L’ultima notte:
Cell ha indetto il suo torneo. I guerrieri
Z hanno a disposizione 10 giorni per prepararsi alla lotta più
cruenta e difficile di tutti i tempi. Ma cosa è successo la notte prima del
torneo?
Storia vecchia, ritrovata per caso. Riletta,
digerita e revisionata. Grazie per l’attenzione. Buona lettura.
Erano passati nove
giorni da quando Cell si era intrufolato nella sede della televisione,
seminando panico e terrore fra i terrestri, per annunciare un torneo di arti
marziali.
Chichi si era chiusa in
cucina già dal primo pomeriggio, armeggiando fra pentole, padelle, mestoli e
salatieri: aveva preparato i piatti preferiti dei suoi due ragazzi. Diverse
pietanze, dall’aspetto squisito, occupavano il grande tavolo rotondo al centro
della sala. Le sembrò il minimo da fare per coccolare suo marito e suo figlio,
in vista della giornata importante che li aspettava l’indomani. Non era molto
favorevole alla partecipazione di Gohan al torneo. Suo figlio doveva diventare
uno studioso importante e di fama mondiale, ma quando Goku insistette, non
riuscì a negarglielo, anche perché venne fatta una importante promessa: sarebbe
stata l’ultima volta. L’ultima volta che Gohan sarebbe stato distratto dallo
studio e dal suo brillante futuro.
Sospirò amaramente
mentre finiva di mescolare energicamente l’impasto per il dessert.
≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈
Una fresca brezza si era
da poco sollevata: accarezzava l’erba verde e soffice della pianura e
increspava leggermente la superficie del fiumiciattolo che scorreva nei pressi.
Sdraiati scompostamente, fianco a fianco, un padre e un figlio si godevano il
venticello in totale relax.
La giornata era passata
molto velocemente, si erano divertiti molto insieme: avevano giocato con i loro
amici dinosauri, avevano pescato, arrostito e mangiato i pesci presi.
Era giunto dunque il
momento per la pennichella pomeridiana, visto che gli allenamenti previsti per
i due si limitavano a mantenere la trasformazione in super sayan notte e
giorno, e il connesso controllo della forza. Stranezze proposte da Goku, che
Gohan aveva comunque accettato con un pochino di stupore, ma nutrendo piena
fiducia nei confronti del padre, si limitò a sorridere e ubbidire.
Il bambino interruppe il
silenzio circostante chiedendo in un soffio: << Papà, credi che domani ce
la faremo a sconfiggere quel mostro di Cell? >> tradendo la sua
apprensione, più che giustificata, essendo solo un bambino.
Goku sospirò. <<
Non lo so, figliolo >> Si mise su
in fianco e proseguì: << Sono certo che se daremo il massimo potremo
sconfiggerlo >>.
<< Mi impegnerò al
massimo, papà! >> replicò orgoglioso Gohan.
Di rimando, Goku allungò
la mano e accarezzò il capo del bambino, in un gesto tenero e amorevole, che
sembrò durare un’eternità. Il piccolo chiuse gli occhi, godendo di quel momento
padre e figlio di cui troppo spesso, aveva sentito la mancanza.
<< Figliolo, si è
fatto tardi, torniamo a casa, o la mamma non ci aprirà la porta! >>
scherzò Goku, mentre si grattava la nuca.
≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈
Un profumino invitante
pervadeva tutte le stanze della casa. Chichi fece accomodare i suoi due uomini
nella grande tavola al centro della sala: << Mangiate tutto senza fare
complimenti, mi raccomando, dovete essere in forze per domani >>. Premura
in un certo senso inutile, visto che ormai era abituata alla voracità con la
quale i due sayan si avventavano sul cibo. Una pila incredibile di piatti
sporchi iniziò ad accumularsi nel lavabo, nella credenza e nel tavolo della
cucina.
Conclusa la cena, Chichi
rimase in cucina a lavare le stoviglie, mentre Goku e Gohan si avviarono verso
il soggiorno per guardare insieme un po’ di televisione. La donna volle
rimanere sola, nonostante il figlio, sempre molto premuroso, si fosse offerto
di darle una mano. Secondo Chichi era giusto che Gohan rimanesse con suo padre
per la maggior parte possibile. Domani sarebbe stata una giornata campale. Non
era sicura che ce l’avrebbero fatta. Suo marito era l’uomo più forte di tutta
la galassia, questo era un dato di fatto: fin da bambino si era dimostrato
coraggioso e forte, proprio per questo, si era innamorata di lui. Mentre lavava
le stoviglie si ritrovò a pensare ad
eventi passati. Iniziò a contare,
sovrappensiero, tutti i nemici che hanno periodicamente minacciato la Terra. Dall’Esercito
del Fiocco Rosso ai cyborg, senza dimenticare Al Satan oppure Freezer, come non
rammentare, poi, quando arrivò Radish.
