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Autore: koorime    09/11/2014    1 recensioni
A un anno dalla sparizione della Nogistune e della fine definitiva di Kate 2.0, il branco si ritrova a dover affrontare una nuova emergenza: qualcosa blocca Derek e Malia nelle loro forme animali e proprio quando gli omicidi rituali ricominciano.
(Partecipa alla I edizione del Big Bang Teen Wolf Italia)
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Nuovo personaggio, Sceriffo Stilinski, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Titolo:  Beyond the wolf
Fandom: Teen Wolf
Pairing/Personaggi: Sterek (♥) ,  stiles/OMC, Scott McCall, Sceriffo Stilinski, un po’ tutti
Rating: R
Charapter: 7/8
Beta: Nykyo
Genere: future!fic a partire dalla 3B, circa
Warning: slash stuff, magical stuff, avventura, azione, one side!Derek, pomiciamento più o meno spinto.
Summary: A un anno dalla sparizione della Nogistune e della fine definitiva di Kate 2.0, il branco si ritrova a dover affrontare una nuova emergenza: qualcosa blocca Derek e Malia nelle loro forme animali e proprio quando gli omicidi rituali ricominciano.
Note: Questa storia è stata scritta durante la pausa tra la 3B e la 4 stagione e durante la 4 stagione, ma prende una discreta distanza dagli avvenimenti di quest'ultima.
È, in pratica, un enorme pov Derek, ed è nata per prendere in giro un'amica e il suo odio per le tirate chilometriche sugli occhi che ogni tanto si trovano in certe fic. Quindi, lasciatemela dedicare a Nadia: è stato divertentissimo vedere come da una sciocchezza sia nata una storia che mi ha accompagnato per mesi, mi ha fatta dannare e mandare al diavolo la stupidità di Derek
La storia, inoltre, partecipa alla prima edizione del Teen Wolf Big Bang Italia e si avvale, quindi, di gift bellerrimi da parte di due fanciulle adorabili. Lasciatemi quindi ringraziare dal più profondo del cuore AlexCoffeegirl per questa bellissima art e Phoenix Bellamy per questa bellezza di fanmix  Sono state bravissime e le devo un grazie dal cuore per aver scelto la mia storia e fattomi emozionare con i loro lavori
And last but not least, fatemi dare un grosso bacio e dire un enorme grazie a Nykyo per aver betato e seguito questa storia con amore e attenzione

DISCLAIMER: vorrei tanto possedere Derek, ma no, né lui né nessun altro mi appartiene .__. Neanche Stiles, no *sigh*

 

 

 

Ci volle un’intera settimana perché Derek tornasse al massimo della sua forma. Nel frattempo, Malia era ancora un coyote e nessuno aveva la più pallida idea del perché. Inoltre gli omicidi rituali continuavano a scadenza di tre settimane e quando il terzo vergine fu ritrovato poco distante dal Nemeton, Scott richiese una riunione del branco.

La fecero a casa di Stiles, con il bene placido e la supervisione dello sceriffo. Si parlò del darach e di come intercettarlo prima che colpisse di nuovo.

Erano tutti spaventati, terrorizzati dal dover affrontare di nuovo quell’incubo, ma decisi più che mai a fare di tutto per impedirlo, convinti di poter giocare d’anticipo.

«Dovremmo tenere sotto controllo tutte le possibili vittime» disse Scott, guardando i suoi amici uno ad uno.

«Auguri, allora» intervenne Stiles, guardando le proprie mani incrociate sul tavolo. «Hai idea di a quanto ammonta la popolazione di Beacon Hills? E quanta rientri nello schema dei riti? Potrebbe essere chiunque.»

«Ha ragione e io, purtroppo, posso muovermi solo entro certi limiti.» Lo sceriffo sospirò, passandosi una mano sulla guancia, come faceva tutte le volte che non aveva avuto il tempo di radersi e che la pelle gli pizzicava per la ricrescita.

«Allora vedremo di fare il più possibile con quello che abbiamo» disse Derek, rivolgendosi poi allo sceriffo: «Puoi rilasciare un bollettino per la prevenzione? C’è un intero mondo sovrannaturale che possiamo sfruttare per tenere più persone sotto controllo.» Lo sceriffo annuì e Scott gli sorrise.

«Deaton ha già detto che spargerà la voce meglio che potrà e... Lydia?» Scott si voltò verso di lei, che si stava torturando i palmi con le unghie. Annuì, già consapevole di cosa l’altro volesse chiederle.

