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Autore: 365feelings    11/11/2014    5 recensioni
Undici anni e tre scuole gli hanno insegnato che se qualcosa può andare storto, quanto è vero che si chiama Chris Rodríguez e che è per metà messicano, allora andrà storto.
Chris Rodríguez | Chris/Clarisse | Prima classificata al contest "Frammenti di Protagonismo (di dèi, semidèi, inferi, spiriti della natura e Cornucopie Olimpiche) - I edizione" indetto da MaryScrivistorie sul forum di EFP e portato a termine da Maiko_chan
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Rodriguez, Clarisse La Rue
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Lost boy
Personaggio: Chris Rodríguez
Prompt: sopravvivenza
Rating: verde
Genere: angst, introspettivo, malinconico, sentimentale
Pairing: Chris/Clarisse
Avvertimenti: one shot, headcanons, missing moments, OCs
Introduzione: Undici anni e tre scuole gli hanno insegnato che se qualcosa può andare storto, quanto è vero che si chiama Chris Rodríguez e che è per metà messicano, allora andrà storto.
Note: saranno un po’ lunghe, portate pazienza. Mi preme soprattutto che leggiate il primo punto, perché altrimenti temo non capiterete alcuni dettagli.
  • È consigliabile prima aver letto Cinque cose che nessuno sa su Chris e Clarisse (e due che tutti conoscono), in particolare il punto 1 (in cui è descritto il primo incontro tra i due e perché lei lo chiama ragazzo fortunato) e il punto 2 (in cui si spiega come e perché Clarisse è stata la prima ad averlo mai difeso).
  • Adriana Rodríguez è un OC. Non sono sicura della distanza precisa tra Ciudad Juárez, ma sono davvero molto vicine. Non ne so molto nemmeno di immigrati messicani negli States. Dato che è solo un accenno e forse anche meno, non ho inserito l’avvertimento tematiche delicate, ma con quel “È stata a tanto così da diventare l’ennesima croce rosa, null’altro che un nome nel lungo elenco di ragazze scomparse che forse un giorno qualcuno avrebbe preso in mano e avrebbe letto al mondo” mi riferisco ai femminicidi e alle sparizioni di giovani donne che per anni sono passati sotto silenzio. Se cercate in internet trovate tutto, compreso descrizioni di quanto possa essere brutta e pericolosa la vita a Ciudad Juárez. Ci hanno pure fatto un telefilm, forse qualcuno di voi lo conosce: The Bridge. In ogni caso Adriana ha rischiato di fare una brutta fine ed stata in questa occasione che Ermes l’ha notata. Non ho idea di come si sia presentato alle altre donne, ma con lei assume l’aspetto del viaggiatore un po’ trasandato che sta rientrando da un viaggio che lo ha portato nel profondo sud dell’America Latina.
  • Jaqueline – Jack – La Rue è un altro OC, presente (citata) in altre due mie storie (qui e qui).
  • Anche Mary è un OC. Circa. Perché viene nominata da Chris in un momento di delirio all’inizio del quarto libro e io ci ho subito fantasticato.
  • "Have you seen my childhood? I'm searching for that world that I come from" sono le prime strofe di una canzone di cui non ricordo né titolo né autore, sono pessima lo so.Mr D. cita Tebe e Penteo: non ho resistito e ho accennato ad una delle mie tragedie preferite, Le Baccanti.
  • Non ricordo se nei libri viene detto, ma secondo me Clarisse non ha una buona opinione di Luke. Alla fine però, per quanto non le piaccia il ragazzo, riconosce l'importanza del legame che aveva con Chris.
  • Di Chris praticamente non sappiamo nulla, se non che ha un profondo desiderio di morte dati i guai in cui si va a cacciare: Clarisse, Crono, il Labirinto. È su questo che mi sono basata per costruire il suo personaggio. Presumendo che sia di origini messicane, ho mantenuto un po’ lo stereotipo del messicano pigro che passa le giornate a fare la fiesta, ma ci ho unito il fatto che sia un semidio (e tutto ciò che questo comporta) e ho giocato anche con il suo non essere stato subito riconosciuto dal padre. Il risultato è un ragazzo pigro e un po’ annoiato, che non è né messicano né americano, malinconico anche ma attendo a non darlo a vedere. La storia stessa della sua nascita lo porta ad essere senza radici, cresciuto da una madre forse fin troppo forte e determinata, che a differenza di lui ha sempre saputo ciò che vuole dalla vita. Chris non ha idea di chi sia né di cosa vuole, il suo unico istinto è quello di sopravvivenza e beh, vediamo che non funziona poi così bene.
 
 
 
 
 
Lost boy
 
 
 
