quindi con sguardo vigile e le labbra strette tra l’arcata di denti superiori, si inoltrò verso la rampa di scale fiocamente illuminata da qualche lanterna dalla luce giallastra e percorse soltanto pochi passi prima che la riproduzione della bambola assassina sbucasse da una nicchia, facendogli emettere un verso strozzato. La saliva gli si seccò improvvisamente in fondo alla gola e, ancora scosso, indietreggiò verso la finestra aggrappandosi ad essa saldamente. L’altro braccio era invece stretto attorno allo stomaco, quasi come se fosse sul punto di vomitare pranzo e colazione insieme. Thad sbatté le palpebre per pochi istanti, ripetutamente, intimandosi di respirare profondamente e ad intervalli regolari. Quando fu sicuro che le gambe avrebbero retto, smettendo di tremare come gelatina, tornò ad osservare il corrimano indeciso se continuare quel percorso al buio o tornare indietro.

«Serve una mano, Arrow

Una voce roca e strascicata lo costrinse a spostare lo sguardo verso la parete parallela al sottoscala, completamente immersa nell’oscurità più totale. Il moro assottigliò lo sguardo, cercando di mettere a fuoco la sagoma del suo interlocutore, ma da quella postazione era pressoché impossibile distinguere qualsiasi altra cosa che non fosse inglobata nel buio. Tuttavia, il puntino luminoso di quella che sembrava una sigaretta fu un chiaro indizio sulla postazione occupata da quello che sicuramente era un ragazzo. Thad ne era certo, il timbro marcato e mascolino erano una palese prova a riguardo. Si concentrò per qualche istante sull’odore acre del fumo e quando la figura entrò nel raggio di luce di una lanterna, poté vederne i tratti del volto. Un ragazzo abbastanza alto e non eccessivamente muscoloso, con penetranti occhi verdi ed un ciuffo castano abilmente pettinato sulla fronte, lo fissava continuando ad aspirare nicotina.

«Ti ringrazio ma credo di potermela cavare da solo, Joker.» Rispose Thad con la stessa vena sarcastica utilizzata dall’altro, notando l’ombra di un ghigno aprirsi sulle labbra sottili di quest’ultimo abilmente truccate di rosso.

«Touché.» Rispose in perfetto accento francese il castano, aspirando l’ultima boccata di fumo prima di spegnere la sigaretta in un vaso lì vicino ricolmo di sabbia. «Scusa la mia invadenza ma sembravi star poco bene a giudicare dal tuo pallore.» Proseguì questi avanzando verso il moro e fermandosi a qualche passo di distanza.

Thad non poté impedirsi di constatare l’innaturale bellezza e charm di Joker, nella sua mente lo aveva catalogato così perché non ne conosceva il nome, mentre quel corpo sinuoso sembrava essere stato creato apposta per indossare il costume da nemico giurato di Batman. Le sue iridi nocciola non ne persero un singolo movimento e si ritrovò ad arrossire leggermente quando, di rimando, quelle pozze smeraldo percorsero la sua tuta da Arrow con fin troppa attenzione e cura. Si schiarì quindi la gola e prese ad osservare il riflesso di una zucca intagliata, chiedendosi dove accidenti si fosse cacciato Jeff e se fosse il caso di mandargli un messaggio nonostante il caos che regnava al piano di sotto.

«E’ colpa della bambola assassina, mi ha fatto prendere uno spavento sbucando così all’improvviso.» Ammise infine, accantonando momentaneamente l’idea di cercare il suo migliore amico, e mordendosi la guancia dall’interno con estremo imbarazzo.

Come prevedibile Thad lo sentì ridacchiare appena a quella confessione e, nonostante avesse dovuto offendersi almeno un po’ per quella mancanza di tatto e lieve presa in giro nei confronti della sua paura, si accorse di star sorridendo in risposta piegando all’insù gli angoli della bocca. Effettivamente dall’esterno quella situazione sarebbe sembrata alquanto comica, ma nessuno degli eventuali estranei avrebbe dovuto sopportare poi una notte parzialmente insonne a causa dei rumori immaginari o meno che lui avrebbe sentito e che l’avrebbero costretto a tirare la coperta fin sopra la testa.

«Comunque io sono Sebastian Smythe.» Mormorò il castano allungando il braccio destro nella sua direzione e stendendo la mano liscia dalle dita lunghe e sottili.

«Thad Harwood.» Rispose con semplicità sovrapponendo la sua mano coperta dal guanto verde scuro a quella di Sebastian e stringendo la presa.

