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Autore: The Writer Of The Stars    10/11/2014    1 recensioni
... “Quanto tempo ci mette a nascere, una stella?” chiese infine Vegeta dopo lunghi minuti di silenzio. Bulma sorrise leggermente. “Dieci milioni di anni.” Rispose. “Mi auguro che tu non abbia fretta.”
One shot su Vegeta e Bulma, ambientata durante il periodo antecedente l'arrivo dei Cyborg. ;)
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Camminava velocemente, leggeri passi a risuonare per il lungo corridoio. Fermò poi per un attimo la sua avanzata, sbuffando scocciata; niente, quel Sayan non era nemmeno lì. “Ma dove diavolo si è cacciato quel testone?!” si ritrovò a pensare, ad alta voce. Lanciò una fugace occhiata all’orologio da parete appeso al muro adiacente. Le 21,15. Accidenti, era da più di mezz’ora che vagava come un’ossessa per gli immensi corridoi della Capsule Corporation, alla ricerca di quell’arrogante scimmione. Aveva vagato in lungo e in largo; ovviamente, il primo pensiero era andato alla Gravity Room, dove il Sayan in questione passava praticamente tutte le sue giornate, con sporadiche uscite allo scopo di soddisfare i propri bisogni fisiologici, come dormire o magiare. E invece si era sorpresa non poco nel  constatare che l’ampio trainer gravitazionale fosse vuoto, quando con aria minacciosa, era apparsa sul monitor all’interno della stanza, riscoprendosi però ad insultare e a lanciare improperi non proprio carini, al vuoto. L’aveva poi cercato per tutta la casa; spalancando ogni porta le si presentasse a tiro ed urlando il nome di quello che si definiva “Principe” come un’ossessa. Ma di lui, nemmeno l’ombra.  Un brontolio sommesso, proveniente dalle viscere del suo stomaco, le rimembrò per quale motivo non si era ancora seduta a tavola, trovandola occupata solo dai suoi genitori ormai trenta minuti prima. Incrociò le braccia, e con sguardo offeso, proclamò a sé stessa: “Oh, peggio per lui! Se vuole morire di fame, non sarò di certo io ad impedirglielo!” detto questo, annuii convinta, per poi dirigersi nuovamente al piano inferiore, dove i suoi genitori ormai avevano sicuramente terminato di cenare. O meglio, la sua intenzione era quella di dirigersi in sala da pranzo. Perché in un attimo, nel momento in cui si voltò un’ultima volta indietro, leggermente delusa per il fallimento delle sue ricerche, lo sguardo le cadde su una porta in particolare. Corrucciò lo sguardo, rendendosi conto che tra tutte, quella era stata l’unica a non essere stata sbattuta con violenza nel corso della sua spedizione. E un motivo c’era. Non era la porta di una stanza, quella lì. Quella era semplicemente la porta d’accesso per l’osservatorio astronomico posto in cima al tetto della singolare casa a forma di cupola. Da ragazzina andava spesso lì, Intrufolandosi di nascosto da suo padre, che invece la credeva bella addormentata già alle 23,00. E invece lei andava lì, nell’osservatorio all’aperto. Portava con sè sacchi a pelo e coperte, e si accampava lì, in mezzo ai numerosi telescopi e alle mappe stellari disordinatamente lasciate in terra, dal non proprio ordinato genitore. Passava tutta la notte con lo sguardo rivolto verso l’alto, verso quelle lucine lontane. Affascinata da esse, aveva anche preso a studiare per conto proprio i complicati appunti e calcoli di astrofisica del padre, comprendendo sorprendentemente ogni parola di quanto riportato nei voluminosi tomi astronomici. Si era innamorata delle stelle, che era ancora una bambina. E poco importava se la mattina dopo i grandi occhioni azzurri faticassero a restare aperti, dopo un’intera nottata passata ad osservare il cosmo. Ogni sera, c’erano sempre le stelle ad aspettarla, nel suo piccolo rifugio segreto. E bastava. Poi un giorno, aveva smesso di frequentare l’osservatorio. Scoprendo la meccanica e l’ingegneria, aveva fatto di queste le sue nuove passioni, portandola ad essere, seppur alla giovane età di ventiquattro anni, una delle scienziate più geniali della terra. Insieme a suo padre, ovviamente. Ma la passione per le stelle, non se ne era mai andata. Assopita, questo sì, da altre conoscenze e consapevolezze. Ma mai scomparsa. L’aveva riscoperta recentemente, quando durante la spedizione su Namecc, si era ritrovata ad ammirare dagli oblò della tecnologica navicella spaziale, le stelle e galassie intorno a lei con malcelato stupore. Ed era strano trovarsi così vicini a quei corpi celesti, dopo aver passato anni ad osservarle da migliaia di anni luce lontano, immaginando un giorno di poterle toccare, nei suoi sogni fanciulleschi. E scoprirsi poi così vicina ad esse, le aveva provocato una strana sensazione di gioia, un calore inaspettato all’altezza del cuore, che credette quasi di essersi innamorata. Delle stelle.
