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Autore: Nemesis_8    14/11/2014    2 recensioni
AU!Klaine!Peter Pan.
"Sc- Scendere?", balbetta Kurt, con un'ondata di apprensione che lo risveglia solo un po' dallo stato di shock in cui si trova; gira appena il collo per guardarsi attorno, e l'aria fredda lo colpisce in pieno viso non appena abbandona il riparo che gli forniscono il braccia e il petto del ragazzo, e per poco non urla. "Siamo -- Siamo -- Sospesi --"
Il ragazzo aggrotta le sopracciglia e si guarda attorno per un momento, "No", obietta con aria confusa, "Credo che il termine tecnico sia volare."
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Warblers/Usignoli | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note:
Buonasera!
Siamo Ambros e Nemesis_8, e questa storia è il nostro primogenito.
Uhm.
Okay, a parte questo.
Volevamo solo dirvi che la storia è parecchio lunga, e ce ne scusiamo in anticipo >.<
Solo che dividerla diventava difficile, quindi – eccola qua.
Per noi è davvero molto, molto importante, e la amiamo sinceramente, quindi speriamo che vi piaccia. <3
(Potrebbero esserci altre storie sul tema Disney, scritte assieme a Papillon_ e Locked!)


 
 
A tutti quelli che hanno il coraggio di volare.
E a quelli che guardano le stelle, con la speranza di ritrovarsi.
 

Kurt guarda giù, guarda giù nel buio e pensa non ho più niente da perdere, non ho più niente da cercare, una lacrima gli scivola lungo la guancia e la asciuga lentamente, è fredda sul suo polpastrello.
Il respiro tremante che lascia le sue labbra si trasforma in condensa, e si sente scuotere fin nelle ossa.
Si sfiora la bocca e la sua espressione si contorce per il dolore – quelle labbra sulle sue, così sbagliate, che non dovevano esserci, il pugno di Karofsky sull’armadietto, il rumore del metallo, un sapore sulla sua lingua che aveva un retrogusto acido –
Guarda giù nel buio e cerca un coraggio che non ha.
Solo un passo.
C’è l’asfalto, lì sotto – Chissà se fa in tempo a fare male.
Chissà se farà meno male di quella vita.
Solo un passo, solo un passo –
Suo padre gli vuole bene, magari per quello – Ma non c’è, come potrebbe capire, è troppo impegnato, non lo vede – o forse lui non vuole farsi vedere, non vuole essere debole, non di fronte a suo padre.
Solo un passo, solo un passo, solo un passo –
Trema e piange, ma non c’è nessuno che lo possa vedere.
Si stringe le braccia attorno al busto, ma i brividi che lo scuotono gli rimbombano nelle ossa e nelle vene, gli sembra di essere un unico nodo di panico, e forse quel passo non è molto, non è troppo –
Fa mezzo passo, che non è ancora abbastanza, ma è qualcosa.
Solo un altro po’, solo un altro –
“Ehi!”
Fa un mezzo giro su se stesso, ma il respiro gli si incastra nella gola per la paura e la sorpresa e perde l’equilibrio,  è così stupido che non ha nemmeno il tempo di rendersene conto, c’è il vuoto tutto attorno a lui prima che se ne renda conto – e per una volta il vuoto non è dentro di lui, e l’unica cosa che riesce a pensare è no, no, no, no –
Sta cadendo di schiena, non vede nemmeno l’asfalto, non sa quando arriverà l’impatto, farà male, dio, deve fare male –
E poi tutto si ferma all’improvviso.
Il cielo smette di allontanarsi e i suoi capelli smettono di vorticare attorno al suo viso.
E l’unica cosa che vede sono due occhi enormi e pieni di apprensione, di un colore che brilla anche di notte, dei ricci scuri e disordinati e un viso pieno di libertà.
“Ehi! Tutto bene? Che diamine stavi facendo là sopra?”
Kurt cerca di deglutire, ma l’ossigeno attorno a lui sembra troppo poco e il viso di quel ragazzo è troppo vicino, deve scendere dalle sue braccia –
“Aspetta, ti riporto a terra”, si affretta a dire il ragazzo, corrugando un po’ le sopracciglia e sporgendosi oltre il capo di Kurt, come se stesse guardando di sotto, “Se provassi a scendere da qui ti romperesti una gamba, come minimo – ”
"Sc- Scendere?", balbetta Kurt, con un'ondata di apprensione che lo risveglia solo un po' dallo stato di shock in cui si trova; gira appena il collo per guardarsi attorno, e l'aria fredda lo colpisce in pieno viso non appena abbandona il riparo che gli forniscono il braccia e il petto del ragazzo, e per poco non urla. "Siamo -- Siamo -- Sospesi --"
Il ragazzo aggrotta le sopracciglia e si guarda attorno per un momento, "No", obietta con aria confusa, "Credo che il termine tecnico sia volare."
Il viso di Kurt si fa ancora più pallido di quanto non lo sia già, i suoi occhi si spalancano per il terrore e dalle sue labbra esce a fatica un mormorio: “Mettimi -- Mettimi giù, per favore."
Il ragazzo lo guarda in viso per un attimo e sembra cogliere la serietà della situazione, perché stringe le labbra e annuisce, la sua presa attorno a Kurt si fa un po' più sicura, e plana dolcemente fino a terra, scegliendo di atterrare sullo spiazzo erboso di fianco alla strada piuttosto che sull'asfalto.
Si piega di lato per aiutarlo a poggiare i piedi per terra e lo guarda con attenzione, mantenendo le braccia attorno a lui come uno scudo, nel caso ne avesse bisogno.
Kurt pensa che potrebbe averne bisogno.
Si sente instabile, col cuore che batte troppo velocemente e il respiro che non riesce a stargli dietro, le ginocchia che ancora tremano e la sensazione di vuoto ancora attorno a lui; prende dei respiri profondi e chiude gli occhi, poggia la mano su un braccio del ragazzo senza nemmeno rendersene conto -- ha bisogno di sentire qualcosa.
"Ehi", la voce dello sconosciuto è morbida e leggera, sa di tante cose impossibili, "Tutto bene?", gli poggia una mano sulla spalla con un po' di esitazione, come se sapesse di non poterlo sfiorare con leggerezza.
Kurt deglutisce con gli occhi ancora chiusi, risucchia una boccata di ossigeno tra le labbra e alla fine trova la forza di annuire - forse non sta propriamente bene, ma può arrivarci.
"Sarei più tranquillo se parlassi", gli dice il ragazzo con un'occhiata scintillante, ma il suo tono è serio, il tocco delle sue dita appena più apprensivo.
Kurt prende un altro respiro profondo, conta silenziosamente fino a dieci muovendo solo le labbra, e alla fine dice: "Sto bene", con la voce roca e senza fiato.
Negli occhi dorati - sono dorati - del ragazzo passa una scintilla soddisfatta e appena incuriosita, annuisce, "Molto meglio", e gli regala un sorriso che è quasi letteralmente caldo.
Kurt prova a ricambiare, stirando le labbra in una pallida imitazione di un sorriso, si passa una mano sul viso e prova ad allontanare l'altra dal braccio dello sconosciuto per testare la propria stabilità; ancora gli tremano un po' le gambe, ma se si concentra per non cadere riesce a rimanere in piedi. Più o meno.
Conta di nuovo fino a dieci, un respiro alla volta, poi fino a venti, finché le sue guance non prendono di nuovo colore e il suo battito cardiaco ritorna stabile.
"Hai un aspetto notevolmente migliore, adesso", commenta il ragazzo volteggiando attorno a lui con un sorriso gentile.
Volteggiando.
"Oh mio dio", esala Kurt con gli occhi spalancati, fissandolo, "Tu -- Tu --"
"Cosa?", chiede lui fermandosi a mezz'aria, un cipiglio improvvisamente preoccupato dipinto sul viso, "Ho qualcosa sulla faccia?", e inizia a strofinarsi il mento energicamente.
Kurt ci mette qualche secondo a ritrovare la propria voce, e quando lo fa riesce solo a balbettare: "S-Stai -- Volando --", e dirlo ad alta voce sembra renderlo appena più impossibile.
“Oh”, il ragazzo fa scivolare lo sguardo attorno a sé, sull’aria sotto ai suoi piedi, “Uhm – Sì?”
Kurt si passa una mano sulla fronte e si sente di nuovo pericolosamente instabile, “Oh mio –
“Ehi, ehi”, il ragazzo atterra velocemente ed elegantemente sulle punte dei piedi, proprio accanto a lui, gli posa una mano sul braccio e lo guarda negli occhi, “Non svenire, okay? Mi dimentico sempre che voi non siete abituati – ”
Abituati?”, gli fa eco Kurt con incredulità, “Tu – voli.
Il ragazzo si stringe nelle spalle, “Quando mi va.”
Kurt lascia andare una risata incredula e vagamente isterica, “Quando – certo. Ovvio.”
“Ma per il resto sono normale!”, si affretta a specificare il ragazzo, “Più o meno.”, si corregge, come se avesse avuto un piccolo ripensamento, “Mi chiamo Blaine.”
“Kurt.”, risponde lui senza fiato, più per abitudine che per altro.
Ma il ragazzo, Blaine, il ragazzo che vola, sembra sinceramente sollevato, “È un piacere, Kurt.”, si tiene il nome tra le labbra come se non volesse farselo scappare.
“Piacere mio”, risponde con un filo di voce, stringendosi le braccia attorno al petto per cercare di scaldarsi. Blaine lo osserva in silenzio solo per un secondo, “Vuoi che ti porti a casa? Sembra che tu abbia freddo.”
Kurt nota per la prima volta che lui ha addosso soltanto una casacca leggera – verde – che gli arriva appena a mezza coscia, stretta in vita da una corda sottile e intrecciata, e una calzamaglia di cui non riesce nemmeno a distinguere il colore per il buio. “Come fai a non essere congelato?”, gli chiede, gli occhi spalancati, strofinandosi le mani sulle braccia come se sentisse freddo anche per lui.
Blaine scrolla le spalle, “Non sento mai freddo. Allora, vuoi che ti porti a casa? Prometto di non farti cadere.”
Kurt non sa nemmeno come guardarlo.
Si sente troppo pieno e troppo vuoto allo stesso tempo.
Così si limita ad annuire.