 
0.1 Have you seen my childhood? I'm searching for that world that I come from

Al Manolo Market tengono i gelati nei congelatori da bar, di quelli in cui finché non li apri non sai cosa contengono, e i congelatori dietro le cassa, in modo che solo i commessi abbiano l'autorizzazione ad aprirli, ma, soprattutto, al Manolo Market non vendono mai i gelati pubblicizzati.
«Mi dispiace, figliolo. Non lo abbiamo» gli risponde il cassiere, senza neppure controllare, a conferma di quanto in realtà già sa. Avrebbe potuto evitare di chiedere, come potrebbe evitare di far finta di non conoscere i gelati disponibili. Ma non ha niente di meglio da fare, quindi si fa elencare per due volte i pochi prodotti disponibili e finge anche di pensarci. Per un istante è tentato di variare e chiedere un cornetto, alla fine però rimane fedele al copione e prende un ghiacciolo al limone, che inizierà a sciogliersi nel momento esatto in cui uscirà in strada.
Lo paga con i soldi della signora Hopkins, l'anziana che abita a due case dal suo appartamento e che quella mattina è riuscito a convincere che no, non sta marinando la scuola e che no, non è venerdì, è sabato.
Allunga la mano per prendere il gelato, quando nel supermarket fanno il loro ingresso i Fantastici Tre, probabilmente i ragazzi più stupidi che in undici anni di vita e tre scuole cambiate abbia mai avuto il dispiacere di incontrare. Con loro c'è anche Alvaro, grassoccio e impaurito come al solito; avanza tremando come una foglia fra gli scaffali e sembra sul punto di scoppiare a piangere.
La frequenza con cui Alvaro finisce nelle grinfie dei Fantastici Tre fa a gara con la sua e un po' gli dispiace, perché Alvaro è rotondo, morbido e incapace di reagire. Ma lui non è il paladino degli indifesi e finisce nei guai già abbastanza per conto proprio, senza che si metta a fare l'eroe. E anche volendo non potrebbe mai passare per un eroe, non è credibile. Troppo magro, innanzi tutto, e poi gli manca una cosa fondamentale: lo spirito di sacrificio. Quindi si prende il suo gelato e si sbriga a togliersi di torno; se avesse saputo che anche i Fantastici Tre avrebbero marinato la scuola quel mattino, sarebbe andato a lezione. Non che abbia davvero paura di loro, in fondo sono solo tre ragazzi un po’ più stupidi della media, se può però cerca di stare lontano dai problemi e di tenere un profilo basso. Quando si ricorda di farlo è un'ottima strategia di sopravvivenza.
«Hey, Rodríguez» lo chiamano e il loro tono promette guai «Dove scappi, Rodríguez».
Sta per rispondere che non cerca rogne, ma si ferma: non ha senso perché tanto non lo ascolteranno. Ora che lo hanno visto, non lo lasceranno in pace fino a quando non avrà dato loro quello che vogliono (soldi, solitamente, o magari il suo gelato). Alvaro trema e sul volto ha l’espressione di chi sta vivendo il suo peggiore incubo e guardandolo, in balia dei Fantastici Tre, gli dispiace davvero, perché Alvaro non ha idea di quanto la situazione possa essere peggiorata dato che nel mirino ora c’è anche lui.
Undici anni e tre scuole gli hanno infatti insegnato che se qualcosa può andare storto, quanto è vero che si chiama Chris Rodríguez e che è per metà messicano, allora andrà storto.
Sua madre li chiama los espíritus malignos, lui non li chiama; resta il fatto che finiscono sempre per metterlo nei guai (più di quanto ci si trovi già di suo) e che sembra essere l'unico a vederli. Il che, dopo, rende sempre problematiche le spiegazioni. E non sono nemmeno un bel vedere, come in quel caso. La donna-serpente che si interessa improvvisamente a lui dimenticandosi della sua spesa e che cerca di ucciderlo non è molto bella e nemmeno troppo gentile. Soprattutto perché nel tentativo travolge il cassiere, i Fantastici Tre e in qualche modo finisce per far esplodere il supermercato.
Quaranta minuti dopo, però, della donna-serpente non c’è traccia e quaranta minuti sono il tempo impiegato dai pompieri per domare l’incendio e dirgli che è il principale indiziato, a detta dei sopravvissuti.
Sarà un bel problema, riflette mangiandosi il ghiacciolo miracolosamente sopravvissuto, spiegare a sua madre e alla polizia come ha fatto il Manolo Market ad esplodere.
 
Adriana Rodríguez è nata dalla parte sbagliata del confine. 10 km e sarebbe stata una cittadina americana; El Paso non è New York e nemmeno Boston o Chicago, ma è comunque meglio di Ciudad Juárez — tutto è meglio di Ciudad Juárez.
Solo 10 km, 10 km di troppo.
Del Messico Adriana Rodríguez ha i colori, ma la determinazione, quella, è solo sua. A nove anni è stata una bambina intelligente, a sedici un'adolescente sveglia, a diciotto è stata molte cose contemporaneamente; avventata ed incosciente innanzi tutto, disperata, probabilmente innamorata e poi anche fortunata.
A diciotto anni ha tentato di passare due volte il confine; la prima, la polizia americana l’ha subito trovata e rispedita in Messico e la seconda c'è mancato poco che morisse. È stata a tanto così da diventare l’ennesima croce rosa, null’altro che un nome nel lungo elenco di ragazze scomparse che forse un giorno qualcuno avrebbe preso in mano e avrebbe letto al mondo.
«Hey» le ha detto allora l’uomo che poi l’avrebbe portata con sé in America «Oggi è il tuo giorno fortunato».
Ermes (così aveva detto di chiamarsi; come il dio?, aveva chiesto lei, come il dio, aveva risposto lui) le ha teso una mano e l’ha salvata quando il suo presente era fatto di turni massacranti nelle maquiladores e il suo domani un cumulo di terra smossa nel deserto di Chihuahua. Le ha restituito il futuro quando era certa di non averne più uno e le ha regalato una greencard comparsa come per magia; aveva mani da prestigiatore, Ermes, o forse da ladro, mani che sapevano accarezzare. Ha accettato ciò che l'uomo aveva da offrirle senza chiedere nulla (da dove viene lei, si impara velocemente che è meglio non fare domande) e lo ha ripagato come poteva: in una camera d'albergo e sullo sfondo la notte afosa di El Paso. Il mattino dopo di Ermes restava solo il conto pagato per altri tre giorni.
A diciotto anni è stata donna e subito dopo è stata una ragazza madre in una terra straniera e ora che ne ha ventinove le sembra di essere vecchia di secoli. Tra i capelli, nello sguardo e sulla pelle veste ancora i colori del suo paese ed è ancora determinata come quando è scappata da Ciudad Juárez, ma la vita l'ha inasprita: se mai ha avuto un lato dolce, l'ha perso molto tempo prima. Adriana Rodríguez adesso è dalla parte giusta del confine, ha due lavori e un appartamento. Ha le bollette da pagare e da crescere un figlio combina guai che solo quattro mesi prima ha fatto esplodere un supermercato.
Chris ha ereditato i colori scomodi di una terra che non ha mai visto e la lentezza di certi suoi compatrioti, quando il sole batte alto nel cielo e calare il sombrero sugli occhi un riflesso involontario. Ma Chris ha anche i tratti regolari e lo sguardo di suo padre, lo stesso modo di parlare, perfino lo stesso talento nello scassinare serrature. Adriana sa che per Chris la vita ha in serbo altro, qualcosa che lei non comprende appieno.
«E questo Campo è un luogo sicuro?» si informa, guardando dritto negli occhi l'uomo dall'aria caprina che annuisce con vigore. Quindi punta lo sguardo sul ragazzino alto e magro che le siede a fianco: ora tocca a te decidere, sembra dirgli, è giunto il momento di compiere le proprie scelte.
Non ci deve pensare molto, non ci deve pensare affatto: mezz’ora dopo è già per strada, uno zaino slavato sulle spalle e nella tasca dei pantaloni una vecchia foto della sua famiglia (solo lui e sua madre, un paio d’anni prima).
Dall’altra parte del finestrino il deserto di Chihuahua scivola alle sue spalle, mentre l’autobus lo conduce senza fretta fino a Dallas e da lì fuori dal Texas, sempre più a nord, sempre più lontano da casa.
Chris ha deciso di seguire quello strano signore che ora russa sul sedile accanto perché non ha niente di meglio da fare, perché in fondo sa di appartenere a quel mondo (di qualunque cosa si tratti), perché è l'unico modo che ha per aiutare sua madre.
 