La distanza tra loro si era notevolmente ridotta ed il profumo muschiato del castano gli arrivava perfettamente alle narici, stordendolo per alcuni istanti e provocandogli una innaturale sensazione di tensione mista ad ansia. Si sentiva leggermente in soggezione in presenza di Sebastian ed allo stesso tempo ne era incuriosito. Quel ragazzo che gli stava di fronte era un completo e totale mistero e Thad non faceva fatica a supporre che l’altro si divertisse un mondo ad interpretare quella parte. Magari perfettamente consapevole dell’effetto che sortiva negli altri e, proprio per questo, era invogliato a mostrarsi assolutamente affascinante. Si, il moro ne era totalmente certo e con quella consapevolezza iniziò a manifestarsi anche il desiderio di conoscerlo o magari scambiarci qualche parola giusto per non trascorrere da solo quella festa terrificante.

«Bene Thad Harwood, direi che è giunto il momento di esplorare il resto di questo assurdo percorso dell’orrore in stile casa stregata. Che ne dici di farmi compagnia?» Esclamò Sebastian di punto in bianco, riportandolo bruscamente alla realtà e costringendolo ad interrompere di scatto il contatto delle mani ancora strette tra loro.

Thad parve rifletterci e ponderare quella richiesta per alcuni istanti, inclinando leggermente di lato la testa fasciata dal cappuccio di pelle verde, poi annuì concedendo al suo interlocutore un abbozzo di sorriso timido ed impacciato.

«D’accordo, fammi strada Smythe.»







Lo sguardo color cielo si soffermò attentamente a scrutare la figura dell’altro riflessa nello specchio della scrivania. Dalla sua postazione seduto sul letto Hunter sorrise, notando l’estrema cura con cui l’altro ragazzo cercava di sistemare il cravattino senza tuttavia riuscirci. All’ennesimo sbuffo contrariato decise che sarebbe stato meglio intervenire o sarebbero usciti da quella stanza quando ormai la festa era completamente conclusa, sebbene quest’ultima fosse appena a qualche corridoio di distanza. Con passo felpato si avvicinò fino a fermare il movimento confuso di quelle dita e sostituirle con le proprie, completando il tutto con un perfetto nodo dritto e ben curato. Si premurò poi di far scivolare le proprie braccia, coperte da una giacca scura a righe verticali bianche, lungo i fianchi della persona che gli stava di fronte attirandolo sulle proprie labbra.

«Faremo davvero tardi se continui a baciarmi e tu odi perdere le entrate trionfali, signor Gangster.» Esclamò questi, rispondendo comunque al bacio ed incrociando i polsi dietro la nuca del suo ragazzo.

«Vero ma amo soprattutto baciare il mio personale Cappellaio Matto, dovresti sapere anche questo Trent.» Rispose di rimando Clarington, concedendosi un piccolo ghigno malizioso che fece arrossire vagamente il ragazzo più in carne.

Non era da molto che si conoscevano e stavano insieme, soprattutto perché per Hunter era ancora complicato dover affrontare il fatto di essere gay e non etero come credeva fino ad un paio di mesi prima, eppure in quegli ultimi tre mesi avevano imparato per forza di cose a scoprire i propri caratteri e conviverci ogni giorno. Dividevano la stanza del dormitorio alla NYU e seguivano le stesse lezioni per la maggior parte del tempo, per cui non era stato poi così difficile scambiare inizialmente qualche parola, qualche sguardo di sfuggita o sfiorarsi accidentalmente mentre camminavano l’uno accanto all’altro nei corridoi del campus. E ben presto quelle attenzioni all’apparenza casuali erano diventate qualcos’altro che entrambi non potevano ignorare. Ci erano voluti giorni di silenzio e settimane intere fatte di litigi, un po’ da parte di Trent che usciva sbattendo la porta e un po’ da parte di Hunter che invece preferiva non tornare a dormire affatto, prima che capissero quanto ormai erano irrimediabilmente legati.

«Già..» Sospirò Trent abbassando di colpo lo sguardo chiaro, così simile a quello dell’altro, ed allontanandosi di qualche passo per indossare il famoso cappello con parrucca arancione parte integrante del suo costume.

