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Autore: _antigone    17/11/2014    2 recensioni
{Lydia/Mr. Martin | a Erule ♥}
Prima o poi, si dice perforandosi la carne con le unghie delle mani.
Prima o poi suo padre le avrebbe prestato attenzione. Le avrebbe arruffato i capelli, l’avrebbe presa in braccio e, dopo averle bisbigliato più volte parole dolci contro il collo o l’orecchio, le avrebbe lasciato un appiccicoso bacio sulla guancia, uno di quei baci umidi che asciughi istintivamente con la mano subito dopo. Solo che lei lo avrebbe lasciato lì dov’era, quel bacio, come un segno, un marchio indelebile del suo affetto, e sarebbe stata veramente felice, come i suoi compagni di scuola erano ogni giorno.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Lydia Martin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Prima o poi
 

 
A Erule,
che è sempre così paziente e gentile con me ed io voglio ringraziare
tramite il modo in cui mi esprimo meglio:
scrivendo.



 
 

Le ballerine bianche comprate solo qualche giorno prima colpiscono ritmicamente il pavimento, alzandosi ed abbassandosi velocemente.
A Lydia piace indossarle anche se non deve andare da nessuna parte, perché le ha comprate insieme ai suoi genitori. Entrambi i suoi genitori.
Suo padre, per una volta, aveva deciso di trascurare il lavoro per passare un po’ di tempo in famiglia ed aveva fatto compagnia a lei e sua madre girando per negozi.
Certo, era stato almeno un’ora al telefono a borbottare di cose troppo complicate perché Lydia se ne potesse ricordare e si era rifiutato tre volte di comprare un paio di scarpe che a Lydia piacevano veramente un sacco – “non ha senso sprecare tanti soldi, Natalie, tanto tra tre mesi non le staranno più bene” – ma a lei va bene così.
Nasconde qualcosa dietro la schiena ben dritta, coperta da una maglietta di cotone azzurro, non troppo calda per il mese di Giugno, un biglietto speciale: è quello della festa del papà. Con passo leggero, quasi danzante, si avvicina alla scrivania dove il padre, nonostante sia domenica, nonostante il grande orologio del salone – che ha imparato a leggere proprio qualche giorno fa – segni le quattro del pomeriggio, è chino e legge dei documenti che, Lydia ci scommette, sono pieni di strani e complicati vocaboli.
«Papà?»
È quasi un sussurro, quella parola che le esce dalle labbra rosse e carnose. Una parola detta con titubanza, paura, speranza, un suono delicato come un’onda del mare alle sette di sera, quando c’è il tramonto e il cielo è rosso.
«Lydia» bofonchia l’uomo senza degnarla di uno sguardo. Quando lui parla, Lydia non pensa al mare, anzi.
 Pensa al suono improvviso del clacson di un’automobile, ad un piatto che cade a terra e si rompe, ad un tuono che annuncia un furioso temporale.
«Papà, vorrei mostrarti una cosa.» prosegue giocherellando col bigliettino ancora nascosto, solleticato dai suoi lunghi capelli rossi, senza riuscire a trattenere un sorriso eccitato.
«Proprio ora, tesoro
Un sasso che cade frantumandosi a terra, ecco a cosa paragona Lydia la voce del signor Martin, che ancora non la guarda. C’è una punta di ansia e scocciatura nella sua voce, come se la stesse invitando ad andarsene. E quel tesoro è talmente forzato…
«Ci metto pochissimo!» giura subito, non ce la fa più ad aspettare.
A quel punto, il signor Martin sospira e si toglie gli occhiali da lettura, per poi voltarsi verso di lei. La guarda attentamente, quasi torvo, ma Lydia preferisce pensare che quella sia la sua normale espressione e che non ci sia nulla di strano nel modo in cui le rughe sul suo viso sono tese.
Allarga il suo sorriso e svela il biglietto, porgendoglielo con entusiasmo.
L’uomo lo squadra, dapprima confuso, ma poi lo afferra titubante e lo legge.
Aguri di buona festa del papà, c’è scritto. Lydia ricorda di averlo scritto con un bellissimo pennarello rosso. Spera che quel colore gli ricordi lei e i suoi capelli color rame.
Aspetta, ansiosa, che sul volto del padre si dipinga un sorriso di gioia, che alzi gli occhi e la guardi orgoglioso, contento, soddisfatto, che emetta un risolino intener –
«Si scrive auguri, non aguri.» dice con fermezza senza cambiare espressione.
E Lydia vorrebbe dirgli tante cose, che ha solo sette anni, quasi otto, che però é lo stesso un bel biglietto, con quel grande fiore disegnato in fondo alla pagina e il piccolo schizzo che li ritrae mano nella mano nella pagina dopo, che lui non ha visto, che l’importante è il pensiero, ma non ci riesce, perché ha spalancato la bocca, dispiaciuta, e non proferisce parola.
«Hai finito?» le domanda lui poi, ignorando la sua espressione ferita.
Lei però è forte, serra la mascella e abbassa leggermente il mento, annuendo. Il signor Martin le ridà il biglietto – Lydia prima di prenderlo lo fissa per vari secondi, basita: non dovrebbe tenerselo? – e torna ai suoi documenti.
Non la guarda nemmeno. Ha occhi solo per il suo lavoro.
Lo fissa, l’animo pesante, gli occhi sbarrati, il biglietto che le sta per cadere dalla mano.
Ed è quello che fa: cade con grazia sul pavimento, lentamente, come un fiocco di neve, deviando lievemente la sua traiettoria a causa dell'aria a prodotta dallo spostamento fulmineo di Lydia, diretta di corsa in camera sua.
Perché anche se è forte e, come le dice la sua mamma, ha un bel carattere, Lydia è solo una bambina di quasi otto anni e non può più trattenere le lacrime che ora, finalmente, sgorgano copiosamente dai suoi begli occhi verdi.
Non si butta nemmeno sul letto; rimane in piedi, immobile, a stringere le nocche delle mani, a cercare di non fare troppo rumore mentre piange per non dare fastidio a nessuno, a mordersi le labbra carnose, a stringere con forza le palpebre per impedire ad altre lacrime di uscire, ma senza risultato.
Prima o poi, si dice perforandosi la carne con le unghie delle mani.
Prima o poi suo padre le avrebbe prestato attenzione. Le avrebbe arruffato i capelli, l’avrebbe presa in braccio e, dopo averle bisbigliato più volte parole dolci contro il collo o l’orecchio, le avrebbe lasciato un appiccicoso bacio sulla guancia, uno di quei baci umidi che asciughi istintivamente con la mano subito dopo. Solo che lei lo avrebbe lasciato lì dov’era, quel bacio, come un segno, un marchio indelebile del suo affetto, e sarebbe stata veramente felice, come i suoi compagni di scuola erano ogni giorno.
Prima o poi, si ripete Lydia tirando su col naso, prima o poi.
Prima o poi accadrà.
Deve solo essere paziente.
Prima o poi, suo padre l'amerà come lei ama lui.