*

Blaine lo porta tra le braccia come se fosse un bambino, come se non pesasse affatto.
Kurt gli intreccia le dita dietro la nuca e si rannicchia quasi inconsciamente contro il suo petto – ha freddo, ha così tanto freddo.
Si sforza di non guardarlo in viso, tiene lo sguardo piantato sulla sua casacca verde e ogni tanto sente le lacrime che tornano silenziosamente a riempirgli gli occhi. Le trattiene tra le ciglia e non le lascia cadere.
Blaine ogni tanto gli lancia un’occhiata silenziosa da sotto le ciglia impossibilmente lunghe, ma non dice niente.
Lo stringe solo un po’ più forte.
Finché Kurt non si addormenta tra le sue braccia, e una sola lacrima sfugge alle sue ciglia, rotolando lentamente lungo la sua guancia.

*

“Kurt – ”
Un mormorio gentile e un piccolo sobbalzo lo riportano lentamente alla realtà.
“Coraggio, svegliati. Siamo arrivati.”
Le palpebre di Kurt si contraggono per la luce del sole che le trafigge, si sollevano con un po’ di esitazione; i suoi occhi si scontrano immediatamente con quelli dorati di Blaine, e per un attimo deve ricordarsi quello che è successo, deve lasciare che la realtà lo colpisca di nuovo. Forte.
Gli fa male.
Deglutisce e allontana immediatamente il viso dal petto di Blaine, “M-Mi dispiace”, balbetta, la voce ancora impastata dal sonno, “Non volevo addormentarmi –”
“Non preoccuparti, non c’è nessun problema”, lo rassicura lui con un sorriso, aiutandolo a rimettersi in piedi, “È stato un viaggio tranquillo.”
Kurt si limita ad annuire, ancora troppo stravolto da tutto per formulare un pensiero coerente, poggia i piedi sul terreno e prende un respiro profondo e –
Quella non è casa sua.
Quel prato, quel bosco, la radura, il profumo di aria pulita – Non è Lima. Poco ma sicuro.
“B-Blaine?”
Gli occhi chiari di Blaine scintillano alla luce del sole, “Sì?”
“Non – Non siamo a casa mia.”, e ha paura, e forse è troppo stanco anche per averla propriamente, ed è più deluso che altro, e non sa se ci sarà mai una cosa nella sua vita che andrà per il verso giusto o se dovrà solo continuare a sentire freddo finché non gli si congelerà il cuore.
“Oh”, commenta Blaine scrollando le spalle, “Lo so. Siamo a casa mia.”
Kurt deglutisce e si passa una mano tra i capelli, si schiarisce la voce e sente il peso di tutto il mondo sulle proprie spalle, “Ma – Io pensavo – ”
“Non vuoi andare a casa tua”, gli dice Blaine come se fosse ovvio, “Quindi ti ho portato qui.”
“Io voglio andare a casa mia!”
“Così puoi trovare un altro ponte e stavolta non sarò lì a riprenderti?”, gli fa notare lui con una nota aspra nella voce.
Kurt ammutolisce.
Ammutolisce, perché per un attimo ha pensato e se anche fosse?
“Non ti lascerò andare via finché non sarò sicuro che non farai niente di stupido”, asserisce Blaine con sicurezza, volteggiando attorno a lui con le braccia incrociate sopra al petto e un cipiglio serio.
“Ma non – non puoi farlo!”
Blaine si stringe nelle spalle con un ghigno, “Puoi sempre provare ad andare via, se vuoi. Non riuscirai mai a farlo senza volare.”
Kurt si sente improvvisamente troppo stanco.
Come se fosse stato in trappola tutta la sua vita.
Così si volta e corre, corre con tutta la forza che gli è rimasta.

*

“Kurt! Kurt, fermati! Non arriverai da nessuna parte!”
Ma Kurt non si ferma, non può fermarsi, è stanco di sentirsi in trappola –
Continua a correre anche se il terreno sotto i suoi piedi si fa sconnesso, si riempie di radici e sassi e foglie. Spera di riuscire a scappare da tutto.
“Kurt!”
Blaine lo segue senza alcuna difficoltà, volteggiando tra i rami degli alberi con naturalezza, come se lo facesse da una vita, “Aspetta! Finirai col farti male!”
Fa già male!, urla dentro di sé, e continua a correre con gli occhi socchiusi, l’acido che torna sulle sue labbra e il dolore che gli esplode nel petto, e non sa se vorrebbe fermarsi o andare avanti per sempre.
Si accorge a malapena delle lacrime che gli bagnano le guance, fa sempre più fatica a mettere un piede davanti all’altro, gli manca il terreno da sotto i piedi e si sente cadere in avanti – ancora e ancora e ancora.
Non fa nemmeno in tempo a portarsi le mani davanti al viso, ma quando ormai è ad un soffio dal terreno una presa solida si stringe sulle sue spalle, impedendogli di cadere.
“Stai bene?”, Blaine atterra di fianco a lui sulle punte, tenendolo ancora per le spalle, lo scruta con espressione preoccupata.
Kurt non sa nemmeno cosa rispondergli.
Forse dovrebbe dire voglio andare a casa. Ma come glielo spiega che non sa dove sia casa sua?
Così scuote la testa, si asciuga le guance e pensa portami via.
“Coraggio”, Blaine lo sfiora delicatamente su una spalla, “Ti porto in un posto.”

*

Kurt ha la giacca e la sciarpa piegate su un braccio, gli occhi stanchi e tanta voglia di non fare più nessuna domanda, non avere più nessuna risposta.
Blaine cammina di fianco a lui, i piedi che sfiorano appena il terreno e gli occhi ombreggiati dai riccioli disordinati che gli cadono sulla fronte; non dice niente, ma lo guarda spesso.
La casa sull’albero è in una piccola radura inondata di sole, punteggiata di minuscoli fiori gialli. È sospesa sui rami di un albero enorme, che sembra occupare tutto il prato, ha un piccolo portico e due finestre un po’ sbilenche.
“Ti porto su”, dice Blaine a bassa voce, non aspetta una risposta; gli passa le braccia attorno alla vita con dolcezza e si solleva da terra con semplicità, e Kurt si ritrova in piedi nel piccolo portico, di fronte ad una porta di legno e accanto ad una sedia che sembra incastrata tra la parete della casetta e la ringhiera.
Blaine apre la porta e lo invita ad entrare con un cenno incoraggiante del capo e un sorriso caldo, e Kurt entra con un po’ di esitazione, guardandosi attorno attentamente.
All’interno c’è una sola stanza  con un letto addossato ad una delle quattro pareti e un divano che deve aver visto giorni migliori dalla parte opposta.
“Non è molto”, ammette Blaine con un pizzico di imbarazzo, grattandosi  la nuca, “Ma se vuoi riposare –”, indica il letto con un gesto vago della mano.
Kurt si limita ad annuire debolmente, sussurra: “Grazie” con la voce roca.
Blaine annuisce, “Fai un fischio se hai bisogno di qualcosa”, fa qualche passo all’indietro e apre la porta un po’ a disagio, lasciandosi planare delicatamente giù dal portico.
Kurt si lascia cadere sul letto e fissa il vuoto.
Blaine sbircia appena da una delle finestre e nei suoi occhi scivola un po’ di tristezza.

