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Autore: Stay away_00    05/11/2014    0 recensioni
Piccola One Shot sui pensieri e le emozioni di Thomas prima di entrare nel labirinto. c:
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Thomas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Thomas era chiuso nella propria stanza ormai da qualche ora. Non aveva dato a nessuno il permesso di entrare, non aveva voluto vedere nessuno e aveva chiesto un po’ di tempo per se stesso, un po’ di tempo per pensare. Sentiva i brividi lungo la schiena anche se indossava una felpa abbastanza calda e il clima non fosse molto rigido, sentiva la paura impadronirsi della sua mente e sfidare tutto quello in cui aveva creduto fino a quel momento. Proprio quel giorno sarebbe dovuto andare nel labirinto, proprio quel giorno avrebbe dimenticato ogni cosa, avrebbe perso Teresa e i suoi amici, avrebbe perso la sua mamma e magari anche se stesso. Forse sarebbe morto senza mai ricordare quanto aveva amato tutte quelle persone, ma in fin dei conti sarebbe stata una morte giusta, avrebbe contribuito a creare la cura, avrebbe contribuito a riportare alla vita un mondo che neanche ricordava, un mondo che gli avevano descritto come pieno di meraviglie, un mondo in cui l’eruzione non esisteva, in cui le persone stavano bene e non impazzivano da un momento all’altro. Un mondo in cui potevi fidarti degli altri, andare a mangiare un gelato con la ragazza che amavi e giocare a calcio con il tuo migliore amico senza avere il timore che fossero infetti, senza avere paura di beccarti una malattia incurabile.
Infondo era per quello che stava combattendo, giusto? Per una vita migliore, per salvare milioni di persone e per restituire agli altri la sicurezza di un tempo, la sicurezza che per anni aveva provato, sapendo di essere immune.
Eppure, in quel momento, rannicchiato in un angolo della sua camera, con le ginocchia al petto e le mani premute sulle orecchie non ne era poi così sicuro, la paura lo stava tormentando ormai da giorni, sapendo che prima o poi sarebbe giunto quel momento. Sapeva cosa doveva fare, eppure tutto quello lo stava rendendo un “caspio” – per usare il gergo che i ragazzi avevano inventato nella radura – di codardo.
Sentiva le lancette dell’orologio ticchettare nella sua testa come un presagio di morte, la prova che il Thomas che era in quel momento sarebbe morto per sempre appena gli avrebbero messo il filtro. La prova che stava per perdere non solo i suoi ricordi e tutte le persone che amava ma anche se stesso perché sapeva cosa doveva affrontare e sapeva che quelle prove lo avrebbero cambiato per sempre.
Un gemito strozzato uscì dalle sue labbra mentre cercava di rannicchiarsi su se stesso per quanto gli fosse possibile e le lacrime non tardarono ad arrivare, lacrime di terrore e tristezza.  Quelle lacrime che erano l’unico modo per esprimere i sentimenti che provava in quel momento.
Gli sembravano passate ore, o forse erano soltanto minuti quando improvvisamente sentì qualcuno bussare alla porta.
Si mise prontamente in piedi, strofinandosi i pugni chiusi sugli occhi, quasi come se fosse un bambino che non voleva far vedere ai propri genitori che aveva pianto, fece un piccolo respiro e poi andò ad aprire la porta. Osservò per qualche attimo l’uomo che si trovò di fronte, colui che presto lui e gli altri Radurai avrebbero chiamato “L’uomo ratto”. Egli gli rivolse un piccolo sorriso di incoraggiamento e gli diede una pacca sulla spalla, anche lui sapeva cosa doveva fare e anche lui, come tutti gli altri, avrebbe fatto la sua parte, Thomas lo sapeva.
Forse, se fosse riuscito a sopravvivere magari lo avrebbe odiato, magari avrebbe odiato la C.A.T.T.I.V.O e tutto quello che gli avrebbero fatto, forse avrebbe odiato anche se stesso per aver permesso a quelle persone – a lui – di giocare con tutte quelle vite.
Ne vale la pena, si disse.
« Hai qualche minuto per salutare i tuoi amici, ma devi sbrigarti. »
Disse l’uomo, in un tono che forse voleva essere affettuoso e il ragazzo gli rispose con un sorriso, sapeva che se solo avesse aperto bocca,  il panico sarebbe riaffiorato. A malapena riusciva a mantenere il controllo.
Fu scortato per un lungo corridoio, poi fatto entrare in una stanza dove vide Teresa, Aris e Rachel. Solo quando incrociò gli occhi azzurri della ragazza permise alle lacrime di tornare a tormentarlo.

 […]

 Era steso su un lettino in un enorme stanza bianca, un medico si trovava alla sua sinistra, altre due o tre persone alla sua destra. Discutevano di qualcosa ma Thomas era confuso e non riusciva a comprenderne le parole, solo piccoli spezzoni che alla fine, da soli non avevano alcun significato.
Piano piano sentì che il sonno si impadroniva di lui, piano piano la consapevolezza di star perdendo i sensi lo invase e forse per un breve attimo provò a ribellarsi, ma era troppo stanco.
Le palpebre si chiusero e un velo buio calò sui suoi occhi.
Quello sarebbe stato il suo ultimo momento di memoria completa, cercò di recuperare qualche ricordo, qualcosa di stupido come il tempo passato con Teresa o Aris, qualche risata  o la sua mamma, cercò di tenersi stretti quei ricordi ma sapeva che era impossibile.
Quello era l’ultimo momento in cui avrebbe saputo chi era, ignaro però di chi sarebbe diventato e cosa sarebbe stato costretto a fare.
La fine del Thomas conosceva.

 Il ragazzo aprì di scatto gli occhi, ritrovandosi al buio in quello che doveva essere un ascensore di metallo.
“Dove sono? Chi sono?” Pensò. 

   
 
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