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Autore: Harleen    26/10/2008    5 recensioni
“Cerca di distrarti. Pensa ad altro. Non so, fa’ quello che vuoi, inizia a collezionare francobolli o monete antiche o carte di Magic The Gathering… o magari datti al ricamo. Trova un modo per non pensarci, mh?”
FanFic Jonden \o/
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Non sono miei, non è mai successo, blablabla, tutte bugie.

Punto Croce



Quando Jon è entrato a far parte dei Panic At The Disco, Brendon, Ryan e Spencer erano minorenni.
Non si comportavano da minorenni, visto che nove volte su dieci se se li perdeva di vista li ritrovava attaccati al rubinetto della birra che si litigavano il posto, ma lo erano. E lui era maggiorenne ed era automaticamente la coscienza collettiva, segno che non poteva farli sgarrare o – a sua volta – sgarrare. Non troppo, insomma, doveva solo evitare che uno gli finisse all'obitorio, l'altro in carcere ed un terzo arruolato nei marines.
Cosa che effettivamente hanno rischiato un paio di volte, ma è solo perché Ryan ci mette nulla ad ubriacarsi e Brendon ha da sempre sostenuto che il bianco è un colore che gli dona e insomma, le due cose combinate insieme non danno risultati piacevoli.
Ma non è questo il problema.
Il problema, per il povero Jon, è Brendon.
Piccolo Brendon, minorenne, esaltato dalla folla e da tutto, trattandosi di Brendon.
Piccolo Brendon, stupida pulce isterica che deve fare amicizia con tutto il mondo e dimostrare il suo affetto spalmandosi addosso a chiunque resti fermo abbastanza a lungo da permetterglielo. Piccolo Brendon, che sembra accoppiarsi con l'asta del microfono quando canta.
Piccolo Brendon, che quando Jon si arrischia a guardarlo durante i live mentre balla–canta–ride–scherza–ci prova con le ballerine ci manca poco che non molli il basso e vada là e – beh – faccia accadere quello che deve accadere.

Effettivamente, il problema è più serio di quanto immaginasse.

Perché se prima quando guardava Brendon pensava a quanto fosse carino e puccioso, adesso quando lo guarda pensa a, Dio, quelle labbra, quelle mani, perché deve suonare il pianoforte come se invece stesse toccando la sua dannatissima fidanzata?
Non è positivo, se una simile considerazione ti colpisce nel mezzo di But It’s Better If You Do e teoricamente dovresti suonare.
E se poi Brendon ti guarda con un sorriso a dir poco malizioso, il problema diventa oltre che di carattere etico/morale anche – uh – visivo. Ma grazie a Dio si può nascondere dietro il basso. Il basso è Il Bene.
Brendon Il Male. Un Male parecchio eccitate e anche parecchio inconsapevole di ciò, ma non è il caso di parlarne.

“Will, dannato idiota, meno risate e più soluzioni!” ringhia al telefono parlando con William perché, okay, William è buono, no? E’ un confidente. E’ come sua mamma. Solo che con lui può evitarsi spiegazioni sul perché voglia grossomodo violentare un ragazzino e direttamente passare a chiedere aiuto per questo increscioso problema.
William cerca di darsi un tono, ma proprio non ci riesce. In fin dei conti, pensa Jon, c’è da capirlo. Ricevere una telefonata che inizia con ‘Suggeriscimi qualcosa perché sto seriamente impazzendo, con Brendon accanto’ farebbe ridere chiunque.
Chi poi sa quali erano i commenti che il già citato Jon riservava a Brendon quando erano in tour tutti insieme appassionatamente, troverebbe la situazione semplicemente esilarante.
“Okay, okay, scusa. Sono qua.” William si schiarisce la voce un paio di volte e ridacchia sommessamente.
“Va’ al diavolo,” borbotta infastidito Jon, sprofondando ulteriormente nel divano. “dovresti aiutarmi, pezzo di cretino, non ridere di me.”
“Ma non sto ridendo di te!” commenta giulivo il cantante, “Io rido con te!”
“Non dire balle!”
“…Okay, sto ridendo di te. Ma ora ho finito, sono serio e pronto ad aiutarti.”
Poi Jon la sente. O meglio, le sente. Risatine di sottofondo.
Rotola un po’ sul divano in posizione fetale, prima di mugugnare un sofferente “Quanta gente c’è, con te?”
“Nessuno!” William non sa mentire. Tanto più che si è sentita distintamente una vocina trillare ‘Ciao Jon!’, per cui è inutile fingere ulteriormente. “…C’è un po’ di gente. Ma non è colpa mia, sei tu che chiami nei momenti meno adatti.”
“Vaffanculo! Sono pure in vivavoce, vero?”
“Non hai prove per dimostrarlo!”
“Jon! Ciao! Come te la passi?”
“Pete, nel nome del cielo, taci. Patrick, picchialo da parte mia.”
C’è un momento di idiozia in cui la frase ‘Patrick non c’è’ urlata da Pete e il commento ‘Con sommo piacere’ di Patrick si sovrappongono, formando uno strano cocktail che suona simile a ‘Patrick: sommo piacere’, ma Jon preferisce non pensarci.
Singhiozza a secco per qualche istante, prima di chiedere con voce stanca chi altro sia presente.
A uno a uno tutti i Fall Out Boy fanno ciao.
“Finiti? Solo voi cinque? Will, mi sorprendi. Come minimo mi sarei aspettato Gabe e la sua cricca di dementi.”
“Ma per chi mi hai preso, per una zitella pettegola?” attimi di silenzio. “…No, lascia perdere, non rispondere. E comunque l’ho fatto per il tuo bene. Io non ho avuto problemi simili e non ti sarei potuto essere di alcun aiuto; Andy e Joe, invece, ci sono passati. Pete e Patrick già di meno, ma è solo perché Pete era follemente in–” rumori di colluttazione in fondo alla stanza, qualche risatina. “Era una bestiaccia in calore che non si è trattenuta nemmeno mezza giornata, prima di provare a violentarmi!”
“Pattycake, ma all’epoca non ti sei mica lamentato del trattamento! E poi ti ho insegnato tante cosine interessanti!”