Improvvisamente il suo buon umore sembrava essere scomparso così come il sorriso e le guance arrossate di poco prima. La verità era che nonostante avessero superato di gran lunga i primi burrascosi periodi, c’erano ancora una quantità enorme di questioni irrisolte all’interno della loro relazione. Trent sapeva che Hunter aveva bisogno dei suoi tempi e dei suoi spazi prima di essere del tutto pronto a fare ufficialmente coming-out e, davvero, lo capiva. Tuttavia più passavano i giorni più aveva l’impressione di essere imbrigliato in un continuo tunnel senza luce o uscite d’emergenza. Era sostanzialmente stanco di essere il ragazzo di Clarington soltanto quando nessuno poteva vederli, esausto di potersi permettere manifestazioni d’affetto solo all’interno di quelle quattro mura e di non poter dimostrare al mondo intero quanto amasse il suo ragazzo. Non ce l’aveva con Hunter, non come avrebbe dovuto perlomeno, ma era nei momenti come quello che quel piccolo peso gravava più del dovuto sul suo cuore.

«Trent che succede?» Chiese con un’evidente nota di apprensione e preoccupazione il castano, stringendogli il braccio all’altezza del gomito e costringendolo a guardarlo negli occhi.

Hunter Clarington non era affatto stupido o sprovveduto, il più delle volte lo si poteva senz’altro definire astuto, caparbio, ostinato e soprattutto attento ai dettagli. L’aver trascorso il periodo della pubertà in un’accademia prettamente militare gli aveva, certamente, conferito quell’aria da duro e spaccone ma anche una discreta capacità intuitiva. Non gli era passata inosservata l’improvvisa freddezza di Trent o il suo sguardo improvvisamente spento o ancora la sua espressione delusa. Era certo che qualcosa non andasse ed iniziava ad avere il vago sentore di quale realmente fosse il problema, ma non era ancora pronto e, dacché se ne potesse pensare, non stava mentendo perché in qualche modo si vergognava dell’altro o perché rinnegava quei sentimenti costantemente impressi nel suo cuore. Fu per questo che si stupì del sorriso amaro che Trent gli stava rivolgendo, probabilmente combattuto tra lo sputare il rospo o semplicemente far finta di nulla come aveva fatto fin’ora.

«Serve davvero fare questa domanda, Hunter?» Si limitò a rispondere questi con tono sarcastico ma cauto, continuando a lisciare le pieghe inesistenti sulla sua giacca marrone-rossiccio pur di evitare il suo sguardo.

«Ne abbiamo già parlato, Trent. Ti sto chiedendo soltanto un po’ di tempo per sentirmi pronto a fare questo passo e ti giuro che non dovrai aspettare in eterno.» Mormorò Hunter colmando quella esigua distanza e sollevandogli il mento per incastonare i loro occhi color mare.

«E’ la stessa frase che mi ripeti da un mese ormai e non è mai cambiato un accidenti! Io ti amo Hunter ma non è giusto continuare questa relazione clandestinamente come se non avesse importanza perché per me, credimi, ne ha eccome. Vorrei davvero andarci con te a questa festa, ma vorrei andarci col mio fidanzato non con il mio compagno di stanza.» Esclamò Nixon, scostandosi bruscamente da quel tocco e stringendo i pugni.

Sentiva gli occhi pizzicargli e non avrebbe potuto nascondere a lungo le lacrime che premevano per uscir fuori, manifestando molto più dolore di quanto le sue parole fossero in grado di dimostrare. Amava Hunter con tutto se stesso, ma il bisogno di rassicurazione, protezione e fiducia erano maledettamente importanti. Sarebbe stato disposto anche a troncare il tutto subito, nonostante lasciare l’altro gli avrebbe fatto davvero male, se questi non gli avesse dato una seppur minima prova concreta.

«Mi stai dando un ultimatum, Trent?» Sibilò con sgomento Clarington, sentendo lo stomaco contorcersi e il battito del suo cuore accelerare in pochi istanti a causa del timore e della tensione.

«No, ti sto dando la possibilità di scegliere Hunt.» Sussurrò di rimando il più robusto chiudendosi pesantemente la porta alle spalle e sparendo oltre l’uscio della porta.

Il rumore sordo arrivò ovattato alle sue orecchie, mentre sentiva il proprio corpo completamente paralizzato. Del tutto confuso si lasciò scivolare ai piedi del letto, accanto alla porta, passandosi le mani tra i capelli corti dopo aver gettato con rabbia in un angolo la bombetta che prima aveva sul capo. Per la prima volta Hunter Clarington si sentiva insicuro e vulnerabile, oppresso dal dolore che sentiva al centro del petto e dal silenzio incalzante della stanza priva della presenza di Trent. Aveva fallito anche questa volta e lo aveva fatto nell’esatto momento in cui aveva evitato di fermare il suo ragazzo prima che andasse via. Nascose la testa tra le ginocchia, fasciate dal pantalone scuro a righe in tinta con la giacca del costume, e strinse forte le nocche delle mani mentre il profumo dell’altro permeava ancora la stanza. Gli ci vollero soltanto alcuni istanti prima che scattasse in piedi alla velocità della luce aprendo la porta ed imboccando di corsa il corridoio.

