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Autore: PaladinaBianca    12/11/2014    3 recensioni
Crollato tutto.
Loro due immersi nel nulla.
Un falò, una scia, poche parole.
*Klaroline*
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Klaus
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Bagliori e ombre gli sfrecciavano attorno.
Aghi di pino e spazi vuoti.
Un universo di luci e tenebre, tra loro dipendenti, in equilibrio.


(Farfalle Nere, Tara Bray Smith)
 
 



Don’t understimate the allure of Darkness.
Even the purest hearts are drawn to it. 

 
La notte era tranquilla, silenziosa.
La strada deserta ne era invasa: le ombre si addossavano alle abitazioni, lanciavano sguardi indiscreti attraverso le ante socchiuse, strisciavano nei vicoli lerci.
L’oscurità si fondeva con i vetri delle automobili spente, si avvinghiava attorno al collo di quell’ultimo passante, solo.
Da un unico luogo, una semplice particella dispersa tra gli ingranaggi che governavano il mondo, le ombre avevano imparato a tenersi alla larga. 
La casa del lupo. Letteralmente.
Perché ogni ombra ha bisogno della sua luce, per esistere.
L’oscurità è assenza.
Invece, in quella casa, fuori dalla sua porta, tra gli steli d’erba del giardino. Lì, il buio era completo.
Nemmeno la luce della luna, era invitata a bagnare quel viottolo. 
Non si ammettevano eccezioni.
Un grido muto avvolgeva il territorio del capobranco.
 
Una spalla svogliatamente appoggiata allo stipite della porta.
Lo sguardo perso nella giovane notte, fuori.
Il giovane si avvicinò alla finestra.
Passi lenti, misurati, calcolati.
Nella sua vita, tutto era sempre così: perfetto.
Sempre un passo avanti alla vita. E anche alla morte.
Programmava la sua esistenza con meticolosa pigrizia, annoiandosi.
In fondo gli dava piacere, tirare i fili.
Seduto, da buon mastro burattinaio, dall’alto del suo scranno di fuoco, osservava il mondo camminare.
Contava. Passi, voci, lacrime.
 

Chi era, Niklaus Mikaelson, se non tutto ciò che non era?
Era la vita del mondo; di solito, anche la sua morte.
Era assenza di battiti liberi.
Chiunque incontrava, chiunque intrecciava il filo della propria esistenza con lui. Tutti diventavano schiavi.
Programmava, controllava.
Uno, due, tre. 
Aveva raggiunto la finestra; appoggiò il bicchiere di Bourbon quasi vuoto sul davanzale. 
Si sporse nel vento della notte, che sembrò rallentare al suo arrivo.
Klaus stava guardando la città.
Sorrise rumorosamente, all’apparenza d’improvviso.
Un rumore impercettibile aveva appena fatto crollare il cielo.
Di scatto si ritrasse, chiuse la finestra, tirò le tende.
Il buio sprofondò nel buio.
 
E, quell’ultimo passante, si fermò.
Sembro dondolare nella brezza.
Uno, due, tre.
Un tonfo sordo, e cadde a terra.
Forse fu una coincidenza.
Ma in quel quartiere, in quella strada, in quel momento.
Morì, un uomo.
Un’altra anima si era impigliata nella risata del male.
 

Niklaus Mikaelson amava la solitudine.
Quasi quanto amava l’arte, in effetti.
Come puoi vivere in società, se essa dipende dal tuo tocco?
Tutto iniziava ad andare a tempo, a danzare inconsapevole.
E degenerava.
Un vampiro che conta, conosce l’infinito.
Contare fino a tre, fino a mille.
Non vi era poi tanta differenza.
Un istante, un secolo, un’epoca.
Klaus amava dipingere frammenti di vita, perché in pochi secondi catturava millenni.
Era tutto fuor che un artista, solitamente guidato dalle emozioni.
Lui era condotto dalla necessità.
Le sue pennellate erano equazioni, ogni sfumatura era un orologio.
 