“Will, passami Andy.” Il cellulare viene passato di mano in mano, fino ad arrivare in quelle del batterista.
“Jon, ho ponderato attentamente il tuo problema.” Dopo un incipit del genere, Jon vorrebbe chiedere ad Andy di sposarlo. E’ serio, professionale, affidabile! Niente a che vedere con Will o gli altri dementi. “E il mio consiglio è: non fare nulla.”
Sbarra gli occhi e sente qualche annetto di vita abbandonarlo e svolazzare via dalla finestra. “Che?” chiede con vocina stridula, ricevendo in risposta un sospiro mesto.
“So che suona strano, ma non puoi forzarlo. E’ piccolo e ingenuo, e non puoi sapere se ti vede allo stesso modo in cui tu vedi lui o se sei semplicemente una novità, quello più grande da ammirare ed emulare. Potresti farlo soffrire!”
…Okay, Andy è folle. Per fortuna che ci pensa Joe a rubargli il telefono ed urlare un gioioso “Mettigli una mano nelle mutande! Io avrei tanto voluto che Andy lo facesse, ma lui è sempre stato un segaiolo melodrammatico ed ha dovuto aspettare che lo facessi io, prima di ammettere che gli piacevo! Risultato? Mesi e mesi sprecati ad ammazzarci di se-”
“Capito.”
“Sono lieto che tu abbia capito. Siamo d’accordo, allora? Gli metterai una mano nei pantaloni? Scommetto che ti ringrazierà.”
“Joe, passami nuovamente Andy.” Nuovamente rumori di sottofondo, poi la voce di Andy che si distingue dalle altre.
“Scusalo, Jon, non è in sé.”
“Me ne ero accorto.”
“Il mio consiglio però resta sempre lo stesso: stagli lontano e non traviarlo. Sei più grande, hai il dovere morale di lasciarlo libero di attuare le sue scelte e seguire la sua st-”
“Ma magari la sua strada lo conduce nei pantaloni di Jon! Cosa ne puoi sapere tu? Non puoi impedire loro di saltarsi addosso!”
“Joe, nel nome del cielo, il mondo non ruota attorno al sesso! Ci sono altri va-”
“Il mio mondo, all’epoca, sì! E per colpa tua ho dovuto aspettare mesi, prima di poter passare una nottata come Dio comandava!”
“Dio condanna la sodomia.”
“Patrick, ascoltarti è piacevole quanto un calcio nello stomaco.”
“Io direi direttamente un calcio nelle bal-”
“Pete, tu sei davvero l’inutilità fatta persona. Qua si parla di cose serie! Mettere o non mette una mano nei pantaloni di Brendon?”
“Io sarei per il sì, ma tanto non mi ascolterete. Non mi ascolta mai nessuno.”
Jon vorrebbe riattaccare.
Seguono diversi istanti di follia, al grido di frasi sensate come ‘stupralo, non ne avrà a male’ o ‘dona il tuo corpo alla scienza, sarai più utile alla comunità’, poi finalmente si sente un po’ di silenzio.
“Jon, sono Andy. Okay, so che la cosa ti sembrerà folle, ma davvero, è il caso che eviti di fare casini. Sei nella band da poco e potresti combinare guai.”
“Allora?” la voce di Jon suona quasi depressa, ma Andy cerca di non farci caso.
“Cerca di distrarti. Pensa ad altro. Non so, fa’ quello che vuoi, inizia a collezionare francobolli o monete antiche o carte di Magic The Gathering… o magari datti al ricamo. Trova un modo per non pensarci, mh?”

Jon crede fermamente che l’idea di Andy sia una totale idiozia.
Non ha bisogno di pensare ad altro. E’ un uomo adulto, grande e vaccinato, sa benissimo tenere a bada gli ormoni quando entra in contatto con Brendon.
O quando Brendon entra in contatto con lui, cosa che accade frequentemente.
“JonWalker!” trilla il ragazzo, spalmandoglisi sulle spalle con un saltello e sfregando la guancia contro la sua spalla, “JonWalker, credo di amarti!”
“…Gah?”
“Sì, JonWalker, decisamente ti amo!” si issa ulteriormente sulla sua schiena e, ugh, le sue gambe attorno ai fianchi e le sue mani che gli circondano il collo. “Mi hai comprato le caramelle!” Osserva inebetito il sacchetto di gommose che aveva comprato la mattina in autogrill con il chiaro intento di finirsele prima che potessero capitare nelle manacce bramose di Brendon e sospira mestamente.
“Io- uh- sì. Grossomodo.” Brendon scende dalle sue spalle con un saltello e corre ad arraffare le caramelle. Apre il sacchetto con un urletto estatico e osserva il contenuto per qualche istante. “JonWalker!”
Lo richiama un’altra volta facendolo sobbalzare, e poi gli si catapulta addosso in meno di mezzo secondo e gli schiaffa una caramella in bocca.
“Gnf?” Jon inizia a sentirsi realmente stupido, per le domande che pone. Insomma, potrebbe anche articolare qualcosa di più elaborato. Anche se avere un Brendon addosso che ti fa le feste e ti imbocca caramelle non contribuisce alla formulazione di domande sensate, per cui, beh, gli va bene così.
“Le hai comprate tu, devi mangiarne!”
Gli molla in mano una montagnola di orsetti di gomma e fugge via. Non prima di averlo abbracciato un’ultima volta e avergli dimostrato il suo amore sfregando il visino contro la sua guancia. Jon osserva il nulla per diversi istanti, prima di capire che forse Andy aveva ragione.
Deve distrarsi.

