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Autore: redalertbd    27/10/2008    8 recensioni
What if? Basato sulla miniserie del 1990 con Charles Dance: cosa sarebbe potuto accadere dopo la scena del pic-nic e dello smascheramento di Erik. Erik/Christine.
Genere: Romantico, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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NOTE: l'ambientazione è quella della miniserie del 1990 con Charles Dance, a sua volta basata sul libretto del musical di Yeston/Kopit (per vedere come sono Erik e Christine in questa versione, qui c'è una presentazione: http://www.youtube.com/watch?v=UL7LGwdjjWU ) Un elemento fondamentale di questa versione è che qui Erik si presenta immediatamente a Christine offrendosi di darle lezioni, senza impersonare l' "Angelo della musica", giustificando la sua maschera con la necessità di nascondere la sua identità. Tra Christine e Erik si instaura così un rapporto molto più diretto. In seguito a vari rivolgimenti di trama, Erik porta Christine nella sua casa sotterranea. La ragazza viene a sapere della deformità e delle origini di Erik da Gerard, l'ex-manager dell'Opera, ma si rifiuta di andarsene prima di aver parlato ancora una volta col suo maestro, che per distrarla la porta ad una sorta di pic-nic in un bosco artificiale costruito con vecchi elementi scenografici... lì, Christine gli chiede di mostrarle il suo viso, dicendo che per quanto possa essere orribile non le importerà, grazie al suo amore e all'affetto che prova per lui. Cito: "Ho visto i tuoi occhi e conosco il tuo cuore, lascia che veda il tuo viso...". Erik tenta di sottrarsi, ma alla fine cede. Purtroppo lo shock del vedere il suo viso è troppo grande, e Christine sviene.
La mia storia prende avvio da questo punto. Un'ultima nota e poi la smetto davvero ^^; Erik in questa versione della storia è tendenzialmente più gentile e calmo del solito, e può apparire OOC rispetto alle sue altre incarnazioni.





Christine si risvegliò di nuovo nella stanza dove Erik l'aveva portata la notte prima, quella che istintivamente le veniva da considerare la sua stanza. Per un attimo le parve di essersi addormentata dopo l'incontro con Gerard, e che tutto ciò che era successo fino a quel momento, la passeggiata nel bosco artificiale, le sue richieste insistenti, il cedimento di Erik e... la cosa... dietro la maschera... fosse stato un sogno. Si sollevò a sedere sul letto, passandosi una mano sul viso, poi si alzò e provò ad aprire la porta. Era chiusa a chiave.

Si sentì raggelare. Posò le mani sulla superficie di legno, e vi premette l'orecchio, senza sentire nulla. Voleva chiamare Erik, voleva chiamare il suo maestro, ma improvvisamente la voce le si era chiusa nella gola, e persino respirare era difficile. Perchè l'aveva rinchiusa lì? Le chiacchiere che circolavano per l'Opera le tornarono in mente, nessuno che avesse visto il volto del Fantasma era mai ritornato alla luce del sole. Possibile che anche lei ora fosse prigioniera, possibile che...

No. Erik non le avrebbe mai fatto del male. Non è vero? Il dubbio nascosto le riempì gli occhi di lacrime. Sforzandosi di respirare profondamente, di calmarsi, ritornò al letto e vi si sedette, accoccolandosi e raccogliendo le gambe come se volesse farsi il più piccina possibile, e si sforzò di ricordare bene cosa fosse successo. Aveva supplicato Erik di mostrarle il suo viso, assicurandogli che per quanto terribile, a lei non sarebbe importato, perchè il suo amore era troppo forte... lui aveva cercato di sottrarsi, ma lei aveva insistito, ed infine... Chiuse gli occhi. Non riusciva a riportare alla mente i dettagli, li aveva come chiusi via, da qualche parte. Ricordava di aver pensato ai suoi occhi, di essersi detta di guardarli, che quello era Erik, il suo maestro, l'uomo che le aveva donato la musica chiedendole così poco in cambio, l'uomo che... e poi nulla. Doveva essere svenuta.