«Cercherò di prevedere le morti o, quanto meno, i possibili nomi» mormorò. Era terrorizzata e nessuno riusciva a fargliene una colpa. Kira le accarezzò la mano e Malia, accucciata ai suoi piedi, le poggiò il muso sulle gambe, con un uggiolio di sostegno. Lydia sorrise a entrambe e accarezzò il pelo del coyote, che scodinzolò quietamente.

L’incontro si concluse poco dopo, con la promessa di tenersi in contatto in caso di problemi e di aggiornarsi entro pochi giorni.

Derek cercò gli occhi di Stiles, incerto se restare o meno – Lydia avrebbe passato la serata con Kira e Malia e Stiles restava, ancora una volta, l’unico scoperto. Per un’intera settimana Derek non aveva potuto fare nient’altro che affidarsi a Scott, mentre ora, finalmente, poteva riprendere il suo posto accanto a Stiles.

La Breaden nella sua testa rise e gli diede del melenso, ma lui la ignorò e aspettò che tutti andassero via, salutandoli sul vialetto della casa. Stiles era rimasto dentro, richiudendo con uno sbrigativo cenno della mano e Derek aveva lasciato correre.

Da quando era tornato umano, non si erano parlati, né Stiles lo aveva cercato – o guardato. Probabilmente era ancora arrabbiato e Derek voleva solo chiarire la cosa e tornare alla normalità. Sapeva che sarebbe bastato chiedergli scusa, ma preferiva spiegargli perché aveva agito così e che l’avrebbe rifatto ancora, se fosse stato necessario.

Quando fu finalmente solo, Derek si voltò e tornò sui suoi passi.

Lo sceriffo era andato in centrale per un cambio di turno e Stiles era solo in casa. Non l’avrebbe mai lasciato in balia del darach.

Saltò sull’albero fuori la finestra della camera di Stiles e da lì sul davanzale. Avrebbe potuto suonare il campanello come una persona normale, ma Stiles era in camera sua e quello era quindi il modo più pratico per entrambi.

La finestra era aperta e Derek entrò senza aspettare che Stiles lo notasse.

Stiles era sul letto, il cuscino sulla faccia e le mani raccolte sullo stomaco. Le fasciature erano sparite, sostituite da cerotti più o meno grandi, ma c’era qualcosa di rosso tra le sue dita e Derek riconobbe quasi subito il fazzoletto che avevano usato lui e Lucas la sera del ballo come simbolo di coppia.

Derek poggiò i piedi per terra e un’asse scricchiolò sotto il suo peso. Stiles scattò quasi subito, scacciando il cuscino e sbattendo le palpebre. La mano corse in automatico alla mazza da baseball accanto al letto, ma si fermò appena prima di toccarla e i suoi occhi si chiusero con un sospiro.

«Cosa ci fai ancora qui?» chiese, senza guardarlo. Si tirò su a sedere, lo sguardo fisso sul copriletto e le dita che ancora strofinavano contro il fazzoletto.

«Scott ha da fare, stasera. Una cena con suo padre» rispose lui, scrollando appena le spalle. Stiles però non lo vide, preso com’era dal fissare tutto tranne che lui. Non era una cosa che a Derek piaceva, sinceramente.

«Questo spiega perché lui non è qui, non perché ci sei tu.» La voce di Stiles non nascondeva l’astio e il fastidio che stava provando. Derek fece un passo nella stanza, cercando di apparire il più sicuro possibile.

«Se non l’avessi notato, c’è un darach che ce l’ha con il nostro branco, Stiles e tu…»

«E io cosa, mh? Io sono l’umano debole che deve essere protetto? Grazie tante, ma no» sbottò Stiles, alzandosi dal letto. Vibrava di rabbia ed era tutta rivolta contro di lui, tutta riversata su Derek. Lui tacque e lo osservò, chiedendosi cosa gli stesse nascondendo – perché doveva esserci molto di più in ballo che non il solo incidente con la rosa non poteva essere solo quello, non con Stiles.

«Sei arrabbiato con me per qualche motivo in particolare?» si decise infine a chiedere Derek, visto che di norma Stiles non era uno che nascondeva le cose. Tutt’altro, era il tipo di persona che se ce l’aveva con qualcuno glielo diceva apertamente, esponendogli la questione in pratici punti. E il fatto che ora non lo stesse facendo, soprattutto con lui, la diceva lunga. Stiles sbuffò, ma deviò di nuovo lo sguardo, stringendo i pugni.