A titolo informativo, quella sera Jon esce e va a comprare un temperino e una scatola di pastelli da trentasei pezzi. A cui, nel corso dei giorni successivi, fa la punta svariate volte. Da un capo e da un altro.

Quando ormai i pastelli sono ridotti a tanti mozziconi e quindi diventa decisamente impossibile fare loro la punta, Jon li butta e si convince di aver riacquistato un equilibrio psichico sufficientemente solido da rendere superfluo l’aggrapparsi a futili passatempi come il temperar matite o il ricamo o altro.
Poi Brendon esce dalla doccia e decide che l’asciugamano è totalmente superfluo, per vagare in giro, e non gli importa nemmeno di gocciolare in giro, visto che odia passarsi il phon e preferisce aspettare di asciugarsi per conto suo. Tanto, a chi vuoi che dia fastidio?

Quella sera Jon passa ore ed ore piegando calzini e disponendoli per gradazione cromatica nel cassetto. Poi fa la stessa cosa con i boxer, i pigiami, le magliette e i pantaloni.
All’alba, il suo armadio non è mai stato così in ordine.
Dopo tre giorni, nemmeno gli armadi di Ryan e Spencer lo sono mai stati.
L’armadio di Brendon è stato accuratamente saltato, in favore di quello di Zack.


La terza settimana di tour, Jon crede seriamente di essere ad un passo dalla follia totale.
“Jon, se salissi sul palco nudo?”
Ryaaan!” rantola ad alta voce, schiantandosi un cuscino sulla faccia perché, ehi, sono le otto del mattino, per una persona come lui è praticamente l’alba. Come può pretendere Brendon di venire ascoltato se gli viene a parlare all’alba di un giorno qualsiasi, dopo essersi arrampicato fino alla sua cuccetta – la più in alto tra le tante, perché Spencer è un demente che soffre di vertigini, Ryan non vuole rischiare di cadere rotolando e di spaccarsi qualche osso e Brendon… è Brendon – ed avergli scostato le tendine e le coperte ed essersi infilato nel lettino praticamente addosso a lui, scivolandogli sotto un braccio di modo da potergli stare più vicino e –
Jon non ha più sonno.
Osserva orripilato la sottospecie di folletto sotto anfetamine che si trova addosso – come al solito, ultimamente – e lo spintona leggermente.
“Buongiorno, JonWalker!” Brendon alza le braccine al cielo. Sì, come gli smile di messenger.
Brendon è uno smile di messenger.
“Ryan!” gracchia di nuovo, la voce stranamente ancora arrochita, ma non dal sonno, e le mani tenute adeguatamente alzate a mezz’aria. Sembra la vittima di una rapina.
“Ryan non c’è.”
“Allora, uh,” ci pensa su, prima di schiarirsi la voce e cercare di suonare ugualmente disperato, “Speeeenceeer!”
“Spencer è con Ryan.” Jon sbarra gli occhi. Okay, qualcuno vorrà il mio scalpo per questa cosa.
“Loro per caso sono – uh – sai…” e non sa se Brendon abbia capito. A dire il vero, non sa nemmeno se l’idiota sappia Cosa Sta Sottintendendo.
“Oh, no!” ridacchia, divertito, rotolando via dalla cuccetta e scendendo le scalette a saltelli. Tipico, di Brendon, farlo invecchiare di vent’anni e poi dirgli che era tutto uno scherzo.
Jon sospira, sollevato. Non che abbia problemi con il sesso all’interno della band – insomma, è andato in tour con i The Academy Is…! William Beckett è il loro frontman! Sono cose all’ordine del giorno – è solo che ha come il basso sospetto che qualche madre a caso potrebbe volerlo morto. Tipo la madre di Spencer, che gli ha telefonato qualche giorno fa per spiegargli dettagliatamente cosa potrebbe accadere al suo giovane collo se il suo bambino finisce in brutti giri.
Che il suo bambino fosse su un divano con un vodka lemon in una mano e l’altra mano saldamente piazzata sul sedere di una ballerina, Jon ha evitato di farglielo presente perché, sapete, il suo collo. Ci tiene.
“…Okay. Buono a sapersi. Tu scherzavi quando dicevi di esibirti nudo, mh?” lo guarda con gli occhioni assonnati e lontanamente supplici, segno che no, non ha davvero la forza morale di sostenere una discussione sul perché nessuno deve salire nudo sul palco – non quando sono sotto il suo comando, almeno – e Brendon si intenerisce, riservandogli gli Occhioni Da Cucciolo Commosso.
“Oh, JonWalker, quanto sei adorabile! Ti adotterei, se non fosse che non ho l’età legale per farlo e che tu sei più grande di me e per cui sarebbe un po’ da deviati. E comunque no, nessuno salirà nudo sul palco. Felice?”
Jon apre la bocca e non riesce a dire nulla. La richiude, ed evidentemente il suo corpo agisce per conto suo perché riesce ad annuire quel tanto che basta perché Brendon si decida ad andarsene e lasciarlo alle sue sofferenze.
Rantola un’altra volta, si butta di schianto sul letto e rotola un po’ sotto le coperte. Poi si accorge che la frizione che ottiene non gli da tanto fastidio e si decide ad alzarsi perché la situazione è decisamente da deviati. Senza bisogno che Brendon lo adotti.

