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Autore: M4RT1    16/11/2014    5 recensioni
Cosa succederebbe se Derek dovesse controllare Stiles per una notte e tenerlo fuori dai guai?
Cosa succederebbe se Stiles non riuscisse a dormire, se provasse a scappare?
E, soprattutto, cosa succederebbe se Derek riuscisse a fermarlo?
__
"Derek?" sussurrò dopo un po'. Sapeva che l'avrebbe sentito.
"Che vuoi?" gridò infatti l'altro, infastidito.
"Dormi?"
"Secondo te?" ribatté il Licantropo. "Non dormo e parlo contemporaneamente".
"Oh, io sì!" esclamò divertito Stiles.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’orologio segnava esattamente le due e tre minuti quando i suoi sviluppati sensi da Alfa svegliarono Derek Hale, costringendolo ad alzarsi dal letto tiepido. Era novembre e faceva freddo – e nonostante probabilmente nessuno pensasse una cosa simile, perfino al tenebroso Licantropo piaceva starsene al caldo in casa sua, da solo.

Eppure, quella notte non era solo, avrebbe dovuto ricordarselo. Perché non c’era presenza più ingombrante, noiosa e fastidiosa di-

― Stiles! Cosa stai facendo?

Stiles Stilinski, ragazzino terribilmente logorroico e probabilmente unico umano ad aver mai fatto parte di un branco di lupi, se ne stava accovacciato sul davanzale della stanza per gli ospiti, un piede scalzo sul marmo, l’altro penzoloni nel vuoto; le braccia, avvolte in quella che a prima vista poteva sembrare un’enorme pezzo di stoffa informe (ma che in realtà era solo una felpa di Derek decisamente troppo grande per il corpo snello dell’altro) faticavano a mantenere aperta la finestra; il viso era contratto in una smorfia a metà tra il terrorizzato e lo stremato, i capelli che gli svolazzavano intorno scossi dal vento.

― Ehm, ciao, Derek ― disse, la voce squillante che risuonò nelle orecchie del padrone di casa.

 
***


― Ehi, okay, non c’è bisogno di fare così, ho capito!

Stiles si dimenò cercando di sfuggire alla salda presa del Licantropo: in quel momento, i piedi a dieci centimetri dal pavimento, sorvolava il corridoio, diretto chissà dove; aveva le braccia bloccate in quelle ferree del più grande, le gambe che si agitavano inutilmente, la testa immobilizzata sotto il collo di Derek. Odiava essere preso in quel modo, lo faceva sentire del tutto impotente (cosa che, in effetti, era) e gli dava anche un senso di mal d’aria che non gli piaceva per niente.

Dopo alcuni passi a destra, finalmente, sentì i piedi che toccavano il suolo con violenza, facendogli perdere l’equilibrio; cadde sul pavimento gelido.

― Non è modo di trattare gli ospiti ― mugugnò, rialzandosi. Si massaggiò il gomito, il volto imbronciato, poi guardò l’altro: era a petto nudo, ovviamente (si era reso conto che era sempre a petto nudo, non importava quanti gradi ci fossero fuori), e scalzo. E aveva la solita espressione che sembrava aver creato apposta per lui, quella che esprimeva il peggior disprezzo e, nel contempo, tutto l’esaurimento che riusciva a sopportare.

― Scott mi aveva detto che avresti provato a fare qualcosa di stupido ― disse. In quel momento, immobile e con gli occhi puntati sull’altro, faceva quasi paura. Le ombre della stanza buia gli si proiettavano in volto formando figure grottesche.

― Tipo? ― chiese il più giovane. Era in piedi, adesso, e le dita cominciavano a gelarsi sul pavimento freddo. Si circondò i fianchi con le braccia per non tremare.

― Tipo questo.

Derek si mosse piano, sbuffando. Raggiunse un interruttore e accese la lampada, illuminando quella che doveva essere la sua camera da letto – Stiles non c’era mai stato, ma era esattamente così che la immaginava: nera, come una specie di enorme bara, le lenzuola scure e senza mobili non essenziali.

