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Autore: pandamito    07/11/2014    1 recensioni
Raccolta di one-shot in ordine cronologico su Alby e Newt, i loro pensieri e le loro interazioni all'interno del libro.
Nel corso del primo libro vediamo messa in risalto l'amicizia fra Alby e Newt, rispettivamente capo e secondo in comando dei Radurai, ma la loro relazione - essendo il libro scritto dal punto di vista di Thomas - non viene approfondita abbastanza, così ho voluto realizzare questa raccolta per mostrare una mia visione di quello che c'è dietro ai loro piccoli momenti.

● I – Newt sapeva che si stava fingendo offeso di fronte agli altri, ma da come l’aveva attirato accanto a sé sapeva che aveva bisogno di lui, che silenziosamente lo ringraziava per essere intervenuto. E così Newt gli rimase vicino.
● II – Newt era sdraiato su un lato, rivolto verso di lui, con un braccio teso che gli accarezzava i corti capelli scuri, come a volerlo fare addormentare. Quella sensazione gli dava un barlume di ricordo della sua vita passata.
● V – Aveva paura di tutto e chissà se Alby avrebbe continuato a consolarlo, una volta sveglio.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alby, Newt
Note: Missing Moments, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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05
 
 
Newt sembrava un morto che camminava. Si sedette per terra davanti a Thomas e Chuck, con l’aria più triste e preoccupata che si potesse immaginare.
«Credo che il peggio sia passato» disse. «Lo stronzo adesso dovrebbe dormire per qualche giorno e poi svegliarsi a posto. Magari ogni tanto si metterà a strillare.»
 
Aveva la testa che gli scoppiava, per ore non aveva sentito altro che le grida di Alby che gli perforavano i timpani, ma cercò di non dargli peso, perché comunque non avrebbe fatto diversamente in ogni caso.
Aveva visto il corpo di Alby mutare, riempirsi di vene verdi e sporgenti, grosse e orribili bolle di pus che poi erano scomparse col tempo e le varie ferite curate dai Medicali. E Newt non aveva mai distolto lo sguardo. Un po’ perché oramai aveva visto tutti quelli che avevano subito la Mutazione essendoci da più tempo degli altri, un po’ perché voleva affrontare il dolore che Alby stava patendo assieme a lui, consapevole però di non poter fare niente per alleviarlo. La Mutazione era una battaglia contro se stessi e chissà che cacchio succedeva.
 
Era così che si era sentito Alby quando sul lettino invece c’era stato lui? Pallido, ferito e morente. Immaginò Alby al suo posto, costantemente vicino al letto, che gli teneva stretta la mano, in ansia, preoccupato che potesse morire.
E magari Alby si era chiesto perché l’avesse fatto, perché si era buttato da quel muro.
Non ce la faceva più.
E invece eccolo lì, sentendosi coinvolto pienamente in una battaglia nella quale invece non poteva intervenire, spronando il migliore amico a resistere, a ricordargli che era il più tosto di tutto, non sapendo neanche se lui lo riuscisse davvero a sentire.
Si sentiva in colpa, perché ora sapeva cosa aveva dovuto provare l’amico e non voleva farlo più preoccupare, non voleva rivederlo di nuovo su quel letto o magari sveglio accanto a lui che non aspettava altro che il suo risveglio.
Newt non poteva accettare la possibilità della sua morte, non era concepibile secondo lui. Non voleva stare in quel posto senza Alby. Si sentiva come perso, incapace di andare avanti.
 