02. Luky boy
 
Quando la vede la riconosce. Non ha mai incontrato Clarisse La Rue prima di allora e non sa ancora il suo nome, ma conosce il tipo di persona. Ha l'occhio allenato nell'individuare quelli come lei, anche questa è una strategia di sopravvivenza. In ogni scuola in cui è stato si è imbattuto in ragazzi come Clarisse La Rue: violenti, prepotenti, abbondanti di muscoli ma carenti di materia grigia.
Suo malgrado sorride. Il Campo Mezzosangue potrà pure essere un luogo speciale, abitato da semidei, satiri e ninfe ma certe cose non cambiano.
 
Dal momento in cui lo ha apostrofato "ragazzo fortunato", Chris sa di essere diventato la questione in sospeso di Clarisse La Rue. I lividi che sta collezionando da una settimana a quella parte parlano chiaro.
Va quindi contro il buon senso e ogni istinto di sopravvivenza importunare la semidea, ma Chris lo fa ugualmente. Tutte le volte in cui lei allunga la gamba mentre sta passando o gli regala un pugno, non può fare a meno di rialzarsi e risponderle a tono senza mai davvero perdere un sorriso ironico dalle labbra.
Nonostante l'occhio nero o il ginocchio sbucciato, trova divertente l'immagine di Clarisse che si allontana furiosa minacciando di morte chiunque incroci per sbaglio il suo cammino.
 
«Non durerai a lungo se continui così» gli dice Luke un pomeriggio, sedendosi al suo fianco ai bordi dell’arena con la scusa di riprendere fiato dagli allenamenti.
A due settimane dal suo arrivo al Campo e dalla sua sistemazione provvisoria nella Cabina 11, Luke è il figlio di Ermes che più gli sta simpatico e con cui ha legato subito — l'unico.
Chris non finge nemmeno di non aver capito, sa che sta parlando di Clarisse.
«Tu cosa suggeriresti di fare?» chiede allora, seguendo pigramente con lo sguardo gli allenamenti di alcuni figli di Atena tra cui c’è anche una ragazzina bionda che un po’ lo spaventa (sembra sapere sempre tutto) e che in quel momento ha disarmato un suo fratello senza troppa fatica.
«Di lasciar perdere qualsiasi cosa tu abbia in mente» risponde Luke, osservando anche le attività che vengono svolte nell’arena «Se hai qualcosa in mente».
Chris annuisce, in silenzio, considerando che quella è la soluzione migliore, l’unica soluzione. Per uno che quando non dorme e non mangia si sforza di rispettare una strategia di sopravvivenza, importunare Clarisse è davvero un controsenso e un suicidio.
Prima di alzarsi e lasciarlo al suo sonnellino, il figlio di Ermes però si volta e cerca il suo sguardo.
«Oppure potresti pianificare una strategia vincente e alla svelta. Scommettono sulla tua dipartita, sai?»
La cosa non lo stupisce affatto, lui stesso lo farebbe.
«E tu?»
«Io ho puntato dieci dracme su di te. Vedi di non farmi perdere».
 
Ci ha pensato (non troppo e non a lungo, ma ci ha riflettuto) e non sa perché continui ad importunare Clarisse; un po’ per noia forse e un po’ perché tra tutti i figli Ares è meglio essere presi di mira da lei. In ogni caso gli serve un piano d’azione, una strategia di sopravvivenza, ed è proprio Luke a dargli inavvertitamente l’idea: scommesse.
«Scommetto che non ce la fai a colpire quell'albero usando la mano sinistra», «Scommetto che non riesci a fare cento giri dell’arena di corsa», «Scommetto che non riesci a fare cinquanta flessioni con una mano sola», «Scommetto che non sai usare quell’ascia», «Scommetto che non ce la fai a mangiare tutti quei tacos».
La conosce da poco, ma è certo che Clarisse, incapace di ignorare una provocazione, gli darà molte soddisfazioni. Ha undici anni e ancora non lo sa, ma quella sarà una strategia vincente; scommetteranno su molte cose, compreso sul loro primo bacio.
 
«Clarisse ti cerca» lo avvisa uno dei ragazzi che come lui non è ancora stato riconosciuto dal proprio genitore divino e sparisce prima che Chris possa rispondergli. Con un colpo secco chiude il libro che stava svogliatamente leggendo e scende dalla sua amaca con un balzo vagamente atletico; a volte lui stesso si dimentica di essere affetto da AHDH.
Zigzagando tra i sacchi a pelo e le brande, esce dalla Cabina, con una luce incuriosita nello sguardo: fino ad ora è sempre stato lui a cercare la semidea.
Clarisse lo aspetta all'ingresso e ha la sua solita espressione torva da ho menato gente più grossa di te, ma in mano ha due spade. Appena lo vede gliene sbatte una al petto con un impeto tale da farlo barcollare.
«Tieni» abbaia, come se lui le avesse fatto qualcosa «Ci alleniamo».
Sebbene l'ambrosia abbia svolto il suo dovere aggiustandole le costole incrinate, Chris sa dove cercare e sul volto porta ancora i segni combattimento del giorno prima (quando si è messa in mezzo tra lui e due figli di Ares). È consapevole che è intervenuta solo perché nella sua distorta visione del mondo spedirlo in infermeria è una sua prerogativa (e perché ogni occasione è buona per dimostrare che è una degna figlia di Ares), però è intervenuta — è stata la prima ad aver mai preso le sue difese.
Chris sorride mentre accetta la spada e la segue.
 
