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Autore: 20ForthlinRoad    15/11/2014    2 recensioni
Schifo.
Schifo è la parola giusta.
Schifo sono io, Paul McCartney, ridotto a uno straccio. Uno schifo di straccio, per la precisione.
Chi l'avrebbe mai detto che proprio io, quel ragazzo che fino a pochi anni fa sprizzava di gioia ed entusiasmo per la vita, potesse ritrovarsi ora così, incapace di alzarsi da questo stupido letto con le lenzuola umide e sporche come me, e lo sguardo fisso sul soffitto di questa stanza buia.
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Note delle autrici #1: autrici, sì, perché dietro questo nick, si nascondo due autrici che hanno unito le loro forze per scrivere una os angst, kia85 & SillyLoveSongs

Io, kia, volevo scrivere questa os a 4 mani da tempo, così un giorno ho scritto la base di questa angst e poi SillyLoveSongs ha aggiunto le sue parti. I due stili sono diversi, ma penso che si siano mescolati abbastanza bene.

Per la storia mi sono ispirata alla depressione che Paul ha attraversato dopo lo scioglimento dei Beatles e alla canzone “Let her go”. J

Ringrazio kiki per la correzione e spero che vi piaccia.

Lascio le note finali alla co-autrice della storia.

Kia85

 

Let him go

 

 

 

Schifo.

Schifo è la parola giusta.

Schifo sono io, Paul McCartney, ridotto a uno straccio. Uno schifo di straccio, per la precisione.

Chi l'avrebbe mai detto che proprio io, quel ragazzo che fino a pochi anni fa sprizzava di gioia ed entusiasmo per la vita, potesse ritrovarsi ora così, incapace di alzarsi da questo stupido letto con le lenzuola umide e sporche come me, e lo sguardo fisso sul soffitto di questa stanza buia.

I miei occhi guizzano lungo il pallore della parete, cercando di distinguere, oltre il velo delle lacrime, una risposta al mio dolore. Ma non trovo altro che un timido raggio di sole che filtra dalle tapparelle abbassate.

Il dito teso del tramonto indica un punto imprecisato sul muro, evidenziando il principio di una lieve crepa che non avevo mai notato prima.

L’interesse che ho creduto aver abbandonato ogni mia azione, viene riscosso da quel gioco di luce. I raggi prendono per mano l’ombra sottile di quelle venature, distendendole su tutto il soffitto.

Con la repentina energia che solo la sorpresa può donare al mio corpo indolente, reggo il peso sui gomiti, e tutta la mia ritrovata attenzione, ora, è rivolta alla figura che si è creata forse solo nella mia fantasia. Soltanto questa, infatti, potrebbe trasformare quella fitta rete di crepe in un insieme ordinato di lineamenti.

Lineamenti umani.

Un mento. Un mento pronunciato, naturalmente atteggiato ad un'espressione sfrontata.

Un naso. Un naso aquilino, fottutamente familiare, lo riconoscerei fra mille.

Il profilo di una mascella, proprio là, dove l’intonaco comincia a sgretolarsi, come la mia convinzione di vedere ancora una volta John.

Singhiozzando violentemente, copro il mio viso con le mani, e premo le dita contro le palpebre chiuse, sperando che le chiazze colorate, che cominciano a vagare davanti alla mia vista scura, possano nascondere le crepe.

Ma non serve a nulla.

Apro gli occhi e quelle macchie galleggianti si allontanano, lasciandomi inerme di fronte allo sguardo di John, ancora impresso sul soffitto e nella mia mente.

Il muro non si stanca di mostrarmelo, e io non mi stanco di credere di riconoscerlo.

Non riesco a sopportare quel volto ancora a lungo, quel volto che fino a poco tempo fa si avvicinava al mio così tanto da permettere al fiato di John di carezzare la mia pelle. Quel ricordo diventa talmente vivido da costringermi a chiudere gli occhi, in un inutile tentativo di difesa. Mi abbandono sul letto e realizzo che ora la mia guancia è sfiorata solo dalla ruvidezza del cuscino in cui mi sono nascosto.

Riemergo da quell’oceano di lenzuola, il respiro affannato,  in cerca di una direzione a cui rivolgere il mio sguardo smarrito.

Frustrato, mi passo le mani sulle tempie. Speravo che la federa le avesse asciugate ma non è stato così: sono ancora umide dall'ultima crisi di pianto che mi ha sopraffatto. Le lacrime salate non fanno in tempo a seccarsi che subito ricomincio, e ogni volta è sempre peggio, ogni volta i singulti scuotono maggiormente il mio corpo.  

Ogni volta mi ritrovo senza più forze.

E a quel punto c'è solo una cosa da fare.

Allungo una mano verso il comodino, in cerca della soluzione effimera alle mie domande senza risposta; in cerca della voce paziente che sa rassicurare i miei pensieri.

Bere.

Bere come se non ci fosse un domani. E forse quel domani che fantasticavo con John, ora non è altro che silenzio. Il silenzio incerto di una frase interrotta; conosco un solo modo per tentare di terminarla.

Bere.