Per prepararsi il caffè, Jon impiega precisamente trentaquattro minuti e ventisette secondi.
Ma Brendon e la sua mania di trangugiare caramelle impiastricciandocisi le mani e doversi successivamente pulire molto attentamente le dita con la lingua per evitare che anche solo il minimo granello di zucchero vada sprecato non c’entrano minimamente.
“Jon, prendi una caramella!” osserva la caramella già mezza sciolta e le dita leggermente sporche del cantante e trova il suo caffè di una tristezza disarmante, al confronto.
“Um, no. Mi sporcherei, sai, le mani.”
“Non c’è problema, ti imbocco io!” Jon sente che potrebbe anche scoppiargli un embolo.
Fissa il suo tristissimo caffè, poi la mano di Brendon, poi di nuovo il caffè.
“Il caffè…” mugugna senza alcuna convinzione, totalmente incapace di staccare gli occhi dalle dita del ragazzo.
“Capisco.” Brendon si stringe nelle spalle e si versa i dolciumi in bocca senza troppi complimenti.
Jon inizia a contare tutti i bottoncini della propria camicia, e lo trova un passatempo davvero interessante. Dovrà comprarsi più camicie, o andare a saccheggiare l’armadio di Ryan.

Ora. Non è che Jon passi tutto il tempo a pensare a Brendon e a quanto sarebbe carino poterlo trascinare da qualche parte e fondamentalmente ficcargli la lingua in bocca. E’ solo che.
E’ solo che restare concentrato su Guitar Hero mentre Brendon ti si rotola sul pavimento fingendosi una rock star è impossibile.
E Jon ha un disperato bisogno di qualche diversivo che lo distragga e soprattutto lo calmi. Tipo i bottoni. Ma anche quello è diventato inefficace, ad un certo punto. A occhio e croce quando Brendon, saputo del suo passatempo, si è proposto per rimanere fermo mentre Jon contava i bottoni della sua camicia.

ANDY!” Andy sobbalza sul posto, rintronato dall’urlo.
“Cosa?!”
“Aiutami.”
“Ma cos… chi caz… Jon?” Uh. Vero. Andy non ha il suo numero. Lui ha il numero di Andy perché ha trafugato il telefono di Ryan che a sua volta aveva trafugato il telefono di Pete per copiare in toto la sua rubrica. E’ tutto un gioco di impiccioni e rubriche troppo affollate, pensa distrattamente Jon.
“Sì, Jon.” conferma con voce asciutta, prima di guardarsi losco attorno ed abbassare sensibilmente la voce. “Brendon è folle ed io sto impazzendo.”
“Vi farete compagnia, no?”
“Se non mi consigli qualcosa mi sentirò legittimato a dare ascolto alle idee di Joe.”
“No! Okay, sono sveglio. Lucido e pimpante.”
“Buon per te.”
“Già.”
“Già.”
“…Cos’è che volevi?” lo schiocco della mano di Jon che impatta contro la sua fronte è nettamente distinguibile.
“Dimmi. Cosa. Fare.”
“Uh… non so, ricamo?”
Sei scemo?!” ci sono diversi istanti di silenzio, durante i quali sia Andy che Jon sospirano teatralmente.
“E’ vero, hai le mani troppo sgraziate per poterti dare al ricamo.”
“Vaffanculo! Le mie mani non hanno niente di sbagliato!”
“Andiamo, Jon, sono tozze! E callose!”
“Suono il basso, non puoi pretendere che abbia delle manine immacolate!”
“Ma tu non puoi pretendere di ricamare con quelle mani. Insomma, su, cerca di essere obbiettivo. …Brendon potrebbe darsi al ricamo! Ha le ditina sottili ed aggraziate, ce lo vedo bene.”
“Andy, perché sto ancora al telefono con te?”
“Per…ché ti sto simpatico?”
“Fottiti.”
“No, okay, dai, parliamo seriamente. Non so cosa consigliarti. Seriamente. Prova a darti ai bracciali di perline, quelli funzionano benissimo!”
Jon inorridisce e gli tornano in mente tutti gli obbrobri perlinosi che Andy rifilava al mondo tempo prima.
Tipo i braccialetti che indossa sempre Pete o – ugh – Brendon. Raccapriccianti.
“Tu… li hai fatti tu? Quella roba con su scritto ‘Patrick’ e l’altra con ‘Ryan’?”
“Uh, sì. Pete e Brendon ne erano entusiasti.”
“…Io non mi darò ai bracciali di perline, Andy.”
“Maglia?”
“No.”
“Cucito?”
“Ti odio.”
“Alcool?”
“Va’ al diavolo!”
“Sesso occasionale?”
“FOT- ehi, questa è buona.”
“Scherzavo.”
“Lo temevo.”
“Non so… trova qualcosa di ridotto in scala che richieda molto lavoro e concentrazione. E l’impiego di tutte le tue diottrie. Datti al greco antico!”
La telefonata viene interrotta bruscamente, probabilmente a causa dell’arrivo di Ryan nel bus.
Probabilmente anche a causa di Jon, che è collassato sul divano ridendo istericamente. Per non mettersi a piangere senza alcun ritegno.