«Pausa» chiede con un gemito di dolore «Ti supplico!»
«Un vero uomo non supplica mai» replica lei, stringendo maggiormente la presa e poi lasciandolo andare. Chris si sdraia di schiena a terra, incurante del terriccio che gli sporca i vestiti e si appiccica al corpo tanto è sudato.
«Sì, beh, dipende dalle situazioni» borbotta il ragazzo, gli occhi chiusi e le braccia aperte. Allenarsi con Clarisse equivale ad essere investiti da un treno merci, ripetutamente. Ormai non dovrebbero più sorprenderlo i muscoli infiammati e i dolori in tutto il corpo, è più di un anno che si sottopone a duelli con la semidea, eppure sente che non riuscirà mai ad abituarsi completamente a tutto ciò.
«Alzati, la ricreazione è finita» gli dice qualche minuto dopo, ponendosi tra il semidio e il sole. La sua ombra incombe minacciosa e se aprisse gli occhi è certo che le vedrebbe sul volto la sua solita espressione torva.
«Non ti stanchi mai, tu?» le chiede invece, deciso a tenere le palpebre abbassate — se le alzasse noterebbe un mutamento di espressione. Clarisse infatti sembra prendere sul serio la domanda.
«Come tutti» risponde, senza troppa convinzione in realtà. Perché lei non è come tutti, è una figlia di Ares: la stanchezza è una debolezza e la debolezza porta alla sconfitta. Nella sua vita c'è spazio solo per la vittoria e il successo, tutto il resto è superfluo.
Chris annuisce distratto e le fa cenno di distendersi accanto a lui.
«Dobbiamo allenarci» insiste la semidea e quando fa così assomiglia ad un disco rotto.
«Avanti, prenditi dieci minuti di pausa. Dimostra che anche tu ti stanchi come tutti».
«I tuoi dieci minuti sono un'ora» gli fa presente.
«Facciamo cinque allora» replica con un sogghigno.
«I tuoi cinque —».
«Sì, va bene, ho capito. Ora però ti stendi o ti sposti che mi copri il sole» replica sbrigativo. È una così bella giornata — anche se al Campo sono tutte belle giornate.
«Ma dobbiamo allenarci».
«Ci alleniamo dopo» le assicura continuando a tenere, imperterrito, gli occhi chiusi «Lo prometto».
Clarisse rimane in silenzio per qualche minuto, quindi il sole torna nuovamente a riscaldarlo e Chris sorride.
«E adesso?» gli chiede la semidea, la voce che proviene dalla sua destra.
«Chiudi gli occhi e ti riposi» ripete ancora.
«Stiamo perdendo tempo» ribatte lei nemmeno un minuto dopo, chiaramente non a suo agito stesa a terra con le mani in mano. Clarisse è una di quelle persone che necessita sempre di fare qualcosa, preferibilmente allenarsi dall'alba al tramonto.
«Rilassati, ti farà bene» replica nell'ennesimo tentativo di convincerla a restarsene buona.
«Se ci allenassimo —».
«Clarisse».
 
È Luke a fargli conoscere Vicky e a combinare il loro primo appuntamento, un pomeriggio in cui aveva promesso di aiutare Clarisse con la lucidatura degli scudi. A tredici anni, quattro dei quali passati al Campo, la semidea viene ancora trattata come una novellina dai suoi fratelli. Clarisse non ne parla molto, non ne parla affatto; si limita a svolgere i compiti che le vengono affidati e a scaricare la frustrazione nell’arena, senza mai chiedere aiuto. Era stato lui, infatti, in uno slancio di altruismo, ad offrirsi per la lucidatura. Però poi Luke gli ha indicato Vicky, gli ha detto che la semidea è interessata a lui e gli chiesto se quel pomeriggio fosse libero.
«Assolutamente sì» ha risposto senza pensarci un secondo di più. Solo un pazzo avrebbe rifiutato un'occasione del genere per passare il pomeriggio a pulire gli scudi della Cabina 5 con Clarisse.
Vicky lo porta dietro la rimessa delle canoe e lo bacia. Lui, il figlio di nessuno.
Chris ha quindici anni e quello è suo primo bacio. Sa di lucidalabbra alla ciliegia e ha il profumo dei pini; è così che dovrebbe essere la vita, pensa. Della promessa che ha fatto non resta nemmeno il senso di colpa, perché Vicky è morbida e la sua lingua gli sembra un buon motivo per dimenticare il proprio nome.
È quasi ora di cena quando ritorna alle Cabine e si ricorda di Clarisse. Mentre la cerca qualcuno si avvicina e si complimenta, la voce di ciò che è successo dietro la rimessa delle canoe è circolata velocemente. Chris ha quindici anni e pensa che quello sia il giorno migliore della sua vita: una ragazza lo ha baciato, gli altri semidei gli danno amichevole pacche sulla schiena e poco importa se suo padre non lo ha ancora riconosciuto – e sono passati anni da quando ha messo piede al Campo – una ragazza lo ha baciato.
Clarisse… Clarisse capirà o forse no, mentre la raggiunge non ci pensa troppo, non ci pensa affatto. E quando la trova, una pila di scudi lucidati e altri tre da fare, è sul punto di raccontarle tutto; sono amici, no?
Ha le parole sulla punta della lingua che premono per uscire, ma alla fine qualcosa lo trattiene. In silenzio si siede e inizia a lucidare uno degli scudi rimasti.
 
Quello dei suoi sedici anni è un anno ricco di avvenimenti: all’inizio dell’estate Clarisse viene nominata capo-cabina senza troppo entusiasmo da parte di tutti gli semidei (cosa che non le impedisce di essere raggiante in modo quasi inquietante) e subito dopo lui bacia Michelle con il risultato di mettere un po’ di ordine tra i suoi sentimenti, al Campo arrivano altri tre semidei (un figlio di Apollo e due indeterminati), Luke finalmente ottiene un’impresa ma quando torna non è più lo stesso di prima.
Suo padre, invece, chiunque esso sia (ed è opinione comune che si tratti di Ermes) non si fa ancora sentire. Ma questa non è una novità.
 

03. Betrayal
 
Abbandonare il Campo e seguire Luke non è difficile: è la scelta giusta. Gli dei cadranno (suo padre cadrà) e non ci saranno più semidei indeterminati, ragazzi come lui che giorno dopo giorno aspettano di essere riconosciuti fino a quando l’abitudine e la rassegnazione non prendono il sopravvento. È per se stesso e per loro e per tutti quelli che devono ancora venire (perché ci saranno sempre semidei in attesa di un segno) che lascia il Campo, che tradisce — ma è davvero tradimento quando tu per primo sei stato tradito?
È per tutto questo e perché più di ogni altra cosa Chris vuole sopravvivere.
Lasciare Clarisse, invece, quello è difficile, ma lo fa ugualmente.
 
I giorni sulla Principessa Andromeda sono giorni strani; Chris li vive come un sogno.
Stare dalla parte di Crono è la scelta giusta, si ripete, è l’unico modo per vedere l’Olimpo cadere e sopravvivere. Il resto sono effetti collaterali e gli effetti collaterali non lo riguardano.
Quando Luke (no, Crono) gli chiede (no, gli ordina) di scendere nel Labirinto, Chris obbedisce.
Sei sicuro di quello che fai?
 
Mary ha sedici anni e viene dall'Illinois. Ha un bel sorriso, capelli biondi e occhi verdi ed è un po' indisponente; potrebbe essere una figlia di Afrodite. Luke (no, Crono) le ha ordinato di affiancarlo, saranno in due ad esplorare il Labirinto. A Chris non cambia nulla, a lei nemmeno.
 

04. Into the madness
 
All'inizio il Labirinto è una versione in scala reale di Dungeons and Dragons e Mary è una Lara Croft bionda.
Procedono in fila indiana e ognuno tiene per sé i propri pensieri, stando attenti a non azionare accidentalmente trappole e tenendo le mani sull’elsa della spada.
 
Non ha paura, non ancora, ma la sensazione che prova è quella di essere osservato e la cosa non gli piace. C'è troppo silenzio in quel corridoio.
«Non ti ho mai visto al Campo».
La voce rimbalza sulle pareti per qualche secondo e non ottiene risposta.
«Me ne ricorderei se ti avessi visto» ritenta, nella speranza di allentare l'inquietudine, ma viene frainteso.
«Tentativo di abbordaggio fallito» replica lei, precedendolo di qualche passo.
 