*

La prima cosa che vede quando si sveglia non è il blu del proprio soffitto. E nemmeno quei piccoli puntini luminosi che vi ha fatto dipingere, perché, oh, vuole addormentarsi ogni sera esprimendo un desiderio, nella speranza che questo si avveri. (Anche se ogni mattina le sue speranze vengono infrante. Ma non ci fa più caso, ormai. O, almeno, ha, aveva, deciso che non importava. Che lui non importava. Non più.)
Quelle venature scure che s'insinuano silenziose nel legno chiaro della piccola casetta sono una sorpresa per Kurt.
Il tempo di un battito mancato, e i ricordi ritornano prepotentemente.
La sensazione di non essere più.
Il cavalcavia.
Blaine.
Quel ragazzo bizzarro, strano, dolce. Che è entrato nella sua vita nel momento in cui credeva di aver toccato il fondo, in cui si era rassegnato ad annegare nell'ombra di quel precipizio.
Si mette seduto, e vede come qualcuno ha avuto la premura di coprire il suo sonno con qualcosa di caldo e soffice.
Sorride appena al pensiero che possa essere stato proprio Blaine.
Blaine, che il giorno prima ha tenuto insieme i suoi pezzi quasi senza rendersene conto, e non ha potuto fare altro che stringerlo per non farlo spezzare ancora di più.
Appoggia i piedi per terra, e il legno fresco sotto di essi lo fa quasi sentire a casa. Quella sensazione che da tempo credeva di aver perso.
Si guarda giusto un po' intorno. L'arredamento è essenziale. Quel letto che fa da padrone a tutta la stanza, troppo grande per un ragazzo solo.
Quel divano che sembra un sopravvissuto alle peggiori tempeste, e per un attimo pensa sei anche tu un sopravvissuto, Blaine?
Kurt è sveglio.
Prima di quanto creda.
E no, non ha lasciato la finestra della sua casetta aperta per poter vedere quando quel ragazzo così etereo, e così spezzato, si sarebbe svegliato. No, assolutamente.
Come non si è svegliato appena ha iniziato ad albeggiare, e non ha fatto il giro della sua radura per raccogliere tutte le varietà di frutti freschi che poteva trovare. Solo per poter offrire a quella ninfa una colazione degna.
No, lui non fa quel tipo di cose. Affatto.
Ma appena Kurt si affaccia dalla porta della casetta, il suo cuore perde un battito.
È normale affezionarsi a qualcuno così in fretta?
La sua mente grida il proprio diniego, ma qualcosa, lì, al centro del petto, sussurra con timore un timido .
Si solleva lentamente da terra per non spaventarlo e plana dolcemente di fronte a lui sul portico, il cuore che gli batte nel petto e un sorriso sulle labbra, “Ciao.” 
Kurt lo scruta da sotto le lunghe ciglia, quasi voglia scavare in fondo, fino ai più profondi angoli della sua anima. Lì, dove ha chiuso il suo cuore, molti anni prima, “Oh, eccoti.”, gli dice, e sembra appena spaventato, con gli occhi che sfuggono i suoi e le mani che si muovono nervosamente.
E Blaine lo vuole far sentire a casa, vuole dargli un posto sicuro – “Hai fame? Gli altri hanno preparato la colazione.” Inclina appena la testa.
Una domanda negli occhi.
Blaine sorride. Un sorriso genuino.
Una mano in attesa, in una muta richiesta.
Nervi e muscoli.
Il cuore di Kurt fa una capriola. E accelera. È come correre verso un precipizio.
“Vieni. Ti faccio conoscere qualcuno.”
Semplicemente - muscoli e nervi.

*

Una dolce melodia soffusa risveglia la foresta e la radura.
Una lunga tavola, imbandita con le più svariate qualità di frutta e bacche. Quello che Madre Natura può offrire a dei bimbi abbandonati e non voluti.
Sperduti, ma non persi.
Beh, forse non tanto bimbi.
Kurt quasi non ci crede. Per il suo cuore, e per la sua mente, è già difficile semplicemente...credere.
Credere di non star sognando, di non essere morto. Ma di essere sveglio, più lucido di quanto possa essere mai stato. Credere di vivere veramente quella realtà. Una realtà che è difficile accettare, assimilare. Senza uscire completamente di testa.
Rapito dall'incredulità, la voce di Blaine gli arriva come lontana mille miglia. Perso.
Nella sua incapacità di credere. Nella necessità di tornare a sperare.
Ma la voce di Blaine sembra essere una buona ancora. Un buon appiglio. Un buon motivo per tornare indietro, e vivere.
Kurt lo osserva. Come gli occhi gli brillino mentre parla di quei ragazzi strani e sconosciuti. Mentre gli spiega come quella famiglia logorata, rappezzata, ora sia più forte che mai. Lo osserva, perché con le mani sembra voler dire più cose. Perché quel ciuffo sulla fronte gli dà un'aria ancora più sbarazzina. Nonostante lui continui a riportarlo in quella prigione di ricci.
Lo osserva perché c'è un mondo dietro gli occhi di quello straniero che vola, e forse è un mondo migliore di quello che Kurt conosce –
“...sembrano degli animali. Diciamo che l’educazione è qualcosa che riservano alle occasioni speciali.” Kurt inarca un sopracciglio, i suoi occhi sono come oceano in allerta, “Ma sono la cosa più vicina ad una famiglia che io abbia mai avuto. Sono loro, la mia casa, adesso.”
Oceano in tempesta. E domande, tante, troppe, domande nascoste fra le onde.
Qual era la tua casa, Blaine? Chi era la tua casa?
Quando sono più vicini, Kurt può notare come quella piccola famiglia abbia una medesima luce negli occhi. Una luce di speranza, di amore, di calore. Un calore che probabilmente nessuno aveva mai dato loro.
Occhi che adesso sono puntati tutti nella loro direzione. Stralunati. Eccitati.
“Uhm...Blaine?”, chiede dubbioso. Quella decina di paia di occhi iniziano a metterlo in soggezione.
Il moro non fa in tempo a rispondere che un uragano biondo li travolge.
“Blaine, lui chi è? Dove l'hai trovato? Non mi dire che l'hai rapito! Dovresti vergognarti se l'avessi rapito! Ma se è un cucciolo abbandonato, possiamo tenerlo? Ma guarda che carino? Sembra un piccolo unicorno!”
“Jeff, ti prego. Non spaventarlo.”, un sorriso gli gioca all’angolo delle labbra, di fronte a tanto entusiasmo, “Lui è Kurt.”
Gli occhi del ragazzo - Jeff - si spalancano, quasi come davanti ad una folgorazione.
“BLAINE! Finalmente lo hai portato qui! Ora voglio strapazzarlo un po'!”
Finalmente?
“Scusa, come finalmente?”
“Ignora Jeff, non sa cosa farnetichi.” Occhiataccia, “Vero, biondo?”
La risposta rimane sulla punta della lingua di Jeff quando un ragazzo moro lo prende per mano, con affetto?, e lo trascina via.
Kurt si gira verso Blaine, e, oh. I raggi del sole illuminano il suo viso, e la sua pelle ambrata sembra brillare. Ma gli occhi. Di gemme così belle, così profonde, così pericolose, Kurt è sicuro, non le ha mai viste, e per un attimo si scorda persino di cosa volesse dirgli.
“Tutto bene?” gli chiede Blaine, inclinando appena il capo sulla spalla.
Kurt si riscuote, “Chi sono loro?”
“Beh…come ti ho detto, sono la mia famiglia. Ma sono ragazzi come me. Con sogni e desideri troppo grandi, per un mondo piccolo come…il vostro.” –è unaparola soppesata a lungo, - “Rifiutati. Reietti di famiglie che non li amavano più. O che non li avevano mai meritati. E questa – ”, indica la radura con un cenno della mano, “è molto più casa di quanto ci potevamo aspettare. Non è molto. Ma per dei cuori spezzati e senza speranza, è tutto ciò che serve.”
Gli occhi di Blaine sono lucidi, adesso. C’è dolore, un così grande dolore dietro quelle lacrime, a forza trattenute. Così grande che Kurt si domanda come faccia a sopportarlo da solo. Come faccia a non crollare – come è successo a lui.
Ma ha già capito che dietro quelle stille c’è anche tanto coraggio, tanta forza.
E ci sono anche loro, quei ragazzi, pazzi forse, all’apparenza, ma così casa.
I suoi amici non sono mai stati così. Sì, forse, gli vogliono bene. Ma non ha mai sentito il desiderio o provato una fiducia tale, da affidare loro il proprio cuore.
Come invece sembra aver fatto Blaine, che ora li guarda con uno sguardo misto di affetto e protezione.
E quel sorriso sghembo che spunta lì, sull’angolino della bocca, fa tremare un pochino il cuore di Kurt.
Qualcosa di lieve. Un piccolo sussulto.
Ma che lo destabilizza.
Quel cuore che sentiva pesante dentro il petto, adesso, grazie a quel sorriso, lo sente più leggero. Un velo che si lacera. Polvere che cade.
E la vita che si rivela, fra spiragli di oscurità.
Si morde appena il labbro.
"Blaine?"
Il ragazzo si volta, e l'oscurità si dissolve ancora un po'.
I suoi occhi dorati rivelano un po’ d’ansia, “Vuoi – che ti riporti a casa?”
Scuote il capo in un leggero diniego.
"Voglio restare un po', magari."
E quel sorriso luminoso in risposta si insinua ancora di più fra le crepe.

