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Autore: PaladinaBianca    12/11/2014    1 recensioni
Prendete un’anatra, recatevi in una grotta sperduta;
poi strappatele una penna.
Ha starnazzato?
Se non ha starnazzato, evidentemente è un’anatra mutante;
recatevi nuovamente al fiume e cercate di acciuffarne un’altra.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: William Herondale
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Count the ducks, William.




Per secoli, abbiamo creduto che il verso emesso dalle anatre non producesse eco.

Prendete un’anatra, recatevi in una grotta sperduta; poi strappatele una penna.
Ha starnazzato?
Se non ha starnazzato, evidentemente è un’anatra mutante; recatevi nuovamente al fiume e cercate di acciuffarne un’altra.
Se ha starnazzato, beh, avete sentito l’eco rimbombare fra le pareti di roccia?
Strappatele un’altra penna; concentratevi.
Adesso? L’avete sentito?
No.
Molto bene.
Smettetela di torturare quella povera anatra e fate attenzione; inizia la storia.
 


Sotto il cielo lattiginoso, William Herondale camminava nei pressi del fiume.
Dietro il suo sguardo impenetrabile avrebbero potuto celarsi le risposte ai problemi dell’universo; peccato che nessuno avesse ancora avuto il coraggio di reggere il contatto con i suoi occhi per più di mezzo secondo.
In particolare, quella sera, il giovane era pensieroso; e quel fatto gli conferiva, come sempre, una maschera di gelo abbastanza inquietante.
 
Will, quando hai un problema, conta le anatre.
 
Come posso contarle, Jem? Sono esseri malvagi. Solitamente tendo ad evitarli; il massimo che mi concedo, se una di loro si azzarda ad avvicinarsi troppo, è di colpirla con un sasso. O, di solito, con più sassi.
 
Jem aveva sorriso, senza replicare.
Si era limitato a ripetere, prima di uscire dalla stanza, conta le anatre, Will.
 

Quella sera, William Herondale di problemi ne aveva fin troppi.
Incatenati nel suo cervello, si rifiutavano anche solo di provare a liberarsi.
Non se ne volevano proprio andare.
 
Forse per quello si era recato al fiume: nella speranza di vedere le anatre.
Jem era il suo parabatai; poteva azzardarsi a credergli anche riguardo alle cose più assurde.
In quel caso, avrebbe dato almeno una possibilità a quel vecchio consiglio inutile.
Non aveva mai creduto che contare potesse aiutare a calmarsi.
 

Dopo pochi minuti, ecco arrivare la prima anatra.
Un brivido di repulsione gli corse lungo la spina dorsale.
Will rise di se stesso: nemmeno con i peggiori demoni gli era capitata una cosa simile.
Demoni. La verità è che probabilmente era stanco di combatterli, quei demoni.
Sì, la battaglia era la sua vita. Ma lo sarebbe stata, se le cose fossero andate diversamente?
Forse voleva solamente uccidere, sfogare il proprio dolore.
Forse i veri demoni contro cui avrebbe dovuto combattere erano altri.
Ed erano dentro di lui.
 

Allontanò prontamente quei pensieri, ed ecco giungere la seconda anatra.
Nuovamente, provò l’impulso di scagliarle addosso qualcosa.
Diamine, questo fiume è un accampamento.
Forse vi erano intere famiglie di anatre, nascoste fra i sassi.
Famiglia. Tutti avevano una famiglia.
Will ripensò ai suoi genitori, a sua sorella.
Ed, infine, pensò anche a Charlotte, a Henry, a Jem.
A tutti coloro che erano diventati la sua seconda casa.
Anche uno come lui, alla fine, poteva avere una famiglia da amare e dalla quale essere amato.
Non era solo, anche se si sentiva tale, sempre più spesso.
E, sapere che la colpa era soltanto sua, del suo comportamento, lo faceva sentire sempre peggio.
Ma doveva resistere, e lo sapeva.
 

La terza anatra giunse pochi minuti dopo; sembrava di fretta.
Un’anatra in ritardo, o forse in fuga.
Will si guardò intorno, sperando, quasi, di vedere un altro cacciatore di anatra sulla sponda del fiume.
Invece era solo, immerso nella luce del tramonto.
Era lui che fuggiva dagli altri, come quell’anatra?
O forse erano gli altri che fuggivano da lui, che cercava invano di inseguirli?
No. Si convinse della prima ipotesi, con crescente sconforto.
Sapeva di essere costretto a fuggire, ma adesso sapeva di non essere comunque solo.
Era pur sempre un passo avanti, si disse.
 

Mentre la terza anatra spariva dietro un cespuglio, a filo d’acqua, ecco apparirne una quarta.
Sembrò guardarsi intorno, spaesata. Forse, in cerca di qualcosa.
O di qualcuno.
Dopo pochi secondi, la terza anatra uscì dal suo nascondiglio, avvicinandosi.
Non posso credere a quello che vedo.
Le due anatre si allontanarono insieme, lentamente.
Pronte a creare un esercito di anatroccoli da inviare alla conquista dell’universo.
Will sorrise, soprapensiero.
Tessa.
Nonostante tutto, non riusciva a togliersela dalla testa.
Evidentemente doveva importargliene parecchio di lei, se perfino una stupida anatra riusciva a ricordarle il suo viso.
Ma a lei importava forse di lui?
No, non riusciva a rispondere a quella domanda.
Non le aveva dato abbastanza tempo, forse, occupato com’era a rinforzare la sua corazza d’odio.
 

Mentre la luce si faceva sempre più rada, William Herondale si allontanò finalmente dal fiume.
Quattro anatre, come le quattro lettere del mio nome.
Will.
Ridacchiò, a quel pensiero così stupido; da bambini.
Però le aveva contate, quelle anatre.

Grazie Jem.
 

Non era il fatto di contare, capì.
Non era nemmeno il numero delle anatre, per quanto invitante, come coincidenza.
Era la paura.
Era stato così occupato a controllare la sua fobia, che non aveva rimuginato troppo sui propri pensieri.
Non si era chiesto se fossero sbagliati, se fossero immorali, o privi di senso.
Li aveva semplicemente colti; e aveva capito qualcosa di più su se stesso.
 
Quando giunse all’Istituto, William Herondale sapeva cosa fare.
 

In realtà, il verso dell’anatra l’eco lo produce eccome.
E’ solo un timbro difficile da percepire per l’orecchio umano.

Magari, questo, non diciamolo a Will.
Lasciamo che continui a credere che le anatre siano esseri sovrannaturali, pericolosi e pronti a uccidere chiunque pur di conquistare l’universo.
   
 
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