Sotto il peso dello scarpone di Mary, la trappola scatta con un cigolio che non viene nemmeno udito. Chris però ha i riflessi allenati da anni di lotte con Clarisse e quando l'ascia cala dall'alto è rapido ad afferrare la semidea per la vita e a toglierla dalla traiettoria dell'arma. Rotolano a terra, mentre l'ascia oscilla sopra le loro teste con un sibilo secco.
 
Da quando l'ha salvata, Mary è un po' meno indisponente e più incline al dialogo, così Chris scopre che è una fan dei White Sox e che Luke l'ha trovata prima dei satiri. Il Campo non l’ha mai visto e nemmeno ne è interessata e inaspettatamente lui si ritrova a pensare che è un peccato; in fondo non è poi così male come posto. Ma tiene per sé i propri pensieri e li accantona in un angolo della mente per non rifletterci troppo: non è né il luogo né il momento.
Lì sotto ci sono trappole, mostri e ancora trappole, poi altri mostri: quel dannato Labirinto è un inferno e Chris continua ad avere la sensazione di essere osservato.
 
«Avanti, lei chi è?»
Mary alza lo sguardo dalla sua barretta energetica e rompe il silenzio con cui stanno consumando la cena spartana del sesto (o forse decimo) giorno. Hanno perso la cognizione del tempo e dopo l’ennesimo incontro con un mostro anche parte delle loro provviste.
«Non c'è nessuna lei» risponde con lentezza Chris, senza guardarla, ripulendo la lama del proprio pugnale.
«Sei un pessimo bugiardo» ribatte e le iridi azzurre non lo perdono di vista nemmeno per un secondo, scrutandolo a fondo.
«Si chiama Clarisse» ammette il ragazzo dopo qualche minuto di silenzio, chiedendosi cosa lo abbia tradito. Non ne ha mai parlato, non ha mai accennato a lei. Quindi forse è qualcosa che non ha fatto.
«E com'è? Bella?» insiste Mary, accartocciando l'involucro della barretta energetica. Il tono non sembra né arrabbiato né geloso, solo incuriosito.
«È una figlia di Ares» risponde stringendosi nelle spalle. Non ha voglia di parlare di Clarisse; parlare di lei significa ricordare che ora sono nemici, che lui ha lasciato il Campo e lei non lo ha seguito — fa male.
«E quindi?»
Chris ricorda che non è mai stata al Campo, che non ha idea di come sia la progenie del dio della guerra.
«È violenta» spiega sbrigativamente «E arrogante».
«Ti piace una così?» chiede allora Mary con aria scettica. Sta sicuramente pensando quello a cui pensano tutti quando scoprono che lui e Clarisse sono – erano – amici: come fai a stare con una così, come fai preferire lei a me?
«Non è poi così male se la si conosce» replica laconico, evitando di spiegare che per arrivare a conoscerla prima bisogna passare per qualche osso rotto e che anche dopo, comunque, non va poi molto meglio.
Mary annuisce anche se non sembra molto convinta e prima di coricarsi accanto ad una colonna spezzata gli chiede solo lei ricambia.
Chris scuote il capo e in quel momento si sente vecchio e stanco, solo.
«Clarisse non sa».
 
«Troppo lento, Rodríguez».
Il sorriso con cui gli si rivolge si trasforma in una smorfia di dolore mentre scivola a terra tenendosi con le mani l’addome.
C’è sangue ovunque, sui suoi vestiti, sulle sue mani e loro hanno finito l’ambrosia ancora due giorni prima (o forse era un mese fa?).
La aiuta a tamponare la ferita e cerca di fermare l’emorragia, ma la vita della semidea corre veloce e scivola vischiosa sulle pietre del Labirinto.
Chris è disposto a fare qualsiasi cosa, ma Mary ha una sola richiesta e gli assicura che non è una cosa difficile da soddisfare: ha sedici anni, è una bella ragazza eppure non ha mai baciato un ragazzo. Sorridono entrambi, ma non è divertente. Perché ha sedici anni, è una bella ragazza e sta morendo.
Improvvisamente Chris non vuole più soddisfare la sua richiesta. Il suo primo (e ultimo, ma non ci vuole pensare) bacio non dovrebbe essere così, non dovrebbe essere lui. È tutto sbagliato. Ma Mary lo fissa dritto negli occhi, lo sguardo appannato e una mano a tamponare una ferita che se la sta già portando via.
Si china su di lei.
«Mi dispiace non essere abbastanza attraente» scherza ma non c'è divertimento nella voce o nello sguardo.
«Non sei poi così male» gli concede con una smorfia di dolore.
Appoggia le sue labbra sulle sue.
Ha già baciato altre ragazze (Vicky dietro la rimessa della canoe e Michelle sulla spiaggia), ma non ha mai baciato qualcuno con le labbra sporche di sangue e la morte nel respiro. È una cosa che non avrebbe mai voluto dover fare.
 
Mary ha sedici anni, viene dall'Illinois, ha un gatto di nome Danaerys che ha lasciato a casa di sua madre. Le piace guardare telefilm, da grande vorrebbe fare la giornalista e visitare la Tailandia, ma ha un piano B perché tutte le ragazze sveglie hanno un piano B e lei è decisamente una ragazza sveglia; il suo piano B è aprire una pasticceria e visitare in ogni caso la Tailandia. Mary ha anche un colore preferito (l'azzurro) e un cibo preferito (il gelato) ed è morta. Niente Tailandia per Mary.
 
È solo e non si vergogna ad ammettere che ha paura. Ha una paura fottuta perché quel posto è l'inferno e solo un'idiota non ne avrebbe. O forse Clarisse. Molto probabilmente lei avanzerebbe decisa, eliminando ogni cosa che oserebbe ostacolare il suo cammino, e gli direbbe che è un codardo e un traditore, quindi lo ucciderebbe.
Sa che non è il momento di pensare alla semidea, ci sono un sacco di trappole e di mostri e solo gli Dei sanno che altro: ogni passo potrebbe costargli la vita, non può permettersi di distrarsi. Il pensiero però corre a Clarisse, alla sua voce, al modo in cui impugna la lancia e lucida le armi, al luccichio nello sguardo quando parla di ciò che le piace, alle loro sfide — al loro bacio rimasto in sospeso.
Non la rivedrà più, non è così?
Chris avanza nell'oscurità tenendosi stretto il ricordo di Clarisse.
 