«Trent!» Urlò prima di precipitarsi lungo le scale, facendosi strada in mezzo alla folla ed alla moltitudine di ragazzi e ragazze intenti a ballare al centro della pista da ballo improvvisata.







Avevano percorso ben tre rampe di scale negli ultimi dieci minuti o poco più, Thad non era riuscito a decifrare con precisione quanto tempo fosse trascorso, e fortunatamente non erano ancora saltati fuori altri mostri terrificanti in grado di fargli mozzare il respiro ogni volta, facendolo assomigliare ad una ragazzina impaurita. Lui e Sebastian camminavano l’uno accanto all’altro con le spalle che si sfioravano ad intermittenza, nonostante la differenza di statura ed il fatto che il castano fosse più alto di lui, ed il silenzio che li circondava. Thad era teso come una corda di violino e sentiva il corpo tremare ad ogni minimo scricchiolio o suono sospetto, limitandosi a muoversi con circospezione e nervosismo. Tuttavia Sebastian parve intuirlo in ogni caso perché gli concesse un sorriso rassicurante e prese a fischiettare le note di quella che al moro sembrò vagamente Glad You Came dei The Wanted.

«Sei un cantante?» Si lasciò infatti sfuggire dalle labbra Thad, pentendosi subito dopo della domanda forse fin troppo personale che aveva posto.

Tuttavia l’altro sembrò non scomporsi minimamente di fronte a quel quesito improvviso e, se possibile, il sorriso gli si accentuò di più trasformandosi in un’espressione compiaciuta ed estremamente supponente che Harwood non riuscì ad interpretare o decifrare con esattezza.

«Per la precisione sono il solista di tutti i musical sponsorizzati qui alla NYU, quindi direi che posso considerarmi come tale. E tu Harwood, in cosa ti diletti?» Ammise schiettamente Sebastian sollevando il mento con convinzione e lanciandogli uno sguardo più che eloquente in merito.

«Non ci crederai mai ma anche io so cantare, insieme al mio migliore amico facevamo parte del Glee Club della scuola al liceo e non credo di potermi definire un cantante a tutti gli effetti.» Rispose optando per la completa sincerità e perché sostanzialmente non era incline a mentire.

Jeff gli ripeteva sempre che era fin troppo buono, accondiscendente e altruista e che avrebbe dovuto comportarsi un po’ più da egoista ogni tanto, mettendo se stesso al primo posto. Eppure nonostante le continue batoste e persone sbagliate che aveva conosciuto, Thad non riusciva a modificare quel lato del suo carattere forse fin troppo ingenuo e sentimentale. Personalmente si riteneva una persona leale e gentile, e sostanzialmente la definizione appropriata sarebbe stata essere se stessi in qualsiasi situazione, perciò comprendeva che questo suo modo di fare poteva procurargli fin troppe delusioni. C’era già passato una volta, quando la rottura con il suo ex ragazzo era stata così brusca e improvvisa da essere rimasto a letto per una settimana con Jeff che gli accarezzava i capelli e asciugava le sue lacrime. Ma alla fine si era ripreso risorgendo più forte di prima un po’ come una fenice ed era questo che gli aveva permesso di rivalutare se stesso.

«Puoi sempre provare a fare le audizioni per il musical di natale, sono sicuro che alla tua fidanzata farebbe piacere accompagnarti.» Mormorò il castano con forse un pizzico di curiosità mista ad interesse, mentre imboccavano finalmente l’atrio centrale al piano terra.

«L’ultima volta che ho provato a fare un’audizione ho dimenticato le parole dopo nemmeno cinque minuti, per cui non credo di essere la persona adatta. Inoltre dubito che la mia ragazza possa esserci visto che sono single e appartengo al lato rosa della bilancia..» Sussurrò con un leggero timore Thad, sistemandosi nervosamente la maschera verde attorno agli occhi pur di evitare la penetrante occhiata che l’altro gli stava rivolgendo dopo quella confessione.