Stava piangendo, ora, insieme di paura e di vergogna. L'aveva deluso... anche lei era stata come tutti gli altri, come tutti quelli che l'avevano costretto a nascondersi lì sotto. Ma lei ci aveva creduto davvero, era davvero convinta che sarebbe stata in grado di fronteggiare qualunque orrore... per amore. E Christine lo amava. Persino in quel momento, di fronte alla possibilità di essere prigioniera, di non poter mai più vedere la luce del sole... o peggio... la cosa che le provocava più dolore era il senso di colpa, la paura di perdere lui...

"Maestro... Erik, ti prego... maestro mio..." singhiozzò forte, incapace di trattenersi. Dalla porta sprangata non giunse risposta. Restò così per quelle che le sembrarono ore, finchè l'estenuazione non la vinse e si lasciò scivolare di nuovo sulle lenzuola, abbandonandosi ad un sonno leggero e tormentato con le ginocchia strette al petto.



L'abitazione sotterranea era ridotta ad uno sfacelo. Erik sedeva a gambe incrociate sul pavimento, tra mobili rovesciati e tessuti fatti a brandelli, circondato dai fogli sparsi e stracciati dei suoi spartiti. Solo gli strumenti musicali si erano salvati. Il momento in cui la sua mano si era stretta sul violino era stato come una doccia fredda. Si era ritrovato in piedi, ansimante, il volto rigato di lacrime che doleva. Nella sua furia l'aveva graffiato con le sue stesse mani, quel volto maledetto, e la pelle sottile si era lacerata, il sangue era colato fino a macchiare la camicia di seta, e gocciolava ancora. Avesse potuto strapparselo via, quel viso! Aveva rovinato tutto... perchè, perchè lei aveva insistito?! Sapeva che non sarebbe potuta andare diversamente, eppure per un solo, folle momento aveva sperato. Aveva sperato che Christine avrebbe potuto posare uno sguardo... se non di amore... di pietà, almeno, che avrebbe potuto accettarlo... aveva messo in gioco tutto di se stesso, e aveva perso più di quanto credeva di avere. Stupido, idiota!! Cos'altro si aspettava?! Possibile che in tanti anni non avesse ancora imparato che nessuno avrebbe mai potuto guardarlo se non con orrore?! Eppure... aveva sperato che almeno Christine...

Lentamente si tirò su, in ginocchio e poi in piedi, posò il violino sopra il coperchio del suo organo, e si avviò su per le scale fino alla porta di Christine. Restò a fissarla per alcuni lunghi minuti, mentre le ultime tracce di furia si dissolvevano in una tristezza sorda, dolorosa come sale su una ferita aperta. Quando aveva ripreso almeno in parte il controllo era tornato nel bosco, muovendosi il più silenziosamente possibile, e l'aveva trovata ancora svenuta. L'aveva portata fino alla sua stanza, ricordando con amarezza come lei gli si era aggrappata solo la sera prima, mentre la portava là nello stesso modo, e l'aveva chiusa lì temendo, immaginando, che appena fosse rinvenuta sarebbe fuggita, che lui l'avrebbe persa per sempre. Ma che senso aveva obbligarla a stare lì, se l'unico modo in cui l'avrebbe guardato d'ora in poi sarebbe stato con paura e ribrezzo? Gli sguardi dolci, affettuosi, che avevano nutrito la sua anima fino ad allora... no, non avrebbe mai più potuto goderne. Non aveva più senso. La sua musica era scomparsa.

Osservò la mano che si sollevava a togliere il catenaccio dalla porta come se si trattasse dell'arto insensibile di una marionetta che non obbediva al suo volere. La catena scivolò sul pavimento, il rumore risuonò nella casa silenziosa con la forza di uno sparo. Erik si girò e ritornò nei resti del suo studio, intenzionato a risparmiarle un'altra visione del proprio orrore. Lasciarla andare era come morire, ma costringerla a stare lì era come strangolarla, e questo, questo era molto peggio della propria morte. E se una volta libera, lei avesse raccontato del nascondiglio del Fantasma dell'Opera, se avesse indicato la via per trovarlo tanto meglio. La morte sarebbe arrivata più velocemente.