A onor del vero, Jon ci prova. Ci prova davvero a studiare il greco antico. Si compra un dizionario ed un libro di grammatica ed uno per le traduzioni, e impiega molto del suo tempo chino sui libri per studiare e successivamente tradurre.
“Jon, che studi?”
“Greco.” Bofonchia, la matita stretta ancora tra le labbra e lo sguardo corrucciato poggiato su un verbo che non riesce a capire seriamente da dove provenga. Brendon batte le manine, elettrizzato. “Oooooh! L’ho studiato alle superiori!”
“Buon per te.”
“Cosa traduci?” Una veloce occhiata alla versione, poi un ‘Lisia’ mormorato a mezza bocca e improvvisamente Brendon che gli si lancia addosso. Jon non capisce più niente del mondo che lo circonda semplicemente perché è un po’ difficile farlo con un Brendon addosso che si agita e ridacchia e traduce a impronta dal testo che si trova sotto mano. “E’ il mio autore preferito! Oh, JonWalker, quanto sei acculturato!”
Lo osserva con occhi sognanti ed il solito sorrisone ebete e gli circonda il collo con le braccia e lo fa cadere lungo sul divano, impietrito, incapace di dire o fare nulla. Con una sola frase che gli lampeggia in fronte, più scintillante del ‘tra poco violento Brendon’: ‘Andrew Hurley è un uomo MORTO.’

“Suomi.”
“Suomi?”
“Suomi, ho detto.”
“Ma è una lingua assurda!”
“Mi piace.”
“Nemmeno l’hai mai sentita parlare.”
“Balle.”
“Ma è difficile!”
“Ma a te che te ne frega, Ryan?”
“A me niente. Lo dico per te! E’ folle! Ha sedici casi! Cosa te ne fai di sedici casi? C’è gente che nemmeno ha idea di come usarli, tutti quei casi!”
“Taci, imparare nuove lingue al giorno d’oggi è molto importante.”
“Ma… andiamo, il suomi!
“Mi piacciono gli HIM.”
“E cosa c’entra?”
“Voglio tradurmi i loro testi. Ora sparisci dalla mia vista, che i libri pesano e devo poggiarli da qualche parte.”
“Tieniti lontano dal mio armadio, pazzo! E’ già pieno di volumi di grammatica latina e greca!”
“Okay, vado a colonizzare l’armadio di Spencer.”

Non è che Jon non si renda conto di cosa gli capiti attorno.
Jon sa. Sa che le attenzioni che Brendon gli rivolge non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelle che rivolge a persone come Ryan o Spencer o Zack. Con lui è più affettuoso, più in cerca di contatto fisico.
E la cosa non gli da fastidio perché si è perfettamente reso conto che effettivamente Brendon è attratto da lui. E’ solo che.
E’ solo che Brendon non è un ragazzino. Non importa quanto cerchi di convincersene e quante volte se lo ripeta.
Non lo è, e lo sa bene.
Se però ancora non si è deciso a dare una sistemata alla situazione, è perché Brendon è Brendon.
E’ il cantante di una band dove ama stare, è una pulce strafatta, è un costante toccasana per il suo umore.
E non oserebbe pensare a cosa potrebbe accadere se qualcosa andasse storto. Non crede di poterci riuscire perché è qualcosa che va al di là della sua immaginazione, per quel che riguarda la progettazione di catastrofi.
E Jon non vuole catastrofi da gestire, grazie tante.

“’Giorno, Brendon.” Sbadiglia, entrando nel cucinino a passo malfermo e trovando Brendon appollaiato su una sedia che mangiucchia cereali dalla scatola con sguardo spiritato ed i capelli sparati in ogni direzione.
Deve essere sveglio da pochi minuti a dire tanto, giudica Jon con un’occhiata.
Gli fa pena e – beh – tenerezza. Così, il primo caffè che prepara decide di darlo a lui. Per solidarietà, sapete.
Brendon alza lo sguardo verso di lui e per un istante, un solo istante, i suoi neuroni decidono di fare la sinapsi e quindi fargli illuminare gli occhi di qualcosa che sembra essere un barlume di lucidità.
Afferra la tazza con manina tremante e mormora, “Jon Walker… Per me?”
Jon annuisce, e Brendon si illumina tutto.
Gli sorride contento e sorseggia la bevanda con gli occhioni che brillano e Jon impiega tutte le sue forze per non prendere una sedia e sederglisi davanti solo per vederlo sorridere a quel modo.
Per cui, a malincuore, si accinge a preparare un altro caffè. Ed è allora che se ne accorge. Non è una cosa spiegabile, ma Jon sente distintamente che Brendon lo sta fissando mentre cerca in tutti i modi di arrivare a prendere una nuova confezione di zucchero e si contorce miseramente stendendo ora un braccio ora l’altro. Si stupisce quasi di non avere due fori sulla schiena, in corrispondenza degli occhi del cantante.
“Bren, ti serve qualcosa?” chiede educatamente, voltandosi e paralizzandosi sul posto.
Perché un Brendon che ti fissa con gli occhioni sbarrati e la bocca semiaperta senza sapere cosa dire, è uno spettacolo impagabile.
Vedere poi suddetto Brendon che china il capo sul caffè e vedere le sue guance colorarsi di una curiosa sfumatura di rosa, poi, è qualcosa di irripetibile.
“Uh, no, figurati.” Bofonchia distrattamente il ragazzo, giocherellando insistentemente col cucchiaino, come se ci fosse ancora un solo granello di zucchero da sciogliere.
Jon non crede di aver mai avuto tanto potere come in quel momento perché Brendon, quel Brendon!, è imbarazzato. Dalla sua presenza.
Oh cielo, inizia a capire molte cose. E’ una sensazione quasi inebriante.
E sogghigna. Gli riesce bene.
“Tutto okay?” si informa con nonchalance, mentre parecchie, orribili, immagini prese da commediole pornosoft che tempo addietro era stato costretto a guardare dalla ragazza di turno gli tornano in mente e quasi lo fanno ridere come un idiota. Ma non deve. Ha una missione, e non può lasciarsi distrarre da cose devastanti come ragazzine in calore che flirtano. Lui non è una ragazzina, non è in calore, e non sta flirtando.
Proprio per nulla.
“Sì, certo.”
“Sembri… Bren, non avrai la febbre? Sembri accaldato.” Sporge la manina verso il ragazzo e mentalmente si da della troia perché dai, è la scusa più idiota del creato.
Brendon sobbalza e squittisce un ‘No, ti prego, sto benissimo, ho solo un po’ caldo’ facendosi più piccolo sulla sedia.