Bere, bere e bere ancora.

Bere fino a perdere coscienza, perché solo quello è l'unico modo per anestetizzare questo dolore.

Ma non ce la faccio, a perdere coscienza, neanche la bottiglia mi è più d'aiuto. Sono sempre sveglio, con la mente attiva a rammentarmi il terribile periodo che sto attraversando e il cuore pronto a pompare altro dolore nelle mie vene. Un dolore aspro, amaro, acido, brucia in ogni parte del mio corpo, come l’alcol che ho deglutito con indifferenza. Gli ho permesso di scivolare in me con un brivido caldo, seppur consapevole della sua inutilità.

Accolgo ogni giorno quella bevanda tiepida ed ingannatrice nella gola, sperando possa rasserenare le mie giornate trascorse a letto. La mia vita ormai sembra essere scandita da quei sorsi lievi e brucianti. Uno segue l’altro, senza sosta, in un terribile circolo vizioso.

La cosa che più mi fa rabbia è che non me lo aspettavo. Proprio no, non sono il tipo da ridursi in questo stato quando qualcosa va storto. Quando l'amore va storto.

Era proprio John a lodare questa mia qualità, con quel sorriso ammirato che provocava in me un’emozione sconvolgente e sconveniente che cercavo di zittire: l’amore. Un sentimento che sopravvive solo nei ricordi, e che ora è stato soppiantato dal dolore che mi sta prosciugando.

Ma suppongo che sia la logica conseguenza di quando troppo amore viene celato per troppo tempo dentro di noi: ci si ammala, e non solo nell'anima; quella, in fondo, si ammala molto tempo prima, nel momento stesso in cui ci si innamora.

No, è anche il corpo ad ammalarsi, e io ne sono la prova evidente.

Io con la debolezza nelle braccia e nelle gambe, io con la barba lunga da settimane di trascuratezza, io senza voglia di reagire e vivere.

Ma come potresti farlo? Questa la domanda che mi pone la bottiglia semivuota. Nonostante il suo contenuto abbia cominciato ad annebbiare la vista e la razionalità, mi trovo d’accordo con lei.

Come potrei ricominciare a vivere, reinventare me stesso da solo, quando l’artigiano che mi ha plasmato con le sue carezze e i suoi schiaffi se ne è andato?

Come potrei uscire con le mie forze da quell'uragano che sono stati i Beatles?

Dopo quell'uragano di nome John Lennon?

Un uragano che ha raccolto nel suo vortice le mie debolezze e le mie insicurezze rendendole forze e certezze.

Un uragano arrivato all’improvviso nella mia vita e che, allo stesso modo mi ha travolto, sconvolto e segnato per sempre.

Ero invincibile insieme a lui, o almeno era ciò che sentivo. Ero, eravamo potenti, con il mondo nel palmo della nostra mano e tutti ai nostri piedi.

Ora sono io ai piedi del mondo, ad implorarlo di darmi un’altra occasione, di non lasciarmi precipitare nella disperazione. Ma l’esistenza accetta la mia caduta con freddezza. Il volo del successo è ormai terminato e sono tornato con i piedi ben saldi a terra.

Ora sono solo uno dei tanti e come tanti ho paura.

Ho paura di non avere più sogni nella mia vita, perché il sogno più bello si è infranto. È arrivato lentamente, ed è stato distrutto prima che potessi accorgermi che ce l’avevo fatta, che il mio sogno si era avverato.

Che John l’aveva reso possibile.

John, che con la sua chiave magica ha aperto le porte del nostro destino e le ha oltrepassate, con la sua mano nella mia.

Dopo di lui ho paura di non avere neanche più l’amore. Lui, l’amore, era lì, era proprio davanti ai miei occhi. Mi bastava allungare la mano per toccarlo, ma…

Dio, sono stato così cieco.

Ora posso vederlo solo quando chiudo gli occhi, ed è tutto così straziante, che non lo sopporto. Ogni volta è come se mi scivolasse dalle mani anche nel sogno, e quando mi sveglio, resto solo, solo con quella sensazione di vuoto nel cuore.

Ed è la stessa che provi quando finalmente capisci.

Capisci che hai bisogno della fiamma solo quando si sta spegnendo.

Capisci che ti manca il sole solo quando inizia a nevicare.

Capisci di essere stato al massimo solo quando ti senti giù.

Capisci di amarlo solo quando lo lasci andare.

E come le lacrime sulle mie guance,  io l’ho lasciato andare.

Ho lasciato andare John.

 

 

Note delle autrici #2: Buon pomeriggio a tutti! Come già anticipato da Kia, sono _SillyLoveSongs_ e ho finalmente deciso di cimentarmi in un lavoro a quattro mani non solo con un'autrice che stimo davvero, ma soprattutto con un'amica molto speciale. È stato un lavoro impegnativo ma piacevole che spero di ripetere molto presto. Ringrazio chiunque abbia deciso di avventurarsi nella lettura di questo esperimento e chi ci lascerà i suoi pareri e consigli

Un abbraccio

_SillyLoveSongs_

 

   
 
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