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Autore: BarbaH GerardaH    09/11/2014    5 recensioni
Sophie vive a Los Angeles dove lavora per un'agenzia che fornisce servizi di "tuttofare" esclusivamente a clientela "vip". Finito l'ultimo incarico, dovrebbe godersi le meritate ferie ma, per una serie di motivi, si ritrova incastrata a prestare servizio a casa di Jared Leto, con tutte le conseguenze del caso: Sophie è testarda, determinata, tiene molto a fare bene il suo lavoro e non ha la minima intenzione a farsi mettere i piedi in testa da Jared; d'altro canto, a Jared non piace essere contraddetto e cercherà in ogni modo di far impazzire la poveretta. Come finirà?
Dal capitolo 10:
"Il manico del frustino si abbatte sul viso di Jared, più precisamente, a metà tra l'occhio sinistro ed il setto nasale. Il cantante prorompe in un urlo disumano e cade all'indietro, tirando una testata al muro.
ODDIO, L'HO AMMAZZATO. SIGNORI, HO APPENA UCCISO JARED LETO."
Genere: Comico, Commedia, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: Lime | Avvertimenti: Bondage
Capitoli:
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Ripensando alla favola di Cappuccetto Rosso, ricordo che la dolce bambina, almeno per metà della storia, ergo prima di finire nelle fauci del lupo a causa (almeno secondo me), di una di una miopia molto alta (come fai a non capire che quella non è tua nonna dannazione), aveva avuto la fortuna sfacciata di farsi il viaggio di andata completamente da sola. Niente pesi morti, niente scocciatori, niente individui inquietanti dal colore di capelli discutibile. Una vera pacchia insomma, al contrario della sottoscritta.
 
Jared intanto, continua a provocarmi. Decido di ignorarlo, tirando poi fuori dallo zaino carta e penna per scrivere un bigliettino a Shannon.
 
Sono andata nel bosco a raccogliere funghi. Non preoccuparti, c’è tuo fratello con me o, forse, proprio per questo motivo, dovresti farlo.
Sto scherzando, stai tranquillo, torneremo per ora di pranzo, o almeno spero.
 

 
Sophie
 
Dopo aver piegato con cura il foglietto, mi avvicino all’entrata del bagno per infilarlo sotto la porta ma, prima di potermi chinare, un esemplare selvatico di Shannon Leto al profumo di sandalo e muschio bianco mi si para davanti, avvolto esclusivamente da un asciugamano intorno alla vita che lascia ben poco all’immaginazione.
 
I CAN’T HANDLE THIS.
 
Istintivamente, giro la testa dal lato opposto con una forza tale da rischiare il colpo di frusta e, contemporaneamente, allungo le braccia verso il batterista, tentando di consegnagli il biglietto. Diciamo che, in questo momento, mi sento lentamente evaporare.
 
“Ehi BAM BAM, ti senti bene? Non hai una bella cera sai? Mio fratello non ti starà ancora importunando vero?!” domanda Shannon per nulla a disagio.
 
“No, no” farfuglio, “Va tutto alla grande, davvero! Ecco noi… noi stiamo andando a funghi, sono brava con i funghi, non ti preoccupare, ecco… si… è tutto scritto sul biglietto noi… ci vediamo dopo eh? Vado, ciao!”
 
“Sai Shan, credo che la tua fisicità o, meglio, la tua virilità, visto quello che sporge osservando l’asciugamano, la mettano a disagio. Possibile che ti debba spiegare tutto?” aggiunge con tono piatto Jared.
 
NON PUO’ AVERLO DETTO DAVVERO.
MA PERCHE’ NON STA MAI ZITTO?
MUORI, MUORI, MUORI.
L’HO GIA’ DETTO MUORI?
SI?
ALLORA CREPA, JARED.
 
Senza nemmeno lasciare a Shannon la possibilità di replicare, sfrutto il vapore acqueo presente sui suoi  pettorali per appiccicargli addosso il foglietto di carta striminzito, fuggendo poi alla velocità della luce verso l’entrata del bosco, tirando via Jared per un braccio, mentre, in lontananza, mi pare di udire il batterista gridare un: “E adesso cosa ho fatto?”.
 
Hai fatto troppo, Shannon.
Il mio cuoricino non regge le dimensioni mastodontiche del tuo brontosauro.
 
VA TUTTO ALLA GRANDE.
SONO BRAVA CON I FUNGHI.
È  TUTTO SCRITTO SUL BIGLIETTO.
 
Ma quanti anni ho? Dodici?
 
“Ti senti bene Cappuccetto? Hai assunto la stessa tonalità della felpa. Semmai avessi bisogno di una respirazione bocca a bocca, sono disponibile.”
 
La voce divertita di Jared mi riporta alla realtà.
 
“Sto bene” replico secca, “E, piuttosto che interpellarti, mi faccio rianimare da un Grizzly, stanne certo.” taglio corto continuando ad inoltrarmi lungo il sentiero.
 
Osservando i punti di riferimento presi in precedenza, mi accorgo di aver percorso più strada di quel che credevo; dopo l’ennesima figuraccia le mie gambe avranno messo il turbo.
Certo che, tra tutti e due, non è per nulla facile: sembra che entrambi i fratelli Leto siano venuti al mondo con il solo scopo di farmi sprofondare in una pozza fangosa di vergogna, imbarazzo ed umiliazione.
 
“Come desideri, Cappuccetto.”
 
“Hai intenzione di chiamarmi in quel modo ancora per molto?” domando irritata. “Sai, inizi a darmi sui nervi.”
 
“Finché mi aggrada, si. E poi” prosegue poggiandomi le mani sulle spalle, “Se la cosa ti urta, me ne compiaccio ancor di più.”
 
Nonostante la felpa, rabbrividisco al suo tocco.
 