Smythe parve soppesare a fondo quelle parole, restando in silenzio per qualche manciata di secondi e giocherellando distrattamente con i bottoni lucidi del gilet violetto che indossava sotto la giacca. Il moro lo vide inclinare leggermente la testa e poi scuoterla con decisione come se un pensiero lo avesse improvvisamente colto e lui lo avesse semplicemente scacciato. Fu solo un attimo, la frazione di un secondo, ma a Thad sembrò di cogliere una patina di sorpresa in quelle iridi verdi come se lui fosse riuscito a scalfire in qualche modo quella sorta di alone misterioso che circondava Sebastian. Questa volta, però, si morse volutamente la lingua serrando la mascella per impedirsi di dar aria alla bocca senza pensare, come già aveva fatto in precedenza. In fondo lui e Joker, pensò divertito a causa di quel soprannome, non si conoscevano affatto. Erano soltanto due ragazzi che percorrevano insieme lo stesso tragitto, si ripeté mentalmente in seguito.

«Abbiamo un altro punto in comune, Harwood. Ti sorprenderà, forse, sapere che pondero anche io per il lato gay della bilancia.» Esclamò con un vago accenno divertito e tono mellifluo il castano, osservandolo di sottecchi e bloccandosi in prossimità del bivio tra due corridoi.

Thad si fermò esattamente accanto a lui ed i suoi occhi nocciola scintillarono leggermente di fronte a quella verità sussurrata tra il silenzio spettrale della NYU e quello strano feeling che entrambi percepivano formarsi tra loro passo dopo passo. Non si accorsero nemmeno che la distanza si stava inevitabilmente colmando né che i loro piedi stessero guadagnando centimetri dopo centimetri, fu solo quando entrambi poterono osservare i contorni netti delle rispettive ciglia che compresero quanto fossero vicini. Sebastian allungò prontamente le dita sottili della mano destra posandole, con una delicatezza che non gli apparteneva, lungo la guancia ispida di barba di Thad per poi fermarle lì inermi. E d’altro canto l’altro sentiva di star arrossendo colorando di una sfumatura rosea quella stessa porzione di pelle esposta al tocco del castano. Sarebbe bastato un altro passo di entrambi per azzerare il tutto e compiere quel singolo ma semplice gesto, tuttavia l’apparizione di Scream con tanto di coltello insanguinato fece visibilmente saltare Thad, costringendolo a spezzare quella strana atmosfera.

«Sinistra.» Proruppe Sebastian osservando con uno sguardo indecifrabile la sagoma del mostro meccanico, mentre si portava le mani nelle tasche dei pantaloni eleganti, alternando le iridi verdi tra l’ambiente circostante ed il suo compagno di avventure.

«Cos-Cosa?» Balbettò Thad passandosi nervosamente una mano tra il ciuffo di capelli che fuoriusciva dal cappuccio, sentendo l’imbarazzo farsi largo ancora una volta sul suo viso.

Dio, lui e Sebastian stavano per baciarsi e certamente non era il tipo di persona che baciava gli sconosciuti dopo nemmeno mezza serata passata insieme. Non sapeva che accidenti gli era preso o gli stava succedendo, era come se la presenza prolungata di Smythe fosse in grado di annebbiargli il buon senso rendendolo totalmente incapace di utilizzare la ragione. Probabilmente se Jeff lo avesse visto in quel momento lo avrebbe esortato a lasciarsi andare per una volta, comportandosi come un normalissimo ragazzo della sua età. Poi ovviamente sarebbe passato a fare il terzo grado a Sebastian per accertarsi che non fosse un malintenzionato o peggio uno psicopatico.

«Dobbiamo imboccare il corridoio a sinistra, Harwood. L’apparizione dei mostri non è casuale o fortuita ma indica il percorso da seguire per arrivare al luogo misterioso dove c’è la vera festa.» Spiegò pragmaticamente l’altro, tastandosi la tasca della giacca e sbuffando nel notare il pacchetto vuoto di sigarette.

«Oh.. Non ci avevo fatto caso. Okay andiamo.» Rispose in un mormorio concitato leggermente rincuorato dal fatto che la famosa festa non dovesse essere lontana se loro si trovavano già al pian terreno.

E difatti man mano che camminavano il rumore della musica diventata sempre più forte, finché non si ritrovarono di fronte al portone spalancato della sala centrale. Le luci fluorescenti colpivano le loro figure man mano che la palla appesa al soffitto si muoveva su se stessa, mentre il dj continuava a premere i pulsanti della console per cambiare musica ad intervalli regolari. Thad notò che in fondo alla sala vi erano dei comodi divanetti ed il tavolo degli alcolici; il centro della stanza era stato sistemato per fungere da pista da ballo e la confusione era più che evidente. Un gruppo di ragazzi alla sua destra si stava divertendo a fare a gara bevendo direttamente la birra dal barile in metallo, poco più in là altri ragazzi e ragazze giocavano al ping pong alcolico costringendo i perdenti a bere dal bicchiere dov’era finita la pallina. C’era troppo rumore e troppa calca per riuscire a scorgere volti familiari e per quanto si sforzasse non aveva ancora trovato le sagome dei suoi migliori amici. La sua visuale venne però ostruita dalla mano candida di Sebastian, tesa nella sua direzione, con il palmo rivolto verso l’alto ed un sorriso accattivante stampato sul volto.

