Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Thiana    10/11/2014    0 recensioni
Il Natale e le vacanze sono il periodo perfetto per viaggiare e visitare nuovi posti, e godersi un po' di tempo libero. O, nel caso di Claire, godersi le case lasciate incustodite dai ricchi proprietari e passare il Natale da vera signora.
Le costanti sono sempre le stesse, ma cosa succede se si aggiunge una variabile?
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Quella volta non era stato affatto difficile, pensò Claire. Durante le vacanze di Natale i ricchi se ne vanno sempre da qualche parte, per sfoggiare le loro baite in montagna o le case al mare. E neanche trovare la casa più bella era stato troppo difficile: era bastato fingersi un perito assicurativo che si era smarrito e le avevano subito indicato la “grande casa un po' isolata” del paese.

Perciò, guardando il sole scendere dietro il lontano orizzonte creato dalle vette innevate, scavalcò il cancello in ferro e atterrò leggera su un fazzoletto di prato. Rimase ferma il tempo necessario per assicurarsi che nessuno l'avesse vista, poi corse verso l'entrata. Case così grandi, generalmente, non avevano un'entrata posteriore ma, grazie ai suoi fedeli grimaldelli, forzare la porta principale non doveva essere un problema.
Tirandoli fuori dalla tasca interna del suo parka, aprì la porta in un baleno e se la richiuse alle spalle, restando anche stavolta immobile ma pronta a correre via in caso fosse scattato qualche allarme.
Non sentendo niente, sorrise. Era fatta.
Si tolse la sciarpa e il giaccone, appendendoli all'ingresso come se fosse casa sua.
Le sembrò di ripetere quella scena praticamente da sempre: erano già quattro anni che, andata via da casa e dal piccolo paese in cui era nata, s'intrufolava nelle case vuote e viveva lì fino al ritorno degli ignari proprietari. 
Lo schema era sempre lo stesso: non tornava mai due volte nella stessa casa o nella stessa città, fingendosi un'impiegata di qualche agenzia chiedeva in giro della “grande casa un po' isolata” che un fantomatico capo le aveva indicato e poi la sorvegliava. Se non vedeva nessuno in giro cercava il nome sulla cassetta della posta e con il meraviglioso servizio di ricerca numero offerto dall'altrettanto magnifico governo degli Stati Uniti chiamava in casa da una cabina telefonica e poteva metterci la mano sul fuoco che -grazie tante, boriosi ricconi!- se la casa era vuota perché i proprietari erano in vacanza, quelli avevano cambiato in messaggio della segreteria telefonica dicendo qualcosa come “Siamo Sally e Kain, e siamo nella nostra meravigliosa, costosissima ed elegantissima casa al mare in Italia. Che, a proposito, è la cosa più bella del mondo ma voi non avete i soldi e non la vedrete mai! Lasciate un messaggio che probabilmente non ascolteremo perché siamo troppo presi a divertirci. In Italia! Ah, torniamo dopo Capodanno!” o anche la variazione “Siamo Mandy e Andrew e siamo nella nostra baita in montagna. Siamo qui per le nostre romantiche vacanze natalizie sulla neve. Voi restatevene in città perché siete poveri e dovete lavorare. Ascolteremo i messaggi a Gennaio, quando torneremo nella nostra grande e costosa casa.”
Okay, forse la segreteria non diceva esattamente quelle parole, ma Claire non aveva mai apprezzato le persone che avevano più soldi di quanto fosse possibile spendere. O semplicemente non apprezzava di non avere neanche quelli necessari.

Scrollandosi di dosso la pioggia oramai intrisa nei vestiti si guardò intorno.
Questa casa sarebbe abbastanza per sei famiglie, pensò camminando verso la scalinata in legno che portava al piano superiore.
Una volta giunta al primo piano ficcanasò nelle stanze finché non trovò quello che cercava: la camera padronale.
Un grande letto a baldacchino intagliato in legno era l'attrazione principale: grande come una macchina e coperto da almeno venti cuscini di tutte le misure. 
A colpo sicuro aprì la porta in legno scuro decorata da venature più chiare ed entrò nel bagno. La grande vasca sembrava chiamarla a tal punto che Claire non esitò ad aprire l'acqua calda per riempirla.