C’era stato solo un dipinto, risultato di alcun calcolo.
Il viso sereno, ma risoluto.
I capelli biondi ad incorniciare due occhi trasparenti.
La bocca perfetta, il mento sollevato.
Era stato brutto, per lui, quel giorno.
Quando se l’era trovato davanti finito, non era riuscito a spiegarsi come fosse potuto accadere.
Come aveva fatto a incatenare una talebellezza?
Senza calcoli, senza pensiero, senza controllo.
Nel guardare la perfezione, imperfetta sulla tela, aveva percepito un brivido. 
Esaltazione. 
Era fiero di quell’opera, inspiegabilmente.
La incorniciò, la appese alla parete, la ammirò per secondi.
Per minuti, ore, giorni.
E, poi, sentendosi felice, la diede in pasto alle fiamme.
 

Niklaus Mikaelson amava Caroline Forbes.
Ma, diamine, non era ancora riuscito a darle fuoco.
(Almeno non fisicamente, amava pensare.)
Tra vestiti semplici, sfarzosi, eleganti.
Tra battaglie, balli e grida strozzate.
E sangue, tanto sangue. 
Il capobranco, il vampiro millenario, l’ibrido originale.
Lei non era ancora morta, nonostante le loro vite fossero strettamente cucite nel medesimo ricamo.
L’aveva, poi, mai vista dondolare?
Non riusciva a capacitarsene.
Un’anima inafferrabile: quella di una bambina dispettosa.
L’aveva vista più volte, nel sonno.
Il che era strano, per uno che di sogni non ne aveva mai fatti.
Avevano fatto l’amore, lui e lei, nel modo più vero.
Uniti in uno sguardo, in una melodia, in un litigio.
E, no, lei non si era mai sfaldata fra le sue dita.
 

Odiava perdere il controllo, Niklaus Mikaelson.
Aveva visto la vita trasformarsi in morte, camminando a passo svelto lungo le sponde dell’eternità.
Tutto l’universo era calato a picco intorno a lui, attimo dopo attimo.
Sempre e comunque.
Ma, poi, qualcosa era cambiato.
Ogni cosa continuava a subire il suo tocco letale, certo.
Tutto moriva, umani e vampiri, lui continuava ad esistere.
Tutto moriva, ma non lei.
Lei appariva diversa al suo essere, al suo male, alle sue grinfie assetate di dominio.
Il burattinaio aveva perso un filo, non poteva strapparlo.
Klaus aveva trovato qualcuno che non riusciva ad uccidere.
 
Crollato tutto.
Loro due immersi nel nulla.
Un falò, una scia, poche parole.
 
You’re strong, you’re beautiful, and full of light.
 
Sei piena di luce, lo sai, Caroline?
Come puoi resistere al mio fianco?
Perfino le ombre, ricordo, scomparivano.
Ero immerso nel vuoto di me stesso, buio.
 
Il buio è una falena.
Questo l’aveva imparato.
La falena è figlia della notte, ma segue sempre e solo la luce.
La cerca. La brama. La desidera con tutto se stesso.
E quando la ottiene?
Equilibrio spezzato equivarrebbe a morte certa.
 
Quella notte aveva sorriso, dopo aver chiuso ogni contatto con l‘esterno.
Lei, sola, era venuta a cercarlo.
La percepiva nel buio.
La fiamma tenue di una candela, racchiusa in una lacrima.
Ricordi in sequenza; miliardi di flashback.
Morti, morti, morti.
E tra tutte quelle assenze, ecco sgorgare la vita.
Caroline lo stava accecando.
 
Poi il dolore, forse il sangue.
E l’aria sempre più rarefatta.
Dov’era la sua clessidra?
Dov’erano i suoi numeri?
Dov’era il timer dell’universo?
Quel bacio avvelenato, fu la sua condanna.
 
In tutta la sua vita, Klaus non era mai stato più felice di incontrare la morte. 
In tutti quei secoli, avrebbe finalmente potuto concedersi una pausa.
   
 
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