«Ti va di ballare con me, Arrow?» Esclamò a voce alta il castano per sovrastare il volume della musica, aspettando con pazienza una qualsiasi risposta a quella richiesta sostanzialmente innocente.

Thad rimase del tutto spiazzato con gli occhi leggermente sgranati e la bocca dischiusa in un’espressione di stupore e sorpresa. Non si aspettava che Smythe gli avrebbe chiesto di ballare, anzi era del tutto convinto che dopo il mancato bacio l’altro ragazzo si sarebbe presto stancato della sua presenza, abbandonandolo a se stesso e correndo a rimorchiare probabilmente qualcun’altro. Sembrava però che il più alto non avesse del tutto perso interesse nei suoi confronti e questo lo lusingò parecchio, portandolo a ricambiare quell’espressione maliziosa mentre la sua mano guantata si posava su quella dell’altro.

«Con molto piacere, Joker.» Mormorò con convinzione accettando quell’offerta e lasciandosi condurre in mezzo alla folla di studenti intenti ad occupare la pista.

Le braccia di Sebastian corsero subito a stringersi attorno ai suoi fianchi, sospingendolo verso di lui nell’esatto momento in cui le proprie braccia si posavano delicatamente sulle spalle del più alto. Ora che poteva permettersi di osservarlo meglio, Thad memorizzò ogni singolo dettaglio di quel viso perfetto. Si accorse delle ciglia lunghe e chiare, del naso leggermente appuntito e dei diversi nei quasi invisibili presenti sulla striscia di pelle del collo. L’istinto gli intimava di far scorrere le dita tra quei capelli abilmente pettinati e quel ciuffo, laterale e rialzato, per saggiarne la consistenza ma avrebbe dovuto sfilarsi i guanti per compiere quel gesto. Tuttavia Sebastian parve precederlo iniziando una lenta risalita con i polpastrelli lungo la linea della sua spina dorsale, fino a sfilargli il cappuccio rivelando completamente la sua chioma scura.

«Posso baciarti, Thad?» Sussurrò Sebastian a poche spanne dalle sue labbra carnose, facendolo deglutire a causa dell’aspettativa e dell’esigua distanza.

Dannazione, se l’altro glielo chiedeva con quel tono mellifluo e roco non avrebbe saputo resistere a lungo ed avrebbe completamente mandato alle ortiche il suo autocontrollo. La gola era improvvisamente secca e dovette faticare parecchio per trovare una risposta coerente e comprensibile che non fosse un mucchio di suoni indistinti.

«Non vorrei che il tuo ragazzo si ingelosisse..» Proruppe con un mugolio incerto, maledicendosi per la risposta idiota che aveva appena fornito al ragazzo più sexy di quella dannata festa di Halloween. Non c’era niente da fare, quando era nervoso riusciva sempre a sparare cavolate.

Sebastian ridacchiò sinceramente divertito di fronte a quel suo scarso tentativo di tenergli testa, ma non accennò a lasciare la presa lungo il suo fianco destro e dietro la sua nuca ora esposta a causa del cappuccio abbassato. Thad lo vide umettarsi le labbra, stando attento a non combinare un pasticcio col trucco bianco e rosso facente parte del suo costume, ed avvicinarsi ulteriormente.

«Non c’è nessun ragazzo, dolcezza.» Gli sussurrò direttamente accanto all’orecchio sinistro, muovendo le dita sulla pelle olivastra della nuca in una carezza vagamente accennata prima di posare finalmente le labbra su quelle dell’altro in un bacio tutt’altro che casto.







Si faceva largo tra la folla spintonando chiunque intralciasse il suo cammino e la sua visuale, aveva adocchiato Trent seduto accanto al tavolo degli alcolici mentre un novellino ci provava spudoratamente con lui. Hunter stava letteralmente schiumando di rabbia e gelosia, stringendo i pugni non appena la risata divertita dell’altro gli arrivò alle orecchie, nonostante la musica spacca timpani e quelle stramaledette luci fluorescenti che lo accecavano ad intermittenza. Fu quando arrivò in prossimità dei divanetti di pelle che riuscì a scorgere per intero cosa stesse effettivamente succedendo. Trent sorseggiava con calma uno dei cocktail colorati preparati da uno studente dell’ultimo anno mentre accanto a lui, appoggiato innocentemente al bancone, la malriuscita riproduzione di Dracula cercava di lusingarlo con commenti carini e battute spiritose. Trent sembrava divertirsi, a giudicare dal sorriso presente sul suo volto, e questo gli urtò ulteriormente il sistema nervoso.