La pazzia arriva piano, si fa strada in lui lentamente; striscia sui muri e sussurra alle sue orecchie. È un incubo che diventa realtà. Sono mani che lo afferrano e lo portano giù, sempre più giù, dove non c'è luce, dove non c'è salvezza.
Nel Labirinto la follia ha forme e nomi, è fatta di fantasmi e scheletri, di ombre e quando ha finito con lui, Chris non ricorda nemmeno il suo nome.
 
Quando Clarisse lo trova, di Chris non è rimasta nemmeno l'ombra del ragazzo che è stato. È pallido e sporco, ha sangue sui vestiti e nello sguardo il nulla, ma rannicchiato nell'angolo non la smette di gridare. Grida, grida, geme, piange, si contorce, si conficca le unghie nella carne, grida. Clarisse vorrebbe sbagliarsi, ma è lui, non ci sono dubbi: sotto la sporcizia e dietro l'aria stravolta c’è Chris — e allo stesso tempo non c’è.
La sua voce spezzata riecheggia nel silenzio di quel corridoio come unghie su una lavagna e si perde nel Labirinto, amplificandosi, svegliando cose.
Dopo tanto tempo, Clarisse ha di nuovo paura.
 
Jaqueline — Jack — La Rue sta uscendo per andare al poligono quando trova sua figlia alla porta. Non la vede da più di un anno e non ha un bell’aspetto, ma non fatica a riconoscerla.
«Ho bisogno del tuo aiuto» le dice, guardandola dritta negli occhi. Nessun ciao come stai mamma, ti sono mancata mamma, scusa se ti disturbo mamma, scusa se non mi faccio mai sentire mamma.
La donna annuisce e la fa entrare, chiudendo a chiave la porta dopo aver controllato che sul pianerottolo non ci sia nessuno.
«Mettilo sul divano e prendi le coperte nell'armadio» ordina, conservando il sangue freddo. Sua figlia, invece, per quanto si sforzi di non darlo a vedere e cerchi di restare calma è angosciata, le mani scosse da un leggero tremito. Jack è un poliziotto e comprendere i legami delle persone fa parte del suo lavoro, ma se anche non fosse una detective della omicidi sarebbe in grado di dire che il ragazzo che ora giace deperito nel suo salotto non è un estraneo. È un amico e forse è anche qualcosa di più.
Mentre cerca di farlo bere spera che da qualche parte un dio misericordioso abbia pietà di lui e di sua figlia. Dalla pazzia e dall’amore non si guarisce.
 
«Io devo tornare al Campo e fare rapporto» le dice Clarisse dopo essersi rinfrescata il volto, pronta per ripartire. Esita un secondo, quasi non si nota, ma Jack è brava con i dettagli e le cose che gli altri non vedono. «Verrò a riprenderlo, ma nel frattempo puoi prendertene cura tu?»
La donna annuisce e poi aggiunge: «Ricorda: i tempi duri passano».
«I duri no» completa Clarisse prima di chiudersi la porta alle spalle.
Chris si riprenderà e lei lo perdonerà, ma questo loro ancora non lo sanno.
 
Clarisse si è ripromessa di odiare Chris, ha giurato che se avesse avuto modo di rivederlo lo avrebbe ucciso personalmente perché anche se non lo dice, credeva di essere abbastanza per lui, una motivazione sufficiente per restare.
Sa perché si è schierato con Crono; non ne hanno mai parlato molto, ma è sempre stata a conoscenza del risentimento che Chris nutre nei confronti di suo padre e di tutti gli dei. Ma sono — erano — amici, lo aveva detto lui, e Clarisse credeva — sperava — che questo bastasse.
Ed ora è arrabbiata e ferita e, soprattutto, ha Chris davanti a sé: vorrebbe dirgli che lo odia, che non sono più amici e vorrebbe picchiarlo.
Ma non può.
Perché c'è Chris davanti a lei, eppure è come se non ci fosse. Quel ragazzo non è Chris, eppure lo è. Il Labirinto se lo è mangiato vivo.
Perché Chris non la riconosce e questo fa dannatamente male, più del tradimento.
Clarisse vorrebbe davvero essere arrabbiata, ma non può, non ce la fa. Ha le sue urla nelle orecchie e no, proprio non ce la fa. Seppellisce la sua rabbia in fondo al cuore, la ingoia insieme al dolore.
 
I tempi duri passano, i duri no.
Ma Chris non è mai stato un duro. È stato tante cose — pigro e al tempo stesso incosciente, avventato, gentile, sfrontato — ma duro, quello mai. Chris ha la fragilità dei bambini sperduti e dietro il sorriso ironico l’aria malinconica dei bambini dimenticati.
E lei? È davvero così dura, così forte? Non ha il tempo di rispondersi: la guerra la reclama.
 

04. Heal my wounds

La battaglia ha lasciato dietro di sé distruzione e stanchezza, un’infermeria piena e una catasta di armature ammaccate. Sarebbe potuta andare meglio, sarebbe potuta andare peggio — si sarebbe potuta evitare, forse.
Mr D. non ha interesse per i festeggiamenti di un Campo che non ha mai voluto gestire (gli manca sua moglie e ora gli manca pure un figlio) ma la Casa Grande non offre alcuna distrazione, gli sembra anzi ricordare ciò che perso. Sta per uscire quando si accorge del ragazzo pelle e ossa, più incubi che carne e anima.
«Non sei messo bene» commenta squadrandolo «Non vedevo qualcuno preso come te dai gloriosi tempi di Tebe».
Il ricordo di Penteo sembra ringiovanirlo e allontanare le ombre dal suo volto.
«Suppongo di dover fare qualcosa, non è vero?» continua, agitando svogliatamente la mano sulla fronte del semidio «Ecco, all’inatteso un dio apre la via e bla, bla, bla. Molto meglio, no?» chiede, mentre il ragazzo inizia a riprendere conoscenza «No, non ringraziare».
 
«Clarisse?»
Quando la semidea si volta, Chris ha il tempo di leggere un miscuglio di emozioni contrastanti nel suo sguardo prima di essere stretto in un abbraccio spacca ossa. Preso alla sprovvista esita qualche secondo, poi congiunge le braccia dietro la sua schiena e inspira il suo profumo — fumo e sapone, ferro: è a casa.
Passano il resto della serata a cantare canzoni davanti al fuoco e quando le prende la mano, lei non si sottrae.
 