Il fracasso improvviso la riscosse, facendola saltare su come se fosse stata morsa da un serpente. Il catenaccio... fissò lo sguardo sulla porta, in attesa, insieme terrorizzata e piena di aspettativa. Ti prego, fa che abbia la sua maschera, pensò, sentendosi immediatamente in colpa ma non potendo farne a meno. I minuti passarono senza che la maniglia accennasse a muoversi, e la ragazza iniziò a sentirsi incerta. Si alzò, istintivamente lisciandosi il vestito spiegazzato, e andò vicino alla porta, posò la mano sulla maniglia di metallo e lentamente la spinse fino a far scattare il lucchetto. Attese, trattenendo il fiato. Niente, non un suono dall'altro lato. Leggermente esasperata, sotto il nervosismo, si decise infine ad aprirla, e mosse qualche passo per le scale. Si coprì la bocca con una mano, osservando la rovina che la circondava. Erik doveva essere come impazzito... di nuovo sentì una fitta di paura, ma si sforzò di reprimerla. L'aveva già visto infuriato, non così, certo, ma voleva credere che comunque, per quanto arrabbiato, non avrebbe mai rivolto la sua ira contro di lei.

Certo, prima non era mai stata lei l'origine di quell'ira... non in quel modo.

La porta del passaggio verso il lago era spalancata, e improvvisamente Christine si rese conto che lui la stava lasciando libera. Mosse un passo in quella direzione, l'immagine improvvisa della libertà, del sole, l'attirava come una calamità. Ma... si guardò intorno, soffermandosi infine sulla porta dello studio, chiusa.

Forse era uno sfidare la sorte, ma non se ne sarebbe andata di lì lasciandogli credere che fosse fuggita in preda al terrore. Non poteva sopportare l'idea di essere lei ad abbandonarlo, non dopo averlo ferito in quel modo! Decisa, camminò fino alla porta.

"Maestro?" chiamò piano. Nessuna risposta. Lo chiamò ancora, a voce un po' più alta. "Maestro? State... stai bene?" Si sarebbe presa a calci per la stupidità della domanda.

"Vai via."

Il sollievo immediato a sentire la sua voce le impedì quasi di capirne subito il significato, ma fu rimpiazzato un attimo dopo dalla preoccupazione. Suonava tirata, sofferente... la mano di Christine si chiuse sulla maniglia. Per un istante un dubbio le attraversò la mente. E se fosse stato lui che non voleva avere più niente a che fare con lei, se non la stesse liberando... ma cacciando via?

"Maestro, sto entrando". Aprì la porta con una decisione che non era sicura di possedere, ricacciando via i suoi dubbi. Doveva almeno rivederlo...

Lo studio non era stato risparmiato dalla furia distruttiva. Entrando, Christine posò il piede su uno spartito, lo risollevò, ma si rese subito conto che era impossibile entrare senza calpestare pagine ricoperte di fitta scrittura e note musicali, frammenti e brandelli di tessuto. Anche le maschere... la ragazza riconobbe i resti colorati di alcune di esse sparsi sul pavimento, e si sentì stringere il cuore. Alzò lo sguardo. Erik era in piedi, il viso rivolto contro il muro, i pugni stretti abbandonati ai fianchi. Non indossava la sua solita maschera bianca. Il pensiero di stare per rivedere quel volto per un attimo la fece quasi indietreggiare, e si chiese se non stesse facendo un altro terribile errore, se non stesse per fare ancora più male ad entrambi...

"Maestro..." mormorò.

"Vai via. Ti prego, Christine... è troppo penoso. Per tutti e due". L'uomo alzò lo sguardo, sempre dandole le spalle, e fece un profondo respiro. "So che avevi buone intenzioni, e non ti biasimo per... Ti prego, ora vai".