Nota: negli Stati Uniti, a differenza dell'Italia, la festa del papà viene festeggiata la terza domenica di Giugno.










Note:

Torno su EFP dopo un'assenza di due mesi e mezzo e per giunta con nome, icon e presentazione nuovi.
Avevo voglia di cambiamenti?
Fatto sta che il liceo classico fa male alla salute e, non chiedetemi come sia possibile, lo sto amando ed odiando allo stesso tempo.
Be', di sicuro non ho il tempo di annoiarmi e fare qualunque altra cosa, domire,vivere, respirare!
Era da qualche mese, forse un paio, che tenevo archiviata questa storia e poco fa ho trovato il tempo di correggerla e terminarla.
Ho sempre apprezzato il personaggio di Lydia ed ora lo amo proprio, accidenti. Cioè, è quella ragazza è l'amore. Capitemi.
Ero un po' insicura sul postarla, semmai fatemi sapere cosa ne pensate.
Comunque, un ringraziamento speciale va ad Erule, che recensisce sempre ogni mio sclero e che non ho mai trovato il tempo di ringraziare per davvero, ed a cui è dedicata questa one shot. Perdonami per l'assenza ç-ç
Va bene, ora ho finito. 
Alla prossima! che potrebbe anche essere tra ottocentomila anni
   
 
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