“Sei davvero infantile. Questa cosa non ha il minimo senso; è come se, di punto in bianco, decidessi di chiamarti con qualche nomignolo idiota a causa di qualche tua caratteristica. Non so, ad esempio, monopalla …”
 
“MONOPALLA?!” replica allarmato il cantante, che stringe di poco la presa sulle mie spalle.
 
“Si, Monopalla.” sentenzio convinta. “È la prima cosa stupida che mi è venuta in mente. Lo vedi? È senza senso.”
 
“Ascoltami bene Cappuccetto. Tu hai un cappuccio in testa. Rosso, per giunta. Il sottoscritto, se permetti, di palla ne ho più di una e, stavolta, sono talmente offeso che non ti invito neppure a testare la veridicità delle mie parole.” conclude allontanandosi da me, con una punta di isterismo nella voce ed iniziando nuovamente a camminare.
 
All’incirca dopo altri dieci minuti di camminata, ecco spuntare i primi funghi: tutti porcini. Avevo letto da qualche parte che i boschi americani pullulano di questa specie anche ad altitudini elevate. Finalmente, stasera mangeremo come si deve.
Inoltre, un esemplare di Jared Leto stranamente collaborativo inizia a darmi una mano nella raccolta in modo tale che nemmeno dopo un’oretta, il nostro cesto contiene una quantità di porcini tale che potrebbe sfamare un intero esercito.
 
“Ehi Jared, direi che ne abbiamo presi abbastanza! Potremmo anche rientrare, che ne dici?”
 
“Ma come!” esclama contrariato. “Proprio adesso che stavamo andando così d’accordo Cappuccetto?” mi sussurra facendo il labbruccio e togliendomi il cesto dalle mani, con un gesto talmente rapido da non poterlo fermare.
 
“Ridammi subito il cesto, ho il cellulare lì dentro e non dispongo della tua stessa liquidità per poterlo ricomprare a stretto giro dato che ha solo sei mesi di vita mmh?”
 
Sapevo che avrei dovuto metterlo nello zaino insieme alle altre cose di valore, ma la preoccupazione di non sentire eventuali telefonate, mi ha fatto, come al solito, propendere per la scelta peggiore. Avrei dovuto immaginarlo.
 
“Oh, ma davvero?” mi fa eco Jared tirando via il telefono dal cesto in vimini, che adagia poi su un tronco poco distante.
 
“Guarda che non scherzo, molla l’osso.” dico posizionandomi di fronte a lui, tenendo i pugni sui fianchi.
 
“Dunque, vediamo un po’ chi ti scrive: mamma, Jen, Vicki, di nuovo mamma, Alice, Emma, mamma di nuovo, Chris, mio fratello…”
 
“Ma insomma, la vuoi smettere! Questa è violazione della privacy!” urlo avventandomi contro di lui nel tentativo di recuperare l’I-Phone nuovo di zecca, investimento di gran parte dell’ultimo stipendio.
 
“No, no aspetta, stai buona.” intima frapponendo il braccio libero tra noi due.  “Ora voglio proprio leggere le porcherie che ti scrivi con Shan così, oltre a renderti la vita impossibile, potrò anche ricattarti o chiederti favori sessuali in cambio del mio silenzio. Metterò gli screen su Twitter, sappilo.”
 
È completamente pazzo, matto da legare. Avrà i neuroni completamente essiccati, gli mancheranno le connessioni neurali basilari di qualunque essere umano. Giuro che non trovo altra spiegazione.
 
“NON FARETE MICA SESSO TELEFONICO VERO?!” aggiunge sconcertato dopo alcuni secondi di ulteriore riflessione.
 
“Ma che cosa vai blaterando!” replico allibita. “Adesso ti faccio vedere io, razza di ficcanaso!”
 
Non riuscendo a raggiungere direttamente la mano in cui tiene il telefono, aggiro Jared per poi saltargli letteralmente a cavalluccio, nel tentativo di recuperare il cellulare prima che finisca in una qualche pozza fangosa nascosta da qualche parte. Dal canto suo, Leto Jr. inizia a divincolarsi come un ossesso, roteando su se stesso talmente velocemente che sono costretta non solo a mollare la presa, ma anche ad appoggiarmi al primo albero disponibile per non finire stesa a terra.
 
“Faresti meglio a non metterti contro il lupo, Cappuccetto. Ti mangerebbe in un sol boccone e, questa volta, non ci sarebbe nessun cacciatore pronto a salvarti.” sentenzia in modo solenne, aiutandomi a rimettermi in piedi. “E, adesso, questo lo tengo io a meno che…”
 
“A meno che cosa?!” sbuffo esasperata.
 
“A meno che tu, non sia più carina con me. Non pretendo nulla di esagerato o impossibile, almeno non ora. So essere un uomo molto paziente se ne vale la pena. Tanto per cominciare” prosegue con la classica espressione di chi ha già la vittoria in tasca, “Potresti darmi un bacino innocente proprio qui.” conclude con’aria pudica, puntellandosi delicatamente lo zigomo con l’indice.
 
“Ma neanche morta Jared. Tieni pure il telefono e ridammi i porcini. Non ho nulla da nascondere; vorrà dire che me lo riprenderò una volta tornati alla baita.” replico con tono irremovibile.
 
“No, non funziona così Cappuccetto. Anzi, ti dirò di più: ti giuro su Berry che, se non fai come ti dico, mi infilo il tuo adorato I-Phone nei pantaloni e poi, per recuperarlo, saranno fatti tuoi, per non dire altro, metaforicamente e letteralmente.” ringhia a denti stretti.
 
“Tu sei fuori di testa, completamente. Scherzi vero?”
 