«No» mormorò secco. L’attimo dopo sembrò sgonfiarsi e si lasciò andare sul bordo del letto, gli avambracci poggiati sulle cosce e le spalle ricurve, sotto il peso del capo chino. A Derek venne l’istinto di colmare quella breve distanza e di abbracciarlo, di fare qualcosa per far sì che smettesse di assomigliare allo spettro a cui si era ridotto l’anno prima.

«Lucas mi ha lasciato a causa tua» Fu solo un sussurro, ma Derek lo sentì distintamente e s’irrigidì. Stiles sospirò e arrotolò la stoffa rossa attorno all’indice sinistro più e più volte, giocandoci come con un antistress. «Dice che non ha senso combattere per qualcuno innamorato di qualcun altro.»

A quelle parole, a Derek mancò un battito e il fiato gli s’impigliò nel petto. «Stiles…»

«Va’ via, Derek» disse Stiles, alzandosi dal letto e riponendo il fazzoletto stropicciato nel cassetto della scrivania. Derek lasciò andare il fiato che fino a quel momento aveva trattenuto e chiuse gli occhi per un istante. Quello dopo si alzò a sua volta e raggiunse la finestra, saltando sul davanzale. Se ne andò senza nessun’altra parola.

 

 

***

Il problema di Stiles era sempre stato che non era mai riuscito a innamorarsi della persona giusta. Lo sapeva Derek, lo sapeva Stiles e lo sapeva chiunque conoscesse almeno un po’ la storia dei suoi amori.

Si era sempre fissato con persone non adatte a lui, che non lo meritavano o che non gli davano ciò di cui aveva bisogno.

Poi era arrivato Lucas e per quanto Derek lo odiasse, doveva ammettere che con lui, Stiles era stato felice. A dir la verità, era stato più felice in quel mese con lui che in tutto il resto del tempo. Quando c’era Lucas, Stiles s’illuminava, s’addolciva, diventava una persona diversa, più tranquilla, più controllata.

Derek voleva credere che Lucas fosse la risposta ai problemi di Stiles perché, magari, avrebbe significato un allontanamento di Stiles dal sovrannaturale e questo non avrebbe potuto fargli che bene. Meno si fosse interessato a licantropi, darach e cacciatori, minori sarebbero state le possibilità che gli potesse succedere qualcosa di male.

Purtroppo, però, rimaneva un enorme quesito appeso sulla testa di Lucas e Derek era deciso a trovare una risposta prima che fosse troppo tardi.

Neanche l’avesse fatto di proposito, Lucas si materializzò davanti a lui, nel bel mezzo della corsia dei surgelati. Entrambi sbatterono le palpebre sorpresi, inciampando nei propri piedi. Il supermercato attorno a loro continuò a mormorare quietamente, pieno di persone, di chiacchiere e di bambini annoiati e capricciosi, che volevano tornare a casa o che richiedevano a gran voce il dolcetto che amavano tanto.

Derek cercò di chiuderli fuori e concentrarsi solo sul ragazzo davanti a lui. Vista la possibilità che gli veniva offerta, perché non approfittarne?

«Lucas, vero?» sorrise, amabile. La voce di Stiles nella sua testa gli disse che era la cosa più terrorizzante che avesse mai visto, ma lui la ignorò e gettò uno sguardo nel cestino dell’altro. C’erano un tubetto di dentifricio, qualche fettina di carne e una confezione di patatine surgelate. Almeno, a giudicare dalla sua spesa, non poteva essere un malvagio darach.

Lucas annuì, stropicciando un sorriso poco convinto. «Derek Hale» disse, guardandosi poi attorno, per nulla a suo agio. Aveva il battito del cuore leggermente alterato, ma nulla che non potesse essere catalogato come semplice nervosismo, e l’odore era assolutamente normale, come altre mille volte Derek l’aveva percepito. Non c’era traccia della scia magia che aveva sentito su di lui vicino al Nemeton – e che lui sapesse non esistevano cose del genere. Una persona non cambiava odore a seconda di dove si trovava. La rosa, l’origine di quella strana sensazione, aveva reagito alla sua presenza, ma questo non significava nulla. Lucas poteva solo essere incline alla magia senza saperlo. Capitava, di tanto in tanto, tra gli esseri umani, che ne nascesse qualcuno così, con una capacità innata di rapportarsi alla magia. Erano i potenziali druidi. Alcuni scoprivano le proprie doti, altri vivevano nella beata ignoranza senza sentire la mancanza di nulla.