― Andiamo, mi aspettavo qualche candela ― riuscì a esclamare con il solito tono ironico.

― Quelle me le conservo per il giorno in cui ti farò fuori ― ribatté l’altro, tagliente. Si sedé sul bordo del suo letto, i muscoli delle spalle contratti e lo sguardo rivolto a terra. ― Mi vuoi spiegare cosa ci facevi fuori dalla mia finestra? ― domandò poi nel tono condiscendente che si usa con i bambini.

― Cercavo di andarmene, ovviamente ― rispose Stiles nella stessa maniera. ― Voi mi tenete bloccato qui, io cerco una via di fuga.

Il brontolio di Derek assomigliava sempre terribilmente a un ringhio, ma quella notte il ragazzo fu sicuro che il Licantropo avesse ringhiato sul serio.

― Prima cosa ― sputò, digrignando i denti. ― Se avessi voluto bloccarti, a quest’ora saresti chiuso in un armadio legato con delle catene così doppie che nemmeno Hulk in persona riuscirebbe a spezzarle. Seconda cosa ― aggiunse, alzando gli occhi al cielo. ― Odio dirtelo e odio anche farlo, ma è per il tuo bene che Scott ti ha costretto a dormire qui, stanotte.

Il volto dell’adolescente mostrava chiaramente il suo disprezzo per la decisione dell’amico.

― Beh, Scott dovrebbe consultare anche me prima di farmi rapire dal suo degno compare e farmi rinchiudere- ― si interruppe, notando lo sguardo omicida dell’altro. ― Okay, farmi controllare da lui mentre rischia la vita.

― Come se non l’avesse già fatto ― sbuffò Derek.

― Come se non l’avessi già salvato ― replicò Stiles.

― Come se tu non andassi in giro con una mazza da baseball per difenderti ― concluse il primo, spalancando gli occhi e alzando le sopracciglia in un’espressione fintamente sorpresa. ― Che c’è, proteggi lui o ti proteggi da lui?

Stiles mormorò qualcosa di incomprensibile sui Lupi Mannari e sul loro senso dell’humor, poi scosse la testa. Rimasero in silenzio per un po’, sovrappensiero. Ad un certo punto, come risvegliandosi da una trance, Derek scosse il capo e batté la
mano sul letto.

― Dai, siediti ― bofonchiò, in imbarazzo.

― Grazie, resto in piedi ― disse l’adolescente per tutta risposta. Non avrebbe mai accettato un offerta da Derek Hale, per quanto il suo letto potesse essere caldo e comodo e- ― Okay, ma solo per un minuto.

Il materasso cigolò appena sotto il suo peso. Stiles si sedette sulla punta del letto, le gambe divaricate e la testa tra le mani.

Aveva la pelle d’oca, ma più di tutto si sentiva sperduto e spaurito come quando, a sette anni, si era perso nel centro commerciale e aveva aspettato i suoi genitori in compagnia di un commesso. Come quando era a scuola e si sentiva male per colpa del Nogitsune e nessuno poteva capirlo.

― Stiles, Scott mi ha parlato dei tuoi attacchi di panico, quindi se per caso dovessi- ― cominciò Derek, sorprendendolo ancora di più. Stiles lo fermò subito.

― Vedo che ormai sai tutto di me ― quasi urlò, nervoso. ― Ti ha detto anche come bevo il latte?

― In effetti sì ― ammise l’altro. ― Ha detto che certe volte ti aiuta a calmarti, quando-

― Non sono pazzo! Voi lo siete, certo, che mi rinchiudete qui mentre-

― Ora basta, Stiles.

Perso quel briciolo di pazienza che aveva faticosamente mantenuto negli ultimi minuti, Derek scattò in piedi, i muscoli in tensione, il battito accelerato.