Si riscosse leggermente dai suoi pensieri, senza però distogliere lo sguardo da quella porta. Pensare che si nascondesse proprio lì, era a dir poco assurdo. Eppure era rimasto l’unico posto non ancora perlustrato … “Oh, al diavolo!” pensò, incamminandosi verso il grosso portone in metallo. “Tanto ormai la cena è saltata … tentar non nuoce …” si disse, spalancando l’ingresso.

E con sua somma sorpresa,tra i telescopi e le mappe stellari gettate in terra, lo trovò davvero lì. Se ne stava così, stravaccato in terra, la testa sorretta dalle braccia, incrociate dietro il capo. Aveva lo sguardo puntato verso l’alto, verso il cielo scuro di quella fresca sera di fine maggio. Si era accorto della sua presenza, ma aveva preferito far finta di niente, continuando bellamente ad ignorarla. La ragazza invece rimase un po’ sorpresa nel vederlo lì, per poi sorridere dolcemente. In un attimo però, la sua espressione mutò nuovamente, tornando a farsi corrucciata e determinata. “Vegeta!” tuonò infatti. “ti ho cercato per tutta la casa, si può sapere che fine avevi fatto?!” continuò, appuntando le braccia sui fianchi, con tono battagliero. Per tutta risposta, il Sayan grugnì scontroso, per poi borbottare: “Bene, ora che mi hai trovato puoi tranquillamente sparire.” Lei non si arrese di fronte ai modi sgarbati del ragazzo. Era già incredibile che non l’avesse ancora minacciata di morte. “Ti stavo cercando …” ripetè, con un tono che voleva far intendere si aspettasse una reazione da parte del suo interlocutore. Frattanto, Vegeta sospirò, ancora con lo sguardo rivolto verso l’alto. Non si era minimamente mosso, da quando lei era arrivata. “Sentiamo, per quale motivo mi hai cercato?” disse sbuffando, scimmiottando la ragazza, imitando il suo modo di parlare. Soddisfatta da quella seppur minima reazione. Bulma sorrise vittoriosa, esclamando: “Ti cercavo per avvisarti che la cena fosse pronta. Ma ormai, mio caro Principe, quello che doveva essere il tuo pasto non esiste più, in quanto sono quasi quaranta minuti che ti cerco.” Concluse stizzita. Vegeta restò in silenzio per un po’. “Non avevo fame.” Disse solamente, dopo attimi di silenzio. Bulma corrucciò lo sguardo. “Non avevi fame?Vegeta,  sei sicuro di sentirti bene?” chiese, leggermente preoccupata. Vegeta grugnì qualcosa, cercando di reprimere ogni istinto omicida scatenatogli dalla terrestre. “Sto benissimo. E comunque, non sono affari che ti riguardano.” Sibilò alla fine, stringendo i denti nervoso. Bulma lo guardò poco convinta, alzando poi le spalle. “sarà.” Si avvicinò poi maggiormente a lui, fino a trovarsi in piedi, al suo fianco. Lo guardò dall’alto, chiedendogli: “Posso restare qui con te?” Il Principe spalancò gli occhi, credendo di non aver udito bene. E tutta quella sicurezza, tutto quell’ardore, da dove usciva fuori adesso? Sopprimendo lo stupore, rispose semplicemente con un secco ed eloquente: “No.” Frattanto, Bulma lo guardò ancora per qualche attimo. Poi, come se non avesse sentito niente, si sistemò anche lei in terra, stendendosi di fianco al Principe. Questi, dopo un secondo moto di sorpresa e di rabbia, sbottò contro la terrestre: “Che diavolo fai?!” lei puntò gli occhi sul manto oscuro sopra le loro teste. “Guardo le stelle.” Rispose candidamente, come se al suo fianco non fosse disteso uno dei più temibili guerrieri dell’universo. Tra l’altro, da molto poco tempo, ex assassino. Ma quell’ex, sarebbe potuto scomparire in un solo secondo, così come la scienziata, con la sola imposizione della mano del Principe. Ma sarebbe stato solo un’inutile spreco di energie. “Ti ho detto di andartene.” Ripeté rabbioso il Sayan, ormai prossimo a dire addio al minimo di autocontrollo impostosi. Lei lo guardò un attimo, tornando poi a scrutare il cielo notturno. “E io ti ho detto che voglio guardare le stelle. Se non ti sta bene, puoi benissimo andartene.” Rispose serafica. Una vena iniziò a pulsare spasmodicamente sulla tempia del Principe. Era pazza o cosa, quella terrestre?! Che avesse istinti masochisti, l’aveva capito ogni qualvolta si rivolgesse a lui con quel tono di sfida e da saputella. Farla fuori sarebbe stata la cosa migliore, sia per lui, ma soprattutto per il suo facilmente urtabile sistema nervoso. Ma poi, pensò che infondo, quella terrestre gli serviva. Spesso infatti, il vecchio pazzo dai capelli color lavanda, si assentava periodicamente per lunghi lassi di tempo, oppure lo ritrovava a trastullarsi con altri aggeggi elettronici, quali air car o nuove invenzioni, che di certo NON servivano lui a trasformarsi in Super Sayan. E per quanto quella ragazza fosse irritabile e ben oltre i limiti del sopportabile, doveva ammettere che quanto ad intelligenza, era davvero formidabile. Perciò, una mente disposta, ovviamente con le minacce, ad aggiustare la sua camera gravitazionale e i robottini con cui si allenava, non era poi così inutile. Il Sayan prese un profondo respiro per calmarsi, rispondendo poi con un ringhio. “Ero qui da molto prima di te, perciò non ho la minima idea di andarmene!” Ah, eccolo qui, il famoso orgoglio del Principe. Stava già cominciando a gongolare per quella secca ed efficace risposta, che la scienziata, parlò. “E io vorrei ricordarti che questa è casa mia. Fidati, ci vivo da molto più  tempo di te.” Lo frecciò tranquillamente. Acc. Colpito e affondato. Serrando i pugni dalla rabbia, Vegeta ringhiò nervoso, restando però in silenzio, senza ribattere nulla. La scienziata sorrise: anche stavolta, aveva vinto lei. Seguirono attimi di silenzio, durante i quali Bulma continuò a fissare il cosmo incantata, mentre Vegeta era preda di un disperato monologo interiore sul decidere se alzarsi e levare le tende subito da quel posto, o restare lì e far finta di niente, come l’orgoglio suggeriva. Ovviamente, vinse l’orgoglio.