Okay che si era comportato da idiota e che il suo ragazzo meritava sicuramente qualcuno migliore di un cazzone come lui, ma non avrebbe permesso al primo arrivato di portargli via l’unica persona importante della sua vita. Gli ci era voluto un mezzo ultimatum e la paura di vedersi scivolare tutto dalle dita per accorgersi che, dannazione, avrebbe fatto qualsiasi cosa per Trent. Perciò a passo sicuro e sguardo minaccioso si avvicinò ai due picchiettando sulla spalla dello sconosciuto e costringendolo a voltarsi nella sua direzione. Hunter storse il naso di fronte a quei capelli biondi e quegli occhi chiari, per lui scialbi ed insipidi, e continuò ad indossare la sua solita espressione inquietante.

«Mi dispiace interrompere il vostro intimo siparietto, ma ti conviene girare a largo Dracula prima che prenda seriamente in considerazione l’idea di infilzarti davvero con un paletto.» Mormorò con tono di voce duro e incazzato, osservando Trent sgranare gli occhi mentre lo sconosciuto gli si piazzava davanti per fronteggiarlo.

«Spiacente amico ma sto bene dove sto. Chi sei tu per dirmi cosa devo fare? » Proruppe questi con arroganza e derisione assottigliando lo sguardo.

«Mettiamola cosi, se non giri immediatamente a largo dal mio ragazzo sarò quello che ti farà molto male e non garantisco che a fine serata torni con tutte le ossa a posto.» Grugnì con voce fredda ed incredibilmente tagliente Hunter.

Il biondino scialbo si umettò le labbra, probabilmente pronto ad avventarsi su di lui dando il via ad una rissa in piena regola. Tuttavia la mano leggermente paffuta di Trent si frappose tra i due, posandosi poi sul petto di Clarington con decisione per impedirgli di prendere a pugni l’altro ragazzo. Non si sarebbe mai aspettato una reazione simile dal suo ragazzo, o perlomeno non dall’Hunter insicuro e paranoico riguardo il suo possibile coming-out, ma sapeva anche che questi era fin troppo incline alle provocazioni tanto da non riuscire a lasciar correre o passarci sopra. In pochi attimi lo tirò per un braccio allontanandolo dal bar e trascinandolo in un angolo abbastanza appartato e tranquillo dove poter parlare senza il rischio di scatenare un putiferio. Quando fu certo che l’altro non sarebbe scattato in preda ad un attacco di rabbia, allentò la presa puntando poi gli occhi celesti in quelli altrettanto chiari di Hunter.

«Si può sapere che diavolo ti è preso, Hunt?» Sbottò Trent con tono severo e concitato, ringraziando il volume elevato proveniente dalle casse che mascherava la loro conversazione, evitando di fare una pessima figura di fronte a metà corpo studentesco.

«Che diavolo mi è preso, dici? Trent quel damerino da strapazzo ci stava spudoratamente provando con te! Ecco che diavolo mi è preso. Tu sei soltanto mio, dannazione!» Rispose il castano con un certo nervosismo, continuando a stringere le nocche fino a farle sbiancare.

Le labbra di Trent si schiusero con sorpresa, visibilmente colpito da quella pubblica confessione unita a quella di poco prima. Gli ci vollero soltanto alcuni istanti per comprendere che se Hunter era lì, con lui, alla festa e soprattutto considerato ciò che era appena accaduto significava che il suo ragazzo aveva scelto loro. Il suo sguardo si addolcì di colpo di fronte a quella consapevolezza e reazione eccessiva di gelosia, mentre le sue labbra si aprivano in un sorriso luminoso che ebbe il potere di spezzare la tensione. Con mani tremanti e gli occhi lucidi di emozione, annullò la distanza che li separava sentendo automaticamente la presa salda di Hunter sui suoi fianchi ed il suo respiro caldo sulla guancia. Chiuse gli occhi per pochi istanti, assaporando a pieno quel momento che aspettava da tempo, ed incrociò le braccia dietro la nuca di Clarington.

«Vuoi dire che-?»