*

Kurt resta.
E ricorda a Blaine che tutti gli angeli hanno almeno un demone sepolto nell’anima.


*
I Warblers stanno pranzando seduti attorno alla tavola, quasi senza accorgersi del mondo intorno a loro.
Ma fra loro non c'è quel ciuffo castano che sta cercando.
La pioggia ha iniziato a battere incessantemente, e sembra non voler dar cenni di smettere. In ogni goccia, risuona il desiderio del cielo di lavar via ogni paura, ogni tristezza, ogni timore. Come se si potesse veramente scavare così in profondo nell'animo delle persone.
Blaine è preoccupato. Kurt non conosce ancora bene l'isola. Non sa dove poter trovare rifugio.
Bum. Bum. Bum. Bum.
Il cuore gli batte forte.
Più forte del normale. Più forte di quando si libra nel cielo.
Kurt. È lui che lo rende così. Che lo fa sentire così vivo e libero.
Kurt e i suoi occhi che gli chiedono di amarlo, di proteggerlo, di nasconderlo fra quelle pieghe del cuore che nessuno può vedere.
E Blaine vuole fargli spazio nella sua vita. Vuole farlo sentire amato. Perché non conosce nessuno che, più di lui, possa meritare di esserlo.
Vuole che capisca che è bello, così bello, che il mondo è fatto per lui, per il suo essere unico e speciale.
E vuole essere lui, a ricordarglielo ogni giorno. Ogni ora. Ogni minuto.
Mi togli il fiato.
Quando sorridi e arricci appena il naso, quasi fosse cosa da poco. Quando ti lasci a quello scampanellio di risate, e chiudi gli occhi, e mi oscuri quei pezzi di oceano che sono diventati il mio nuovo orizzonte. La mia nuova Isola che Non C'è. La mia nuova casa.
Chiede agli altri Warblers, ma nessuno l'ha visto.
La notte e il buio avanzano. E Blaine semplicemente inizia a correre.
Alla casa sull'albero.
Alla radura.
In qualsiasi posto Kurt possa conoscere.
Nulla.
Sembra quasi che il ragazzo sia scomparso come la sua ombra tempo prima.
Corre, Blaine.
Le sue gambe tentano di sostenerlo. I muscoli si allungano. Il sangue scorre più veloce che può, quasi ad accelerare la sua disperata corsa.
No, non vola.
Perché Kurt non è lì, con lui.
E Blaine non riesce a pensare a niente di felice.

Un cuore ferito, spezzato dove può trovare conforto, se non nella pace e nella solitudine?
È quello che Blaine si domanda quando, correndo nella foresta, prende una piccola deviazione.
Una piccola rientranza nelle rocce, che danno sull'oceano.
Ne ha parlato con Kurt. "È il posto che preferisco quando ho bisogno di essere solo -- Blaine. E poi -- da lì si vede un'alba magnifica."
Forse è una pazzia, ma il ragazzo sente, sa, che Kurt è lì.
Quella pioggia, che nasconde le lacrime che rigano il suo viso, sembra battere sempre più forte.
Un ritmo che incalza, e Blaine non può che correre più veloce.
Ancora pochi metri e la vede. Quella piccola rientranza incastrata nella roccia.
E lì, le ginocchia raccolte al petto, una mano che inconsciamente tortura quel ciuffo ribelle di biondo cenere, e l'altra a stringersi in un abbraccio, per non cadere e perdersi lungo la via. Cristalli di rugiada salata incastrati fra le ciglia svolazzanti. Le guance arrossate dal freddo e dalla pioggia. Le labbra troppo rosse e troppo gonfie per la tortura che ha loro inflitto.
È bellissimo, pensa Blaine.
Si avvicina appena, come se non volesse disturbare quella quiete sospesa. Quella tregua immobile.
Alza gli occhi, ed eccolo lì, è una vita che ti aspetto, e forse è lui il suo pensiero felice, forse.
Si sente sciogliere di fronte al suo sguardo intenso, e anche il suo cuore tira un sospiro di sollievo.
“Non riuscivo a trovarti.”
“Avevo bisogno di stare solo, scusa.”, piccola pausa, il labbro intrappolato fra i denti, “Sai, a volte si ripresentano certi demoni, e per quanto si voglia mandarli via, l'unico modo per combatterli è semplicemente -- arrendersi.”
Cosa ti è successo, piccolo angelo?
E quando si vuol capire, conoscere, amare, qualcuno, si deve avere coraggio. Tanto coraggio, per potersi mettere a nudo, e mostrare le proprie ferite, le proprie sconfitte, le proprie cadute. Perché solo quando si è più vulnerabili, si può essere più vicini.
Così lo fa per primo.
Si siede accanto a lui con le ginocchia strette al petto e lascia spegnere un poco la luce che porta sempre negli occhi. Si schiarisce la voce.
“Avevo una famiglia, a casa. Mi fa strano chiamarla ancora così.”, mormora Blaine, quasi stia parlando fra sé. “Non eravamo molto uniti. Ma ci volevamo bene, o almeno credevo. Forse, apparivamo come una famiglia perfetta. Padre perfetto. Madre perfetta. Figli perfetti...”
Blaine tira appena su col naso. Una piccola lacrima impertinente sfugge all'intreccio di ciglia, ma viene subito spazzata via da un colpo di dita.
Quando ricomincia a parlare, la sua voce si incrina un poco. Piccole vene di malinconia, e di un dolore antico. “Ho sempre saputo che mi piacevano i ragazzi. Nella scuola maschile dove andavo, non era difficile far scivolare gli occhi sul sedere di qualche bel ragazzo.”, ridacchia, ma il gusto dell'amaro è subito in bocca. “Uscivo con questo ragazzo, Robert. Mi piaceva. Non era il mio unico e vero amore, ma ecco, mi piaceva. Una volta eravamo in camera mia, semplicemente a baciarci, e avemmo la sfortuna di essere beccati da mio padre. Non l'ho mai visto arrabbiato come quel giorno. Cacciò di casa Robert e quando fummo soli, iniziò ad urlare. Del disonore che avrei portato alla famiglia, del fatto che non avrebbe mai voluto avere un figlio frocio, che avrebbe preferito che non fossi suo figlio. Mia madre non disse nulla, impassibile, senza una sola parola di difesa o accusa. Quella notte presi e me ne andai. E mentre camminavo senza meta, mi ritrovai sospeso a mezz'aria, con Wes che mi guardava perplesso. E la mattina dopo ero qui. E ci sono rimasto senza che trascorresse un giorno nella mia vita. E – Dopo un po’ ho dimenticato – tutto.
Kurt rimane ammutolito per tutta la durata del racconto, gli occhi arrossati da lacrime che non smettono di scendere.
“Ti prego, non piangere.” Se piangi tu, piango anch'io. “Quello che voglio dire –  tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci stia vicino, che ci prenda per mano e ci rassicuri, che ci curi le ginocchia sbucciate. Ma non tutti sanno farlo. Non tutti al mondo sanno vedere al di là del proprio naso, perché la loro vista è ottenebrata dal...nulla. E quando ti ritrovi con più ginocchia sbucciate di quante tu ne possa sopportare, e fra le mani pezzi rotti del tuo cuore, inizi a pensare che essere un'isola, non è poi così male.”, gli rivolge un sorriso un po’ triste. “Ma quando incontri qualcuno che cura le tue ferite, senza chiedere nulla in cambio, solo lenendo il tuo dolore, solo portando insieme a te quello stesso dolore, che ti ruba il cuore, e tu glielo lasci fare, perché ti fidi, perché sai che ne avrà cura, che nulla potrà toccarlo fra quelle mani dolci, è solo allora che pensi Eccoti, è una vita che ti aspetto.
Blaine socchiude gli occhi, e guarda Kurt di sottecchi.
E, oh, è una vita che ti aspetto, te e le tue guance rosse, e i tuoi occhi di cristallo.
Non guardarmi così. Mi fai male, e mi fai così bene.
Prendi di me quello che vuoi. Il mio cuore è già tuo.


