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Autore: V a l y    14/11/2014    2 recensioni
La prima cosa che pensa quando le tocca per caso il braccio ancora caldo – ed è strano, perché lei è morta, e dovrebbe essere fredda e rigida, invece sprizza ancora di quella luce vitale che la contraddistingueva da qualsiasi altra persona lui avesse conosciuto – è un rimpianto.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aeris Gainsborough, Cloud Strife
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: FFVII
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N.D.A. La dedico tutta alla mia capitana Alister09. E la ringrazio, perché con il suo DIFFERENT DESIRES è riuscita a descrivere con umanità, realtà e dolcezza un'Aeris che non si è mai trovata.
La sua Aeris è un'ispirazione, l'ispirazione con il quale tutti dovrebbero ricordarla e riconoscerla. <3


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La prima cosa che pensa quando le tocca per caso il braccio ancora caldo – ed è strano, perché lei è morta, e dovrebbe essere fredda e rigida, invece sprizza ancora di quella luce vitale che la contraddistingueva da qualsiasi altra persona lui avesse conosciuto – è un rimpianto.
Prima ancora del dolore, e della rabbia, e del desiderio di vendetta, dell'incredulità, lui pensa a quel giorno che lei gli aveva sorriso vergognandosi si essere caduta a terra nel giardino di casa sua. Era sempre stata goffa, saltava tra i tetti degli slum per scappare dai Turk con indecisione. Lui, invece, era sempre cinque passi avanti, accompagnati ognuno da un sospiro spazientito dalla sua lentezza. Pensa che magari, anziché sospirare, poteva aiutarla. Poteva prenderle quelle mani, che a sentirle, adesso, sembrano calde e morbide.
Pensa a quando, con decisione e con quella sua aria caparbia mista a cocciutaggine, gli aveva detto di salvare Tifa, che neppure conosceva – ma voleva farlo, perché era giusto così. Se era vero che a saltare i tetti titubava, quando c'entrava fare la cosa giusta diventava irremovibile e decisa. Era quel qualcosa che la rendeva affascinante. Dava l'impressione di essere indifesa, di essere la preda adatta a qualunque malintenzionato (e Midgar ne era piena), ma in realtà era una donna che sapeva badare a se stessa e sapeva il fatto suo, anche se non lo dava a vedere. Gliel'avrebbe potuto dire che era speciale, di un fascino tutto suo. Avrebbe voluto confessarle che il vestito rosso che aveva indossato per entrare tra le puttane di Don Corneo le donava, e che non la faceva sembrare una prostituta. Che lei era fin troppo fine per una di quell'ambiente. Fin troppo bella. Fin troppo autentica.
Pensa a quando, durante il loro viaggio, l'aveva sentita cantare. Era notte, tutti dormivano, e lei canticchiava, e sembrava felice – felice di cosa, poi? Erano in un viaggio di fuga, pieno di ricordi insidiosi e tappe pericolose, ma lei riusciva a trovare un qualsiasi pretesto per essere contenta, in quel modo enigmatico e mai compreso che per Cloud è ancora un mistero. Avrebbe dovuto dirle che le notti che la sentiva cantare riusciva a rasserenarsi un po', nonostante il peso della tensione e della paura che quel viaggio gli aveva scaturito. Avrebbe dovuto ringraziarla. Avrebbe dovuto dirle che i suoi sorrisi erano più di una consolazione del viaggio.
Pensa al loro appuntamento rocambolesco al Gold Saucer. Pensa a lei che lo prendeva giro perché era troppo rigido, e freddo, e se ne stava sempre zitto – non aveva peli sulla lingua, al punto di ferire chiunque le si trovasse vicino, ma era vero, lui era troppo rigido, e lei a suo agio come sempre. Lo rimbeccava dicendogli che erano a un appuntamento e non coglieva mai l'occasione giusta, non approfittava del momento. Aveva un modo di dirlo ambiguo, com'era lei. Cloud non capiva mai se scherzava o si aspettava davvero qualcosa da lui. Non capiva se doveva ridere, o offendersi, o baciarla sulla ruota panoramica.
Pensa che avrebbe dovuto. Doveva baciarla, al primo fuoco d'artificio, e oltre l'ultimo. Quando Aeris l'aveva salutato all'ingresso della sua stanza d'albergo, doveva prenderla e trascinarla in camera, fomentato da quel coraggio maschile che in effetti gli era sempre mancato, ma con lei poteva esistere, perché riusciva a metterlo a proprio agio, a fargli fare cose che non avrebbe pensato, a renderlo coraggioso e allo stesso tempo vulnerabile.
Pensa che avrebbe dovuto farle almeno una volta un complimento. Uno qualunque. Perché lei era piena di cose che valeva la pena notare. Il suo modo di puntellarsi coi gomiti quando erano seduti a un tavolo per ascoltare meglio una persona, per esempio. O il suo modo di mettersi gli stivali in piedi, piegando la gamba e facendo pressione col piede sul muro, mostrando una bella porzione di coscia da sotto la gonna, senza che Cloud capisse mai se nel farlo era impudica o semplicemente distratta.
Aveva un modo di ridere fragoroso, non troppo femminile, ma che si faceva sentire più delle parolacce di Barret, ed era bello, perché si imponeva come lei. La freschezza delle sue risate Cloud la sentiva anche dal cellulare, quando chiamava l'altro team. Avrebbe dovuto dirle che l'avrebbe sempre voluta con sé nel team, ma per privilegiare la loro missione e dare a ogni luogo la giusta squadra non l'ha potuto fare.
Pensa a quando se n'è andata, lasciando un messaggio. Aveva la sensazione di ritrovare tra quelle lettere frettolose il suo odore. Aeris aveva un profumo buonissimo, che sovrastava lo smog di Midgar e i suoi pensieri angosciosi e che riesce ancora a sovrastare l'odore ferroso del suo sangue, che ancora gli sporca gli indumenti da Soldier.
Il dolore arriva inaspettato, tra un pensiero e l'altro, tra le labbra di lei che gli premono le guance a forza di abbracciarla con troppa energia. Le stringe la nuca, tra i capelli sciolti e quei boccoli che si sono un po' sfatti.
Nell'orecchio, piangendo, le dice di amarla. Gli sembra quasi di sentirla ridere, rimproverandolo che era l'ora.
Gli scroscii dell'acqua, non sa come, gli sembrano una melodia canticchiata in piena notte.
  
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