“Ho per caso l’aria di uno che scherza? Non vorrai mica tastare la merendina che porto nel mio cestino, vero Cappuccetto?”
 
Un brivido mi corre lungo tutta la schiena, mentre inizio a sudare freddo.
No che non scherza. Questo pazzoide non scherza affatto.
Ma perché nessuno lo ha mai denunciato per atti osceni in luogo pubblico, molestie, mobbing e roba simile?
Perché?
 
“Okay, okay. Vediamo di mantenere la calma e risolvere la questione. Nessuno dovrà farsi del male, o dovrà uscire psicologicamente provato da questa situazione, va bene?” dico lentamente mettendo le mani avanti per dare maggiore enfasi al mio discorso.
 
Si, okay. Ma che sto dicendo?
 
“Immagino che qualcuno abbia visto troppe puntate di N.C.I.S., C.S.I., LAW&ORDER e robaccia simile.”
 
Stavolta, Jared ha ragione. Sto per toccare il fondo.
 
“Avanti Jared, sai benissimo quanto mi è costato quel coso, per piacere!”
 
“Ti costerà molto di più riprenderlo, io ti avviso.” mi ammonisce avvicinando il telefono ai pantaloni, mentre con la mano libera afferra la fibbia della cintura.
 
A questo punto, l’unico compromesso accettabile è fare come dice lui. Penso sia meglio un casto bacino sulla guancia, piuttosto che una ravanata al suo pacco per recuperare l’oggetto della discordia.
 
“NOOO!” grido nel panico più totale. “Va bene, va bene! Facciamo come dici tu, nessun problema, ma allontana immediatamente il mio telefono dalla zona rossa!”
 
Un sorriso di trionfo si dipinge sul viso angelico del cantante.
Per quanto mi riguarda, il mio orgoglio, la mia dignità, la mia vergogna e la mia ansia, ci stanno dando dentro con la boxe thailandese.
 
“Bene, brava bambina.”
 
“Beh, perché sei ancora lì impalato? Vuoi venire, o devo fare sempre tutto io?!” domando scocciata e palesemente a disagio.
 
Jared si avvicina con passi cadenzati, ridendo sotto i baffi.
 
“Hai ragione Cappuccetto. Solitamente, nelle coppie ci si aiuta reciprocamente per queste cose; altrimenti sarebbe più corretto parlare di autoerotismo. Comunque si, sto venendo, non preoccuparti.”
 
Ma che…
Ouch.
Ripensando a quello che ho appena detto, comprendo immediatamente il motivo dell’uscita infelice di Jared.
E la medaglia d’oro per la campestre del doppio senso va a... Sophie! Continua così ragazza mia: un futuro radioso ti attende.
 
Scuotendo la testa mi porto una mano sugli occhi, mentre con l’altra faccio cenno a Jared di avvicinarsi.
 
“Cerchiamo di fare una cosa rapida mmh?”
 
Jared si piega leggermente verso il mio viso, ruotando leggermente il volto e porgendomi la guancia destra.

Vorrei tanto poter applicare l’insegnamento “Porgi l’altra guancia” e schiaffeggiarlo fino a gonfiarlo almeno tanto quanto il suo ego, ma cerco di restare concentrata sul mio telefono che NON deve assolutamente finire in luoghi cupi, oscuri e, probabilmente, umidi.
 
Mi avvicino ancora un poco mettendomi in punta di piedi, anche se ci separano solo pochi centimetri e, poco prima di sfiorare il suo zigomo con le labbra, chiudo gli occhi. Quando sono troppo vicina ad una persona, in questo tipo di situazioni, non riesco proprio a mantenere il contatto visivo; è più forte di me.
 
Non appena poggio le labbra sulla sua guancia, ho la sensazione che la pelle di Jared abbia qualcosa di strano: sembra quasi che abbia una sporgenza ed anche la consistenza sembra assai diversa, quasi molliccia.
 
NO, TI PREGO, NO.
 
Sgrano gli occhi e, prima ancora di poter realizzare che quel depravato si è spostato in modo tale da direzionare la sua bocca sulla mia, sento la sua mano che, esercitando una lieve pressione sulla mia schiena, fa in modo di addossarmi ancor di più al suo corpo.
 
LO STO BACIANDO.
QUESTO SIGNIFICA UNA COSA SOLA: IL MONDO STA PER FINIRE.
 
La cosa sconcertante è che non sto facendo nulla per allontanarlo, forse perché, stavolta, sta dimostrando una delicatezza inaudita nei miei confronti.
Per farvela breve: non ha ancora tentato di trapanarmi la laringe ed infilarmi la lingua in gola.
 
SI, MA QUESTA NON E’ UNA BUONA SCUSA PER CONTINUARE. LO SAI VERO?
 
Il tutto dura all’incirca una manciata di secondi dopo i quali, finalmente, il mio cervello decide di rimettersi in moto.
Punto i piedi e porto entrambe le mani al petto di Jared spingendolo via esercitando una forza che non credevo di avere. Il cantante, con un’espressione indecifrabile dipinta in viso, vola all’indietro come un sacco di patate finendo di faccia in cespuglio poco distante; non credo si aspettasse questo tipo di reazione da parte mia e, forse, un pochino ha ragione: credo di essermi soffermata sulle sue labbra un filino di più rispetto a quanto un rapporto come il nostro, basato sul puro odio, dovrebbe consentire.
 
MEA CULPA.
 
Poi, come se le disgrazie non fossero mai abbastanza, abbiamo la questione Shannon in sospeso. Stavolta come gliela spiego? Quello mi ammazza. Se poi, per qualche strambo miracolo del destino, avesse mai avuto anche solo un minimo di interesse nei miei confronti, cosa ancora oscura alla mia comprensione tra l’altro, adesso vorrà solamente usarmi come bersaglio mobile per le pigne. Solo una povera pazza come me si giocherebbe un’opportunità così con un tipo come Shannon.
 