*

Kurt resta.
E Blaine gli ricorda che a volte va bene – lasciar andare.
Sentirsi troppo piccoli e avere paura –


*

 “Stavo pensando –”, Kurt si torce un attimo le dita e lancia un’occhiata di sfuggita a Blaine, che lo guarda di rimando, gli occhi dorati grandi e curiosi.
“Magari potresti tornare a dormire qui”, dice tutto d’un fiato, maledicendo il rossore che gli invade subito le guance, “In fondo è casa tua, mi dispiace che tu non ci possa stare – ”
“Kurt”, Blaine lo interrompe con tono gentile, cercando di guardarlo negli occhi, “Se senti di dovermi qualcosa non c’è – ”
“No”, lo interrompe Kurt immediatamente, racimolando il coraggio che gli serve a guardarlo negli occhi, “Non è quello, è che – ” mi sento più sicuro quando sei con me.Mi sento come se non dovessi aver paura di spezzarmi. Perché so che ci sei tu che rimetti insieme i pezzi. Deglutisce, spera che quel pensiero non traspaia dai suoi occhi, “Mi sembra solo giusto. Tutto qui. E a me non dispiace.”
Blaine lo guarda a fondo per un momento, poi annuisce lentamente, “Se ne sei sicuro.”
Kurt lascia andare un sospiro di sollievo – “Sì. Sicuro.”

*

Blaine si rigira sul divano e continua a ripetersi devo dormire, devo dormire, devo dormire –
Il divano è comodo, morbido sotto la sua schiena, la casa sull’albero è riparata dal vento leggero che fa frusciare le foglie attorno a loro.
Ma Blaine non riesce a dormire.
Si toglie il cuscino dalla testa e si rigira con uno sbuffo, che però gli rimane a metà sulle labbra.
Kurt è completamente illuminato dalla luce della luna, la pelle che sembra persino più bianca, ha le mani strette convulsamente attorno alle lenzuola e il suo petto è scosso da singulti.
Blaine è in piedi prima ancora che possa formulare un pensiero coerente, il cuore che gli batte furiosamente nel petto e una sensazione di sbagliato che gli corre nelle vene.
“Kurt”, sussurra senza quasi rendersene conto, raggiungendo il letto in appena due passi – vede le lacrime che gli bagnano le guance e qualcosa gli si contorce nel petto, non si ricorda quand’è stata l’ultima volta che ha visto qualcuno piangere, ma Kurt che piange – oh. È quasi come veder appassire un fiore.
“Va tutto bene, va tutto bene – ”, lo scuote appena per una spalla, svegliati, per favore – e gli occhi azzurri di Kurt sono spalancati all’improvviso, hanno la consistenza di due pozze d’acqua, e Blaine pensa che alcune persone non dovrebbero piangere, mai.
“Blaine”, Kurt è senza fiato, ha gli occhi rossi e il petto che si alza e si abbassa freneticamente, le mani ancora dolorosamente strette attorno alle lenzuola, e Blaine pensa che è così lontano dalla perfezione e così bello da fare male.
“Tu – Era solo un incubo”, lo rassicura Blaine per calmare anche se stesso, ma Kurt scuote la testa e si passa le mani sulle guance, e sembra ancora così perso che gli viene voglia di stringerlo per essere sicuro che non vada in pezzi.
Ed è quello che fa.
Si siede di fianco a lui e gli fa scivolare un braccio oltre le spalle, lo sente tremare sotto il proprio tocco, “Va tutto bene. Sei al sicuro, va tutto bene – ”, Kurt emette un sospiro che forse è un singhiozzo e si scioglie contro di lui, gli affonda il viso nel collo e gli bagna la pelle con le proprie lacrime, e Blaine lo stringe ancora di più. E quella pelle contro pelle è ti tengo al sicuro, sono qui.
Kurt si raggomitola contro di lui, e Blaine si ritrova a stringerlo, il petto contro la sua schiena e le mani intrappolate tra quelle di lui – come se Kurt lo stesse pregando di non lasciarlo da solo.
“Non vado da nessuna parte”, sussurra contro il suo collo, “Resto qui.”
Kurt risponde solo con un respiro tremante, si lascia andare contro di lui e chiude gli occhi.
Chiude gli occhi, perché il mondo scompaia intorno a lui.
Vuole solo annullarsi. E sentire, vivere del solo profumo di Blaine. Che è d'estate, di mare, di cielo, di libertà.
Si volta in quell’abbraccio, che è come una seconda pelle, e affonda il viso, lì, nella curva del collo. Dove si fa più intenso. Dove sente il profumo che hanno le nuvole quando è primavera.
Le dita di Blaine tracciano arabeschi astratti sulla sua schiena.
Piccoli tocchi, per calmarlo.
Piccoli sfioramenti, per rassicurarlo.
Fra le sue braccia, un piccolo angelo con le ali tarpate, ferito dalla prima aria sferzante.
Aggrappato, come se avesse paura di perderlo da un momento all'altro. Come se si aspettasse che scivoli via lasciandolo alla deriva.
Rafforza la presa sui suoi fianchi. Una mano la lascia lì, alla base della schiena.
E l'altra raggiunge il collo, quasi a stringerselo ancor di più al petto, e proteggerlo, nasconderlo.
Uno sfioramento appena sulla tempia, lì, dove è più forte il battito del cuore.
E poi Blaine comincia a raccontare.
“La prima volta che ti ho visto, avevi forse sei anni. L’eco dei tuoi singhiozzi risuonavano forti in tutta l’isola.”
Chiude gli occhi. Perdersi nei ricordi, non è mai stato facile. Doloroso, piuttosto.
Perché guardarsi indietro, significa vedere le orme che ci si è lasciati indietro. Significa rivivere quei momenti che ci hanno squarciato il petto. Significa ricordare quelle cicatrici che ogni giorno portiamo addosso.
Memorie di battaglie dimenticate.

Quella sera, Blaine non aveva voglia di stare a sentire i discorsi filosofici di Wes. Né assistere agli sguardi flirtosi e sdolcinati di Jeff e Nick.
Aveva solo voglia di stare da solo.
La necessità di quella solitudine che serve quando si viene assaliti dai ricordi, più o meno piacevoli. E Blaine non aveva molto ricordi belli.
Fece ritorno nel mondo. Là, dove mancava da molto. O da poco.
Non che ci fosse qualcuno a contare il tempo o ad attenderlo.
Volò senza metà, un po’ a caso. Guidato solo da quei pensieri, che lo tenevano incatenato al passato.
Le piccole cittadine erano illuminate da poche lucine, e da un manto di stelle.
Un silenzio che quasi si respirava.
E un flebile pianto.
Dei singhiozzi.
Un grido muto.
Una richiesta d’aiuto disperata.
Blaine arrivò ad una villetta.
Una finestra aperta.
E un bimbo addormentato. Raggomitolato sul letto, stretto ad un cuscino.
Un visetto, bagnato da stille di dolore. La fronte crucciata, e un cuore spezzato fra le mani.
Entrò.
Fluttuò su quel piccolo lettino.
Un viso d’angelo, dei lineamenti così delicati, che sembravano dipinti da un serafino. Un ciuffo di capelli color grano. E un petto palpitante.
Aveva voglia di consolarlo, Blaine. Un principino così piccolo, non meritava di piangere.
Ma aveva paura di svegliarlo. Di spaventarlo. E forse non era pronto a svelare la sua esistenza al mondo.

 
Darling, hold me in your arms the way you did last night
And we'll lie inside for a little while, here oh
I could look into your eyes until the sun comes up
And we're wrapped in light, in life, in love
Put your open lips on mine and slowly let them shut
For they're designed to be together, oh
With your body next to mine our hearts will beat as one
And we're set alight, we're afire love
 
Un sommesso canto. Una voce calda. Che aveva il solo intento di lenire quel dolore così grande, per quel bimbo così piccolo.
Cantò Blaine. Perché era la sola cosa che aveva da offrire nel buio della notte.
Ma cantò anche per se stesso. Perché anche il suo cuore aveva bisogno di guarire. E di tornare a battere.