«Si, vuol dire che ho scelto te, o meglio noi, e penso che tu sia incredibilmente sexy in questo momento tanto da aver voglia di baciarti di fronte a tutti perché ti amo e non mi importa un accidenti del loro giudizio.» Lo interruppe Hunter, sorridendogli con tenerezza e permettendo alle loro labbra di incrociarsi esattamente a metà strada.

«Ti amo anche io, Hunt.» Mormorò Trent prima di lasciarsi coccolare e viziare dal suo ragazzo al centro della pista da ballo.







Jeff Sterling si lasciò scappare una risata divertita, battendo le mani con contentezza ed assumendo un cipiglio vittorioso in volto. Al suo fianco Nick, il suo ragazzo, scuoteva la testa esasperato non riuscendo comunque a mascherare il sorriso che gli contornava le labbra e che stava a simboleggiare come in realtà anche lui fosse contento. Era tutta la serata che tenevano d’occhio Thad e Sebastian, restando nascosti alla loro vista ed osservando pian piano l’evolversi di quell’incontro non propriamente casuale. Erano in pochi, infatti, a sapere che Sebastian Smythe era uno dei compagni di corso di Nick Duval e che i due avevano stretto un ottimo rapporto di amicizia. Lui e Jeff si erano improvvisamente trovati a parlare del castano un paio di settimane prima, nel silenzio assoluto della loro stanza da letto, mentre aspettavano il rientro di Thad dalle lezioni pomeridiane. Era in quel momento che a Jeff era venuta quell’idea malsana, Nick aveva visto perfettamente gli occhi castani dell’altro illuminarsi all’improvviso, ed in breve tempo avevano ideato un piano perfetto per l’occasione.

Sostanzialmente nessuno dei due si intrometteva nella vita sentimentale del loro migliore amico ispanico, ma ad entrambi non era passato inosservato l’improvviso cambiamento di Thad. Dopo la rottura con il suo ex totalmente stronzo, il moro si era chiuso in se stesso dedicandosi solo ed esclusivamente allo studio ed evitando di divertirsi come qualsiasi altro ragazzo della sua età avrebbe fatto. Le uscite di svago si erano drasticamente ridotte, così come le domeniche mattina passate a fare una passeggiata per il parco magari leggendo un buon libro. E mentre osservavano i due baciarsi teneramente sulla pista da ballo, seppero che avevano fatto la cosa giusta. Sebastian poteva sembrare un ragazzo menefreghista e superficiale, uno di quelli da una botta e via, ma Nick sapeva che se avesse incontrato un ragazzo come Thad tutto sarebbe cambiato.

«Amore, dovevi darmi qualcosa o sbaglio?» Esclamò Jeff direttamente nel suo orecchio, per quanto la maschera di Batman glielo permettesse, tracciando in maniera sensuale un percorso sulla sua mascella e lungo il collo.

«Credo che per quello dovremmo andare in camera, tesoro.» Rispose Nick con un filo di voce, deglutendo un paio di volte per riprendere il controllo del proprio corpo.

«Oh ma io non intendevo quello Nicky. Non cercare di cambiare discorso, mi devi ben cinquanta dollari grazie a quei due.» Spiegò in maniera divertita il biondino, indicando poi con un dito Thad e Sebastian intenti a ridacchiare ed abbracciarsi.

«Jeffie, la prossima volta che mi viene la brillante idea di fare cupido, ti prego, sparami.» Proruppe il moro scatenando l’ennesima risata in Jeff prima che il suo fidanzato, abilmente vestito da Jack Sparrow, lo trascinasse su uno di quegli invitanti divanetti per consolarlo a modo suo.












A/N

Okay lo so che Halloween è passato da quasi una settimana, ma mi piace scombinare tutte le regole lasciando che la mia pazzia perenne prenda il sopravvento. Era da tanto che non scrivevo una Os Thadastian/Trunter/Niff in un sol colpo. Mi sono divertita parecchio a trovare il giusto costume per i pargoli, - ormai per me sono diventati i miei bambini quindi capitemi-, ed è stato quasi naturale per questa storia scriversi parola dopo parola. Per la prima volta mi sono imposta di scrivere qualcosa che non fosse banale, già affrontata da altri utenti o ampiamente collaudata e questo è il risultato finale. Non aggiungo altro perché di per sé la os è già lunga, se avete domande e volete semplicemente lasciarmi una recensione sono sempre qui.

P.s. Grazie infinitamente alle 15 persone che stanno seguendo la mini long Thadastian Superheroes e chiunque la legga. Con voi ci sentiamo mercoledì per l’epilogo ed i dovuti ringraziamenti (:

xoxo

Sara
  
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: saramermaid