Aspettando che il livello dell'acqua raggiungesse quasi il bordo della vasca cercò qualcosa per ascoltare la musica e -bingo!- trovò un lettore cd proprio accanto alla vasca. Sfogliò i CD ordinati in ordine alfabetico finché trovò esattamente quello che voleva.
Lo mise e fece partire la musica, liberandosi in fretta dei vestiti umidi e freddi, poi in fretta s'infilò nella vasca, lasciandosi scappare un verso di soddisfazione. Si legò i capelli scuri con un nodo in cima alla testa e passò i minuti ad occhi chiusi, canticchiando le canzoni e accarezzando la superficie dell'acqua mischiata alla schiuma. 
Quando un rumore giunse alle sue orecchie, temette di aver sbagliato qualcosa. I proprietari non sarebbero rientrati prima dell'anno nuovo ed era solo il 24 Dicembre. Se non avesse avuto paura di aver dimenticato qualche variabile, avrebbe riso al pensiero che potesse essere Babbo Natale che, calato il sole, entrava in casa per portare i regali.
Ma lei non era una bambina che aveva fatto la brava e quel rumore, qualsiasi cosa fosse, non era causato da un grasso uomo vestito di rosso.
Afferrò un accappatoio da una mensola di vetro e lo indossò, legandoselo in vita. E, a piedi scalzi sulla moquette, attraversò la stanza. Si fermò accanto ad un caminetto ed afferrò un attizzatoio, pronta a scappare o a difendersi poi, cercando di fare meno rumore possibile, si avvicino alle scale.
Le scese lentamente, con l'attizzatoio stretto tra le mani come fosse una mazza da baseball e sentì ancora un rumore provenire da una stanza accanto all'ingresso. 
Attese per qualche istante accanto alla porta poi svoltò la porta brandendo ancora il ferro.
«Chi sei?» gridò, muovendo l'attizzatoio verso l'uomo che le stava davanti, con un grimaldello ancora in mano, tutto preso a richiudere la finestra da cui era entrato.
Le impronte di fango ai suoi piedi macchiavano la moquette chiara della stanza in cui erano: un salottino arredato modernamente tutto in beige e mogano.
«Ho chiesto chi sei: rispondi!» ripetè, guardandolo a lungo. I capelli erano nascosti da un berretto di lana grigia e il giaccone era pieno di gocce d'aqua: fuori aveva iniziato a piovere.
Vedendo riflessi in quell'uomo tutti i tratti che la distinguevano -grimaldelli, volto coperto ma non in modo sospetto e la plateale entrata dalla finestra- le venne da ridere.
Quanto male avevano fatto i proprietari della casa se il karma li aveva puniti con non una ma ben due intrusioni in casa loro?

L'uomo, colto sul fatto, non poté fare nulla se non guardare la ragazza in accappatoio davanti a lui.
Dannazione, aveva controllato tutto e la casa doveva essere libera. Che i proprietari avessero lasciato qualcuno a badare alla casa in loro assenza?
«Emh, io... stavo controllando che la serratura della finestra non fosse rot...» venne interotto però dalle risa della ragazza che lo guardava.
Qualcuno le entrava in casa e lei rideva? Doveva essere pazza. Lo guardò con un sorriso quasi inquietante poi abbassò il ferro. 
«E così entri in casa della gente dalle finestre, eh?»
Vedendolo aprire bocca per accampare qualche scusa, scosse una mano per fermarlo. «Lo sai che le porte di ingresso sono meno controllate proprio perché più scontate?»
Colin, confuso fece per aprire di nuovo la finestra e filarsela da dove era entrato.
«Oh, non andare. Ruba pure tutto quello che vuoi, questa casa non è mia! Probabilmente avranno un'assicurazione...» La ragazza alzò le spalle e, stringendosi l'accappatoio addosso, uscì dalla stanza.

«Guarda, qui ci sono le opere d'arte!» la sentì gridare Colin, qualche minuto dopo, da qualche parte non lontano dalla stanza dove era rimasto. 