Sorrise amaramente.
Lo spettro di un nuovo
allontanamento dal suo uomo la metteva in agitazione. Era sempre riuscita a
cavarsela, avendo un carattere molto forte, ma ora che lui era finalmente
tornato non se ne voleva separare. Il destino li aveva divisi fin troppe volte,
conseguenza per aver sposato un uomo generoso, pronto a sacrificarsi per il
prossimo.
Egoisticamente si chiese
perché sempre la Terra dovesse essere bombardata o conquistata, perché sempre i
terrestri dovessero subire angherie o essere sterminati. La galassia,
dopotutto, era veramente vasta.
Queste cose potevano
anche accadere ad altri popoli e altre genti, perché solo ai terrestri?
Imprecò sommessamente,
continuando a sfregare le pentole, in maniera quasi maniacale.
Era il turno di una
grande teglia che presentava diverse incrostazioni. Chichi prese il detersivo
per i piatti, all’odore di limone, e ne distribuì una generosa quantità nella
spugna abrasiva e iniziò a sfregare.
Ebbe un lieve sussulto
quando due braccia poderose le cinsero la vita sottile. Non l’aveva sentito
arrivare, quando voleva, sapeva essere silenzioso.
<< Che c’è?
>> chiese la donna, mentre il suo flusso di pensieri svanì immediatamente
come una nuvola di fumo.
Goku non rispose. Si
limitò a infilare le mani dentro il lavandino pieno di acqua e sapone,
cercando, in mezzo alle posate e ai piatti, le mani della moglie. Quando le
trovò le intrecciò alle sue e fece aderire il suo corpo a quello della moglie,
dando un lieve bacio sulla nuca liscia e bianca della donna.
Chichi socchiuse gli
occhi, assaporando avidamente un momento di tenerezza coniugale che da troppo
tempo non riceveva. Passarono infiniti secondi, finché la donna non si girò
verso il marito. Rimasero a guardarsi fissi negli occhi, sempre in silenzio,
finché Goku non le sorrise.
<< Chichi, so bene
di non essere stato un buon marito e un buon padre…>>
La donna lo interruppe
subito, mettendo le mani ancora umide, sul petto dell’uomo.
Si ritrovò a
giustificarsi, tentando di biascicare qualcosa. Si sentiva in colpa per aver
pensato certe cose. Il pensiero che il marito avesse potuto leggere nei suoi
occhi quei pensieri, la fece tremare.
Goku, di rimando,
l’avvicinò a sé e la strinse leggermente, poi continuò a parlarle:
<< Tesoro, mi sei
mancata molto. Tu, nostro figlio, questa casa, questi luoghi. Ciò che mi ha
fatto andare avanti, siete stati voi. Il pensiero che finalmente potessimo
essere una famiglia unita >>.
A quelle poche parole,
Chichi iniziò a piangere sommessamente.
L’uomo, la strinse
ancora e continuò: << So perfettamente di essere stato spesso assente, ma
sono consapevole di aver lasciato tutto in ottime mani. Forza, asciugati le
lacrime! Sei una donna forte, e non lo intendo solo fisicamente, eh! Sai, Cara,
ogni tanto penso che tu sia una sayan proprio come me! >>
Risero entrambi e
insieme per quella battuta. Si unirono in caldo abbraccio. Quando si staccarono,
si guardarono nuovamente negli occhi e Goku ruppe nuovamente il silenzio:
<< Stanotte voglio
stare con te. Gohan dorme già da un po’… >>.
Sorrise nel dirlo, e
divenne rosso. La moglie, anche se poco avvezza a sentire certi inviti,
comprese immediatamente il desiderio del marito. Lo prese per mano e in
silenzio si diressero verso la camera da letto. Erano rimasti troppo tempo
distanti, anche se non lo sapevano, quella, per loro, sarebbe stata l’ultima
notte. Era giusto che esprimessero il loro amore che, nonostante si basasse su
una promessa fra due bambini, inconsapevoli della vita, era amore vero.
≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈
Il corridoio,
quella sera, le sembrò più lungo del solito. Lo percorse molto lentamente, con
passi piuttosto grevi. Era stata una giornata normale, senza nessun avvenimento
particolare, tutto era andato come al solito. Il problema, effettivamente,
sarebbe stato l’indomani. Era l’ultima notte prima del Cell Game. Un senso di
paura la pervase.
Arrivata alla porta
automatica, si vestì del suo sorriso migliore, bussò due volte, e tese
l’orecchio, in attesa di risposta.
Un flebile
“avanti” la indusse a schiacciare il pulsante per aprire la porta.
<< Ciao tesoro,
tutto bene? Sono passata a darti la buonanotte >>
<< Ciao mamma >>
rispose imbarazzato il giovane ragazzo venuto dal futuro.