Derek sperò con tutto se stesso che Lucas fosse uno di questi ultimi. Prese un respiro profondo e fece un mezzo passo verso l’altro, catturando la sua attenzione.

«Ho... ho saputo cos’è successo tra te e Stiles» cominciò, vedendolo irrigidirsi. Alzò le mani, in segno di pace. «So che non sono affari miei...»

«Hai ragione» lo interruppe Lucas. «Non lo sono. Ora, se vuoi scusarmi, ho da fare» aggiunse, cercando di superarlo. Derek lo afferrò per un braccio, impedendogli di scappare e Lucas cercò di liberarsi con uno strattone.

«Ascoltami. Non so cosa sia successo di preciso e neanche mi interessa, ma quello di cui sono certo è che Stiles ci tiene a te, okay? Non so cosa tu creda di sapere, ma tra me e lui non c’è niente. Non sono io quello di cui è innamorato» concluse, in un sussurro. Cercò di dirlo con tutta la sicurezza che aveva a disposizione, impedendo alla sua voce di tremolare o alla sua gola di chiudersi. Lo stava facendo per Stiles, perché fosse di nuovo felice. Lucas lo guardò per un lungo istante, poi strattonò di nuovo il braccio e questa volta Derek lo lasciò andare, consapevole che non sarebbe scappato.

«Evidentemente Stiles non ti ha detto tutto» commentò Lucas, sprezzante. Si avvicinò a lui, guardandolo dritto negli occhi, sfidandolo chissà a fare cosa. «Gli ho detto che per me non ha senso combattere per qualcuno che non ricambia, è vero, ma gli ho anche detto che sarebbe bastata una sua parola per farmi continuare. Gli sarebbe bastato dirmi che non voleva perdermi e avrei combattuto contro di te e contro chiunque altro per lui.» Fece un passo indietro, allargando il sorriso in una smorfia triste. «Ma non l’ha fatto. Quindi, no, Derek, non sono io quello che Stiles vuole. Probabilmente non lo sono mai stato» mormorò.

Derek non riuscì a dire niente e chinò lo sguardo, colpevole.

 

 

***

Quando Stiles lo aveva baciato, ormai quasi un anno prima, Derek aveva fatto quello che credeva più giusto fare e l’aveva mandato via.

«Va’ a casa, Stiles» gli aveva detto e aveva chiuso la porta, cercando di rimanere il più neutrale possibile. E Stiles aveva finto che non fosse successo niente o che non fosse stato importante e si era comportato come al solito. Nessuno sapeva che un mercoledì pomeriggio, cinque mesi dopo la morte della nogitsune e tre dalla vendetta di Kate, Stiles si era presentato al loft con una confessione sulle labbra e con un bacio. A ben vedere il bacio era stata la confessione vera e propria.

Derek aveva lasciato che Stiles si prendesse ciò che voleva e poi l’aveva allontanato con decisione, facendosi forza per non passarsi la lingua sulle labbra, per non ricercare il suo sapore su se stesso. Non era un ragazzino e Stiles non era uno sprovveduto. Se ne sarebbe accorto e avrebbe usato quel dettaglio contro di lui.

Quindi Derek aveva finto che la cosa non l’avesse colpito e l’aveva cacciato. Perché Stiles non era capace di innamorarsi delle persone adatte a lui e Derek non era altro che l’ennesima persona che non lo meritava, che l’avrebbe messo in pericolo e che gli avrebbe rovinato la vita. Stiles meritava molto più di un persona rotta e bruciata come lui.

Era per questo che una parte di lui avrebbe preferito vederlo con Lucas. Perché Stiles si meritava una persona sana, equilibrata, che lo rendesse sicuro prima ancora che felice.

«Derek?»

Derek si voltò, sorpreso di non essersi accorto prima di Scott. Strinse la spesa con un braccio e prese le chiavi della macchina.

«Scott. Anche tu col frigo vuoto?» Tentò un sorriso e aprì la portiera dell’auto, adagiando il sacchetto sul sedile. Non c’era granché, giusto un pacco di biscotti e uno di patatine. Nulla che andasse a male senza un frigorifero – né che dovesse essere cucinato. Stiles si divertiva costantemente a prenderlo in giro per l’assenza degli elettrodomestici di base, ma a Derek stava bene così.

«Dov’è Stiles?» chiese invece Scott, corrucciato. Un fremito di nervosismo s’inerpicò lungo la schiena di Derek, ma lui cercò di tenerlo a bada, consapevole però di come Scott riuscisse a leggerlo perfettamente.