― Questo non è un gioco di ruolo, chiaro? Qui la gente che può combattere combatte, gli altri se ne stanno a casa loro ―
sussurrò. Non era un sussurro dolce, fatto a posta per non disturbare; era pieno d’ira. ― Tu non puoi combattere, Stiles, non ora.

Ricadde il silenzio, rotto solo dalla pioggia che scendeva incessante. Il più piccolo resisté alla tentazione del rintanarsi tra le coperte e dormire, cercando di dimenticare che il suo migliore amico e la sua ragazza fossero lì fuori a caccia di qualcosa di cui non era nemmeno al corrente.

― Riguardo agli attacchi di panico ― disse dopo un po’, cercando di recuperare il sarcasmo. ― L’ultima volta, per farmelo passare, Lydia mi ha baciato. Vuoi provare?

Derek alzò un sopracciglio.

― Stai tranquillo, se non vuoi morire ― disse soltanto, riprendendo posto accanto a lui. ― Il massimo che posso fare è darti l’inalatore di Scott e sperare che tu non ti autoelimini prima del suo ritorno ― aggiunse. Poteva sentire il cuore di Stiles che batteva troppo velocemente e non voleva che un’eventualità simile a quella descritta si avverasse – doveva distrarlo, in un modo o nell’altro.

― Okay ― rispose l’adolescente. ― Quindi ti conviene fare quel che ti dico io, se non vuoi che Scott ti accusi di omicidio e ti-

― Scott non sarebbe in grado di far nulla, contro di me ― disse fiero Derek. ― Lui non ha la metà del mio addestramento.

― Come vuoi. Ma sono pronto a scommettere ― ribatté Stiles. Sembrava molto giovane, avvolto nel piumone dell’altro.

Derek lo fissò.

― Che c’è? ― chiese. ― Hai freddo?

Si sentiva come uno di quei mostri buoni che cercano di fare da babysitter nei cartoni animati.

― Un po’.

― Senti, perché non te ne torni a letto, eh? ― propose come se fosse un’idea geniale. ― Ci dormi su, io ci dormo su, e domattina sarà tutto finito.

― Non riesco a dormire, altrimenti non mi sarei alzato per evadere.

Derek scosse la testa, cercando di resistere all’impulso di fargli perdere conoscenza con un pugno. Non era una cattiva idea,
ma non sapeva come avrebbe potuto dissimulare il livido in presenza di Scott – certe volte era davvero una mammoletta, il
ragazzo.

― E allora che vuoi fare? Cos’è che fate voi ragazzi, quando non avete sonno? Leggere, guardare la tv?

― Dio, Derek, eppure hai solo cinque anni più di noi! ― protestò Stiles. ― Internet l’hai mai sentito?

― Non ho connessioni, qui, se ti può interessare ― rispose, secco. ― Ma ho dei libri ― ribadì. ― E anche un ottimo sonnifero.

― Ti ho detto che voglio stare sveglio ― si ostinò l’altro.

― Può essere pericoloso ― lo mise in guardia Derek con tono cospiratorio. Si voltò di scatto verso di lui, facendolo sobbalzare. ― Gira voce che ci siano Lupi Mannari, qui intorno.

Stiles ridusse gli occhi a fessura, ostentando una risata finta.

― Sei troppo divertente, sul serio ― commentò, piatto. ― Sai, ripensandoci credo che andrò a letto ― disse, alzandosi.

Tremava tutto.

― Stiles, stai bene? ― lo richiamò l’altro.

― Ho freddo.

― Ne sei sicuro?

Stiles alzò nuovamente gli occhi al cielo.

― Non ho bisogno della balia, Derek. Soprattutto di una balia assassina che vuole uccidermi perché non sa controbattere al mio sarcasmo ― aggiunse, camminando verso il corridoio. Sparì dalla visuale dell’altro, poi tornò a farsi vedere.

― Ehm, dov’è la camera degli ospiti?

 
***


E alla fine tornò a letto.