Apre gli occhi. Di ritorno da un viaggio lontano. Persi ancora in spire di ricordi infinite e sconosciute. Qualche impertinente lacrima è rimasta impigliata in quelle sue ciglia lunghissime. Sente il respiro di Kurt più quieto. Gli occhi acquosi che lo scrutano. E lui non può che innamorarsi giusto un po' di più.
Kurt sente lo sguardo dell'altro accarezzarlo con dolcezza, come se fosse qualcosa di fragile.
E quando i loro occhi s'incontrano, un segreto lì, nel profondo di quell'ambra fusa. Occhi che vogliono parlare, gridare, al mondo una verità, che ancora non è pronto ad ascoltare.
Forse è troppo presto per dirlo. Ma Kurt sente, nel profondo del cuore che Blaine gli cambierà la vita.
Stravolgimela, Blaine. Come un uragano.

*

Kurt si siede sullo scoglio umido e lascia che la brezza leggera che sa di sale gli passi tra i capelli.
Ama quella porzione di mare.
Può guardare lontano, fino all’orizzonte, fino al punto in cui tutto finisce.
A volte può immaginare di tornare a casa.
Un brivido gli attraversa la schiena al pensiero, scuote la testa e si preme le mani sugli occhi prendendo un respiro profondo.
Casa.
A volte si chiede se finirà come Blaine, senza memoria. Senza nemmeno la sensazione di cosa sia, casa.
“Lo stai facendo di nuovo.”
Sobbalza appena nel sentire la voce delicata di Blaine, alza lo sguardo per incrociare i suoi occhi dorati, accesi da una luce dolce.
“Cosa sto facendo?”, chiede a bassa voce, puntando lo sguardo lontano, più lontano che può.
Blaine si accovaccia accanto a lui, i gomiti poggiati sulle ginocchia, “Stai andando via”, sussurra, scostandosi i ricci dalla fronte.
Kurt si volta velocemente verso di lui, gli occhi spalancati e le scuse sulle labbra, ma Blaine scuote il capo con un sorriso amaro, “Va tutto bene. Non è un problema.”
Kurt deglutisce, e ha bisogno di spiegargli, che – non è che voglia tornare indietro, è che – non lo sa. Come fa a tornare indietro se significherebbe riabbracciare tutti i suoi incubi?
“Non – Non voglio andare via”, gli dice, la voce che trema un po’ e gli occhi puntati insistentemente sulle rocce sotto di lui, “Non – davvero. Non – completamente.
Blaine lo guarda attentamente, si siede lentamente sulla roccia e sente un po’ male alle braccia – gli brucia la pelle per quanto ha bisogno di abbracciarlo e tenerlo al sicuro. “È per questo che – eri sul cavalcavia? Quella notte? E – gli incubi?”
E vede quella tristezza antica – troppo antica per il suo viso – che si deposita sul fondo dei suoi occhi, e li fa brillare solo un po’ di più, e vorrebbe essere in grado di tenerlo con sé per sempre.
“Sì”, sussurra Kurt senza fiato, stringendosi le ginocchia al petto, “Io – Era successa una cosa a scuola –”, si deve interrompere per prendere una boccata d’ossigeno, ricordarsi come si respira al di là della paura, “C’è questo ragazzo che – è il triplo di me e – mi ha reso la vita un inferno e quel giorno mi ha – mi ha –”, si porta una mano alle labbra come per cancellare la sensazione che è ancora lì, impressa, “Mi ha baciato. E io non sapevo che lui fosse – Volevo solo che la smettesse – ”
È solo quando Blaine gli stringe le braccia attorno alle spalle e gli permette di poggiarsi completamente a lui che si accorge di star tremando. Di non riuscire a smettere.
“Va tutto bene”, sussurra Blaine tra i suoi capelli, chiudendo gli occhi e stringendoli forte, perché gli fa male.
Così lo stringe un altro po’ e cerca di tenere insieme i pezzi. 

*

– Basta avere coraggio e rialzarsi.

*

Kurt resta.
E Blaine impara che essere coraggiosi per qualcun altro è la più grande forma di coraggio che possa esistere.


*

Blaine lo guarda dormire solo per qualche istante -- osserva il modo in cui il suo viso sembri completamente rilassato, impara a memoria il ritmo del suo respiro e ne è già completamente affascinato.
Oh, si era quasi dimenticato -- quanto di bello possa esserci nelle persone.
Ha passato così tanto tempo a nascondersi da tutte loro, e ora guarda Kurt che dorme e non riesce a ricordarsi perché.
"Kurt", lo chiama con tono soffice, attento a non spaventarlo -- tende ad essere così vulnerabile mentre dorme. "Ku-urt", canticchia con un mezzo sorriso, osservando il modo in cui le sue palpebre si contraggono e la sua espressione si piega quasi in un broncio.
Apre gli occhi lentamente, due pozze che quella mattina sono solo azzurre, di un colore incredibile. "Coraggio, dobbiamo andare in un posto."
"Ma io voglio dormire --", bofonchia Kurt in risposta, girando appena la testa sul cuscino.
"Ne vale la pena", mormora Blaine con un sorriso, incrociando le braccia sul petto - finirebbe per farci qualcosa di stupido con quelle mani, come spostargli i capelli dalla fronte o curiosare tra le pieghe che il cuscino ha lasciato sulla sua pelle.
"Va bene -- Sono sveglio", Kurt si stropiccia gli occhi con una mano e con l'altra si scosta appena le coperte dal corpo. Blaine s'intrappola il labbro inferiore tra i denti e sorride.

*

Il lago.
Una cascata che si riversa in esso. Come schegge di specchi.
Kurt guarda l'acqua con diffidenza e rispetto, come un bambino guarderebbe l'oceano.
Ci si sente infinitamente piccoli, di fronte alla devastante immensità della natura.
Lo ha sempre spaventato. Non è mai riuscito a sentirsi sicuro, se i suoi piedi non toccano qualcosa di solido e...fermo.
Forse è proprio quello il suo problema.
Il non scendere a compromessi. La sua incapacità di sfidare l'ignoto.
Di buttarsi, e semplicemente cadere, sperando che ci sia qualcuno a prenderti per mano.
Beh, Blaine mi ha preso in braccio. E ancora continua a farlo.
Si appoggia al tronco di un albero, appena qualche metro dalla riva.
La distanza giusta per ammirare con deferenza, qualcosa che lo spaventa tanto.
Si ferma lì, e aspetta. Blaine è rimasto indietro, e lui aveva troppa voglia di correre.
Ma in acqua, da solo non va.
Di passi da solo ne ha fatti fin troppi. E si è sempre fatto male.

