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Autore: PaleMagnolia    27/10/2008    4 recensioni
Avete presente la femme fatale degli anni Cinquanta - Marilyn, l'elegantissima Grace Kelly, Veronica Lake? Con biondi capelli sempre in ordine, classe e fascino da vendere, labbra color del corallo, e bellissimi abiti da sera?
Ecco, Evelyn Cleve non ci assomiglia neanche un po'. Ma non perché non ci provi, sia chiaro: anzi, le piacerebbe tanto, ma tanto tanto tanto, essere una di loro... Ma, ehi!, voi avete mai provato a essere impeccabili, quando un gatto vi osserva (appollaiato in cima al mobiletto del bagno come un piccolo avvoltoio peloso) mentre vi infilate le calze, la vostra migliore amica è in pieno delirio amoroso, vi sospira nelle orecchie tutto il giorno e mangia solo mele, e la vostra vecchia zia vi rimpinza di focaccine sciroppose?!
Io non so, ma Evelyn assicura che non è facile... No, non è facile neanche un po'! Seguite Eve Cleve attraverso (letteralmente) sandwiches con il tonno (e la maionese, e le cipolline), gatti mangia-calze, pasticcio di rognone e amiche logorroiche: ne vedrete delle belle, e soprattutto assaggerete un po' di tutto.
Genere: Commedia, Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Millenovecentocinquantatré' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Oggi sono prolifica. (O prolissa?) Ben due (2) capitoli.

Piccole precisazioni:
Fred Astaire era un attore e ballerino filiforme e agilissimo, celeberrimo a partire dagli anni Trenta per i film danzanti in coppia con Ginger Rogers. Inoltre, Fred il gatto è un tributo alla micia di una mia cara amica, che pesa sul serio sette chili. Il gatto, non l'amica.
I gatti siamesi mangiano davvero la lana. Non si sa perchè. Quando l'ho letto su un libro che parlava di gatti, ho pensato che l'autore fosse scemo. Poi ho adottato una siamese psicopatica, e ora i miei calzini sono pieni di buchi umidicci.

Giunta a casa, Evelyn salutò la zia Libby che trafficava in cucina, e scavalcò un paio di gatti obesi, acciambellati nel mezzo

Giunta a casa, Evelyn salutò la zia Libby che trafficava in cucina ("Qui, micio-micio-micio", la sentì gorgheggiare), e scavalcò un paio di gatti obesi, acciambellati al centro del corridoio. Al suo passaggio, alzarono pigramente la testa e la guardarono, con i tondi occhi ambrati socchiusi.

Ronfavano come il motore ingolfato di una mietitrebbia.

Si infilò in camera sua, si liberò con un calcio delle scarpe – aveva i piedi gonfi come due zampogne – e si lasciò cadere supina sul letto.

“Meee-ow”, fece il letto sotto di lei.

Sospirando, Evelyn si alzò e sloggiò un ennesimo micio sovrappeso che si era rintanato sotto il copriletto; l’animale si stirò voluttuosamente sulla pedana, prima di prendere la porta con un rumoroso sbadiglio.

A Evelyn piacevano i gatti, ma avrebbe voluto avere un po’ di privacy, ogni tanto.

Per esempio, avere un grosso felino striato che ti fissa mentre ti lavi i denti, appollaiato sul mobiletto dei cosmetici, alla lunga finiva per stancare. O fare il bagno con un gattino rosso che, in bilico sul bordo della vasca, allunga la zampina per giocare con la spugna.

E anche trovarsi a fissare un paio di tondi, curiosi occhi verdi fra i calzini, ogni volta che apriva il cassetto della biancheria, tendeva a diventare irritante.

Oltretutto, continuava a inciampare su Fred Astaire, il gatto preferito della zia; si poteva infatti dedurre il grado di predilezione della zia dallo strato di adipe sulla pancia dei gatti. Fred pesava sette chili, e si poteva descrivere in un solo modo: quadrato. Bianco, con grosse chiazze marroni sulla schiena, da lontano sembrava un vitello.

Un vitello sdraiato.

La sua schiena era larga quanto la spalliera di una sedia.

O meglio, Evelyn pensava che le sedie fossero state acquistate a misura di Fred.

Era vero.

Evelyn si gettò di nuovo sul letto.

Diversamente dal resto della casa, che sembrava in tutto e per tutto una torta alla meringa –carta da parati color crema a fiorellini rosa tenue, cuscini rosa, asciugamani e pedane di spugna color cipria nei bagni -, entrando nella sua camera si poteva pensare di immergersi in un accogliente regno subacqueo. Il copriletto azzurro si abbinava a cuscini turchesi, abat-jour con le frange color acquamarina, un gatto bianco e grigio sulla pedana.

Ah, no. Via il gatto.

Evelyn cacciò gentilmente, ma con fermezza, un'altra grassa palla di pelo dalla stanza.

Dal peso, valutò che doveva essere uno dei favoriti di Libby.

Si gettò per la terza volta sul letto.

Cominciava a seccarsi.

Pensò alla settimana di lavoro che aveva concluso. Non c’erano state ulteriori catastrofi, dopo quella prima, disastrosa giornata.

Se si escludono un paio di licenziamenti e la crisi di nervi di un impiegato che, dopo aver chiesto per cinque volte di essere messo in comunicazione con la portineria, si era visto rispondere da Mrs. Lovejoy, la cuoca della mensa aziendale.

Per cinque volte.

Mrs. Lovejoy lo prese per un maniaco, e lo diffidò dal chiamarla di nuovo.

All’ultima telefonata, il poveretto aveva preso un giorno di malattia ed era uscito dall’ufficio cantando Daisy, Daisy, give me your answer, do.

Che per una bizzarra coincidenza era il nome di battesimo di Mrs. Lovejoy; la donna s’inquietò terribilmente, e andò dritta nell’ufficio del direttore, chiedendo il licenziamento del brav’uomo, così…

Ma sto divagando.

Insomma, in definitiva, non era andata male.

Evelyn girò la testa e si accorse di una busta affrancata posata sul comodino.

L’aprì: era della sua famiglia.

Cara Evelyn, diceva,

Mangi abbastanza?

Evelyn sorrise. Questo l’aveva scritto sua madre.

Qui stiamo tutti bene.

Spero che tu ti trovi bene dalla zia. Solo, sta’ attenta a tutti quei dannati gatti. Soprattutto ai siamesi. Mangiano la lana, sai, e una volta che ero ospite di zia Libby, uno di loro ha riempito di buchi la mia sottoveste, e ci ha sbavato disgustosamente sopra.

Hai già trovato qualche nuova amica?

Spero di sì, e spero anche che tu trovi presto un bravo giovanotto da sposare.

Non per metterti fretta.

PS: non parlare con la bocca piena.

 

Cara Evelyn, proseguiva la lettera in una calligrafia differente,

tua madre e io siamo molto orgogliosi di te.

Non farti licenziare prima di un mese, o perderò la scommessa che ho fatto con George, sai, il nipote del lattaio. Hai capito di chi parlo? Quello che ti tirava sempre le trecce a scuola.

Mangi a sufficienza? Ora che lavori, devi nutrirti bene.

P.S: tua madre spera che tu trovi un marito prima dell’estate. Sta ricamando un corredo di cotone, ma se pensi di sposarti prima, le posso dire di farlo di flanella.

 

Cara Evelyn, scriveva poi una mano infantile.

Evelyn sorrise di nuovo. Che cara è stata, Eleanor, a scrivermi due righe anche lei, pensò, intenerita.

come va?

Rivoglio indietro i miei nastri di velluto.

 

 

 

 

  
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