«Derek» incalzò Scott, facendo un passo avanti. «Dimmi che hai visto Stiles» quasi lo supplicò, ma Derek dovette scuotere la testa in un diniego e Scott prese il cellulare freneticamente.

«Scott?»

«Eravamo appena usciti da scuola, stavamo parlando di Malia e del perché fosse ancora bloccata e… ed è scappato urlando qualcosa su di te e sul fatto che doveva avvisarti.» Scott abbassò il telefonino, guardando lui preoccupato. «Non ho sue notizie da più di un’ora, ormai.»

Derek strinse i pugni e inspirò. «Chiama lo sceriffo e gli altri, io vado a cercarlo» disse, salendo al posto di guida. Non aspettò una risposta – che Scott non perse tempo a dargli – e partì, andando verso casa sua.

Il tragitto dalla scuola al loft non era lungo e quello era il posto perfetto per cercare una traccia olfattiva. Ciò che Derek trovò, invece, fu la jeep, abbandonata poco distante dalla scuola, le chiavi ancora inserite nel quadro.

Derek sentì che il lupo si agitava e annusava l’aria in cerca di Stiles, il cuore che batteva a mille e il terrore di arrivare troppo tardi che gli annichiliva ogni pensiero. Poi l’odore inconfondibile di Stiles lo schiaffeggiò, ridandogli nuova forza, e Derek ringhiò, partendo all’inseguimento.

Non montò in macchina, non ci pensò neanche. Le sue gambe si mossero da sole prima ancora che potesse formulare il pensiero e corse. Corse più veloce che poté, senza preoccuparsi di essere visto, senza chiedersi quale fosse la scelta migliore per passare inosservato. Non gli importava nulla di tutto ciò. L’unica cosa che voleva era trovare Stiles e trovarlo in tempo.

Si fermò davanti all’edificio abbandonato dove lui e Jennifer si erano scontrarti con Scott e Deucalion. Non poteva essere una coincidenza, no? Doveva essere Jennifer. Nessun altro era a conoscenza di ciò che era successo lì, dopotutto.

Strinse i pugni, controllando il lupo prima che potesse prendere il sopravvento. Gli artigli gli punsero la pelle, ma si ritirarono e i suoi occhi baluginarono per un istante d’azzurro, prima di tornare verdi e calmi. Non poteva perdere la testa, non prima di essersi accertato che Stiles fosse al sicuro.

Entrò e si arrestò, dandosi dell’idiota.

Stuart Wiggins sorrise in segno di benvenuto, premendo la pistola contro la tempia di Stiles, che si trovava in ginocchio.

«Tu devi essere Derek.»

«Va’ via» urlò Stiles. Tremava come una foglia e i suoi occhi erano spalancati e lucidi, terrorizzati. Ma la sua voce era sicura, il suo ordine perentorio. Derek si lasciò andare a un basso ringhio rabbioso.

«Lascialo andare» disse, con tutta la calma di cui disponeva. Non era molta, e la sua voce tremò appena. «O ti strappo la testa con i miei denti.»

Wiggins rise piano, scuotendo il capo. «Non prima che io abbia fatto saltare la sua di testa» disse, premendo di nuovo la canna contro la pelle di Stiles. Il ragazzo ebbe un nuovo spasmo, più forte, e strinse i pugni.

Non era legato e non aveva segni di percosse, ma l’essere sotto tiro faceva sì che non cercasse di fare l’eroe. Lo sceriffo lo aveva addestrato bene. Tutto ciò che Derek doveva fare, ora, era frapporsi fra lui e la pistola. Camminò, tenendoli sotto controllo.

«Perché?» chiese, avanzando di lato. Wiggins sorrise, facendo spallucce.

«Per Julia» rispose. «Era la mia migliore amica e tu… tu l’hai uccisa.»

«Jennifer è scappata, io non ho fatto nulla» rispose lui, ma l’altro non aspettò che finisse di parlare e urlò:

«Julia è morta!» La sua faccia si contorse in una smorfia orribile, carica di odio e di rabbia. «Il suo corpo era ai piedi del Nemeton, con la gola squarciata» raccontò, la voce che vibrava d’emozione. «La mia bellissima Julia è morta e la colpa è soltanto tua!» Afferrò i capelli di Stiles e tirò, facendogli esporre il collo. Gli puntò la pistola alla gola, sorridendo folle. «Lei ti amava, e tu… tu…» Urlò, spingendo Stiles a terra, fuori di sé, vinto dalla collera e dalla voglia di vendetta. Derek cercò di raggiungere Stiles, di mettersi tra loro, ma Stuart agitò la pistola, spostandola dall’uno all’altro. Fece qualche passo indietro, allontanandosi da Derek, ma sempre tenendo sotto tiro Stiles.