*

Occhi chiusi. E la pelle diafana baciata da timidi raggi del sole.
Così lo trova Blaine.
Un piccolo, grande angelo, che ancora non ha scoperto di poter volare.
Un ciuffo ribelle che lambisce la fronte, rilassata.
E si trattiene.
A volte vorrebbe semplicemente lasciarsi andare all'istinto, e...vivere.
E vivere, significherebbe sfiorare quella pelle, quelle labbra, affogare senza ritorno nell'azzurro di quegli occhi.
Significherebbe abbracciare quel fragile, forte, ragazzo ed imprimere le sue dita su quei fianchi snelli. A significare che lui è suo. O che almeno vorrebbe.
Si sveste in silenzio. Quasi per non infrangere la sacralità di quella quiete.
Uno svolazzo appena.
E scompare nell'acqua cristallina.
L'acqua fredda lo rinvigorisce. Lo rafforza.
La pazienza non gli manca. La forza, beh. Quella lo sta abbandonando un po'.
Un guizzo di muscoli. Le goccioline che scivolano inesorabili lungo quel fascio di nervi, fino a scomparire.
Kurt osserva Blaine con dolcezza, ma anche con nascente bramosia.
Quelle spalle alle quale vorrebbe aggrapparsi. Quelle braccia tra cui vorrebbe essere stretto. Mani da cui vorrebbe essere toccato.
Il ragazzo in acqua si volta un poco. Giusto il tempo per Kurt di scorgere un sorriso luminoso, accecante. Il sole non è nulla in confronto a quel sorriso.
Potrebbe innamorarsi anche solo di quello.
Di quella luce che vive del viso di Blaine.
"Non vieni in acqua?", oh, forse Blaine ha la luce persino nella voce.
Kurt lo guarda incantato per un secondo, ma alla fine scuote la testa -- "Io -- ho paura.", e non lo imbarazza dirlo.
Blaine -- Blaine è una di quelle persone con cui ci si può concedere di avere paura.
Inclina il capo. Un angolino che si alza, in un accenno di sorriso, e labbra appena arricciate.
"E perché ti fa paura?" - chiede Blaine, mentre con qualche passo incerto, torna verso la riva.
Un timido velo di fragole, sulle guance di Kurt. E occhi bassi, quando ricomincia a parlare.
"Perché non sai cosa può accaderti. Perché non hai nulla cui aggrapparti. Perché, è un salto nel vuoto: non sai quanto male puoi farti."
E Kurt non sa veramente a cosa si stia riferendo. Perché se guarda gli occhi di Blaine, è lì la sua paura più grande. È in quel sole d'estate che sta il suo salto nel vuoto.
E Kurt non sa se vuol cadere, non sa se riuscirà a rialzarsi dalla caduta.
Non sa quanto si farà male, perché forse non ci sarà nessuno a cui aggrapparsi.
L'incresparsi del lago è il solo rumore che sente.
Una mano che si avvicina in una muta richiesta.
Appena li incontra, gli occhi di Blaine, che tanto gli hanno detto, ancora una volta, chiedono.
Fiducia, innanzitutto.
Speranza, poi.
(Amore, forse?)
"Ti fidi di me?".
E non fidarsi sarebbe semplice. È il guardare con rispetto quel salto nel vuoto, e lentamente allontanarsi dal ciglio del burrone. È un mettersi al sicuro. Senza mai aver vissuto.
Ma gli occhi di Blaine gli chiedono così disperatamente di fidarsi. Di lasciarsi andare, nelle sue mani. Di affidarsi a lui. Perché le sue mani saranno sempre lì a sorreggerlo, proteggerlo, cullarlo.
E quando Kurt si alza e afferra saldamente quella mano, non si stupisce.
Le loro mani che si allacciano in un incastro perfetto, quello sì, che è qualcosa per cui stupirsi.
Ha fatto la sua scelta. Ha preso la rincorsa e si è lanciato.
Quegli occhi. Saranno la sua rovina.
O la sua salvezza.
Lo tira leggermente verso la riva.
Il lago freddo all'improvviso gli lambisce le caviglie, ed è come tornare bambini.
Quando il primo bagnetto in mare era una conquista.
Un passo. Un respiro profondo.
Sabbia che scivola fra le dita. E acqua che conquista lembi di pelle sempre più estesi.
Blaine lo guarda attento, assorto forse.
Ma la sua mano non lo lascia. È solida nella sua.
Ed è ancora lì, quando Kurt non sente più il fondale melmoso sotto i piedi, e il panico inizia a salire.
Solo quella mano, che poi diventa spalla, che poi diventano braccia intorno al collo e mani intorno alla vita. È quella pelle calda, così calda, che aderisce perfettamente alla sua, la sola cosa che lo tiene a galla.
L'unica cui può, vuole aggrapparsi.
Perché Blaine è una di quelle persone per cui ci si può concedere di cadere.
Lo tiene stretto, ogni fibra del suo essere a ricordargli che non lo lascerà andare. Che potrà essere lui il suo scoglio. Vuole essere lui la sua ancora.
Il naso che gli sfiora quella piccola porzione di pelle dietro l'orecchio, e il fiato caldo che si infrange sul collo.
Ed è così facile innamorarsi. È così facile che spesso non te ne accorgi.
Il tempo di un battito e di uno sguardo, e ti ritrovi nell'occhio del ciclone. In pace, quando tutto il mondo fuori è in tempesta. Aggrappato a due occhi color miele e un amore al gusto di caramello fuso.
Perché Blaine è una di quelle persone con cui ci si può concedere di lasciarsi andare.

*

Kurt resta.
E Blaine gli insegna che trovare la felicità negli occhi di qualcun altro ed esserne felice di riflesso – sì, forse questo è un po’ innamorarsi.


*

“Pensieri felici, Kurt. Per volare ci vogliono pensieri felici.”
Kurt si rabbuia appena. Se avesse avuto dei pensieri felici non si sarebbe ritrovato in piedi sul ciglio di quel cavalcavia.
Lo guarda appena di sottecchi. Le spalle curvate, con il peso di un mondo troppo grande a gravarle. Lo sguardo perso in un orizzonte, che forse non si potrà mai raggiungere. Una spruzzata di ricci ribelli a coprire quegli occhi così belli, e così caldi, e così casa.
Blaine si gira, e lo guarda perplesso da sotto quelle ciglia svolazzanti. I silenzi non sono mai buona cosa. Il mondo non è mai in silenzio. Il silenzio vuol dire che non c’è più niente. Che si è detto tutto. Che a nessuno interessa quello che si ha da dire. E a lui interessa così tanto qualsiasi cosa Kurt possa aver voglia di dire.
“Cosa? Pensieri felici, Kurt. Non è difficile.”
La fa facile lui. Lui e la sua calzamaglia attillata e la sua fastidiosa, adorabile iperattività.
Ultimamente è felice quanto pensa a quelle piccole rughette, che increspano appena gli occhi di Blaine, quando sorride. O quando pensa alla sua aria assorta, e così pacifica mentre guarda il sole morire, un poco più di prima, dietro l'orizzonte.
Ma non può dirgli questo, no? Lo farebbe sembrare uno stalker, o peggio...
“La mattina di Natale, conta?”
Il miele fuso degli occhi di Blaine sprofonda in quelli dell’altro.
E in un attimo, Kurt vede tristezza. Tanta tristezza, e una consapevolezza matura, forse troppo matura per un ragazzo che non vuole crescere.
Come un lampo. Poi il miele si scioglie e torna ad essere quella calda brezza d’autunno.
“Sai? Là fuori, c’è qualcuno, una persona speciale, e tu sei il suo pensiero felice. Io lo so.”
E a Kurt non rimane che arrossire. Vuoi essere tu il mio pensiero felice, Blaine?

*

Occhi chiusi. Pensieri felici. Occhi chiusi. Pensieri felici.
Magari se lo ripete ancora una volta, eviterà di cadere rovinosamente per terra. Di sedere. Di nuovo. Sotto lo sguardo di Blaine, altalenante fra lo sghignazzo e la comprensione. Ancora.
“Dove sbaglio? Pensieri felici, mi hai detto. Ma non ci riesco. È inutile. Probabilmente non sarò mai felice abbastanza per potere volare.”
“Magari la ricerca della felicità è più emozionante della felicità stessa. Devi solo liberare la mente.”
Cosa assai difficile, se continui ad avvicinarti in questo modo, borbotta mentalmente Kurt. Come se fosse possibile, a due centimetri da quelle labbra rosse, per averle troppo mordicchiate. Rosse come fragole. Chissà se hanno anche lo stesso sapore...
La voce di Blaine che lo chiama lo fa tornare alla realtà. Cos'è che stava dicendo?
“Pensieri felici.”, annuisce.
Fissa Blaine, e il dolce colore dei suoi occhi. Oh, ci si potrebbe perdere in quelle sfumature. Si potrebbe morire nel tentare di capire quali tinte quell'incredibile pittore ha usato per dar vita a due luci del genere.
E si lascia afferrare da quel impetuoso groviglio, da quel tempestoso mare, da quel sole che sembra albeggiare con sempre più insistenza in quelle pupille.
Tiepido calore, che scalda e dà forza, ma non brucia. Spiragli di luce che lo avvolgono, e lo coccolano. Lo proteggono.
Forse sono le braccia di Blaine che si sono ancorate ai suoi fianchi. Forse il dolce respiro che si rifrange lì, fra la clavicola e la curva del collo, dove la sua pelle è più sensibile. Forse sono loro quel senso di protezione che sente. Quella sensazione, quella forza, di essere anche lui speciale. Di essere importante per qualcuno. E non gli dispiace pensare, fantasticare, che forse, forse, inizia ad essere importante per Blaine.
O forse, quelle mani sui suoi fianchi, quel dolce tepore, sono l'unica cosa che lo tiene coi piedi saldamente a terra.
Beh. A qualche centinaia di metri d'altezza, magari.
Sente il respiro caldo di Blaine su quel pezzettino tanto sensibile proprio lì, dietro l'orecchio.
“Posso tenerti con me?”
E il cuore di Kurt grida un per sempre che risuona nella notte, e lo guarda negli occhi e si sente il vento tra i capelli, pensa non farmi cadere.
Poi chiude gli occhi e respira proprio sul suo viso, e Blaine sa di tutto quello che ha sempre cercato – Blaine sa di felicità. Gli sfiora le labbra con le proprie, appena, ha le mani poggiate sul suo petto e sente il suo cuore che batte furiosamente contro il suo palmo, non ha il coraggio di aprire gli occhi e mormora: “Ti posso aiutare a ricordare – come – ”, ma Blaine preme le proprie labbra contro le sue, gli stringe le braccia attorno alla vita come se volesse imprimerlo sulla propria pelle, ed è un bacio breve e disordinato, con il vento tra i capelli e l’anima un po’ troppo in vista, “L’hai già fatto”, sussurra Blaine sulla sua pelle, gli occhi accesi dalla luce del sole che li colpisce di traverso, le labbra rosse e i ricci in disordine, “Me l’hai già fatto ricordare, sei – sei sempre stato tu – ”, e forse non hanno idea di cosa voglia dire, ma se lo sentono sotto la pelle, tremano appena e si rifugiano l’uno nelle labbra dell’altro, perché è l’unico luogo in cui si sentano invincibili. In cui non hanno bisogno di pensieri felici, perché li stanno stringendo tra le braccia.
Uno sfioramento di labbra ancora. E il cuore in gola.
Fronte contro fronte. E un lieve sospiro, come se si fosse arrivati a casa.
“Sei sempre stato tu il mio pensiero felice.”