Dunque Brendon, se preso in contropiede, reagisce grossomodo come Jon. Solo, in maniera meno controllata. (Jon è quasi certo di non aver mai afferrato in blocco due coperte ed essercisi coperto solo perché Brendon gli era passato davanti offrendo favori sessuali in cambio di un caffè. Non che Jon l’abbia fatto. Non in questi termini almeno. E’ che, sapete, caffè. Jon si potrebbe prostituire per un buon caffè. Ha semplicemente avvisato il mondo delle sue intenzioni. Ma comunque questa volta è Brendon da biasimare, per cui, ah!)
Jon sente di amare questa cosa. La sottile arte della tortura psicologica sta iniziando ad esercitare il suo fascino, tanto che il bassista ormai la considera una vera e propria sfida a chi si inventa le cose peggiori.
Ryan la chiama ‘sfida a chi si fa stuprare per primo’, ma preferisce di gran lunga il proprio titolo.

E dunque il risultato attuale è Jon – Brendon: 2 a… tanto.
Tanto da far perdere il conto, per capirci. Ma Jon su questo preferisce non soffermarcisi troppo a lungo.
Conta più la qualità, non la quantità.
Anche se l’entrare in bagno mentre Jon si stava lavando i denti e successivamente infilarsi in doccia lasciando la tendina mezza aperta salvo chiuderla diversi minuti dopo è stata una vera vigliaccata. Ha dovuto scrostare il vetro dalle chiazze di dentifricio con l’unghietta dell’indice per dieci minuti buoni, prima di riuscire a riacquistare una lucidità necessaria per offrirsi, con voce flautata, di lavare la schiena del piccolo vigliacco.
Il tonfo che ne è seguito ha avuto un suono di vittoria. Ed il livido sul sedere di Brendon, a quanto gli è stato riferito, è perdurato per giorni, se non settimane.
E poi il problema è che Brendon gioca scorretto.
Insomma, gira nudo! Dovrebbero esserci delle norme restrittive in questo genere di cose che impediscano alla gente di scorrazzare nuda nel campo visivo altrui. A titolo informativo, lui non l’ha mai fatto. La cosa però lo inorgoglisce fino ad un certo punto.
Diventa difficile imbarazzare qualcuno che ha abbastanza faccia tosta da sfilarti davanti vestito unicamente del suo sorriso più splendente, a meno che non ti inventi improbabili numeri che implichino l’utilizzo di cannucce o altre cose assai imbarazzanti come cioccolata o panna montata o – beh, ci siamo capiti. No, Jon non l’ha mai fatto.
…Non si può pretendere che mangi un cono gelato senza sporcarsi! Ha la barba, certe cose vanno date per scontate, quando si ha la barba!
E si è solo limitato a chiedere aiuto a Brendon – non in quel senso. Voleva solo un fazzolettino.
Un fazzolettino!
Jon non riesce a credere di aver passato realmente qualche ora discolpandosi durante un acceso dibattito con sé stesso. Non osa nemmeno pensare ad avvisare Andy, perché ci tiene a non venire eviscerato, grazie.