Derek lo seguì e si assicurò che fosse al caldo, poi si avvicinò alla finestra e la chiuse con un lucchetto, minacciando di fare lo stesso con la porta, se solo avesse sentito il minimo rumore.

― Okay! Ho capito! ― stava urlando Stiles quando il Licantropo gli si avvicinò.

― Se hai bisogno del bagno, è in fondo al corridoio. Il frigorifero è in cucina. L’acqua dei rubinetti non è potabile, non berla se vuoi evitare di occuparmi il bagno per le prossime ventiquattro ore. Io sono a destra, ma non cercarmi. Chiaro? ― terminò, secco.

― Chiarissimo ― rispose l'altro. Si teneva stretto alle coperte in un riflesso infantile di terrore, di quando da piccolo aveva paura che dei mostri orrendi uscissero dalla penombra per rapirlo - non sapeva quanto era vera quella sua fantasia.

Le dita strette tra le lenzuola, fissò l'ombra di Derek sparire dalla porta, ne sentì i passi per il corridoio, il cigolio del materasso. Attese, in silenzio. Il respiro dell'altro tradiva il fatto che non stesse dormendo.

― Derek? ―  sussurrò dopo un po'. Sapeva che l'avrebbe sentito.

― Che vuoi? ―  gridò infatti l'altro, infastidito.

― Dormi?

― Secondo te? ― ribatté il Licantropo. ― Non dormo e parlo contemporaneamente.

― Oh, io sì! ― esclamò divertito Stiles.

― Non avevo dubbi che parlassi anche nel sonno ― fu il commento del più grande, seguito da un nuovo cigolio e dai suoi passi nel corridoio. In due secondi, era appoggiato allo stipite della porta. ― Che c'è? ― domandò.

Stiles sospirò, lo sguardo basso.

― Non è che potresti ―  si schiarì la voce. ― darmi uno di quei libri? Non riesco a dormire.

Derek roteò gli occhi, entrando nella stanza. Senza chiedere il permesso, prese posto ai piedi del letto di Stiles, guardandolo con l'espressione più neutra che potesse trovare.

― Qual è il tuo problema? ― domandò. ― Hai paura del buio?

Stiles digrignò i denti (quante volte l'avevano fatto? Avrebbero avuto bisogno del dentista, alla fine di quella nottata) e scosse il capo.

― No, ovviamente no ― scandì bene. Alzò lo sguardo e incrociò quello dell'altro. ― Solo che non ce la faccio a dormire, ecco. Forse è colpa di questa stanza, delle ombre o di questi quadri inquietanti che tieni appesi alla parete ― commentò. ― Sul serio, amico, ma che roba è?

― Immagini di Licantropi ― spiegò l'altro.

― Giusto. Beh, perché si trovano nella stanza degli ospiti, esattamente? Comunque, è colpa di, non so, forse dei tuoi Licantropi dipinti. Forse di Scott, non lo so ― mormorò. ― Non riesco a dormire qui dentro. E non ho il mio cuscino.

Il sospiro di Derek probabilmente giunse fino a Scott, per quanto fu rumoroso. Il ragazzo si alzò, si avvicinò pericolosamente a Stiles, calpestandogli le ciabatte accanto al letto; lo afferrò per un braccio e lo tirò su di peso.

― Ehm, che fai? ― chiese il secondo, balbettando. ― Derek, possiamo ancora parlarne! Non chiudermi nell'armadio, ho paura dei luoghi scuri e stretti in casa tua!

Poco dopo, però, Stiles non era in un armadio, ma sul divano. Luci accese ovunque. Derek accanto a lui. Una coperta di pile che li avvolgeva entrambi. Il televisore acceso.

― Sai, avresti potuto pensarci prima ― commentò Stiles, interrompendo il film per la decima volta. ― Io adoro guardare Star Wars, non posso credere che Scott non-

― Me l'ha detto, certo che sì. Sono io a odiare questo film.

― Oh. Ti ricrederai. Altri popcorn?

 
  
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