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Autore: 139km_    16/11/2014    1 recensioni
Era come se la pioggia volesse evitarmi, volesse ignorare la mia presenza. Rimasi immobile ad ascoltare, in silenzio. La pioggia mi sfiorò leggermente, poi mi ignorò. Impaurita, come se mi avesse letto dentro. Mai mi avvolse, mi abbracciò o si mescolò con la mia anima sporca e rovinata. In quel momento capii che il mondo mi odiasse. Capii che sarei rimasta sola per sempre, nessuno avrebbe mai accettato e perdonato i miei peccati. Fino a quando una goccia mi cadde sul palmo della mano, accogliendomi.
*scrivevo già un'altra storia, ma ho deciso di spostarmi su un genere completamente diverso, spero vi piaccia comunque!*
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho sempre trovato affascinanti le gocce d'acqua che scivolano sul vetro del finestrino di un'auto. Si rincorrono, si cercano, si incontrano e si uniscono per poi distruggersi insieme raggiungendo la fine del vetro. Un po' come fanno le persone, affidare la propria felicità a qualcuno vuol dire solamente andare incontro all'autodistruzione.
Ho sempre trovato assurdi questi pensieri, mi giustificai dando la colpa alla lunghezza del viaggio: 'in qualche modo devo passare il tempo', mi ripetei ancora. Un lampo mi distolse dai miei ragionamenti, portandomi a guardare il cielo. Era più scuro di un pozzo senza fondo, più spaventoso di qualsiasi film horror esistente, o forse ero solo io una ragazzina annoiata. Mi sembrò un grande mostro dalle fauci spalancate pronto a divorare tutto e tutti, senza eccezioni. Per una frazione di secondo tutto si fermò, si creò una strana atmosfera. Stranamente non ebbi paura, tutto mi trasmise una calma interiore mai raggiunta prima. Buio. Luce improvvisa. Di nuovo buio totale. 'È così che sono io'. Scossi la testa per cacciare altri stupidi pensieri profondi insensati. Mi girai osservando mia madre con la coda dell'occhio. Continuò a canticchiare stando attenta alla strada. Mi rigirai verso il finestrino e allora lo vidi: un tornado. Non so cosa successe, so solo che io fui l'eccezione.

Mi misi seduta scostando le coperte e passandomi la mano sulla fronte, ricoperta di sudore. Sbuffai, lasciandomi attirare dalla forza di gravità, ricadendo sul letto. Era ufficiale, la vita mi odiava così tanto fino al punto di tormentarmi ogni notte. Osservai il soffitto: un cielo stellato ricopriva tutte le pareti della mia stanza temporanea. Non mi piaceva per niente, il cielo, era solamente un bugiardo. 'Ma chi non è bugiardo a questo mondo?' Aspettai il suono della sveglia, giocando con i miei capelli ramati. Forse era il momento di una spuntatina. Decisi di alzarmi e farmi una doccia veloce. Per mia sfortuna, oggi, sarebbero arrivate le matricole. 'Più mocciosi viziati da servire, più soldi'. Ovviamente la mia autoconvinzione non era svanita negli anni, non era qualcosa di così terribile... poteva dimostrarsi utile, in fondo, avevo imparato a conviverci.
Lasciai che l'acqua mi scorresse sul mio corpo minuto fino a quando non si raffreddò, mi asciugai e misi l'uniforme. Raccolsi i capelli in una crocchia e andai a svegliare Roxy, la mia "vicina". Entrambe avevamo perso i genitori finendo in un orfanotrofio, fino a quando il Greenville Technical College ci "adottò". Potevamo vivere gratis a costo di lavorare come cameriere nella mensa, 'sorridi e servi' un motto abbastanza idiota ma alla fine non era poi così male. Bussai alla sua porta, sapendo benissimo che non avrebbe comunque risposto. Entrai e la scossi leggermente. Mugolò e si girò dandomi le spalle, mi sedetti sul bordo del letto e la scossi ancora. 