Il punto di rottura, immancabilmente, arriva.
Arriva dopo diverse settimane di tour e dopo inenarrabili sforzi da parte di Jon di non morire né suicidarsi per la vergogna dopo aver esclamato, in un paio di memorabili volte, ‘Bren, mollami, devo andare a contare i pastelli e temperare i bottoni.’ Arriva dopo l’ennesimo live durante il quale Brendon decide di strusciarsi addosso a – nell’ordine – l’asta del microfono, Ryan, le ballerine, Ryan, qualche oggetto scenico, Ryan ed infine passare a toccarsi platealmente davanti l’universo mondo. Arriva dopo una sbronza micidiale dei tre mentecatti, a cui Jon deve porre rimedio andando a raccattarli tutti prima che si gettino a uovo nella piscina vuota di Pete con – alcuni di loro – ben pochi vestiti addosso e somma vergogna quando Brendon decide di appendersi con un ditino al passante dei pantaloni del bassista e seguirlo in ogni dove.
Arriva, insomma.
E quando arriva, stranamente, non è Jon ad esplodere. E’ Brendon. Che afferra Jon per il solito passante dei jeans e lo trascina in un angolino e gli bercia addosso qualcosa che dovrebbe essere un ‘Non possiamo più andare avanti così, cazzo!’, ed invece, complici le sei RedBull che si è scolato, ed il caffè dopo pranzo, e le caramelle alla caffeina che ha trangugiato durante tutto il pomeriggio, e le gommose alla frutta che tutt’ora mastica e gli rendono impossibile l’articolazione di un discorso sensato, suona più come ‘Onpoffffiamoiùndahavantifì’. Jon è giustamente perplesso.
“Brendon,” gli dice, “mi perplimi.”
“Ftronfo!” gli risponde Brendon, una nuvoletta di aromi alla frutta che si condensa appena apre bocca e lascia leggermente inebriato il bassista. Ancora attaccato al muro. Con ancora una mano di Brendon sul fianco a stringergli il passante dei pantaloni tra le dita.
“…Okay. Bren, ripassiamo insieme le regole basilari: prima deglutisci, poi parla.”
Brendon lo fulmina con un’occhiataccia, mastica velocemente e rabbiosamente e deglutisce, aprendo la bocca con un ‘aaaah’ per dimostrare a Jon di avere finalmente buttato giù le caramelle.
“Dicevo: non possiamo più cosare avanti, cazzo!”
Si fissano negli occhi per diversi istanti. Jon cambia espressione, passando dal perplesso al preoccupato andante. Troppa caffeina, troppa.
“…Chiedo venia?”
“Non parlare così, sembri cretino!”
“…Io, sembro cretino.”
“Tu!”
“…Ricominciamo daccapo. Ripeteresti, per favore?”
“Non possiamo più andare avanti così!” Ci pensa su, prima di borbottare, “…Cazzo.”
Jon sbianca. E preferisce di gran lunga non capire i discorsi di Brendon, ma ormai è tardi per rimettergli di forza un considerevole numero di gommose in bocca. Né intende assecondare il solito coretto di vocine perverse – perversamente simili a quelle di Pete e Joe, solo più stridule – che gli suggerisce di tenere la bocca di Brendon occupata in altra maniera.
“Um. Allora?” azzarda, la vocina ridotta ad un pigolio. Brendon si morde un labbro.
“Io ti piaccio.” Non lo sta chiedendo, sta solo esprimendo un dato di fatto. “E- okay, mi piaci anche tu.”
Jon non credeva si sarebbe sentito così, se Brendon gli avesse detto una simile cosa.
Pensava avrebbe saltellato, o sorriso, o quantomeno avuto il desiderio di cacciargli la lingua in gola e sentire se effettivamente ha sapore di zucchero come dovrebbe essere.
Non pensava sarebbe rimasto cosi profondamente apatico.
“Um.”
“Um?” Brendon lo osserva con un sopracciglio alzato, vistosamente infastidito.
“Um.” Regge lo sguardo del cantante, stringendosi nelle spalle. Poi si riscuote e si ricorda che forse dovrebbe dire qualcosa anche lui.
Ci pensa.
Ci pensa su seriamente, insomma, è uno di quei momenti in cui qualsiasi idiozia romantica sarà ben accetta, a partire dal più patetico ‘Oh, Bren, lode a Dio che ti sei svegliato’ per finire con uno stucchevole ‘Tu non mi piaci. Cioè, dire mi piaci è riduttivo’. Ma non gli viene in mente niente.
Ci pensa su una terza volta, ed effettivamente il suo cervello escogita qualcosa.
“Io appuntavo rose sul gilet di Ryan.” Sorride teneramente, al ricordo di tutti i buchi che si è inflitto sul pollice, e Brendon alza un sopracciglio, spaesato.
“Cosa c’entra, ciò?”
Jon strabuzza gli occhi e gli tira uno scappellotto. “Ha la sua pertinenza.” Bofonchia, contrariato.
“Ma a me non se-”
Ha la sua pertinenza, ho detto, sta’ zitto, non capisci un cavolo!” altro scappellotto. Jon è paonazzo.
Brendon sembra capire, e sorride.
“Io facevo puzzle.”
Ci sono attimi di stasi, in cui a Jon scappa una risatina a metà tra l’isterico e l’incredulo. Puzzle. Lui non ci ha mai pensato.
“…Funzionavano?” Prima di potersi dare dell’idiota da solo per una simile domanda, Brendon scuote la testolina.
“…Non un granché.” Concede a mezza bocca, riflettendoci poi per qualche istante, “Però funzionava catalogare per ordine di numero di capitoli i libri di Ryan. Era rilassante.”
Jon annuisce, pensieroso, una mano che si appoggia sulla maglia di Brendon, artigliandosi leggermente alla stoffa, l’altra che lo stringe per i fianchi e se lo avvicina lentamente. “Io ho iniziato una collezione di francobolli.” Mugugna, lo sguardo che vaga sul viso del ragazzo davanti a sé e la voce che si abbassa sempre più fino a ridursi ad un basso sussurro.
“Io–” inizia, prima di abbracciare goffamente Jon e baciarlo a stampo.
E’ leggero e poco più di una carezza, un semplice appoggiarsi alla bocca del bassista. E’ questione di un attimo, si allontana subito dopo e conclude felicemente il concetto con un “Io colleziono figurine dei cartoni animati.”