*

Finché Kurt e Blaine non imparano che a volte bisogna andare via –  e lasciar andare.
E si insegnano a vicenda che a volte – il dolore, la paura, l’oscurità –  a volte ne vale la pena.

*


Kurt sa che sarebbe più facile restare sull'isola con Blaine. Dolce, dolcissimo, bellissimo Blaine.
Abbracciato, stretto fra le sue braccia. Aggrappato al suo calore.
Perché non capita a tutti di trovare, ritrovare, un amore destabilizzante come il loro.
Ma a casa suo padre lo aspetta.
Non può abbandonarlo. Non può spezzargli il cuore, non un'altra volta.
L'isola non è casa sua. Sì, lì ha trovato protezione, pace, balsamo per le sue ferite. Ma non è mai stata casa, non veramente.
E Blaine? Non è forse lui la tua casa?
Sarebbe bello che Blaine andasse con lui. Potrebbero essere casa insieme.
E non riesce più a rimandare.
Perché la vita la vuole affrontare, non vuole più nascondersi.
Vuole vivere, perché solo in quel modo i suoi demoni potranno essere sconfitti.
Ma non vuole vivere senza Blaine, perché sarebbe vivere senza sole. E senza sole si muore.
E Kurt non può permettersi, non vuole morire dentro di nuovo.

*

Una sera, sotto la luce di milioni di stelle, gli prende il viso fra le mani. La pelle vellutata, come seta sotto le dita. Un accenno di barba, a rendere tutto più adorabile e sensuale.
Lo guarda negli occhi. In quelle pietre di topazio, sfaccettature della sua anima.
“Voglio tornare a casa, Blaine. Ma so che se tu non venissi con me, non riuscirei a sopravvivere. Non mi lasciare, ti prego.” , una mano ad accarezzare dolcemente lo zigomo.
Una mano che raggiunge l’altra.
Un incastro che risulta perfetto.
E che un po’ fa paura. Forse più paura della distanza stessa. Forse più del dover crescere.
Perché anche se trovi la tua anima gemella, la paura di soffrire rimane lì. Sepolta. In attesa di insinuarsi fra le crepe della felicità e dell’amore.
E per non provare dolore, quel dolore che ti lacera e scava nel profondo, lasciando solo carne martoriata e sanguinante, quella anima gemella, tu la lasci andare.
Perché è più facile sopportare un cuore che non c’è più, piuttosto che avere un cuore a pezzi.
Blaine quasi si accoccola alla mano dell'altro, per sentirselo più vicino, per sentirselo dentro quel calore.
“Non posso, Kurt. Non posso tornare.”
“Perché? Perché non puoi tornare? Cosa ti tiene qui? Non c’è più nulla per te qui. I ragazzi possono crescere anche senza di te. Ti prego, non ti nascondere qui, dove io non posso più raggiungerti.”
Quegli occhi, Dio.
Non può farli piangere ancora.
Sprazzi di cielo che devono solo essere baciati e adorati.
“Ti prego, non piangere. Mi si spezza il cuore se piangi.” Ho passato tutta la vita a fare in modo che tu fossi felice –  labbra che raccolgono, asciugano, cancellano via con un bacio quelle lacrime, “Non posso venire con te. Non c’è posto per me nel tuo mondo. Non più, almeno”
Kurt lo implora, gli occhi che corrono nei suoi, “Ma il tuo posto è con me, nel mio cuore. È lì. Ed è solo tuo. Non buttare via quello che abbiamo. Non buttarmi via.”
“Lo conserverò, qui dove batte il cuore.”,  una mano poggiata, aggrappata lì, dove quel cuore batte, “E sarà sempre tuo.”, le mani che vanno a incastrarsi, a completarsi l’una dentro l’altra, “Su ogni piega c’è scritto il tuo nome, e fino alla fine i suoi battiti saranno per te.”, un bacio sulla fronte, “Sei così forte, Kurt. Così tanto, che il mondo è spaventato dalla tua forza. Sii forte per me, amore.”
Un leggero sfioramento di labbra, quasi a trasmettere tutto il sentimento che trabocca dagli occhi e dal petto.
“Non abbatterti mai. Quando ti senti solo, quando il mondo è così terribile da non riuscire più a respirare, quando pensi che tutto sia perduto, alza gli occhi al cielo. Lì. Seconda stella a destra. Lì. Il mio cuore che batte per te.”
E poi, come tutto è cominciato, quell’intreccio di mani si scioglie. E si riaprono ferite che si credevano sanate. Curate, rimarginate, almeno.
E ti sorprendi. E non capisci, perché ti ritrovi con le mani vuote, coperte di sangue. Un buco nel petto.
Il vuoto sotto di te. Niente cui aggrapparti.
E inevitabilmente…cadi.

*

Si lasciano andare.
E si insegnano a vicenda che a volte la felicità la devi ricordare guardando un cielo stellato.

*


Quando Kurt apre gli occhi, si rende conto di non essere più sull'isola.
È nella sua stanza, ed è come se nulla fosse accaduto. Come se non se ne fosse mai andato.
La casa è silenziosa. Se presta attenzione, sente anche il leggero russare del padre nell'altra stanza.
Sembra tranquillo. Che non si sia accorto della sua assenza? È stato via molti giorni.
Si guarda intorno. Nulla è stato toccato. Tutto è rimasto come l'aveva lasciato, l'ultima volta che è stato in quella stanza.
I libri in disordine sulla scrivania. La porta del bagno appena socchiusa.
I suoi Alexander Mc Queen abbandonati sulla sedia.
Afferra il telefono, che è ancora lì sopra il comodino, accanto a quella lettera, che aveva scritto per Burt.
18 dicembre. 4:04.
Forse qualche ora, non di più. Ecco il tempo che ha avuto con Blaine.
Blaine.
 
And it's dark in a cold December,
But I've got ya to keep me warm
And if you're broke I'll mend ya and keep you
Sheltered from the storm that's raging on.
 
Blaine che lo ha tenuto quando cadeva a pezzi.
Blaine che gli ha rubato il cuore e non gliel'ha restituito.
BlaineBlaineBlaine.
Si sfiora le labbra. Il fantasma di un bacio.
Il sapore dolce dell'amore. E quello amaro dell'abbandono.
 
I'm out of touch, I'm out of love
I'll pick you up when you're getting down
And of all these things I've done I think I love you better now.
 
Una carezza sulla guancia.
Che ancora scotta, come bruciata da quelle mani, che hanno accarezzato, venerato, amato.
E le lacrime che ora non riesce più a trattenere, non sono che ristoro per quella pelle in fiamme.
Blaine, che già gli manca.
Che insieme al suo cuore si è portato via anche tutta la luce nella sua vita.
Che gli manca come l'aria. E non vedere, sentire, il suo corpo caldo contro il suo, lo fa soffocare.
Scosta il piumone e si alza.
Va alla finestra e la spalanca.
Il silenzio della notte a Lima lo opprime, invece di tranquillizzarlo.
Alza gli occhi al cielo. Un sorriso al gusto d'amore gli macchia il viso.
 
I'm gonna paint you by numbers
And colour you in
If things go right we can frame it, and put you on a wall
 
And it's so hard to say it but I've been here before
And I'll surrender up my heart
And swap it for yours
 
Là, proprio dove Blaine gli aveva detto.
Una stella più luminosa delle altre.
Seconda stella a destra.

E dritti da te, amore mio.
 







 
 
Note:
[Qua sotto sono Nemesis (mia moglie non sa che sto scrivendo questo. Quindi, shh.)
Uhm.
Volevo ringraziarla, perché è diventata una piccola perla nella mia vita. Perché a volte, è il Blaine che salva il mio Kurt. Mi prende per mano, e non mi fa cadere.
Ti voglio bene, tanto. <3]
Fateci sapere, se vi è piaciuta.
Un bacio.
Ambrosis.

 
  
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