Sorrise. << Mi
rendo conto che sia un po’ strano che tu mi chiami mamma, però mi piace molto!
>> ammise Bulma, strizzando l’occhio.
Rimasero in silenzio
qualche secondo, poi la donna attraversò la stanza e si diresse verso il letto,
per sedersi accanto a Trunks. Gli prese la mano, in maniera affettuosa, e gli
chiese:
<< Sei preoccupato
per domani? >>
<< A dire la
verità…un po’. Ma nella mia epoca ho visto morte e distruzione >> strinse leggermente più forte la mano della
madre << Adesso sono pronto a tutto pur di salvare la vostra dimensione!
>> concluse il giovane.
Bulma sorrise
teneramente e gli accarezzò la guancia.
<< Sei il degno figlio di tuo padre! In
un certo senso sei anche mio figlio, sappi quindi che ti voglio bene, come ne
voglio a quella piccola peste che ora dorme nella culla. Qualsiasi cosa dovesse
succedere io sarò disposta a fare di tutto per aiutare te e tuo padre in questa
lotta, anche cercare, a piedi, per tutto il pianeta, le sfere del drago!
>> concluse risoluta Bulma alzando un pugno verso l’alto.
Trunks si mise a
sorridere. << Mamma >> disse fieramente << Ti voglio bene
anche io! >> e abbandonando ogni sorta di timidezza e di imbarazzo,
dettati dalla giovane età della madre, l’abbracciò.
La donna uscì felice
dalla stanza, pensando, con una punta di orgoglio, che anche nel futuro aveva
fatto un ottimo lavoro con suo figlio.
La donna si avviò verso
la sua stanza, piuttosto pensierosa. Era sicuramente felice della chiacchierata
appena fatta con suo figlio, ma al contempo, la parte più difficile doveva
arrivare. Cosa avrebbe detto a Vegeta?
Effettivamente lui era
tornato a stare alla Capsule Corporation da poco tempo. Il loro equilibrio era
ancora troppo precario, non voleva rovinare tutto, non quella notte.
Entrò nella sua stanza,
accese l’abat-jour e si mise il pigiama con gesti molto lenti e meccanici.
Dette una rapida
occhiata al piccolo Trunks che dormiva beatamente nella culla.
Si diresse poi verso il
bagno privato, aprì lo sportello del
mobile bianco sopra il lavandino e tirò fuori lo spazzolino e il dentifricio.
Iniziò dunque la pulizia del cavo orale, guardandosi allo specchio, notando,
con un lieve disappunto, due occhiaie verdastre.
Mentre spazzolava con
cura l’arcata superiore dentale, si ritrovò a pensare nuovamente a Vegeta.
Effettivamente non
sapeva bene come affrontalo, cosa dirgli, come rassicurarlo, ma soprattutto se
lui ne aveva reale bisogno. Il suo essere orgoglioso e presuntuoso, in un certo
senso lo proteggeva, creava una spessa corazza intorno a lui, ma Cell era un
mostro senza precedenti. Già una volta aveva sconfitto sia Vegeta che Trunks,
nonostante gli estenuanti allenamenti nella Stanza dello Spirito e del Tempo. Fosse
stato per lei, avrebbe agito d’impulso, sarebbe corsa in camera sua e senza
dirgli niente l’avrebbe abbracciato e baciato, solo per stargli vicina quella
notte.
Si chinò per
risciacquarsi la bocca, quando si rialzò e si guardò allo specchio, alle sue
spalle apparve l’immagine del suo uomo.
Poggiato allo stipite
della porta, con le braccia conserte, Vegeta osservava la sua compagna, in
silenzio, con la sua solita espressione indecifrabile.
Stupita da quella visita
inaspettata, non riuscì a nascondere la sua meraviglia che si tradusse in un
lancio casuale dello spazzolino dentro il mobiletto e tre lunghe falcate che la
portarono a pochi centimetri dall’uomo.
Si guardarono per pochi
istanti. Bulma ebbe una sensazione di soffocamento, quegli occhi neri così
profondi, così indecifrabili, la fecero quasi annegare. Avrebbe dato qualsiasi
cosa per capire a cosa stesse pensando lui. Nei suoi occhi cercava un solo
segno che le potesse suggerire il da farsi, ma, ovviamente, non trovò nessun
indizio, nessun aiuto.
L’uomo, con una mossa
fulminea, afferrò con poco garbo, l’esile polso di della donna, senza mai
smettere di guardarla. Bulma fremette, ma per niente intimorita, sostenne lo
sguardo.
<< Vieni a letto
>>. Un ordine più che un invito.
<< Aspetta
>> disse Bulma << Vorrei che prima parlass…>> non riuscì a
concludere la frase.