Era un sogno, quello, vero? Un brutto sogno sicuramente! Aveva appena fatto irruzione in una casa... già scassinata. Incredibile.
Cercò di trovare la stanza da dove aveva sentito giungere la voce e poggiò la spalla allo stipite della porta, fermo a guardare la ragazza che, come se fosse a casa sua passava le mani su tutte le statue, i quadri e i preziosi soprammobili esposti nella stanza.
«Ci crederesti mai? Sembra una fottuta galleria d'arte!» esclamò imitando un tono affettato e snob. 
«Mi stai davvero invitando a rubare tutto quello che voglio?» domandò Colin, aspettandosi una chiamata alla polizia o, peggio, un attizzatoio tra le spalle.
«Te l'ho detto, non è roba mia. Cercavo solo una casa in cui dormire.»
«Non sono qui per rubare,» mormorò l'uomo, facendo qualche passo verso una statua «volevo... sì, dormire in un posto che non fosse il sedile della mia macchina.»
Avvicinò il suo viso a quello della statua, poi lo allontanò per vedere meglio.
«E' davvero...?»
«La riproduzione fedele del David di Michelangelo placcata in oro? Sì.» rispose allegramente Claire, saltandò da un amorino in stile Luigi XIV. «Ma non puoi restare qui, l'ho trovata prima io.» Si strinse nelle spalle, poi diede una pacca sulla natica nuda e rilucente della statua.
«E cosa vuoi fare: chiamare la polizia e dire che un uomo si è introdotto nella casa in cui... oh, ti sei introdotta anche te?» chiese lui, alzando un sopracciglio, con un sorriso furbo sulle labbra. 
Quella casa era così grande che avrebbero potuto non incontrarsi per settimane intere.
Con uno sguardo fulminante lei si girò: «Come, scusa?» 
«Io resto.»
«No, questa casa l'ho trovata prima io.» si indicò, come per essere ancora più chiara.
«Se me ne andassi potrei sempre chiamare la polizia per dire che ho visto una donna caucasica sulla ventina intrufolarsi in casa di carissimi amici: violazione di domicilio, almeno un anno.»
In silenzio, Claire pensò ad un modo rapido di liberarsi dell'uomo, ma l'aveva incastrata con quel ricatto.
«Okay,» disse alla fine, stizzita. «Ma stai alla larga dal letto a baldacchino, quello è mio.»
«Andata.» Le fece l'occhiolino, tornando poi a gurdare la statua. «Cazzo, hanno davvero il fottuto David placcato in oro.» mormorò, grattandosi il mento ricoperto dalla ricrescita della barba.
Quando si voltò, la ragazza era sparita, così fece il giro di casa, aprendo cassetti e ante, curiosando e desiderando almeno la metà delle cose che vedeva.
Il piano di sopra era ancora più elegante, al punto che le stanze sembravano quasi soffocanti. Ma che ne sapeva lui? Dormiva nella sua macchina da anni, oramai.
La stanza che aprì doveva essere quella di qui parlava la ragazza, vista la presenza di un enorme letto a baldacchino coperto di vestiti.
«Ho avuto un'idea!» esclamò lei, comparendogli improvvisamente davanti, tutta allegra. Gli mostrò delle banconote, piazzandogliele a pochi centimetri dagli occhi. «Pensa, erano nella cabina armadio. Chi tiene sei cento bigliettoni nel cassetto dei corsetti? E chi diavolo indossa ancora corsetti? Dovresti vedere: lui ha più scarpe di lei. E lei lo tradisce senza dubbio!» blaterò ripiegando le banconote e mettendole nella tasca dell'accappatoio che ancora indossava.
Gli indicò una cornice sul comò della stanza all'interno della quale una coppia nel giorno delle loro nozze sorrideva felice.
«Comunque, ci sono un sacco di soldi qui e io ho una buona idea.» finì compiaciuta, poggiandosi con un fianco al mobile.
«Sentiamo qual è questa buona idea, su.»
Le era bastato poco, in realtà, per prendere quella decisione: non le andava di passare il Natale da sola, e se il compagno della sua avventura era uno sconosciuto con le sue stesse tendenze illegali, allora poco male. E il fatto che avesse l'aspetto trasandato di un cucciolo di cane con il pelo arruffato aveva reso la decisione molto più semplice.