Mentre sono ancora immersa in queste elucubrazioni mentali, scorgo Jared riemergere dal cespuglio, tutto intento a massaggiarsi una chiappa.
Almeno è atterrato sul morbido.
 
“Ma si può sapere che ti è preso?!” domanda a metà tra l’offeso e lo sconcertato.
 
“A me?! Jared tu… tu… mi hai baciata! Con l’inganno, vorrei sottolineare!” esclamo sconcertata. “Dopo questa ennesima porcheria, faresti meglio a guardarti le spalle e altre parti del corpo che suonano in modo simile nella pronuncia.” concludo acidamente, cercando di mascherare l’imbarazzo.
 
“Hai anche da recriminare?! Tu hai chiuso gli occhi. È stato come chiedermi in ginocchio di barare: non potevo rifiutarmi. E poi” aggiunge grattandosi ripetutamente le braccia, “Non mi sei sembrata così contrariata all’inizio.”
 
“Certo che hai proprio una bella faccia tosta! Mi hai colta alla sprovvista, tutto qui. Non farti venire strane idee.” taglio corto. “Direi che mi sono ampiamente guadagnata il diritto di riavere il mio telefono e, inoltre, voglio tornare indietro, siamo in ritardo per il pranzo.” aggiungo velocemente, prima che Jared possa replicare in qualunque modo.
 
Non riuscendo ancora a capacitarmi di quanto successo poco prima, cerco di riflettere un attimo respirando profondamente.
 
Cosa mi è preso?
L’arrapamento.
 
A cosa stavo pensando?
A come avvinghiarti ancora di più a lui.
 
In che razza di stato mentale mi trovavo per acconsentire ad una cosa simile?
Astinenza.
 
Il botta e risposta con la mia coscienza non poteva essere più schietto e preciso di così.
Certo che le modalità con cui riesco ad incasinarmi, salgono di livello ogni volta di più. In ogni caso, non posso azzardarmi ad avanzare nessun tipo di recriminazione: la colpa di questo scempio è, almeno per metà, mia.
 
Jared, continuando a grattarsi in modo preoccupante le braccia e parte del viso, stranamente arrossato, resta in silenzio e si avvicina porgendomi il telefono.
Che abbia capito quanto mi senta a disagio e, soprattutto, in colpa?
 
“Ehm… grazie.” farfuglio a mezza voce.
 
“I patti sono patti Cappuccetto. Accidenti, qualcosa deve avermi punto. Non riesco a smettere di grattarmi.” replica leggermente scocciato.
 
Guardandolo meglio, noto che su entrambe le braccia, sul viso e su parte del torace, oltre ad un arrossamento diffuso, stanno iniziando a formarsi delle bolle sospette.
Non mi piace, non mi piace per niente.
Do un’occhiata alle sue spalle, osservando meglio il cespuglio in cui l’ho gettato poco prima. Guardando meglio la conformazione delle foglie, resto impietrita: è un cespuglio di ortiche.
 
SEI SPACCIATA.
APPENA JARED CAPIRA’ COSA GLI HAI APPENA FATTO, TI APRIRA’ IN DUE E SARA’ LA PRIMA VOLTA NELLA SUA VITA IN CUI, L’APRIRE IN DUE UNA DONNA, NON AVRA’ NESSUNA CONNOTAZIONE SESSUALE.
 
Ci mancava solo questa.
Cerco di mantenere la calma tacitando la vocina interiore e distraendo Jared come posso.
 
“Sarà di sicuro una zanzara o qualche insetto, questo posto ne è pieno.” Affermo vaga. “Appena arriviamo alla baita ci mettiamo qualcosa su, che ne dici? Nel frattempo fammi dare un’occhiata, okay?” domando con il tono più gentile che conosca.
 
Jared mi si avvicina con aria sospetta e non lo biasimo; improvvisamente lo sto trattando benissimo e, dopo quello che mi ha appena combinato, la Sophie che ha imparato a conoscere lo avrebbe già ricoperto di insulti. E questo, nella migliore delle ipotesi.
Inizio ad ispezionargli il viso che continua a grattarsi come un forsennato, rischiando di scorticarsi vivo o peggio.
 
“Puoi cercare di star fermo solo per un secondo? Non posso controllare nulla se continui a raschiarti via tre strati di pelle.” dico prendendo le sue mani tra le mie e scostandogliele dalla faccia che ha praticamente assunto il colore dell’nduja calabrese.
 
Di rimando Jared resta immobile, fissandomi come se potesse passarmi attraverso. Quello sguardo, a prescindere dalla situazione, mi ha sempre scombussolata. È lo sguardo che mi riserva sempre quando cerca di decifrarmi, di leggermi dentro ed io non lo sopporto.
 
“Se avessi saputo che baciarti ti avrebbe reso così gentile, lo avrei fatto molto prima. Posso solo immaginare i risultati che potrei ottenere facendoti altro.” afferma con voce roca.
 
Eccolo. Ecco che il piccolo maniaco torna in sella al suo cavallo di depravazione.
 
“Certo che non riesci proprio a star zitto tu, eh?” rispondo piccata. “Comunque, non hai nulla di strano. Il viso è solo un po’ arrossato, vedrai che ti passerà subito; dovresti solo evitare di grattarti.” concludo liquidandolo velocemente.
 
BUGIARDA.
IPOCRITA.
FALSA.
CODARDA.
VIGLIACCA.
 
La mia coscienza, non  mi risparmia insulti e… ha ragione.
 