Derek alzò le mani, cercando di avvicinarsi. Tutto ciò che voleva era mettere al sicuro Stiles.

«Mi dispiace per quello che è successo. Jen… Julia è scappata, non so chi o cosa l’abbia uccisa. Non era così che volevo che finisse.»

Wiggins scosse la testa, lamentandosi sottovoce. «È colpa tua» mormorò, rivolgendosi un paio d’occhi sconvolti, ricolmi di dolore. «Io non l’avrei mai permesso» continuò e a Derek fece quasi pena. Perché Stuart l’amava ed era così chiaro ed evidente, ora, che Derek non poté che sentirsi davvero in colpa. Se ciò che Wiggins raccontava era vero, se Jennifer era davvero morta, allora sì, la colpa era sua. Non avrebbe dovuto farla scappare. «Hai idea di cosa significhi amare qualcuno che neanche ti vede? Che ti guarda e ti adora, ma non ti reputa abbastanza per lei? E poi…» Stuart rise, scuotendo la testa. La mano armata si abbassò appena e Stiles ne approfittò per scivolare appena più in là, mettendosi fuori tiro. Derek si fece avanti ancora, portandosi a un passo in meno da Stiles. «Ho passato anni con lei, conoscevo ogni suo segreto, ero l’unico a sapere chi era davvero. E poi sei arrivato tu e l’hai uccisa.» Alzò la pistola, puntandogliela contro e Derek arretrò di mezzo passo, mentre Stiles scattava su un ginocchio, spostando gli occhi dall’uno all’altro. Derek gli fece cenno con la mano di non muoversi, dopotutto lui non sarebbe morto di certo per un colpo di pistola.

Wiggins sorrise gentilmente, e una lacrima gli rigò il viso. «So a cosa state pensando. E sì, è una pistola normalissima. Niente acconito, niente sorbo. Una normale pistola d’ordinanza, ma abbastanza perché compia il suo dovere» mormorò. Inclinò la testa verso Stiles, sempre con quel sorriso morbido sulle labbra e si asciugò le guance con la mano libera. «Niente di personale, davvero. Mi sei simpatico e non vorrei ma Derek ti ama, quindi...» si strinse nelle spalle e lasciò la frase in sospeso. Derek guardò con orrore l’indice piegarsi sul grilletto. Non ci pensò, non ebbe bisogno di chiedersi se sarebbe stato abbastanza veloce. Corse e spinse Stiles a terra, coprendolo come poteva, le braccia a proteggergli il capo, mentre due spari rimbombavano nell’aria, sopra la sua testa – e il loro corpi tremarono come a far loro eco.

Quando il momento fu trascorso senza che nessun dolore lo avesse trapassato, Derek si concentrò sul battito furioso del cuore di Stiles contro il suo petto, sul calore della pelle contro la sua, e si arrischiò a voltarsi in cerca di Wiggins. Lo trovò a terra, singhiozzante, con un foro all’altezza della spalla e una macchia di sangue che si allargava sulla divisa.

«Tutto bene, ragazzi?» domandò la voce scura dello sceriffo, avvicinandosi. Derek lo guardò con sollievo e lasciò andare Stiles quando questi scivolò via dalla sua presa per stringere suo padre in un abbraccio spezza ossa. Lo sceriffo chiuse gli occhi e strinse, la mano libera dalla pistola tra i capelli di suo figlio e la fronte premuta contro la sua mandibola, grato di essere arrivato in tempo. Derek provava esattamente la stessa emozione. Parrish passò loro accanto e si inginocchiò accanto a Stuart, richiedendo un’ambulanza via radio mentre metteva in sicurezza la pistola abbandonata sul terreno.

Malia e Cora arrivarono in quell’istante, saltando giù dall’auto di Lydia insieme a Kira, seguite a poca distanza dalla moto di Scott. Doveva averle avvisate proprio Scott, che guardò Derek per un lungo istante, prima di fargli un cenno, le labbra pressate tra loro: Grazie, diceva. Derek distolse lo sguardo. Non era merito suo, tutt’altro. A ben vedere, se le parole di Stuart erano state vere, era tutta colpa sua. Di nuovo.

Derek fece un passo indietro. E poi un altro e un altro ancora, approfittando del momento per andare via, senza mai voltarsi.

 

   
 
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