La ragazza si sentì la gola chiudersi in un groppo. Allora era vero, lui non la voleva più...

"Mi dispiace" la voce le si ruppe in un singhiozzo. "Ti supplico, credimi, mi dispiace così tanto... io non volevo..."

"Non volevi cosa? Vedere questo?" sollevò una mano davanti al proprio viso, muovendola come se con un gesto potesse cancellarlo. "Ne sono sicuro" disse, amaramente. "Non potevi trattenere la curiosità, mia piccola Pandora. Ma sono stato io lo stolto".

"No... io non... io volevo solo..." Christine ormai balbettava, senza sapere più cosa dire. "Ti prego, non mandarmi via" concluse miseramente. Non voleva andarsene, non voleva perdere lui, l'unico che l'avesse mai capita, l'unico il cui sorriso, il cui apprezzamento, davvero importava...

"Mandarti via?" Stavolta fu la sorpresa a dominare la sua voce, e dimentico di sè, del suo volto scoperto, Erik si girò di scatto verso di lei. "Mandarti via?! Quando ogni passo che muovi per allontanarti da me è come una ferita, quando so che ogni respiro lontano da te, dalla tua voce, è solo una tortura?! Christine, io..." si interruppe rendendosi conto di cosa aveva fatto, e i suoi occhi si riempirono di paura. Si coprì il viso con le mani.

Christine lo stava guardando ad occhi spalancati, ma tutto ciò che riusciva a vedere erano le macchie rosso acceso sulla seta bianca, e il sangue che gocciolava dal suo mento, lungo il collo.

"Dio mio... sei ferito..." Erik fece per girarsi, ma la ragazza scattò in avanti, afferrandogli il braccio, e con un'energia che non pensava di possedere lo trascinò allo sgabello dell'organo, l'unico sedile ancora in piedi, e lo obbligò a sedervisi.

"Acqua... ho bisogno di acqua. Aspettami qui, torno subito!" Tenendo l'orlo della gonna sollevato, Christine uscì dalla stanza e corse verso la sua camera. Prese la brocca colma poggiata vicino alla toeletta, e dopo un attimo di riflessione prese un po' della biancheria di ricambio del letto. Non sapeva dove trovare bende, semmai gliele avrebbe chieste dopo. Ritornò nello studio più lentamente, attenta a non rovesciare l'acqua. Erik la stava aspettando dove l'aveva lasciato, ma aveva recuperato una delle sua maschere, delle poche non danneggiate. Era quella nera del Don Giovanni, che lasciava scoperte parte delle guancie, esponendo le incavature e la pelle scorticata. Christine si inginocchiò di fronte a lui, ed allungò le mani verso la maschera. Erik si ritrasse.

"Per favore. Devo vedere le tue ferite".

"Non è niente di grave. Christine, davvero, se lasci qui l'acqua ci penserò da solo".

"Non se ne parla" Il tono definitivo con cui la ragazza pronunciò quelle parole gli fece alzare la testa, gli occhi spalancati dallo stupore. Christine gli restituì uno sguardo determinato.

"Ti sei ferito a causa mia. Ti prego, lascia che mi occupi di te".

"Tu non vuoi rivedere questa cosa, non devi. Nessuno dovrebbe..."

La ragazza fece un profondo respiro.

"Io sono molto meno coraggiosa di quello che credevo, è vero. Ma ora non importa, tu stai male, e non ho intenzione di starmene a guardare con le mani in mano!" Sostenne lo sguardo del suo maestro. "Ti prego, Erik" per la prima volta lo chiamò con il suo nome. "Prometto che non sverrò di nuovo" aggiunse.

Erik la guardò, senza parole, poi scosse piano la testa. Il movimento dovette provocargli dolore, perchè la bocca gli si piegò in una smorfia. Certo, con il volto ferito in quel modo, la maschera doveva essere insopportabile. Christine gli rivolse un ultimo silenzioso "per favore" ed l'uomo chinò il capo, e portò le mani dietro la testa a slacciare la maschera. Stavolta se la tolse rapidamente, come un dente che doleva, sentendo evidentemente un grande sollievo ad allontanare la pressione dalla pelle sofferente. Tenne gli occhi chiusi.