«Andiamo a cena nel ristorante più costoso della città.» 
«E sprecare tutti i soldi trovati in cibo?»
«Non sono mica i nostri. Il meglio che possiamo fare è spenderli. Non sono una ladra. Sono solo... una che suggerisce agli altri come spendere i loro soldi. Facendomi mangiare.» 
«Dai, guarda qui.» continuò, senza neanche ascoltare l'obiezione che Colin stava per fare. Lo tirò per una mano fino alla cabina armadio, grande come la stanza stessa, piena di articoli di sartoria costosi come macchine e delicati come bolle di sapone.
«Io ne ho già preso qualcuno,» indicò distrattamente il mucchio di abiti sul letto, «ora sta a te, Signor...» lesse la dedica su un porta sigarette d'oro, «...Signor Montgomery.»
Sotto il peso di anni di solitudine, chiuso nella sua vecchia macchina senza nessuno con cui condividere la vita, Colin si lasciò travolgere da quell'uragano di ragazza di cui non conosceva neanche il nome.
Quand'era stata l'ultima volta che un essere umano l'aveva preso per mano? 
«Oh, cara, sai che per te sono solo Colin!» disse con lo stesso tono snob usato da lei in precedenza, senza però la stessa convinzione o allegria. 
C'era qualcosa in quella ragazza che gli fece venire voglia di saltare sul letto come fosse un tappeto elastico e ridere fino a sentir le lacrime lungo le guance.
Con un guizzo di sorpresa, lei sembro accettare il gioco di lui. Si portò una mano alla gola con fare sofisticato, «Perdonami, caro Colin. Colpa di questa società che ci impone un'etichetta davvero appiccicosa e ci costringe a comportarci come fantocci.»
Cavolo, ce l'aveva davvero con l'alta società e con i ricchi, eh?
«E ovviamente per te sono sempre e solo Claire, la ragazza più bella che tu abbia mai conosciuto.» Prese una custodia per gioielli grande quanto un libro e se la mise in bilico sulla testa. «E cammino ancora dritta come il primo giorno in cui ci siamo incontrati.»
Nella pessima imitazione dell'esercizio fece cadere l'astuccio che, atterrato a terra, si aprì  rivelando un collier di diamanti con al centro uno zaffiro grosso come una nocciola.
«Porca...»
«...vacca» completò Claire, inginocchiandosi a terra e allungando una mano per toccarlo. «E'... cazzo.»
Guardò Colin dal basso, con gli occhi sgranati. Lui le rispose con un sorriso, poi prese il collier tra le dita e le fece di nuovo l'occhiolino.
«Se dobbiamo andare a cena e spendere una fortuna, farai meglio a brillare come una stella.» Posandole una mano sulla spalla le girò intorno e si fermò alle sue spalle. I capelli  legati le lasciavano scoperto il collo e fu facile farle scivolare la pesante collana attorno al collo e chiuderne il gancio.
In un silenzio quasi irreale, Claire andò allo specchio per vedere come le stava. «Si abbina ai tuoi occhi» disse lui, comprarendole dietro le spalle.
Ma che diavolo diceva? Era per caso impazzito? Okay, lei era molto bella. E piuttosto giovane. E l'aveva preso per mano e aveva giocato con lui, ma... Avrà avuto almeno dieci anni meno di lui e poi cos'era quello? Un ironico colpo di fulmine?
Lei sorrise, in risposta, e sfiorò il collier, ammirandolo. 
«Dobbiamo trovare qualcosa anche per te.» decise, dirigendosi verso un espositore di orologi costosi. Ne scelse uno che le piaceva e, prendendogli la mano, lo allacciò attorno al suo polso con un'alzatina di spalle. «Perfetto. Ma io muoio di fame!»
Voltandosi tornò nella camera da letto e prese un vestito chiaro, lungo fino a terra.
Rovistando nei cassetti trovò un completo intimo ancora con la targhetta e, controllando che non arrivasse l'uomo, lasciò cadere l'accappatoio e indossò abiti non suoi. 