Jon annuisce, socchiude gli occhi e lo bacia di nuovo, cercando di non sembrare così stupidamente imbarazzato come invece si sente.
Dopo altri due o tre tentativi, finalmente, Brendon non si allontana. Fa un passetto in avanti, spingendosi addosso a Jon, perdendo l’equilibrio e facendolo cozzare con la schiena contro la parete alle sue spalle. Il verso di protesta che l’impatto gli provoca gli muore in gola, soffocato da tutt’altro tipo di gemito.
Effettivamente, Brendon sa di zucchero. E di caffeina, anche se Jon è quasi certo di non aver mai assaggiato la caffeina pura, ma decisamente, deve essere caffeina. Non ci sono altre cose che potrebbero farlo sentire così bene o che potrebbero farlo tremare, se non un sovraccarico di caffeina.
Anche se in questo momento ha Brendon addosso che gli sta accarezzando lentamente i fianchi e la schiena, soffermandosi ogni tanto semplicemente per stringerlo o sorridergli di sfuggita. Anche se la semplice cosa basta a fargli mancare il respiro, anche se le labbra di Brendon sono morbide, anche se ogni carezza che gli fa viene accolta con un rumorino soddisfatto simile alle fusa di un gatto.
Tutta. Colpa. Della. Caffeina.
…Quasi sicuramente.
“Bren…” mugugna a fatica, senza che l’altro gli dia modo di dire altro. Okay, è piacevole.
Ma finché ha ancora qualche gocciolina di sangue in testa che gli permette di ragionare, non è il caso. Anzi, è il caso di evitare che quella misera traccia di lucidità che ha ancora venga annebbiata da altro genere di pensieri. “Brendon.” E non è tanto il dover suonare perentorio o essere costretto a tenere il cantante a debita distanza da lui, che gli fa un brutto effetto, quanto la sensazione di essergli troppo lontano ed allo stesso tempo troppo poco. Troppo distante per baciarlo come prima, troppo poco per garantire che non succederà di nuovo.
“Mh?” Brendon ha un talento innato, nel far pentire la gente delle sue azioni. Non fa poi molto, si limita ad assottigliare le labbra e successivamente mordersi discretamente l’angolo destro del labbro inferiore. Aggrotta le sopracciglia, osserva perplesso Jon e la norma di sicurezza ben poco sicura adottata da quest’ultimo – le braccia tese strette attorno le sue spalle, per impedirgli di sbilanciarsi in avanti –, e più che stupito o scocciato sembra rassegnato. Come se effettivamente si aspettasse una cosa del genere.
“Brendon, non è il caso.”
Brendon, di riflesso, si schianta il palmo della destra sulla fronte e sbuffa. Lo guarda con gli occhi che mandano saette, e si copre nuovamente gli occhi con la mano.
“…Idiota.”
“Lo so. Ma non è il caso.”
“Idiota all’ennesima potenza.”
“…Ti piace la matematica?”
“Mi davo all’algebra, quando tu, stupido cretinomane, facevi una delle tue – appunto – cretinate.”
Jon non sa se sentirsi lusingato o vagamente offeso. Si chiede per un istante se esista un modo di essere offeso e lusingato, ma scarta l’ipotesi immediatamente. Sono cose contrastanti. E anche se Brendon è contraddittorio, e tutto il suo mondo di riflesso lo diventa, Jon è sicuro di non esserlo.
Quasi sicuro.
“Brendon, insomma, pensaci. Sei piccol-”
“Piccolo un corno!”
“E’ illegale!”
“Si fotta, la legalità!”
“Avrei grane!”
“Avresti grane ugualmente! I rapporti omosessuali sono proibiti, in questo cavolo di paese!”
“Studiavi anche diritto?!”
“Dovevo occupare il mio tempo libero in maniera costruttiva!
“Non parlare con quel tono! Sento il corsivo nella tua voce!”
“E allora cambiamo frase: dovevo fare qualcosa per evitare di pensare a te. Meglio?”
Per niente.
Jon deglutisce un paio di volte a vuoto, il nervoso di botto scomparso.
“Brendon, davvero,”
“Jon, ascoltami. Anzi, no, meglio: leggi il labiale.” Si indica con un ditino la bocca, prima di sillabare, molto lentamente, “Non me ne frega niente. Qualsiasi cosa sia. Non sono piccolo, non sei un pedofilo né io sono un gerontofilo, sono assolutamente consenziente e non ci saranno ripercussioni.”
“Tu cosa ne sai?” Non dovrebbe nemmeno parlarne. Nemmeno a farsi domande al riguardo. La faccenda Brendon è archiviata sotto un gigantesco ‘NO’, non di certo sotto un meno perentorio ‘Non so, vediamo, facciamo qualche domanda e poi decideremo’. Anche perché basta un banale sorrisino incerto per minare tutte le sue solide basi.
“Io… lo so. E’ una di quelle cose che si sanno, universalmente riconosciute e non smentibili.”
“Uh?”
“…Sai, tipo che Ryan non sa vestirsi. Un’altra cosa è che io e te andiamo d’accordo. E continueremo ad andare d’accordo, non importa cosa dirai tu o dirò io o cos’altro.” Si stringe nelle spalle, ed è in quel preciso momento che anche Jon lo capisce.
E’ una sensazione strana, come la soluzione ad un indovinello talmente scontata che ti fa venir voglia di esclamare ‘Oddio, ma era ovvio!’ perché era semplicemente così, e tu ti rifiutavi di vederlo.
Apre la bocca per rispondere, ma non ci riesce. Ci pensa su un attimo, e ancora non sa cosa dire. Si sente tragicamente al punto di partenza.
Sogghigna leggermente.
“…Io appuntavo rose sul gilet di Ryan.”
Brendon sorride stupidamente. Seriamente, tanto, stupidamente. E’ tipo il sorriso più stupido del mondo.
E’ tipo il sorriso più bello dell’universo.
“Io facevo puzzle.”



Epilogo!

“Bren?”
“Mh?”
“Ma perché questi centrini?”
“…So ricamare.”
“Ma-”
“Sì, lo so, non dire nulla.”
“…Mi insegni?”




Note!
Tanta idiozia, scenette nonsense, basilarmente una cretinata.
Nata da una conversazione con la dolce Will, è successivamente diventata una sorta di manifesto perculatorio contro di… beh, noi :°D
Commenti sempre ben accetti <3!

Christine Black

   
 
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