Christine non lo guardò subito. Inumidì la pezza che teneva in mano, e quando alzò lo sguardo, lo fece concentrandosi sull'individuare le lacerazioni, umettandole e pulendole il più delicatamente possibile, e così facendo osservava solo frammento per frammento il volto che l'aveva spaventata tanto da farle perdere conoscenza, fino a ricostruirne l'immagine completa.

Era orribile, non aveva altro modo di descriverlo a se stessa. La pelle era assottigliata, tirata, in certi punti trasparente fino a mostrare chiaramente i muscoli sottostanti. Al posto del naso vi era un moncherino privo di cartilagine, le narici tracciate a malapena, l'osso esposto. La pelle cambiava colore a seconda del punto, passando dal rosso della carne al giallastro dell'osso, al nero delle profonde occhiaie in cui gli occhi chiusi scomparivano. Era persino difficile capire cosa fosse ferito e cosa fosse semplicemente così. Faceva orrore... di più, faceva ribrezzo, e Christine sentiva la testa diventarle leggera, in preda alla nausea. Indietreggiò un poco, e respirando a fondo ricacciò giù un conato, poi riprese l'operazione. "Dimmi se ti faccio male" sussurrò, la voce le suonò estranea, lontana. Erik annuì.

Dopo un po', Christine posò l'ultima pezza ormai solo appena un po' sporca di sangue. Aveva disinfettato le ferite con il contenuto di una fiala che le aveva indicato Erik e ora, quantomeno, il suo volto non sanguinava più. "Ho finito".

Erik aprì piano gli occhi. Il modo in cui guardò Christine la obbligò ad abbassare il proprio sguardo, e, incongruamente alla situazione, arrossire. La guardava come se gli sembrasse impossibile che lei fosse lì davanti, la guardava come si potrebbe guardare un sogno... Christine si morse il labbro inferiore, imbarazzata, e desiderò avere ancora qualcosa con cui occupare le mani.

"Starai bene?" domandò. Lui la fissò ancora per qualche istante, prima di rispondere. La sua voce suonava incerta come mai l'aveva sentita.

"Sì. Ti ringrazio. Sei davvero un angelo, Christine..."

Pronunciò il suo nome con una dolcezza infinita. Istintivamente Christine alzò la testa per protestare, come ogni volta che lui esagerava nel lodarla, e stavolta trovò subito gli occhi che conosceva così bene, lo trovò oltre quel volto che non riusciva ancora a guardare davvero, e gli sorrise. Lui la ricambiò con un cenno della testa poi si alzò in piedi e si mise a frugare tra gli oggetti rovesciati per terra, fino a recuperare un'altra delle sue maschere. Anche Christine si alzò, raccogliendo le pezze sporche.

"Non ti darà fastidio, indossarla? Deve bruciare..."

"Non ti preoccupare, ora non fa più male". Se la mise, e la ragazza dovette ammettere di sentirsi all'improvviso molto più a suo agio. Sarà per poco, si ripromise, con una sicurezza che la stupì. Erik si guardò intorno quasi in modo imbarazzato, e poi, finalmente, le sorrise.

"Sembra ci sia parecchio da rimettere in ordine... semmai in futuro dovessi proporti un altro pic-nic a sorpresa, mia cara, ti pregherei di farmi cambiare idea. Non si sa mai a cosa può portare".

"No davvero..." e all'improvviso Christine scoppiò in una risata liberatoria, sentendo finalmente la tensione nel suo stomaco e nel petto disciogliersi del tutto, ricambiando con uno sguardo felice il sorriso di Erik.






FIN

Commenti e critiche aumentano il livello di gioia nel mondo! (quantomeno della mia...) XD e comunque... questa miniserie è un gioiellino *____*
  
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