Non convinto dalle mie parole, Jared estrae Berry dalla tasca posteriore dei jeans ed inizia a specchiarsi grazie alla fotocamera interna.
Dopo una manciata di secondi, si allontana a passo svelto dirigendosi verso il ben noto cespuglio di ortiche, rimanendo a contemplarlo in modo assorto.
Inizio a pregare tutti i possenti spiriti della foresta, compresa la cara e vecchia Nonna Salice, per poter ottenere la grazia ed evitare di ritrovarmi appesa a testa in giù sul ramo dell’albero più alto di tutto il bosco, cosa, per altro, probabilissima non appena Jared tornerà da me reclamando vendetta.
 
“Cappuccetto?” domanda con una punta di isterismo nella voce, senza accennare a voltarsi.
 
Ecco, ci siamo.
 
“Si Jared?” pigolo, iniziando ad indietreggiare di qualche passo.
 
“Per caso devi dirmi qualcosa? Non saprei, un qualche particolare che ti è sfuggito o hai omesso di proposito, mentre mi controllavi la faccia ed il resto del corpo?”
 
“No… no… non credo…” balbetto in preda al panico. “Comunque stiamo perdendo tempo, credo che dovremmo proprio tornare indietro adesso perc...”
 
“Io credo proprio di si, invece.” mi interrompe gelido. “Credo proprio che tu abbia volutamente omesso la parte in cui ti sei accorta di… AVERMI SPINTO IN UN DANNATISSIMO CESPUGLIO DI ORTICHE! ALLORA?! COS’HAI DA DIRE A TUA DISCOLPA CAPPUCCETTO?!” tuona minaccioso. “PREGA SOLO DI TROVARE UNA GIUSTIFICAZIONE CHE MI CONVINCA, ALTRIMENTI STAVOLTA TI METTERO’ LE MANI ADDOSSO PER MOTIVI TUTT’ALTRO CHE PIACEVOLI.” conclude fulminandomi con lo sguardo.
 
Sarà bello, ricco, creativo e tutto quello che volete ma, quando ci si impegna, quest’uomo mette i brividi.
 
“Mi dispiace, hai ragione!” esclamo con tono implorante. “Io non volevo, ma tu… tu ti sei comportato male come al solito! Mi hai costretta a spingerti via! E poi, pensa che se fossero stati rovi, sarebbe stato peggio.”
 
“Ma fammi il piacere. Da come parli sembra quasi che ti sia saltato addosso contro la tua volontà! Tra il frustino, le bolle e gli altri disastri che mi hai combinato, mi stai letteralmente cambiando i connotati. Nemmeno dovessi girare un nuovo film. Come pensi che dovrei punirti?” mi domanda massaggiandosi le tempie. “Ti lascio carta bianca per gli strumenti da utilizzare.”
 
“Ma ti senti quando parli? Non ti ho chiesto mica io di… di… insomma, di fare quello che hai fatto! Tutte le cose che ti sono successe, sono da considerarsi esclusivamente come legittima difesa. Sono io quella che ha sempre dovuto subire i tuoi stupidi tiri mancini, per non parlare dei tuoi repentini cambi d’umore!” sbuffo esasperata. “E comunque… te la sei cercata.”
 
Mi mordo la lingua appena dopo l’ultima frase. Ovviamente, dovrei evitare di provocarlo, ma proprio non ci riesco. Penso che ci sia un’incompatibilità genetica di base, o qualcosa del genere tra noi due; Leto jr. mi fa saltare i nervi come nessun’altro al mondo.
 
“Cos’hai appena detto scusa? Credo di non aver sentito bene.” replica Jared, compiendo ampie falcate nella mia direzione.
 
Nel giro di un nanosecondo, infilo il telefono negli shorts, raccatto da terra il cesto con i funghi ed inizio a correre a ritroso, in direzione della baita.
Se potessi osservarmi dall’alto di un’oasi sicura, con una ventina di bodyguard corpulenti al mio servizio, riderei di me stessa, dandomi dell’infantile e della pappamolle ma, in questi casi, l’istinto di sopravvivenza prevale su qualsiasi altro sentimento umano di livello superiore.
 
“TORNA SUBITO QUI CAPPUCCETTO! HO DEI PIANI BEN PRECISI PER TE!” tuona minacciosamente Jared.
 
“MA NEANCHE MORTA!” ribatto con voce strozzata, mentre continuo a correre a perdifiato lungo il sentiero, lastricato di rami, radici, foglie e fanghiglia.
 
Non posso fermarmi, non adesso. Se quello mi prende, prima mi ammazza e poi getterà i miei resti in un fossato.
Come se fosse colpa mia poi! Anche perché, come al solito, ha fatto tutto da solo. Lo giuro, non volevo assolutamente spingerlo, cioè si, ma non in quel modo e poi, cosa potevo saperne che quelle erano proprio ortiche?!
 
Come se non bastasse, data la mia nota agilità, Jared non impiega molto a raggiungermi.
Avete presente quando si dice avere il fiato sul collo? Beh, mi trovo esattamente in questa situazione dato che, con la coda dell’occhio, riesco a scorgere la sagoma smilza e slanciata del mio carnefice. In preda alla foga di raggiungere il più velocemente possibile la baita, cerco di aumentare l’andatura, nonostante il terreno sconnesso.

Pessima idea. Non fatelo; non fatelo mai. Perdereste totalmente il controllo sull’appoggio dei vostri piedi.
 
“MA PORC…”
 
In men che non si dica, il mio piede destro si impunta in una radice sporgente, che costeggia il sentiero principale, facendomi volare in avanti in modo così epico da sembrare un effetto speciale cinematografico, con la sola differenza che, nel mio caso, il materassino per attutire il colpo non è compreso nella scena. Atterro a faccia in giù con una piroetta degna di Nureyev, portando le mani in avanti per cercare di attutire il colpo, mentre vedo il cesto stracolmo di funghi volteggiare qualche istante, per poi rovinare a terra, sparpagliando il suo contenuto tutto intorno. Ma, in tutta questa situazione, la cosa più terribile è sicuramente il dolore lancinante che, dalla caviglia, si irradia ad una velocità sorprendente fino a metà stinco.
 