Quando le convulsioni di Alby si erano placate e con esse anche le sue grida, Newt aveva chiamato Clint e Jeff, che erano subito accorsi per controllarlo.
Ce l’aveva fatta e Newt tirò un sospiro di sollievo.
Sapeva che Alby era forte, lui più di chiunque altro, ma per una volta pensò seriamente che avrebbe potuto abbandonarlo lì, da solo, in quella Radura del cacchio.
Aveva stretto così forte la mano dell’amico in quelle ore di pura ansia e preoccupazione che ad un tratto pensò che avrebbero potuto incolpare lui se fosse davvero morto.
Ma ora era vivo, era sopravvissuto. Sì, ma chissà se sarebbe stato un bene.
E se fosse cambiato? E se fosse diventato come quei pive musoni che giravano per la Radura?
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dalle parole di Jeff.
«Newt, dovresti andare a riposarti anche tu. Te lo dico da Medicale e da amico. Stai da schifo.»
Il biondo grugnì, ma non gli diede retta. «E chi pensi che tirerà avanti sto cacchio di posto?»
E con ciò diede un ultimo sguardo ad Alby, che ora dormiva apparentemente tranquillo, e si alzò, scendendo al piano di sotto e uscendo dal Casolare, trascinandosi come se l’avesse dovuta subire lui la Mutazione, con gli occhi arrossati e la mente per niente lucida.
Le urla dell’amico gli rimbombavano ancora nella testa e le immagini del suo corpo che si contorceva sembravano non volerlo abbandonare. Non sarebbe mai riuscito a dimenticare e il peggio era che invece Alby stava per ricordare qualcosa di più.
 
Oramai la voce di Tommy che gli parlava gli sembrava distante e ovattata, quasi impossibile da raggiungere. Chiedeva della Mutazione, eppure Newt stesso non aveva voglia di affrontare quell’argomento.
Il biondo rimase a fissarlo per un istante, poi distolse lo sguardo. Sembrava perso nei suoi pensieri. No, lo era proprio. «I pive che hanno subito la Mutazione non ne parlano mai, a dire il vero. Diventano… diversi. Sgradevoli. Ce n’è qualcuno, nella Radura, ma io non li sopporto.» La sua voce era lontana, gli occhi si erano persi in un punto indefinito tra i boschi. Stava pensando al fatto che magari Alby non sarebbe mai più tornato lo stesso.
Era stato il suo punto fisso da quando i Medicali gli avevano iniettato il DoloSiero e ora si era fatto ancor più strada fra le sue preoccupazioni da quando l’amico non era più in pericolo di morte.
Magari si sarebbe ricordato di lui, di com’era prima, di cosa era successo. Ma erano sempre stati così legati? E lui, Newt, era sempre stato così o magari prima era… cattivo? Era arrivato coi primi Radurai, magari loro avevano fatto qualcosa di più grave rispetto agli altri. Ma cos’avevano fatto? E se…
Uno strano dubbio si insinuò in lui, portandolo a mangiarsi nuovamente le unghie, come quando era stato in ansia perché Minho ed Alby non uscivano dal Labirinto.
E se la loro relazione fosse cambiata? Se Alby avesse iniziato ad odiarlo? Se si fosse irrimediabilmente allontanato da lui?
Aveva paura di cosa sarebbe potuto succedere, di cosa avrebbe ricordato, di cosa avrebbe ricordato su di lui.
Non voleva trovarlo sveglio e notare uno sguardo differente negli occhi dell’amico, non voleva che diventasse come gli altri pive che avevano subito quella Mutazione del cacchio.
Non voleva che ricordasse, aveva paura di cos’era accaduto prima.
Aveva paura di rimanere lì, nella Radura, circondato dal Labirinto.
Aveva paura di tutto e chissà se Alby avrebbe continuato a consolarlo, una volta sveglio.
Scosse la testa, cacciando via quei pensieri.
Doveva indurre un’Adunanza. All’istante.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

PANDA B I T C H.
Ebbene ve l'avevo detto che i capitoli sarebbero arrivati a rilento e ancor di più d'ora in poi perché non ho più capitoli già scritti, né tempo per scrivere, più una storia da finire entro una scadenza, più interrogazioni varie.
E quindi... niente, io ho gli headcanons secondo cui Glenn di The Walking Dead in realtà è il padre di Minho, quindi addio. Ah, voglio pure scrivere una Modern AU sui Radurai. Bao.
Per qualsiasi chiarimento, potete farmi domande e potete contattarmi mettendo mi piace alla pagina facebook Come una bestemmia. o seguendo @pandamito su twitter, o andando sul mio profilo efp dove ci sono tutti i link dei social network su cui sono reperibile. (?) #copiaincollaistheway
Baci e panda, Mito.
   
 
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