Colin, invece, guardava i completi ordinati per colore chiedendosi come potesse qualcuno sentirsi comodo con qualcosa di tanto rigido. L'unica giacca che aveva mai messo era una vecchia giacca smessa del padre della quale aveva dovuto arrotolare le maniche perché troppo lunghe.
«Ti spiace?» sentì chiedersi, vedendo comprarire la ragazza con un vestito aperto sulla schiena.
Asciungandosi le mani sui jeans, l'uomo chiuse la zip del vestito e fece un passo indietro. «Devo mettermi in tiro per mangiare, dolcezza?» alzò un sopracciglio, ma lei lo ignorò, tornando a curiosare nella cabina armadio.
«GUARDA, GUARDA! Hanno dei bastoni da passeggio con teste di leone!»
Quando Colin si voltò la vide armeggiare con il bastone come se fosse una mazza da golf. «Lo sai, sì, che non si usa così?» rise, quando lei colpì un paio di scarpe.
«Perché, tu sai giocare a golf, principino?» chiese con aria di superiorità. Accennando un sorriso, lui fece un mezzo inchino.
«Certamente, Milady. Ho vinto il campionato di mini-golf per tre anni consecutivi, su a Southie.» prese il bastone dalle sue mani e imitò uno swing, senza colpire nulla e senza -miracolosamente- rompere nulla. 
«Il golf è il gioco più noioso del mondo.»
«Ah, zitta e lasciami questo bastone. Se devo portare fuori a cena Milady, lo farò con stile.»
«I soldi li ho io, quindi, tecnicamente, sono io che porto fuori a cena te.»
Alzando gli occhi al cielo, Colin la ammonì scherzosamente: «Ah, da quando la donna ha voluto emanciparsi si sentono cose che farebbero arricciare il naso anche al mio caro prozio Fitzerbert. E lui era un anti-conformista! La vergogna della famiglia!»


Mezz'ora più tardi, dopo aver rovistato nei cassetti e tra gli abiti appesi, aver riso ed aver fatto strane imitazioni, Claire e Colin uscirono dalla casa dei coniugi Montgomery attraverso il garage, vestiti come loro e con i loro soldi.
Con un gesto plateale lui le indicò un'elegante berlina nera. «La sua carrozza è quasi pronta, signorina. Solo un momento.» Dalle tasche del soprabito nero, lui prese i suoi attrezzi per forzare le serrature.
«Questa non è la tua macchina.» dichiarò lei.
«E quella non è la tua collana.»
Scuotendo la testa, lei gli si mise accanto, poggiando la spalla alla sua e spingendolo leggermente.
«Mi sei d'impiccio, dolcezza. Dovresti lasciare spazio ai professionisti.» 
Claire lo guardò truce, poi con il fianco gli diede l'ennesima spinta. «Stavo per dire la stessa cosa. Spostati.»
Sovrappose le sue mani a quelle di lui e gli sfilò i grimaldelli di mano, aprendo in un attimo la portiera dell'auto senza far scattare alcun allarme. Con una smorfia di fastidio Colin la lasciò sedersi al posto di guida, fece il giro e salì al posto del passeggero.
Una volta aperto la porta del garage con il controllo elettonico e poi il grande cancello di ferro, scivolarono lungo la strada scura e in declino verso il centro della città.
Il ristorante in cui entrarono era lussuoso e l'atmosfera, seppur natalizia, era elegante e romantica. Le candele accese fornivano gran parte dell'illuminazione e i fiori delicati al centro del tavolo rendevano la sala un pout-pourri di dimensioni enormi.
Si sedettero e scorsero il menù, lasciando al sommelier l'onere di scegliere un vino adatto all'occasione.
Aspettando che le portate arrivassero, parlarono un po'.
«Sei una tipa strana.» assentì Colin, avvicinando il naso al bordo del bicchiere per sentire quella che, secondo l'addetto ai vini, era una deliziosa profumazione fruttata dal retrogusto speziato. Lui sentiva odore di vino, nulla di più: dopo anni di birra scadente, tutti i vini avevano lo stesso odore, per lui.