Signore e signori, dopo tale scempio, deduco che anche la flora locale è rimasta così colpita dal fascino ammaliatore di Jared Joseph Leto, che ha deciso di aiutarlo nella cospirazione ai miei danni, facendo sbucare dal terreno radici a caso.
 
“Ma che… porca miseria Sophie, si può sapere che combini?! Stai bene?! Rispondimi, per favore!”
 
In men che non si dica, Jared si accuccia al mio fianco, cercando di tirarmi su, anche perché dal momento della caduta, sono rimasta totalmente inerte, proprio come un cadavere all’arrivo del rigor mortis.
Decido di restare in una condizione di silenzio forzato per al fatto che, se decidessi di aprir bocca anche solo per un secondo, inizierei ad urlare per il dolore e non sarei più capace di fermarmi.
 
“Ma si può sapere come diavolo hai fatto? Certo che sei proprio maldestra, pensa se non ti avessi accompagnata; saresti rimasta bloccata qui tutta la notte e saresti morta assiderata. Mi sarebbe anche toccato sentire i piagnistei di mio fratello.”
 
Io continuo a restare muta. Sarà lo shock o qualcosa di simile. La sola cosa che riesco a fare è ripetere a me stessa in modo ossessivo: “Fa che non sia rotta, fa che non sia rotta, fa che non sia rotta.”
Non riuscendo a suscitare alcun tipo di reazione, Jared tenta un nuovo approccio.
 
“Stai calma, vedrai che non è niente. Ora fammi controllare e vediamo cos’hai combinato.”
 
“Non azzardarti a mettere le tue manacce sulle mie gambe, o te le stacco a morsi. Hai capito?”
 
La calma con cui rispondo, è a dir poco inquietante. Probabilmente, verso in uno stato dissociativo e sto per avere un crollo nervoso.
Jared resta in silenzio per qualche istante, grattandosi pensieroso la testa e tenta, poi, di abbozzare un sorriso che non sia né malizioso, né di scherno.
 
“Allora Sophie, vediamo di capirci. Voglio solo aiutarti okay? Dico davvero, permettimi di darti una mano, voglio solo controllare che la caviglia non sia rotta. Fammi dare un’occhiata, così poi cerchiamo insieme una soluzione per tornare tranquillamente a casa.”
 
Lo guardo dritto negli occhi cercando di cogliere la più sottile sfumatura di malignità ma, stavolta, mi sembra sinceramente intenzionato ad aiutarmi.
Decido di dargli una chance.
 
“Okay, va bene. Però ti prego… fai piano perché fa… fa male, ecco.”
 
A Jared sfugge una risatina nervosa.
 
“Nemmeno una sposina la prima notte di nozze farebbe discorsi simili, Sophie. Tranquilla, non ti farò alcun male, puoi fidarti stavolta.”
 
Avvampo restando in silenzio, lasciando che il cantante inizi a manipolare la mia caviglia. Noto che, oltre ad avere delle mani decisamente belle ed affusolate, ha anche una certa dimestichezza nel muovere e ruotare l’arto: l’uomo dalle mille risorse insomma.
Tra un gemito e l’altro, mi mordo il labbro inferiore per cercare di non far trasparire le fitte di dolore che sento, anche se, a questo punto, non so quanto possa servire fare la parte dell’impavida amazzone che si aggira nei boschi.
 
Dopo una trentina di secondi e diverse manovre da chiropratico, Jared emette la sua sentenza:

“Nella tua conclamata malasorte, direi che sei stata fortunata: non hai nulla di rotto e non credo nemmeno che ci siano slogature. Al massimo sarà una leggera distorsione; un po’ di riposo e del ghiaccio e già domani mattina sarai come nuova.”
 
“Ne sei sicuro?” domando trattenendo il fiato.
 
“Assolutamente si. Dopo anni di vagabondaggio puro, impari ed assimili qualsiasi cosa ti capiti a tiro; comprese le conoscenze mediche di base.”
 
Però. Tanto stupido non sei allora.
Tengo questo pensiero per me, mentre tiro un enorme sospiro di sollievo.
 
“Grazie Jared” mormoro con un fil di voce. “Voglio dire… grazie davvero e poi… insomma… mi dispiace per… le ortiche.” concludo titubante.
 
“Non dispiacerti troppo Sophie. Quello che ti è successo non cambierà le cose tra noi; prendi pure questo frangente come una tregua provocata da cause di forza maggiore. Non mi accanirei mai su una ragazza indifesa ed invalida, per giunta.”
 
Nonostante mi renda conto che, probabilmente, Jared non smetterà mai di tormentarmi, mi scappa un sorriso: è vero che mi rende la vita impossibile, non lo sopporto e non credo che riuscirò mai a farlo, ma sono certa che non mi metterebbe mai volutamente in pericolo.
Magra consolazione, ma è pur sempre qualcosa.
 
“Gentile da parte tua, dico davvero.” replico sarcastica.
 
“Oh si, me ne rendo conto.” ribatte con una strana luce negli occhi. “Hai la vaga idea di cosa significhi per me averti qui davanti, in queste condizioni?”
 
“Ehm… che potresti seppellirmi viva? Legarmi ad un albero e lasciarmi in pasto agli orsi?” azzardo fingendo spavento.
 
Jared scoppia in una risata macabra, lanciandomi uno sguardo osceno.
 
WHAT THE FUCK.
 
“No. Per me, vederti così, significa esattamente due parole: ACCESSO FACILITATO, se capisci che intendo.”
 