Ogni azione ha una conseguenza, Chris ne è consapevole e la attende. Non sa nemmeno lui cosa aspettarsi in realtà, questa volta l’ha combinata grossa e ha rischiato di morire. Se è sopravvissuto, è solo perché in fondo è un ragazzo fortunato.
E mentre Clarisse non ne parla, lui non fa altro che pensarci. Così passano lenti i giorni della ripresa, mentre il Campo si rimette in piedi e Percy Jackson cerca un modo per salvarli tutti possibilmente senza rimetterci la pelle.
È in uno di quei giorni che suo padre lo riconosce. Ha atteso per anni quel momento e quando finalmente accade non sa nemmeno lui cosa pensare. Credeva si sarebbe sentito diverso, meglio. La verità è che la sua vita non cambia poi molto, non cambia affatto. Lo sapevano tutti, al Campo, che era un figlio di Ermes. Lo sapeva perfino lui; chissà se mamma ne era a conoscenza, si chiede invece.
Credeva sarebbe stato felice, credeva che avere un padre a cui rivolgere le preghiere avrebbe risolto ciò che c'era da risolvere nel suo cuore.
Il sorriso che gli attraversa il volto, invece, ha il sapore amaro di chi sente di aver perso anche se ha ottenuto quello che vuole.
 
«Cosa avresti fatto se ci fossimo incontrati sul campo di battaglia?» gli chiede un pomeriggio. Sta lucidando una spada e lui la sta osservando, riposando pigramente all'ombra di un pino.
«Ma non è accaduto» ribatte prontamente, raddrizzandosi. Fino ad ora Clarisse ha evitato di parlarne e il fatto che abbia deciso di affrontare l'argomento in quel momento basta ad allarmarlo. Senza contare che ha per le mani una spada e non ci sono testimoni nei dintorni.
«Cosa avresti fatto?» insiste, lucidando con più energia, lo sguardo puntato a terra.
«Mi sono schierato con Crono per Luke e per tutti quelli come me, che non sono stati riconosciuti» inizia lentamente Chris, scegliendo con cura le parole «Non ho mai voluto combattere contro di te. Se ci fossimo incontrati, tu mi avresti attaccato e io sarei scappato» spiega e poi cerca di sdrammatizzare, ma il sorriso con cui accompagna le parole è debole «Non sembra, ma ci tengo alla mia vita e allo stesso tempo non voglio ferirti».
Ma lo hai fatto, mi hai ferita. Clarisse non lo dice, il silenzio parla per lei.
«È vero, ti avrei attaccato» replica dopo un po', smettendo di lucidare la spada ma continuando ad impugnarla «Hai tradito il Campo, ti sei unito a Crono, hai attaccato la mia casa, i miei fratelli, ci hai dichiarato guerra» elenca e più la lingua si scioglie, più stringe la presa sull'elsa «Sì, ti avrei attaccato e avrei continuato a farlo fino a quando non ti avrei sconfitto» fa una pausa e finalmente lo guarda negli occhi «Ma sono felice di non averlo dovuto fare».
 
Prima ancora di aprire gli occhi, Chris sa che a tirargli un calcio è stata Clarisse; è l'unica a conoscere i suoi luoghi preferiti per schiacciare un pisolino ed è l'unica a usare i piedi (o le mani) al posto delle parole.
Apre pigramente gli occhi, valutando le possibilità che ha di tornare a riposare, ma la semidea se ne sta in piedi davanti a lui e ha in mano due spade, segno che il tempo per i sonnellini pomeridiani, per quel giorno, è finito.
«Alzati» gli ordina e suo malgrado Chris si ritrova ad obbedirle e a tenere in mano una delle armi. Si mette in posizione senza troppo entusiasmo e, soprattutto, senza molta voglia; Clarisse lo nota, ma attacca senza risparmiarsi.
Il suo colpo viene parato all'ultimo secondo e così anche il successivo. Chris perde terreno ad ogni affondo e la semidea non è per niente felice della qualità del duello.
«Ti sei per caso rammollito?!» sbraita quando l'arma del ragazzo vola alle sue spalle «Una vacanza tra le file di Crono e ti dimentichi di come si tiene in mano in spada?! O guarendoti Mr. D ha rimosso le tue già scarse conoscenze in materia?!»
Chris non ha davvero voglia né di combattere contro Clarisse né di sentirla sbraitare. Vorrebbe solo... Non lo sa nemmeno lui cosa vorrebbe, in realtà. Riposare, forse. Oppure essere dimenticato e scomparire dalla faccia della terra. Magari essere morto come Mary — ma non è un bel pensiero, soprattutto perché si era ripromesso che avrebbe vissuto: per lei se non per se stesso. Quindi forse semplicemente vorrebbe che Mary non fosse mai morta, che Crono non li avesse mai mandati nel Labirinto, che Luke non avesse mai tradito il Campo, che loro padre non fosse un dio, che molte cose fossero più semplici. E che Clarisse la smettesse di cercare lo scontro — ma in fondo lo sa, che non è colpa sua. Che quello è l'unico modo che conosce, l'unico che le abbiano mai insegnato per rapportarsi con gli altri.
La mano di Chris scatta fulminea ed è così strano vederlo muoversi velocemente, vederlo reagire ed attaccare. Un'altra persona, probabilmente, non aspettandosi nulla del genere, verrebbe colta di sorpresa. Clarisse no, Clarisse ha i riflessi allenati ed è stata addestrata a non abbassare mai la guardia, Clarisse lo vede arrivare ed è rapida a reagire al suo tentativo di disarmo.
La spada finisce comunque a terra e nel suo sguardo Chris legge una nota di fugace nota di sorpresa — cosa stai cercando di fare?
La conosce abbastanza da sapere che ora si aspetta un duello corpo a corpo e sa — sanno — che in uno scontro del genere, contro gli anni di judo e poi quelli di addestramento al Campo, non ha speranze.
Ma Chris non ha intenzione di ingaggiare un corpo a corpo, non ne ha mai avuta, come non voleva all'inizio combattere — non poteva lasciarlo riposare?
«Se credi di potermi battere» inizia lei, ma il ragazzo la interrompe e sul volto ha un'espressione seria che la allarma.
«Nulla del genere» conferma, evitando all'ultimo secondo un pugno «Intendo dirti che mi piaci» rivela con tranquillità e all'improvviso è sereno; forse quello che voleva davvero era semplicemente liberarsi di quel segreto «Che mi piaci molto».
Clarisse lo guarda confusa e non fa in tempo a reagire che Chris la bacia. È un contatto rapido, ma ha l'effetto di pietrificarla. Non è come quel bacio che lei gli ha dato per scommessa e nemmeno uno di quei baci appassionati che i ragazzi più grandi si scambiano, è solo un bacio a stampo ma è qualcosa di nuovo e inaspettato per la figlia di Ares.
Potrebbe approfittarne e atterrarla; Chris è consapevole che un'altra occasione del genere non gli capiterà mai. Decide invece di allontanarsi lentamente e infine andarsene.
 