«Disse l'uomo che dorme in una macchina.»
«Non mi sembra che tu abbia una casa, no?»
Claire alzò gli occhi al cielo, poi evitò la domanda con un gesto della mano. «Cosa intendi con 'strana'?»
«Beh, quando ti ho visto eri coperta solo da un accappatoio eppure...» si interruppe, ringraziando con un cenno del capo il cameriere che aveva posato un cestino di focaccine calde sul loro tavolo. Aspettò che se ne andasse e, afferrata una focaccina, riprese a parlare. «Avrei potuto avere cattive intenzioni. Più cattive.» Si corresse, prima che lo facesse lei. «Avrei potuto essere un omicida. O peggio, uno stupratore.»
Lei fece un grazioso gesto con il capo. Ci aveva pensato, certo, ma poi si era resa conto che lui non si aspettava di vedere nessuno in quella casa. Ma la cosa che l'aveva convinta maggiormente era stato lo sguardo di lui: identico al suo.
Lo sguardo di chi è solo da tanto tempo e vuole solo un po' di comodità. E vedere la ragazza lo aveva davvero colto di sorpresa.
«Lo sei? Un killer o uno stupratore.»
«No. Ma potrei mentire.»
«Ma non stai mentendo.»
«E come puoi saperlo?»
«Perché sembri un tipo sveglio e non ti saresti fatto vedere in un luogo publico e affollato se avessi avuto intenzione di fare del male alla donna che tutti hanno visto con te, giusto?»
Il sorriso che fece capolino sulle labbra di Colin venne interrotto dal braccio del cameriere che venuto a portare la prima portata.

La serata trascorse tra chiacchiere e la reciproca conoscenza. 
«Che ne dici, chiediamo il conto e passiamo la mezzanotte davanti il caldo di un caminetto?» propose Claire, fermando il cameriere che li aveva serviti per tutta la serata. Con la cosa dell'occhio osservò la reazione dell'uomo che le sedeva davanti: aveva cercato di essere provocante per divertirsi alle sue spalle ma era quasi sicura di non essere mai stata una di quelle ragazze che riescono ad essere seducenti e serie al tempo stesso.
Una volta fuori, coperti dai soprabiti si lamentarono all'unisono della pioggia.
«Piove da troppo, oramai.»
«Ancora piove, è troppo?»
Risero per quella coincidenza, complice il vino impronunciabile che aveva accompagnato la loro cena.
Attesero qualche istante che la macchina venisse loro portata dal parcheggiatore e si rifugiarono nel caldo abbraccio dei sedili riscaldati.
«Brr.» Brontolò lei, sfregandosi le mani. Questa volta, lasciato il lato del guidatore a Colin, si coprì bene le gambe con il soprabito e si soffiò il fiato caldo sulle mani.
«Non preoccuparti, dolcezza, ci penso io a scaldarti...» mormorò lui, facendo ruggire il potente motore della macchina.



DIECI ANNI DOPO...
Sulla soglia di un'umile casetta dai colori pastello, un uomo e una donna tenevano per mano un bambino di circa quattro anni, che li guardava sorridendo.
«Mamma, papà. Andiamo davvero in vacanza? Al mare?» chiese con la voce acuta tipica dei bambini e pretese di saltare l'ultimo gradino aggrappandosi ai genitori.
«Sì, Monty. Non sei contento di passare l'estate al mare e imparare a nuotare?» 
Il piccolo non rispose neanche, scappando dalla presa dei genitori e correndo lungo il corto vialetto verso la macchina piena di bagagli.
Le mani dei genitori, ora vuote, si trovarono.
«Hai messo l'allarme?»
«Certamente, Claire. E se qualcuno dovesse entrare, gli auguro solo di essere fortunato quanto noi.» Colin fece l'occhiolino alla moglie e le baciò dolcemente una guancia, tirandola poi un pochino per raggiungere il figlio che, impaziente, già faceva il verso dei gabbiani.







Scritta per il contest "La vita è una rete di piccoli, invisibili appuntamenti" di OttoNoveTre indetto sul forum di EFP e in attesa di giudizio.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Thiana