WHAT THE ACTUAL FUCK.
 
“Non oseresti.”
 
“Non tentarmi.”
 
Resto in silenzio. Non capisco se stia scherzando o meno quindi, nel dubbio, decido di star zitta.
 
“Beh, cos’è questo silenzio? Non sai che chi tace acconsente?” interviene placido Jared.
 
Ah, ecco. Le ultime parole famose.
Ricordatemi di smettere di pensare, oltre che parlare, in questi frangenti.
 
“Non acconsento ad un tubo Jared, mettitelo in testa una volta per tutte. Sei esasperante, lo sai?” sbuffo lanciando uno sguardo torvo al cantante. “Perché non ti sei portato dietro Savannah o un’altra delle tue innumerevoli compagne d’avventura? Sarebbe stato tutto più semplice, non credi?”
 
“Perché non mi sono mai piaciute le cose facili Sophie. Amo la sfida, adoro la caccia, cerco la guerra, bramo la lotta e pregusto la vittoria. Ti basta come spiegazione?”
 
Dopodiché, con particolare delicatezza, mi tira su tendendomi per le spalle e, mettendosi dietro di me, fa in modo di farmi poggiare la schiena contro il suo petto.
 
“Dovremmo restare un po’ qui, almeno finché la caviglia non ti farà meno male; tanto vale metterci comodi.”
 
Nonostante resti piacevolmente sorpresa dalla galanteria di quel gesto, ignoro completamente la sua ultima affermazione ed incrocio le braccia al petto, riflettendo sulla frase di poco prima. Certo che il signorino è proprio un presuntuoso di prima categoria.
Ovviamente, molte persone farebbero follie per sentirsi dire cose simili da un tipo come Jared. Riflettiamo insieme giusto per un secondo:
 

 
  • Carino √ (e va bene, lo ammetto: bello e basta)
  • Talentuoso √ (anche troppo)
  • Intelligente √ (a modo suo)
  • Ricco √ (il che non ci fa schifo)
  • Perverso  √ (non fate i moralisti, alle donne piace e molto)

     
Tuttavia, nonostante questa convincente lista di pro, resta un’altrettanto convincente lista di contro (oltre al fatto di essere un disastro in cucina): primo tra tutti il fatto che per lui sono esclusivamente un capriccio, così come il restante 99,99% delle donne sulla faccia del pianeta, escludendo sua madre.
So benissimo che Jared non nutre il minimo interesse nei miei confronti: al momento, quel che gli serve, è solo un altro trofeo da appendere alla sponda del letto; trofeo che, in questo caso, sarebbe ben rappresentato dai miei slip.
 
“Non ti sembra di esagerare in quanto a sicurezza e stima di te stesso? Oh, aspetta. Aspetta un attimo. Lo senti questo strano rumore? No? Davvero? Io, invece, si. Credo sia il tuo ego, pronto a scoppiare da un momento all’altro.”
 
“No che non esagero. Al contrario, Sophie, mi sbilancio così tanto solo quando sono sicuro di riuscire nei miei intenti. Cederai, lo so che, presto o tardi, lo farai.”
 
“No.”
 
“Si.”
 
“Vai al diavolo.”
 
Guardo il display del telefono: segna mezzogiorno e mezzo. Siamo fermi all’incirca da venti minuti e la caviglia sembra andare decisamente meglio. Il dolore, da acuto, è diventato sordo e credo di poter anche riuscire a camminare decentemente.
In definitiva, questo lasso di tempo è trascorso senza particolari incidenti: io e Mr. Maniaco ci siamo avventurati lungo il viale dei ricordi, parlando del più e del meno circa il periodo precedente il nostro trasferimento definitivo a L.A.
 
Mi giro goffamente verso Jared che tiene gli occhi chiusi e ha le spalle poggiate al tronco di un albero.
 
“Ehi, credo che potremmo incamminarci. La caviglia sembra andare meglio.”
 
Senza neppure sollevare le palpebre, Jared emette un lieve sospiro.
 
“Ne sei sicura? Se vuoi, restiamo un altro po’.”
 
“Si, ne sono sicura. E poi” aggiungo sconsolata, “Se resto ancora seduta qui, il dolore alla caviglia sarà nulla paragonato all’indolenzimento del mio sedere, te lo garantisco.”
 
“Conosco metodiche interessanti per riattivare la circolazione in quelle zone.”
 
“Finiscila!” sbraito tirando una gomitata a vuoto dato che, con uno scatto fulmineo, Jared è già in piedi ed è pronto a tirarmi su, tendendomi entrambe le mani, che afferro con decisione.
 
In un baleno mi ritrovo in posizione eretta, su un piede solo. Mentre Jared mi è di fronte, tenendomi ancora per i polsi, cerco di poggiare con estrema cautela il piede a terra, ma non appena provo a distribuire il peso del mio corpo in modo uniforme, ecco che il dolore alla caviglia si fa nuovamente sentire, provocandomi un dolore lancinante.
 
“Ahh!” esclamo piegandomi su un lato e aggrappandomi alle spalle di Jared che, fortunatamente, mi sorregge saldamente.
 
Evidentemente, ci vorrà un po’ più di riposo per rimettere le cose a posto. Non credo che riuscirò a camminare fino alla baita, o meglio, ci riuscirò solo dopo aver tenuto la caviglia a riposo almeno tutta la notte.
 
“Jared non riesco a poggiare bene il piede, non credo di poter camminare fino alla baita. Potremmo chiamare Vicki” suggerisco tirando fuori il cellulare dalla tasca, “Hanno la macchina, potranno sicuramente venire a prender… maledizione!”
 
“E adesso che succede?” domanda Jared con una punta di esasperazione nella voce.
 
“Non c’è campo.”
 