Clarisse lo evita da tre giorni. La prima notte si è rigirato nel letto maledicendo la sua abilità nel dire e fare le cose sbagliate al momento sbagliato, poi ha considerato che se lo ha perdonato per essersi unito a Crono, lo perdonerà anche per quello — tanto più che se l'é cercata. Se lo avesse lasciato riposare non sarebbe successo niente del genere.
La mattina del quarto giorno, infatti, Clarisse lo affronta. Gli si avvicina con aria decisa, ma appena apre bocca conferma le sue scarse doti oratorie, motivo di innumerevoli risate anni prima, mentre imparavano a conoscersi.
«Tu... Tu mi hai...»
«Baciata» completa. Tiene le mani in tasca e appare rilassato, perfettamente a suo agio.
«E hai detto che ti... Che ti... Sì, insomma, tu...»
«Ho detto che mi piaci. Molto».
Le orecchie e il collo di Clarisse avvampano ed è così singolare vederla arrossire per qualcosa che non sia rabbia.
«Perché? Voglio dire: perché ora, perché mi hai detto quella cosa e hai fatto quell'altra cosa proprio adesso?»
«Se hai finito con la fiera degli aggettivi dimostrativi —».
«Seriamente, perché?» lo interrompe e nonostante l'imbarazzo lo guarda negli occhi.
«Deve per forza esserci un motivo? Non puoi semplicemente accettare la cosa?»
«In guerra niente accade per caso e —» inizia, ma questa volta è lui a interromperla.
«L'amore non è come la guerra» fa una pausa «O forse sì, suppongo che per te l'amore sia solo un'altra battaglia da vincere».
 
Impreca tra sé e sé, inoltrandosi tra gli alberi.
Non sa cosa gli stia succedendo. Perdere la pazienza è sempre stata una prerogativa di Clarisse; della coppia (perché sono sempre stati una coppia, solo di amici forse, ma pur sempre una coppia; un duo, loro contro tutti) quello calmo e ponderato è lui. È a Chris che spetta il compito di calmarla, di farla ragionare, di compensare con la pigrizia l'incapacità della semidea di starsene buona. In tutti quegli anni non ha mai perso la pazienza con lei e ora all'improvviso si ritrova a volerla strangolare.
Baciarla gli era sembrata un'ottima idea, ma come al solito le sue idee alla lunga non si rivelano mai molto brillanti.
All'inizio diventare amico di Clarisse era sembrato un buon piano, all'inizio schierarsi con Crono era parsa la scelta migliore.
È arrivato al punto in cui le sue stesse decisioni lo sconcertano. Di lui hanno sempre detto che è un ragazzo sveglio ma svogliato, ma inizia a credere che forse lo hanno sopravvalutato; svogliato, pigro lo è sempre stato, su quello non c'è dubbio, ma sveglio?
Seguire Crono non si è rivelato intelligente. Baciare la sua migliore amica, la sua unica amica, non è stata una mossa furba.
All'improvviso la sua intera vita gli sembra una sequela di errori e tutto perché Clarisse è Clarisse e non capisce. Non gli ha mai dato fastidio che la semidea non comprendesse, ma ora, in quel preciso istante, lo fa sentire arrabbiato e frustrato e non è abituato a sentirsi in quel modo. Di solito le cose gli passano attraverso, sono poche quelle che rimangono e nell'ultimo periodo gli sono successe un bel po' di cose che non se sono andate — che sono rimaste incastrate da qualche parte all’altezza del petto.
Non gli ha mai creato problemi essere innamorato della propria migliore amica, eppure ora vorrebbe quasi che le cose fossero diverse.
 
Quando gli afferra il colletto della maglia crede che voglia tenerlo fermo per tirargli un pugno e di riflesso (quante altre volte ha vissuto quel momento?) chiude gli occhi. A cozzare invece sono le loro bocche e quando Chris se ne rende conto si affretta ad abbracciarla. Forse sta sognando, forse Clarisse ha solo sbagliato mira, in ogni caso non intende lasciarla andare.
«Cosa stai facendo?» chiede lei aggressivamente e Chris capisce immediatamente che è agitata e forse anche un po’ spaventata «Perché mi stai guardando? Perché stai sorridendo?»
«Taci, La Rue» replica e la bacia — un vero bacio.
 

05. This is war
 
I primi giorni dopo la battaglia del Labirinto e la pazzia, sono forse i migliori che abbia mai vissuto. Poche settimane vissute con l’intensità di una vita, baci rubati dietro le Cabine e il sorriso di Silena ad accompagnare le litigate e le sfide.
Chris ha sempre saputo che non sarebbe potuta durare ma ci sono stati momenti, momenti bellissimi e luminosi, in cui ha pregato perché così non fosse, perché Clarisse continuasse a tenere la spada riposta nel fodero, perché il sorriso di Silena non si incrinasse mai.
La morte di Charlie si è invece prepotentemente fatta avanti, spazzando via ogni risata e ricordando che loro sono semidei e che lì fuori c’è una guerra e che ad iniziarla è stata suo fratello — che non è più suo fratello ma allo stesso tempo lo è, perché il ricordo di Luke (di ciò che Luke ha significato per lui) è difficile da cancellare.
«Che senso ha proteggere il Campo se gli altri dovessero morire» le dice «Tutti i nostri amici sono lì».
Clarisse gli rivolge uno sguardo furente, carico di rabbia e risentimento.
«Inizia la pattuglia» sibila e Chris sospira, seguendola.
 
L’ha vista combattere innumerevoli volte, affrontare avversari più grandi e forti di lei, ma questo… Questo è oltre — questa è la guerra e Clarisse sembra nata per combattere i mostri e vincere. Anche senza armatura e lancia, la figlia di Ares è un demonio: si abbatte come una furia sulle schiere nemiche e colpisce, colpisce, colpisce.
Per quanto riguarda lui, lui beh, decisamente non è un eroe. Non ne ha la stoffa e la scelta di unirsi a Crono lo ha dimostrato; è un traditore. Peggio ancora, Chris è un sopravvissuto.
«La seguo io. Si stancherà, farò in modo di portarla al sicuro».
Chris Rodríguez non è un eroe e non aspira ad diventarlo, è uno spadaccino mediocre e quello è il momento di smetterla di sopravvivere e di vivere, sia anche solo per un momento. È il momento di fare la cosa giusta.
 
Clarisse lo raggiunge davanti al falò che brucia nella notte. Alle loro spalle il Campo è in festa: hanno vinto. Crono è caduto, l’Olimpo è salvo e la guerra, il sangue, i morti sembrano così lontani mentre la musica dei satiri risuona nell’aria. Sono un capitolo chiuso, sono già leggenda.
«A Silena» propone Chris, alzando il bicchiere mezzo vuoto. A chi non ce l'ha fatta.
Clarisse osserva le fiamme in silenzio per qualche altro secondo, quindi alza anche il suo.
«A Luke».
   
 
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