"Roxy, oggi arrivano le matricole, se non muovi il culo la Turner ci caccia via a furia di bastonate."
Annuì e si alzò. Le passai l'uniforme, aspettando che si vestisse.
"Merda, ho davvero bisogno di un po' di trucco o sembrerò una fottuta sonnambula... dovremmo chiedere il permesso di scendere in città e comprare qualcosa di decente, questo correttore non migliora un cazzo. Stupide pubblicità, dovevo saperlo che in realtà..."
Continuò la sua lagna fino a quando Matt non venne a chiamarci per il turno. Roxy alzò gli occhi al cielo mentre uscimmo dalla stanza, sapevo quanto odiasse Matt. A me non sembrava tanto male, anche se non volevo assolutamente niente di serio. Speravo l'avesse capito dopo che ebbe provato a spingersi troppo in là con me. Avere 19 anni non è sinonimo di andare a letto con qualcuno, non per me almeno. Roxy mi diede una pacca sulla spalla.
"Speriamo che finisca presto 'sta cosa. Oggi conto su una passeggiata e shopping folle, cara Sharon, non mi sfuggirai".
Le sorrisi e mi recai verso la mia postazione, sospirando sonoramente mentre osservavo l'esercito di stupide matricole in arrivo.
'Sarà un lungo pranzo...'
Circa dopo dieci ragazzine petulanti e patetiche, un ragazzo biondo si avvicinò al bancone. Alzai un sopracciglio, incuriosita. Non poteva essere di certo una matricola.
1. Camicia sbottonata
2. Tatuaggio
3. Converse al posto dei ridicoli mocassini che indossano tutte le matricole super sfondate di sol-
"Beh, mi dai o no quello schifo di insalata?"
Mi richiamò dalla mia accurata analisi e gli feci una smorfia, prendendo il suo piatto per servirlo.
"Meglio le matricole a questi idioti che si credono i re del mondo"
Borbottai, sperando che mi sentisse.
"Spero tu stia scherzando."
Accennò una risata e gli porsi il piatto, arricciando il naso.
"Stai bloccando la fila"
Gli risposi acidamente, ricevendo un sorriso in risposta.
"Bel caratterino"
Lo sentii dire mentre si allontava ed io servivo altri ragazzini spocchiosi.
Avevano praticamente la mia età ma mi sentivo sempre distante dai miei coetanei, più matura, forse.
La pausa pranzo terminò ed iniziai a ripulire i tavoli, quando notai il biondino irritante con la testa poggiata su di un tavolo nell'angolo della mensa. Roxy mi si avvicinò e lo indicò con un cenno.
"Hai visto quant'è carino? L'avevo adocchiato mentre lo servivi."
Alzai gli occhi al cielo e mi diressi verso il ragazzo in questione.
"Dovresti andartene, non avrei nemmeno dovuto servirti, il pranzo era solo per le matricole."
Gli ricordai, dondolami sui talloni. Alzò la testa, poggiando il mento su una mano. Mi sorrise divertito ed io sbuffai.
"Sono una matricola, solamente essere il figlio di una professoressa comporta i suoi vantaggi."
Alzai nuovamente gli occhi al cielo per quella che mi sembrò la millesima volta in un'ora. 
"E sarei anche una sottospecie di..." mi squadrò, in cerca del termine esatto "di cameriere."
Cosa? Mi stava prendendo in giro per caso? Notando la mia espressione accigliata, si alzò e chiarì.
"Inizierò domani, devo ripagar-"
Si interruppe e mi superò, recandosi verso l'uscita.
"Non credo di doverti dare delle spiegazioni.. Sharon."
Fu l'ultima cosa che mi disse prima di uscire. Fottuti cartellini di riconoscimento. Aveva iniziato lui a parlare, chi gli aveva chiesto niente? Sbuffai ancora più irritata di prima. 
"Sarà un lungo anno, non un lungo pranzo" mi lamentai.
   
 
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