“Ah beh, fosse una novità con te. Sei una calamita umana per qualsivoglia tipo di sventura Sophie. Ormai non mi stupisco neanche più.”
 
“Come se fosse colpa mia” replico stizzita, “Siamo in un bosco, credo che neanche Berry prenda bene il segnale inguaiati come siamo.”
 
“Hai ragione ma, a prescindere da qualsiasi cosa ci succeda, sei sempre tu la portatrice di disgrazie.” replica serafico Jared, dopo aver controllato il display di Berry che, come il mio I-Phone, non vuole saperne di collaborare.
 
“E adesso cosa facciamo?” replico tentando di evitare di rispondere per le rime.
 
“Semplice: ti porto in spalla fino a destinazione, tanto saranno una ventina di minuti al massimo. Ho sopportato cose peggiori.” afferma Jared poggiando nuovamente il cesto dei funghi a terra.
 
“Intendi a cavalluccio?!” domando sorpresa.
 
“Beh, se preferisci usare il termine cavalcare, a me va più che bene.” risponde sogghignando. “Inoltre, se in questi giorni non hai ingurgitato troppe porcherie, dovrei farcela senza problemi anche se, a giudicare dalle tue proporzioni e dal tuo bel mandolino, non dovresti aver fatto troppi danni. Però ti avviso: ogni tanto dovrai farmi qualche grattino alla faccia; queste bolle mi stanno facendo impazzire.” conclude con tono risoluto.
 
“Mandolino? Ma che…”
 
Ah già. Probabilmente, ce l’ha con il mio sedere.
Credo che, tecnicamente, dovrei considerarlo un complimento.
 
Nel frattempo, Jared continua a squadrarmi da capo a piedi in attesa di una risposta.
Dopo aver testato in prima persona la sua resistenza fisica durante la corsa in aeroporto con me in braccio, non credo dovrebbe avere particolari problemi a trasportarmi, anche perché l’andatura sarà decisamente più gestibile.
 
“Ehm… okay, va bene. Se pensi di farcela, non ho obiezioni. Ora come ora, la sola cosa importante è riuscire a tornare indietro.”
 
Jared sgrana gli occhi, restando interdetto per qualche istante; sembra quasi stupito dalla mia arrendevolezza. Dopodiché, accennando un mezzo sorriso, si avvicina e si gira in modo tale da darmi le spalle.
 
“Coraggio cow-girl, sali in groppa e cavalcami come si deve.”
 
“Avanti smettila! Sei sempre il solito, possibile che devi buttarla sempre sul volgare?”
 
“Guarda che l’interpretazione è sempre soggettiva, cow-girl.” mi fa eco passandomi il cesto di funghi che incastro prontamente nel moschettone della mia cintura.
 
Rassegnata, faccio leva sul piede sano e dandomi una piccola spinta, riesco ad arrampicarmi sulla schiena di Jared abbastanza facilmente. Completo poi l’opera, allacciando le mani intorno alle sue spalle.
 
“Se non ti dispiace, preferirei tornare al buon vecchio Cappuccetto. E, poi, ecco” aggiungo leggermente imbarazzata, “Come dovrei mettere le gambe? Voglio dire: come ti è più comodo che le sistemi per camminare? Non so, intorno alla vita?”
 
“Tecnicamente potresti anche avvolgerle intorno alla mia vita in perfetto stile Boa constrictor o Kamasutra, se preferisci ma, ad ogni passo, il rinculo dei tuoi piedi sui miei gioielli sarebbe abbastanza doloroso. Quindi no; non credo che questa soluzione sia indicata.”
 
Avvampo, stringendo la presa intorno alle sue spalle che, a dirla tutta, non sono nemmeno così gracili come sembrano a prima vista.
Mentre sto pensando alla possibile soluzione, Jared mi precede afferrando le mie gambe all’altezza del poplite e portandole all’altezza dei suoi fianchi.
 
“Prometto solennemente che le mie mani non andranno oltre questo punto” afferma dando lievi colpetti alla zona interessata, “E mai e poi mai suoneranno il tuo mandolino.”
 
Il tono serio e compito con cui esprime questa sentenza, lo fa quasi sembrare una persona per bene e sottolineo il quasi, perché la parte sul suonare il mandolino mi ha inquietata e non poco. Tuttavia, decido di fargliela passare: nonostante le divergenze, si sta rendendo utile dandomi una mano non da poco.
 
“Okay, promessa fatta. E adesso, per piacere, cerca di comportarti da cavaliere anche se, forse, il termine nobile destriero sarebbe maggiormente appropriato.”
 
Alle mie parole scoppiamo entrambi in una sonora risata, avviandoci a passo tranquillo lungo il sentiero del ritorno.
 
Chi lo avrebbe mai detto?







TA-DAN!
Eccomi qui con il nuovo e assurdissimo capitolo. Dite la verità, non vi aspettavate un aggiornamento così presto eh? Rispetto ai miei discutibilissimi ritardi, questo è un gran bel passo in avanti. *sguardo lacrimoso*
BTW, passiamo al capitolo. ZAN! Il tanto agognato bacino casto e innocente finalmente è arrivato. E' vero, ne avevamo avuto uno nel beagno di casa Leto tra sapone e corsi di pronto intervento ma, almeno stavolta, Jared è stato leggermente meno animale e no, cara la mia Sophie, stavolta anche tu hai fatto la tua parte. In ogni caso, adesso è proprio il caso di dirlo: l'inciucio si fa interessante. Cosa succederà?
Lo scopriremo insieme VERY SOON.
Fatemi sapere cosa ne pensate, le vostre ipotesi e le vostre sensazioni, ci conto come sempre.
Ringrazio in anticipo tutti i miei adoratissimi lettori e recensori.
Vi abbraccio uno per uno.

BarbaH GerardaH

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
  
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