“Così ti piacciono le stelle.” Esordì lei, dopo interminabili minuti di silenzio. Il Sayan fece una smorfia indecifrabile, rispondendo freddamente: “No.” Bulma non si arrese. “Eppure eri qui a guardarle, prima che arrivassi io.” Il Sayan stette in silenzio. Bulma sorrise vittoriosa, sentendosi rispondere bruscamente: “non stavo affatto guardando le stelle. Mi ero steso qui fuori solo perché dentro c’è un caldo insopportabile.” Borbottò, non capendo per quale motivo si sentisse in dovere di giustificarsi. Bulma alzò le spalle. “Se lo dici tu …” rispose incurante, prima di sospirare estasiata. “Ah, ma non sono meravigliose?” rivolta alle stelle sopra le loro teste. Vegeta fece una smorfia disgustata. Ghingò poi leggermente, dicendo. “No, se ci vivi per più di vent’anni.” Inconsciamente, Vegeta si era aperto leggermente, buttando uno spiraglio di luce su quel passato oscuro e inconfessabile. Bulma sgranò gli occhi, sorpresa. Poi, cercando di restare tranquilla, chiese: “Che cosa sai delle stelle?”   lui continuò a fissare il manto scuro sopra di sé. “Tutto.” Rispose. Bulma sorrise. “Sai anche quanto tempo impiegano a nascere? “Chiese furbetta. Per diversi minuti si udì solo il silenzio. La fresca brezza primaverile scompigliò le chiome degli alberi, carezzando delicatamente i loro volti rivolti verso l’universo. Era un silenzio piacevole. C’era una tranquillità e una serenità nell’aria quasi utopica, considerando che tra poco più di un anno dei Cyborg assassini avrebbero fatto la loro comparsa sul pianeta. Eppure quella sera, quel silenzio e quella pace non stonavano affatto per Bulma e Vegeta. Per niente.

“Quanto tempo ci mette a nascere, una stella?” chiese infine Vegeta dopo lunghi minuti di silenzio. Bulma sorrise leggermente. “Dieci milioni di anni.” Rispose. “Mi auguro che tu non abbia fretta.”
 
Secondo un famoso luogo comune, il primo bacio non si scorda mai. E si sa, solitamente la gente è fermamente convinta di ciò. Anche Bulma Brief si era lasciata influenzare da questo stereotipo. Secondo Bulma, il suo primo bacio con Yamcha, non lo avrebbe scordato mai. Anche in un futuro lontano, magari anche dopo un eventuale rottura con il suddetto, il dolce ricordo di quel primo acerbo contatto, sarebbe sempre rimasto impresso nella sua mente. Non avrebbe mai creduto che sarebbero bastati un alieno assetato di vendetta e un cielo stellato, per far crollare questa sua certezza. Eppure accadde. Accadde tutto quella notte, sotto la luce della luna, dove il solo contatto con quell’assassino mercenario le fece scordare quel primo approccio intimo avuto con il predone del deserto dalla cicatrice in viso. Potremmo considerare quella notte come il momento in cui Bulma capì di non provare più nulla per Yamcha, ma qualcosa di molto profondo per il burbero Sayan.  O forse potremmo considerarla come la volta in cui il Principe dei Sayan si rese conto che infondo, quella terrestre dai capelli azzurri, non era poi così male. Ma per loro, resterà sempre la notte in cui Bulma e Vegeta si scambiarono il loro primo bacio.
 

Nota Autrice:
Salve a tutti! Eccovi una nuova one shot sui miei adorati Bulma e Vegeta! Ambientata durante il periodo antecedente l’arrivo dei Cyborg, in questa one shot ho voluto mettere in evidenza un primo approccio “intimo” tra il nostro Principe e la bella scienziata. Non so se lo avete notato, ma l’ultima parte della storia, è una mia vecchia flash fic, pubblicata quest’estate. Oggi, mentre scrivevo questa, mi è ritornata in mente e ho pensato che potesse essere perfetto come finale. ;) spero vi sia piaciuta, e in tal caso , se ne avete voglia, vi invito a lasciare un commentino al riguardo. Ovviamente se volete, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate! ;) Bene, vi saluto, vado a studiare latino … -.-
Alla prossima!
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