Inaspettatamente Vegeta
catturò la sua bocca, intrappolandola in un bacio rude. Nonostante lo stupore,
Bulma rispose prontamente al bacio, poggiando la mano libera dalla morsa
ferrea, sul petto di lui.
Quel contatto fece staccare l’uomo, che guardò
severamente la donna: << Ho detto: vieni a letto. Bulma, sai che odio
ripetere le cose cento volte >>. Detto ciò la tirò verso la camera da
letto.
La donna lo assecondò
senza protestare. Vegeta aveva decodificato tutti i suoi pensieri, sapeva già
che cosa voleva dirgli e probabilmente non ne aveva bisogno. Niente parole, ma
solo fatti. Decise che era giusto stargli vicino in un modo diverso, sperando
che anche lui avrebbe conservato con cura i ricordi di quella notte insieme.
Il lettone grande e
comodo ospitò la coppia che non tardò ad unirsi in un unico abbraccio e in una
cosa sola.
≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈
L’alba era arrivata.
Goku si era sciolto dall’abbraccio della moglie ed era andato alla ricerca di
una delle sue tute da combattimento. Seduto di fronte all’armadio aperto,
iniziò a mettere a soqquadro tutti i ripiani. Non riusciva mai a raccapezzarsi
nell’ordine, soprattutto in quello meticoloso della moglie.
<< Tieni >>
disse una voce alle sue spalle.
Goku fu felicemente
sorpreso di vedere una bellissima tuta tenuta da due mani candide e un po’
ruvide dai lavori domestici.
<< L’ho
confezionata per te >> sorrise Chichi.
L’uomo prese la tuta e
con il braccio libero cinse i fianchi della moglie e l’attirò a sé per baciarle
la fronte.
<< Grazie tesoro.
Ti prometto che tornerò vincitore. Proteggerò Gohan, te e chi nascerà >>
concluse avvicinando la mano al ventre della moglie.
Quelle parole le
riecheggiarono nella mente per diversi minuti, ma solo quando il marito uscì
insieme a loro figlio, dette la giusta importanza alle parole del marito. Corse
immediatamente fuori dalla casa, in cerca di spiegazioni o forse di un ultimo
abbraccio, compreso il nuovo impegno che avrebbe dovuto portare avanti,
probabilmente da sola. Purtroppo era troppo tardi. Vide solo due piccoli
puntini nel cielo limpido e azzurro.
≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈≈
Le prime luci dell’alba
illuminarono anche la Capsule Corporation.
Vegeta si alzò
silenziosamente, con passo felpato, raggiunse la sedia dove era ordinatamente
disposta la sua battle suite. Si vestì velocemente, senza fare il minimo
rumore, non voleva svegliare la donna. Si voltò a guardarla. Dormiva sempre in
maniera scomposta: supina, con il lenzuolo attorcigliato al corpo, ma con le
gambe scoperte e semidischiuse, il capo appoggiato solo in parte sul cuscino.
Quella notte aveva deciso di rimanere con lei.
Non riuscì a darsi una
vera e propria spiegazione, né, ovviamente, la dette alla donna.
Quest’ultima infatti,
dopo la passione consumata, si aspettava un grugnito o un brontolio, prima di
vedere la figura del proprio uomo alzarsi, passarle davanti e andare verso la
porta. Quando questo non accadde, passò infiniti secondi a fissalo, con aria
interrogativa e stupita, tanto da farlo sentire in leggero imbarazzo e
costringerlo a voltarle le spalle, non prima, ovviamente, di sentire uno dei
suoi brontolii.
Ricordando la notte, sul
viso di Vegeta apparve un leggero sorriso.
Si diresse verso la
porta, ma dovette passare davanti alla culla di Trunks. Gli dette una fugace
occhiata, dormiva supino beatamente. Si avvicinò, come se fosse stato attratto
da qualcosa, come una falena è attratta dalla luce. Tese una mano, per
accarezzarlo, ma poi la ritrasse immediatamente.
Non c’era motivo o
bisogno di salutarlo. Lui sarebbe tornato. Lui doveva tornare.
Si girò un’ultima volta
verso la moglie e un’espressione di stupore si dipinse sul suo volto.
Bulma era sveglia.
Si perse per un istante
nei suoi occhi azzurri, poi attese. Si sentì di dover attendere qualcosa.
Per tutta risposta, la
donna alzò il pollice destro e gli dedicò uno dei suoi sorrisi più smaglianti.
Uscì dalla stanza con
una sensazione di calore che lo pervase in tutte le sue membra. Non era certo
di sapere cosa fosse, o forse non lo voleva ancora ammettere a se stesso. Risoluto
attraversò i corridoi della Capsule Corporation, era pronto per quella nuova
sfida.
FINE
Grazie a chi leggerà la mia
storia e a chi lascerà una recensione.
Nic.